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Abuso d'ufficio: non ricorre il dolo se l'agente persegue finalità di pubblico interesse


Corte di Cassazione

La massima

In tema di abuso d'ufficio, non ricorre il dolo intenzionale nel caso in cui l'agente persegua esclusivamente la finalità di realizzare un interesse pubblico ovvero quando, pur nella consapevolezza di favorire un interesse privato, sia stato mosso esclusivamente dall'obiettivo di perseguire un interesse pubblico, con conseguente degradazione del dolo di procurare a terzi un vantaggio da dolo intenzionale a mero dolo diretto o eventuale e con esclusione, quindi, di ogni finalità di favoritismo privato. (Nella specie, la Corte ha annullato, limitatamente alle questioni civili, la sentenza di merito, che aveva assolto l'imputato per difetto dell'elemento psicologico, poiché non erano stati illustrati i motivi per cui non si sarebbe potuto ugualmente realizzare un contenimento dei costi osservando la procedura di gara dettata in tema di appalti pubblici, anziché quella di affidamento diretto dei lavori concretamente adottata.



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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. II , 23/01/2019 , n. 10224

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 18 settembre 2017 la Corte di Appello di Catanzaro, in riforma della sentenza in data 16 giugno 2009 del Tribunale di Rossano, appellata dall'imputato, ha assolto I.F. dai reati di concorso in abuso di ufficio continuato e truffa aggravata (commessi in epoca ricompresa tra il (OMISSIS)) con la formula perchè il fatto non sussiste.


Quanto all'iter processuale va detto che con la sentenza di primo grado il Tribunale di Rossano aveva affermato la responsabilità di I. (oltre a quella dei coimputati F.R., L.R.M.M., C.T., R.F. e P.A.) in ordine ai reati previsti e puniti dalle seguenti fattispecie penali:


- I. e F. (capo 3, limitatamente ad alcuni episodi), artt. 110 e 323 c.p.; in (OMISSIS);


- I., P. e F. (capo 10), artt. 110 e 640 bis c.p.; in (OMISSIS);


- P. (capo 11), art. 483 c.p., art. 61 c.p., n. 2; in (OMISSIS);


- I., L.R., C., R. e F. (capo 14), artt. 110 e 323 c.p.; in (OMISSIS).


Al capo 3, veniva contestato che F. era stato illegittimamente autorizzato da I. a eseguire vari lavori per conto del Comune, che avrebbero dovuto essere svolti in amministrazione diretta, in violazione della prescritta procedura concorsuale in materia di appalti pubblici.


Al capo 10 veniva contestato che I. e P. avevano fatto conseguire a F. finanziamenti dalla Regione Calabria per lavori falsamente indicati come ripristino di tracciati stradali interessati da alluvione, in realtà in parte non preesistenti.


Al capo 11 veniva contestato a P. il conseguente falso nel progetto predisposto su incarico del Comune.


Al capo 14 veniva contestato l'illegittimo affidamento alla ditta F. di lavori in economia diretta nell'ambito di un contratto di appalto di lavori stipulato a corpo, come tale non soggetto a varianti in corso d'opera.


La citata sentenza di condanna di I. e di altri, pronunciata dal Tribunale di Rossano, era stata riformata dalla Corte di appello di Catanzaro con sentenza del 20 dicembre 2012 che aveva assolto tutti gli imputati con la formula perchè il fatto non sussiste.


A seguito di impugnazione del Procuratore Generale e delle parti civili D.M.G. e Comune di Campana la Sesta Sezione penale della Corte di cassazione con sentenza in data 15 ottobre 2013, dopo aver dato atto che per tutti i reati in contestazione era maturato il termine di prescrizione al quale il solo I. ha rinunciato, annullava la sentenza assolutoria nei confronti di quest'ultimo e rinviava per nuovo giudizio innanzi alla Corte di appello di Catanzaro.


Infine, come detto, la Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza del 18 settembre 2017 che qui ci occupa assolveva nuovamente con la formula più ampia I.F. dai reati allo stesso ascritti.


2. Ricorre per Cassazione avverso quest'ultima sentenza il difensore della sola parte civile D.M.G., deducendo violazione di legge e vizi di motivazione nonchè la mancata assunzione di prova decisiva ex art. 606 c.p.p., lett. b), c), d) ed e) in relazione all'art. 323 c.p., art. 192 c.p.p. e art. 546 c.p.p., comma 1, lett. c).


Premette parte ricorrente che gli originari coimputati F., L.R., R. e C., sono stati condannati al risarcimento dei danni patiti dalla parte civile D.M. dalla Corte di appello (civile) di Catanzaro con sentenza in data 13 luglio 2017, la quale, con accertamento espresso in via incidentale ha ritenuto la penale rilevanza delle condotte agli stessi ascritte.


Ciò premesso, rileva parte ricorrente che la sentenza che in questa sede ci occupa sarebbe caratterizzata da una motivazione pressochè assente, trattandosi di una sorta di copia-incolla della sentenza annullata che non tiene conto delle argomentazioni espresse dalla Corte di cassazione nella sentenza di annullamento.


In particolare, la Corte di appello, solo per mera presunzione, avrebbe erroneamente ritenuto non provata l'intenzionalità dell'imputato di favorire il F. senza peraltro chiarire per quale ragione il "migliore risparmio di spesa" attraverso la frequente assegnazione di lavori di appalto alla ditta F. non potesse essere conseguito mediante la corretta applicazione delle procedure di gara e l'ampliamento del ventaglio dei possibili concorrenti tra i quali l'impresa del D.M. che ben avrebbe potuto offrire un ribasso maggiore od uguale a quello del F..


Sempre secondo parte ricorrente, la motivazione della sentenza impugnata sarebbe, poi, contraddittoria e fondata su dati erronei laddove fa discendere l'assoluzione dell'imputato dal contenuto di una nota inviata dal Segretario comunale nella fase di istruttoria delegata dalla Corte dei conti chiamata a valutare la sussistenza del danno erariale, istruttoria all'esito della quale la Procura presso la Corte dei conti ha escluso la sussistenza di illeciti contabili ed ha archiviato il caso. Detto documento sarebbe, secondo parte ricorrente, inconferente ai fini del decidere i fatti di cui al presente processo la cui ottica è totalmente diversa, riguardando i danni patiti dal D.M. a seguito della sua indebita esclusione dalle gare di appalto.


Analizza, poi, il ricorso le vicende legate ai singoli capi di imputazione rilevando:


a) quanto al capo 3 che l'elemento oggettivo del reato di abuso d'ufficio è stato riconosciuto nella sentenza impugnata attraverso il riconoscimento della illegittimità delle delibere con le quali l'amministrazione comunale aveva affidato al F. l'esecuzione di lavori nel mancato rispetto della normativa in materia di appalti pubblici e ciò senza dar conto del fatto che l'amministrazione avrebbe potuto contenere i costi attraverso l'esecuzione di una regolare procedura di affidamento. Sul punto nella sentenza che qui ci occupa non si sarebbe tenuto conto del contenuto della sopra menzionata sentenza della Corte di appello civile di Catanzaro che è stata prodotta nel corso del giudizio. Avrebbe inoltre errato la Corte di appello nell'affermare che anche laddove fosse provato che la ditta D.M. potesse garantire eguali risparmi non esisterebbe alcun obbligo di procedere ad una rotazione degli incarichi svolti in economia diretta, ciò in quanto smentito dalla normativa in materia che risulterebbe palesemente violata;


b) quanto al capo 14 che la Corte di appello avrebbe recepito in toto la tesi difensiva dell'imputato errando in fatto ed in diritto in quanto nella normativa pubblica non esiste un sistema di lavori da affidare "a stralcio" nell'ambito di un appalto pubblico già contrattualizzato in quanto in tale situazione sarebbe stato necessario eseguire una "perizia di variante" all'epoca specificamente regolamentata dalla "Legge Merloni" (oggi Codice dei Contratti Pubblici). Nella sentenza impugnata la Corte di appello avrebbe omesso di argomentare sul punto così non rispettando quanto richiesto dalla Corte di cassazione nella citata sentenza di annullamento ed avrebbe utilizzato argomentazioni in contrasto con quanto accertato dalla Corte di appello civile di Catanzaro;


c) quanto al capo 10 che la Corte di appello avrebbe confermato quanto già esposto nella sentenza annullata senza aggiungervi alcun elemento di novità così violando gli obblighi motivazionali. I Giudici distrettuali avrebbero totalmente ignorato al riguardo le argomentazioni dell'odierno ricorrente peraltro poi ammettendo che i finanziamenti della Regione Calabria per i danni alluvionali erano destinati a riparare i danni stessi ma sono stati utilizzati per la realizzazione di strade inesistenti. Ancora: la Corte di appello avrebbe omesso di valutare i rapporti tra il sindaco I. ed il F. affermando in maniera errata che l'unico rapporto era rappresentato dal fratello del primo (consigliere comunale e membro della commissione edilizia) così trascurando gli emersi rapporti di amicizia tra i due ed il fatto che il F. avesse fatto campagna elettorale a favore di I., nonchè altri rapporti esistenti tra i due.


2. Per le esposte ragioni parte ricorrente l'annullamento della sentenza impugnata con ogni conseguenza di legge.


3. In data 21 gennaio 2019 il difensore dell'ex imputato I.F. ha fatto pervenire nella Cancelleria di questa Corte una memoria ex art. 121 c.p.p. segnalando:


a) che parte ricorrente è caduta in errore allorquando ha sostenuto che il teste A.F. non ha deposto innanzi al Tribunale, ciò in quanto lo stesso è stato effettivamente ascoltato ed ha reso una testimonianza che ha confermato le legittimità dell'operato del Sindaco e che non è stata adeguatamente valutata nè dal Tribunale, nè dalla Corte di cassazione nella sua prima sentenza di annullamento;


b) che con riguardo ai fatti di cui al capo 3 della rubrica delle imputazioni nessun apporto formale alle relative determine è riferibile a I.;


c) che anche le accuse di cui al capo 10 sono insussistenti avendo il Sindaco I. provveduto a far ripristinare le strade di alcune contrade ed a far allargare una mulattiera tali da congiungere due tratti viari terminali già ripristinati;


d) che con riguardo ai fatti di cui al capo 14 della rubrica delle imputazioni proprio la presenza di un evento alluvionale conferiva al Sindaco i più ampi poteri di intervento per far fronte alla riparazione dei danni e che per aumentare il risparmio di denaro era stato deciso di utilizzare sia il personale operaio già in forza al Comune, sia i noli di mezzi meccanici della impresa F. che era già operante sul sito.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Ai fini del presente giudizio è doveroso prendere le mosse dalla citata sentenza di annullamento con rinvio emessa in data 15 ottobre 2013 dalla Sesta Sezione penale della Corte di cassazione che ha delineato i vizi della prima sentenza della Corte di appello tracciando le linee guida per il Giudice del rinvio in particolare evidenziando quanto segue:


a) "Con riferimento al capo 3, quanto all'elemento oggettivo del reato di abuso d'ufficio contestato, nella sentenza impugnata si è riconosciuta l'illegittimità delle delibere con le quali l'amministrazione comunale, sotto la veste di forniture da parte della ditta F. di mezzi e di materiali per lavori da eseguire in amministrazione diretta, aveva in realtà affidato ad essa l'esecuzione di detti lavori senza l'osservanza delle norme in materia di appalti pubblici. La Corte di appello ha però escluso in capo a I. l'elemento soggettivo del reato, osservando che mancava la volontà di favorire F., essendo stata l'amministrazione mossa dal fine di limitare i costi, contenuti in quelli relativi alla fornitura del materiale e del nolo dei macchinari impiegati dalla ditta. L'assunto, nei termini in cui è stato espresso, non è condivisibile, in quanto,... l'elemento soggettivo postulato dall'art. 323 c.p., può essere escluso solo qualora il soggetto agente persegua esclusivamente la finalità di realizzare un interesse pubblico (Sez. 6, n. 30781 del 21 maggio 2012, Miranda, n. m.) ovvero qualora, pur in presenza della consapevolezza di favorire un interesse privato, l'agente sia stato mosso esclusivamente dall'obiettivo di perseguire un interesse pubblico, con conseguente degradazione del dolo di procurare a terzi un vantaggio da dolo intenzionale a mero dolo diretto o eventuale, e con esclusione, quindi, di ogni finalità di favoritismo privato (Sez. 6, n. 34487 del 13 giugno 2012, Gobbi, n. m.; Sez. 6, n. 7384 del 19/12/2011, Colonna, Rv. 252498). La Corte di merito non ha dato conto della ragione per la quale l'amministrazione comunale non potesse realizzare un contenimento dei costi osservando una normale procedura di gara ai fini dell'affidamento dei lavori, in particolare interpellando anche l'altra ditta operante nell'ambito comunale, quella di D.M., sin dal momento della fornitura dei mezzi e dei materiali che avrebbero dovuto essere impiegati ai fini della esecuzione da parte del Comune dei lavori in economia".


b) "Alle stesse conclusioni deve pervenirsi con riferimento al fatto di abuso di ufficio rubricato al capo 14, in cui sono coinvolti, oltre a I. e a F., gli assessori comunali C., L.R. e R., essendo da svolgere, anche con riferimento agli ulteriori lavori affidati alla ditta F. per il completamento della strada comunale (OMISSIS), analoghe considerazioni circa gli errori di diritto e le carenze argomentative già evidenziate con riferimento alla vicenda presa in considerazione nel capo 3. In particolare, pur considerando il dato della intervenuta alluvione - la cui inquadrabilità... nell'ambito del concetto di evento eccezionale non può essere apprezzata in questa sede di legittimità, resta la mancata attivazione di una procedura di gara ai fini dello svolgimento dell'ulteriore lavoro viario deliberato dall'amministrazione comunale, affidato illegittimamente alla ditta F., aggiudicataria di una precedente e distinta gara".


c) "Infine, con riguardo ai capi 10 e 11, relativi al fraudolento ottenimento da parte della ditta F. di finanziamenti pubblici finalizzati al ripristino di strade interpoderali sconvolte dall'alluvione, e del connesso reato di falso da parte del tecnico comunale, è la stessa sentenza impugnata a riconoscere che la ditta F. non si limitò a un intervento di ripristino del precedente tracciato viario, estendendo invece i suoi lavori, col compiacente progetto esecutivo redatto dal tecnico P., a "ricucirne" il tracciato con meri tratturi o mulattiere non aventi le caratteristiche delle strade interpoderali alla cui restaurazione solo era destinato il finanziamento; non rilevando, beninteso, che in tal modo l'obiettivo perseguito dall'amministrazione comunale fosse quello di una razionalizzazione della rete stradale interpoderale".


Orbene, è del tutto evidente che nell'ottica sopra descritta doveva muoversi la decisione del Giudice di rinvio.


2. Prima di proseguire oltre deve però essere evidenziato come parte ricorrente lamenta in più passaggi del proprio ricorso il fatto che nella sentenza impugnata non si sia tenuto delle affermazioni contenute nella sentenza della Corte di appello civile di Catanzaro pronunciata nei confronti degli originari coimputati di I.: tale doglianza è manifestamente infondata in quanto non è stato documentato che ci si trovi in presenza di sentenza irrevocabile utilizzabile ex art. 238-bis c.p.p..


3. Passando ora all'esame della sentenza impugnata e con riguardo al capo 3 della rubrica delle imputazioni va detto che i Giudici di rinvio nella loro assai sintetica motivazione sul punto non risultano aver chiarito i profili indicati nella sentenza di annullamento emessa da questa Corte Suprema con riferimento all'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 323 c.p. che può essere escluso solo qualora il soggetto agente persegua esclusivamente la finalità di realizzare un interesse pubblico ovvero qualora, pur in presenza della consapevolezza di favorire un interesse privato, l'agente sia stato mosso esclusivamente dall'obiettivo di perseguire un interesse pubblico, con conseguente degradazione del dolo di procurare a terzi un vantaggio da dolo intenzionale a mero dolo diretto o eventuale, e con esclusione, quindi, di ogni finalità di favoritismo privato, nè nella motivazione della sentenza impugnata sì è dato adeguatamente conto della ragione per la quale l'amministrazione comunale non potesse realizzare un contenimento dei costi osservando una normale procedura di gara ai fini dell'affidamento dei lavori, in particolare interpellando anche l'altra ditta operante nell'ambito comunale, quella di D.M., sin dal momento della fornitura dei mezzi e dei materiali che avrebbero dovuto essere impiegati ai fini della esecuzione da parte del Comune dei lavori in economia.


La decisione sul punto è caratterizzata da mere affermazioni apodittiche che in parte riprendono il contenuto della sentenza annullata e che non chiariscono i profili richiesti dalla sentenza di annullamento.


4. Con riguardo, poi, ai fatti oggetto di contestazione al capo 14, nella sentenza impugnata (pag. 5) si sostiene che a seguito dell'evento atmosferico eccezionale (alluvione) in relazione al quale veniva dichiarato lo stato di emergenza, si era deciso di affidare lavori in variante in conformità ad un'ordinanza (n. 3081/2000) della Presidenza del Consiglio dei Ministri sullo stato di emergenza che prevedeva il ripristino in condizioni di sicurezza delle infrastrutture pubbliche danneggiate con la conseguenza che tale situazione di forza maggiore ben consentiva al Sindaco ( I.) di affidare a ditta di sua fiducia interventi in deroga alla tipologia della gara vinta dal F. che pur prevedeva l'effettuazione del lavoro "a corpo" e non "a misura".


In realtà la sentenza impugnata, pur partendo dai presupposti sopra indicati non ha chiarito il punto centrale della questione giuridica evidenziato nella pronuncia di annullamento di questa Corte Suprema circa la mancata attivazione di una procedura di gara ai fini dello svolgimento "dell'ulteriore lavoro viario" deliberato dall'amministrazione comunale, affidato "illegittimamente" alla ditta F., aggiudicataria di una precedente e distinta gara. A ciò si aggiungono le ulteriori circostanze correttamente evidenziate nel ricorso che in questa sede ci occupa relative da un lato al fatto che così agendo l'Amministrazione Comunale avrebbe consentito al F. di rientrare quasi totalmente nel ribasso offerto per l'appalto originario (già riconosciuto come "illegittimamente affidatogli") e, dall'altro, perchè nel caso si sarebbe violato il disposto del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 88 (vigente all'epoca dei fatti.


Quanto detto impone anche l'annullamento sul punto della sentenza impugnata.


5. Con riguardo, infine, ai fatti di cui al capo 10 della rubrica delle imputazioni la Corte distrettuale nella sentenza impugnata - al di là delle accertate questioni di fatto legate ai rapporti personali tra I. e F. non suscettibili di valutazione in sede di legittimità - si è sostanzialmente limitata ad affermare che nel caso di specie non ci si trovava in presenza di un appalto finalizzato ala realizzazione di "opere nuove" non rientranti nella finalità perseguita dai finanziamenti regionali in caso di interventi eccezionali ma, molto più semplicemente, di azioni volte generalmente al ripristino ed alla messa in sicurezza di strade del circuito interpoderale danneggiate dal fenomeno alluvionale.


Detta decisione, anche in questo caso caratterizzata da affermazioni apodittiche, non tiene però conto di quanto rilevato da questa Corte di legittimità nella sentenza di annullamento laddove si è osservato che già la originaria sentenza impugnata aveva accertato in fatto che la ditta F. non si limitò a un intervento di ripristino del precedente tracciato viario, estendendo invece i suoi lavori, col compiacente progetto esecutivo redatto dal tecnico P., a "ricucirne" il tracciato con meri tratturi o mulattiere "non aventi le caratteristiche delle strade interpoderali" alla cui restaurazione solo era destinato il finanziamento.


Anche sotto questo profilo la sentenza impugnata risulta viziata per carenza di idonea motivazione e deve essere annullata.


6. Tutte le carenze motivazionali sopra descritte impongono pertanto un nuovo annullamento della sentenza impugnata limitatamente alle questioni civili, con rinvio, ex art. 522 c.p.p., al giudice civile di Catanzaro competente per valore in grado di appello.


7. Non si provvede nel caso in esame alla liquidazione delle spese e degli onorari richiesti dalla parte civile in relazione alla presente fase processuale che potranno essere liquidate solo in fase di eventuale definitiva condanna dell'imputato all'esito dell'ulteriore giudizio innanzi al giudice civile.


P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alle questioni civili, con rinvio al giudice civile di Catanzaro competente per valore in grado di appello.


Spese al definitivo.


Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2019.


Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2019

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