La Suprema Corte, con la sentenza di seguito riportata, ha risposto affermativamente.
In particolare, ha affermato che ai sensi dell'art. 14-ter della legge n. 125 del 2001, nella formulazione anteriore alla novella di cui al d.l. n. 14 del 2017, conv. con modif. in l. n. 48 del 2017, costituisce illecito amministrativo, sia la vendita di alcolici destinata all'asporto, sia quella destinata alla consumazione immediata, in conformita` alla "ratio" volta ad impedire qualunque forma di cessione a titolo oneroso di bevande alcoliche ai minori degli anni 18, avendo la novella di cui al d.l. cit. - che prevede la sanzionabilità della somministrazione - esteso tale punibilità ad ogni ipotesi di dazione di alcolici a soggetti minorenni, a qualunque titolo e con qualunque modalità effettuata.
FATTI DI CAUSA
1. B.S. ha proposto distinte opposizioni avverso due ordinanze ingiunzioni, con le quali le era stata applicata la sanzione pecuniaria di Euro 1500,00, ai sensi della L. n. 125 del 2001, art. 14 ter, e D.L. n. 158 del 2012, art. 7, comma 3 bis, poiché, quale titolare dell'autorizzazione per la vendita di bevande ed alimenti, aveva somministrato alcolici a due minorenni senza richiedere l'esibizione del documento di identità e benché la minore età del soggetto fosse evidente.
Il giudice di pace, riunite le cause, ha respinto le opposizioni, regolando le spese.
Su appello della B., il tribunale ha confermato la prima decisione, osservando che dal rapporto acquisito e dai documenti allegati si evinceva che, a seguito di alcune segnalazioni, i Carabinieri avevano effettuato un controllo presso l'esercizio commerciale, accertando che due sedicenni avevano appena acquistato bevande alcoliche all'interno del bar senza che la titolare (o il personale), si fosse accertata della loro età. I minori, che al momento del controllo si trovavano nel dehors antistante il bar, erano soliti frequentare il locale proprio perché potevano acquistare e consumare liberamente alcolici, visto che non veniva loro mai richiesta l'esibizione del documento di identità.
Quando alla configurabilità dell'illecito, il tribunale ha ritenuto infondata l'interpretazione proposta dall'appellante circa l'impossibilità di sanzionare la somministrazione di alcolici all'interno dell'esercizio commerciale, specificando che il legislatore ha utilizzato il concetto di vendita in un'accezione ornnicomprensiva, che include tanto la vendita destinata all'asporto, quanto quella destinata alla consumazione immediata, in conformità con la ratio volta ad impedire qualunque forma di cessione a titolo oneroso di bevande alcoliche ai minori degli anni 18. La nuova formulazione dell'art. 14 ter, introdotta con D.L. n. 14 del 2017, che prevede espressamente la sanzionabilità della somministrazione degli alcolici, avrebbe - secondo la pronuncia - mera valenza interpretativa e sarebbe suscettibile di applicazione retroattiva alle violazioni consumate in precedenza.
La cassazione della sentenza è chiesta da B.S. sulla base di un unico motivo di ricorso.
La Prefettura di Cuneo è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. L'unico motivo di ricorso denuncia la violazione della L. n. 125 del 2001, art. 14 ter, comma 2, nonché degli artt. 11 e 12 preleggi e della L. n. 689 del 1981, art. 1, commi 1 e 2, per aver la sentenza ritenuto punibile anche la semplice somministrazione degli alcolici all'interno dell'esercizio commerciale, sebbene la norma, nella formulazione applicabile ratione temporis, sanzionasse esclusivamente la vendita. Solo l'attuale testo dell'art. 14 ter, introdotto dal D.L. n. 14 del 2017, rende sanzionabile la somministrazione, ma con disposizione innovativa e non applicabile retroattivamente alla violazione contestata.
Secondo la ricorrente, quando il legislatore ha inteso sanzionare anche la somministrazione lo ha previsto espressamente (come nei casi ricadenti nella previsione della L. n. 125 del 2001, artt. 14 e 14 bis) e comunque, nel regime applicabile ratione temporis, la punibilità della somministrazione si porrebbe in contrasto con la ratio diretta ad impedire il consumo di alcolici in assenza del gestore dell'esercizio commerciale.
Il motivo è infondato.
L'originaria formulazione della L. n. 125 del 2001, art. 14 ter, introdotto con D.L. n. 158 del 2012, dispone che chiunque vende bevande alcoliche ha l'obbligo di chiedere all'acquirente, all'atto dell'acquisto, l'esibizione di un documento di identità, tranne che nei casi in cui la maggiore età dell'acquirente sia manifesta.
Salvo che il fatto non costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.000 Euro a chiunque vende bevande alcoliche ai minori di anni diciotto. Se il fatto è commesso più di una volta si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2.000 Euro con la sospensione dell'attività per tre mesi.
Il riferimento letterale alla vendita, contenuto nella disposizione, non può intendersi nel senso di escludere l'applicazione della sanzione nel caso di consumo all'interno del locale: anche tale consumo implica pur sempre - ai fini della sussistenza dell'illecito - la cessione degli alcolici a favore di soggetti minori di età, che era condotta già di per sé sanzionata in base alla disposizione all'epoca in vigore e che, nello specifico, risulta contestata ed accertata a carico della ricorrente (cfr. sentenza pag. 3, ove si legge che dal rapporto si evinceva che due minorenni avevano appena acquistato bevande alcoliche presso l'esercizio commerciale sottoposto a controllo).
Del resto neppure il termine somministrazione, impiegato nel testo della norma novellata dal D.L. n. 14 del 2017, è assunto in un'accezione rigorosamente tecnica (non evocando la nozione civilistica di cui all'art. 1559 c.c., ossia un contratto di fornitura periodica o continuativa di beni), né si riferisce all'ipotesi in cui gli alcolici siano consumati in presenza dell'esercente o all'interno dei locali commerciali.
Conforta tale conclusione il raffronto con il significato attribuito alla formula dell'art. 689 c.p., che, pur facendo riferimento alla sola somministrazione di alcolici ai minori di sedici di anni, è stato da questa Corte interpretato nel senso ché il significato letterale della espressione verbale implica il concetto di erogazione, ovvero di una forma di cessione a titolo oneroso, mentre, in termini giuridici, la somministrazione è il contratto con il quale una parte si obbliga, dietro corrispettivo di un prezzo, ad eseguire in favore dell'altra prestazioni, specificatamente periodiche o continuative, siffatto ultimo dato costituendo elemento specializzante rispetto alla compravendita" (cfr., Cass. 12058/2021 in motivazione).
La successiva modifica dell'art. 14 ter, adottata con D.L. n. 14 del 2017, mediante l'esplicita sanzionabilità della somministrazione - non implica che - nel regime anteriore - non fosse punibile la vendita di alcolici seguita dal consumo all'interno del locale: la nuova disposizione ha - invece - esteso la punibilità ad ogni ipotesi di dazione di alcolici a soggetti minorenni, a qualunque titolo e con qualunque modalità effettuata (non solo ove siano configurabili gli estremi della vendita in senso tecnico, che resta comunque sanzionabile).
Sebbene la nuova previsione - nel punire, a differenza che in passato, sia la vendita che la somministrazione, abbia quindi ampliato, con disposizione innovativa e non meramente interpretativa, il novero delle condotte passibili di sanzione amministrativa, resta però che il fatto addebitato all'opponente integrava già l'illecito previsto e punito dall'art. 14 ter, anche nella formulazione applicabile ratione temporis, per cui la sanzione deve ritenersi legittimamente irrogata.
Per tali ragioni il ricorso è respinto.
Nulla sulle spese, non avendo l'amministrazione svolto difese.
Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.
PQM
rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 15 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2022