Reati tributari
La vicenda processuale in esame origina dal rinvio a giudizio del legale rappresentante di una società a responsabilità limitata, accusato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, ai sensi dell’art. 2 D.lgs. 74/2000. L'accusa, basata su verifiche dell’Agenzia delle Entrate, contestava l’inesistenza oggettiva delle operazioni relative alla costruzione di un impianto eolico.
Tuttavia, l’attività difensiva si è rivelata decisiva. Attraverso una meticolosa produzione documentale, è stata dimostrata l’effettività delle operazioni poste in essere dalla società, nonché la genuinità delle attività economiche sottostanti. In particolare, è emerso che l’azienda aveva regolarmente intrapreso le fasi preliminari per la realizzazione dell’impianto, tra cui:
l’ottenimento delle autorizzazioni edilizie,
la connessione alla rete elettrica nazionale,
la definizione di contratti con i fornitori.
La difesa ha altresì sottolineato che l’impianto eolico risultava operativo e conforme ai requisiti per accedere agli incentivi previsti per le fonti rinnovabili. Un altro elemento chiave è stato il chiarimento circa le interconnessioni societarie tra le imprese coinvolte, che, secondo la difesa, non inficiavano l’autenticità delle operazioni.
L’aspetto centrale della sentenza riguarda la valutazione dell’elemento soggettivo del reato, in particolare del dolo specifico richiesto dall’art. 2 D.lgs. 74/2000.
Il Tribunale di Vicenza, con sentenza n. 1967/2024, ha rilevato che:
Le operazioni contestate, pur realizzate tra società collegate, erano supportate da una documentazione esaustiva e coerente con un’effettiva logica imprenditoriale.
Non è stato fornito alcun elemento probatorio idoneo a dimostrare che l’imputato fosse consapevole di eventuali inesistenze soggettive nelle operazioni.
Di particolare rilievo è stata la testimonianza del consulente tecnico della difesa, che ha corroborato la tesi secondo cui le attività preparatorie e realizzative dell’impianto eolico erano state effettivamente svolte. È stato inoltre accertato che l’attività di consulenza, per sua natura, non richiedeva una struttura aziendale complessa, potendo essere svolta anche da un soggetto individuale qualificato.
La sentenza ha chiarito che"la mera presenza di rapporti societari interconnessi non può di per sé costituire prova della fraudolenza delle operazioni, se non accompagnata da ulteriori elementi concreti che dimostrino l’intenzionalità dell’evasione fiscale."
Sulla base di queste considerazioni, l’imputato è stato assolto con la formula piena “perché il fatto non sussiste”.
Il Tribunale ha riaffermato un principio essenziale in materia di reati tributari: "La configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta presuppone la dimostrazione del dolo specifico, che deve essere accertato sulla base di elementi probatori concreti e non presuntivi."
In altre parole, l’assenza del dolo esclude la responsabilità penale, anche in presenza di interconnessioni societarie o rapporti economici riconducibili a un unico soggetto, qualora le operazioni risultino effettivamente esistenti e documentate.
La sentenza n. 1967/2024 del Tribunale di Vicenza ribadisce che il dolo specifico non può essere desunto dalla sola complessità della struttura societaria, ma richiede una dimostrazione rigorosa, basata su fatti concreti.
Il caso dimostra altresì l’importanza di una strategia difensiva fondata sulla documentazione dettagliata e sulla capacità di contestare puntualmente le conclusioni dell’accusa.
In materia tributaria, il confine tra illecito amministrativo e illecito penale deve essere tracciato con rigore, tenendo conto del principio di offensività e dell’esigenza di evitare criminalizzazioni indebite delle condotte imprenditoriali.
In definitiva, la sentenza costituisce un esempio virtuoso di come il sistema giudiziario debba bilanciare la necessità di contrastare l’evasione fiscale con la tutela dei diritti dell’imputato e il rispetto delle garanzie costituzionali.