Indagini preliminari
Indice:
2. Quando si archivia un procedimento penale?
3. La differenza tra richiesta di archiviazione e decreto di archiviazione.
4. Chi può fare opposizione alla richiesta di archiviazione?
5. Quando l’opposizione alla richiesta di archiviazione è inammissibile?
6. Quando l’opposizione alla richiesta di archiviazione è inammissibile?
L’archiviazione (decreto di archiviazione) è il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari dichiara l’infondatezza di una denuncia o di una querela che hanno originato un determinato procedimento penale.
Il decreto di archiviazione del giudice per le indagini preliminari viene emesso su richiesta del pubblico ministero, titolare del fascicolo, a conclusione delle indagini preliminari.
Entrando nello specifico, la procedura viene descritta dagli articoli 408 e seguenti del codice di procedura penale.
Ricevuta la denuncia e svolte le opportune indagini, il pubblico ministero, se ritiene infondata la notizia di reato, presenta al giudice (GIP) richiesta di archiviazione e gli trasmette il fascicolo del procedimento.
A questo punto il giudice per le indagini preliminari, se non è stata presentata opposizione da parte della persona offesa (colui che ha sporto la querela) ha diverse possibilità:
può accogliere la richiesta di archiviazione, ritenendola sufficientemente motivata. In questo caso, il GIP pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero;
può non accogliere la richiesta di archiviazione ed in questo caso fissa una udienza, dandone avviso al PM, all’indagato ed alla persona offesa. All’esito della celebrazione dell'udienza, il GIP può ordinare al pubblico ministero l’espletamento di ulteriori attività di indagine al fine di completare il quadro probatorio o colmare lacune;
può non accogliere la richiesta di archiviazione e ordinare al pubblico ministero la formulazione dell'imputazione nei confronti dell’indagato.
In primo luogo, un procedimento penale può essere archiviato quando la notizia di reato (querela o denuncia) è infondata.
Immaginiamo che Tizio esponga in una denuncia di aver subito una estorsione da Caio a Genova il 10 agosto 2017.
Poniamo che all’esito delle indagini preliminari, il pubblico ministero accerti però che in quella stessa data Caio si trovava, senza ombra di dubbio, a Napoli.
In questo caso, è chiaro che la notizia di reato è infondata e ciò in quanto la ricostruzione del fatto operata da Tizio in sede di denuncia risulta essere priva di fondamento.
In secondo luogo, un procedimento penale può essere archiviato perché manca una condizione di procedibilità.
Pensiamo al caso in cui la querela (che deve essere necessariamente sporta dalla persona offesa entro 90 giorni dal fatto di reato) venga depositata in Procura tardivamente.
In terzo luogo, un procedimento penale può essere archiviato perché il fatto descritto in sede di denuncia o querela è di particolare tenuità.
In ultimo, il GIP può emettere un decreto di archiviazione nel caso in cui il reato sia estinto (pensiamo alla morte dell’indagato o alla prescrizione del reato) o vi sia stata una depenalizzazione del reato (il fatto non è previsto dalla legge come reato).
Nel linguaggio comune si tende a confondere questi due concetti che, sotto il profilo giuridico, sono completamente diversi.
La richiesta di archiviazione viene avanzata dal pubblico ministero a cui è stato assegnato il fascicolo e quindi dal magistrato che ha svolto le indagini preliminari.
Il decreto di archiviazione è invece il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che viene chiamato ad esprimersi sulla legittimità e fondatezza delle argomentazioni poste a fondamento della richiesta di archiviazione del pubblico ministero.
Nel caso in cui venga avanzata la richiesta di archiviazione, la persona offesa dal reato ha la possibilità di opporsi (ai sensi dell'art. 410 c.p.p.), nel termine di venti giorni dalla notifica dell’avviso, alle determinazioni del pubblico ministero e chiedere al giudice per le indagini preliminari la prosecuzione delle indagini o la formulazione dell'imputazione nei confronti dell'indagato.
Al riguardo, si precisa che per il reato di “stalking” ed altri delitti commessi con violenza alla persona, il termine per proporre opposizione è di trenta giorni.
Facciamo un un esempio.
Tizio denuncia Caio per il reato di diffamazione aggravata ex art. 595 c.p., commessa a mezzo social media (facebook, instagram, eccetera).
Poniamo adesso che il pubblico ministero, a seguito della denuncia sporta da Tizio, decida di avanzare una richiesta di archiviazione, affermando che non è stato possibile accertare in fase di indagine che sia stato Caio a pubblicare il post incriminato.
Se Tizio è in possesso di una conversazione tra lui e Caio, nella quale quest'ultimo afferma candidamente di essere stato lui a pubblicare il contenuto diffamatorio e che lo stesso era riferito a Tizio, la persona offesa potrà opporsi alla richiesta di archiviazione, allegando gli screenshot della conversazione e chiedendo al giudice per le indagini preliminari di formulare l'imputazione nei confronti di Caio (in altri termini, chiedendo il suo rinvio a giudizio).
Nel caso in cui venga notificato al denunciante l’avviso di deposito della richiesta di archiviazione, quest'ultima può opporsi, con atto scritto indirizzato alla segreteria del pubblico ministero, chiedendo lo svolgimento di ulteriori indagini o la formulazione dell'imputazione nei confronti della persona sottoposta alle indagini.
In caso di decreto di archiviazione, la questione è completamente diversa e ciò in quanto è stato già emesso il provvedimento del Giudice delle indagini preliminari che ha definito il procedimento penale.
Pertanto, in questo caso, la persona offesa dal reato non potrà presentare opposizione al pubblico ministero, potendosi limitare solo a visionare il fascicolo del procedimento penale archiviato.
L'unica strada percorribile, a questo punto, è avanzare al pubblico ministero una istanza per la riapertura delle indagini preliminari ex art. 414 c.p.p.
È bene però chiarire però che la riapertura delle indagini, a seguito di decreto di archiviazione, si verifica in rarissimi casi e solo in presenza di rilevanti e decisive nuove prove.
L’opposizione può essere presentata solo dalla persona offesa dal reato, per intenderci dalla vittima del reato e non anche da chi abbia subito un danno (cd. danneggiato) dallo stesso.
Facciamo un esempio per rendere più comprensibile il concetto.
Poniamo che Tizio, a bordo della sua autovettura, in violazione delle norme sulla circolazione stradale, tamponi il veicolo di Caio e lo ferisca gravemente, spingendo la sua auto nella vetrina del bar di Mevio.
In questo caso, abbiamo una persona offesa (Caio) ed un danneggiato (Mevio).
Ebbene, nel caso in cui il pubblico ministero avanzi richiesta di archiviazione, solo Caio (e non anche Mevio) potrà avanzare opposizione alla richiesta di archiviazione.
L'opposizione alla richiesta di archiviazione è l’atto scritto con il quale la persona offesa:
contesta le argomentazioni poste dal pubblico ministero a sostegno della richiesta di archiviazione;
richiede la prosecuzione delle indagini.
L'opposizione alla richiesta di opposizione deve indicare, a pena di inammissibilità, le indagini suppletive di cui si chiede l’espletamento da parte del pubblico ministero ed i relativi elementi di prova (ascoltare nuovi testimoni, riascoltare un teste su nuove circostanze), come richiesto dall’art. 410 c.p.p.
L’opposizione va depositata nella segreteria del pubblico ministero che ha avanzato richiesta di archiviazione nel termine di venti giorni (trenta nel caso dei reati di stalking ed altri delitti commessi con violenza alla persona) dalla notifica dell’avviso di deposito del provvedimento al soggetto che ha sporto la querela.
Va precisato che questo termine non è perentorio, ma ordinatorio, ciò significa che la persona offesa potrà comunque depositare l’opposizione alla richiesta di archiviazione anche dopo la scadenza dei venti giorni a condizione che il giudice per le indagini preliminari non abbia già provveduto alla definizione del fascicolo.
Il giudizio di inammissibilità dell'opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione può attenere soltanto alla pertinenza e specificità degli atti di indagine richiesti e non anche, in chiave prognostica, alla fondatezza degli stessi (si veda: Cass. pen., sez. 2, sent. n. 1304/2010 - dep. il 19.01.2011).
In sostanza, il giudice per le indagini preliminari può deliberare "de plano" sull'inammissibilità dell'opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione del P.M. non solo nel caso in cui non siano state indicate investigazioni suppletive, ma anche quando queste vengano ritenute irrilevanti, non già sotto il profilo prognostico del loro esito, bensì per il difetto di incidenza concreta sul tema della decisione, in quanto appaiano finalizzate ad approfondire gli stessi temi di indagine già esaminati e giudicati inidonei a ritenere configurabile il reato denunciato (si veda: Cass. pen., sez. 1, sent. n. 23687/2010).
L'opposizione, con il portato della necessaria fissazione dell'udienza camerale, non è uno strumento per contestare il merito della scelta di archiviazione compiuta dal P.M. ciò che può essere realizzato mediante produzione di memorie che il giudice valuti nel deliberare de plano sulla richiesta di archiviazione.
L'opposizione, piuttosto, è la sede per porre in luce la incompletezza delle indagini sviluppate dalla pubblica accusa, e questo suo carattere è tanto assorbente che la legge sanziona di inammissibilità, appunto, gli interventi della persona offesa che non specifichino quali ne indichino di inconferenti.
Altrettanto sicura, per costante orientamento giurisprudenziale, è la possibilità per il giudice di rilevare de plano l'inammissibilità dell'atto di opposizione.