Bancarotta fraudolenta e ruolo dell’amministratore di fatto: il criterio dell’effettività

La responsabilità dell’amministratore di fatto si configura quando si dimostri che tale soggetto abbia esercitato, in modo continuo e significativo, poteri tipici di gestione della società, anche se non formalmente investito della carica.

La sentenza n. 40750 del 2024 chiarisce i criteri di attribuzione di responsabilità in capo all’amministratore di fatto per il reato di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale.

La vicenda processuale

Nel caso in esame, quattro imputati sono stati accusati di bancarotta fraudolenta per la gestione irregolare di una cooperativa, fallita nel 2013.

Le condotte contestate avevano ad oggetto distrazioni patrimoniali e omissioni nella tenuta delle scritture contabili, tali da impedire la ricostruzione delle operazioni aziendali.

La Corte d’Appello di Firenze aveva confermato le condanne, rilevando che alcuni imputati, pur non formalmente amministratori, avevano esercitato un controllo effettivo sulla gestione della cooperativa.

Gli imputati hanno presentato ricorso per Cassazione, contestando sia la qualifica di amministratori di fatto sia la sussistenza dell’elemento soggettivo per il reato di bancarotta fraudolenta, sostenendo che le somme prelevate dalla società rappresentassero compensi legittimi per le attività svolte.

I criteri per la qualifica di amministratore di fatto

La Corte, rigettando il ricorso, ha ribadito che la qualifica di amministratore di fatto si configura quando un soggetto esercita in modo continuativo e non occasionale poteri tipici di gestione societaria.

La Corte ha affermato che "in tema di reati fallimentari, la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell'accertamento di elementi sintomatici dell'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa", come ad esempio, la presenza costante in azienda, la partecipazione alle decisioni strategiche e la gestione delle risorse aziendali, anche senza una nomina formale​.

Nel caso specifico, la Corte ha rilevato che gli imputati avevano agito come amministratori di fatto, partecipando regolarmente alle assemblee e impartendo direttive al personale contabile, nonostante la mancanza di una formale investitura. Tali attività dimostravano una gestione effettiva delle operazioni societarie, sufficiente a configurare la responsabilità per bancarotta documentale e patrimoniale.

La responsabilità per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale

La Corte ha, inoltre, affrontato il tema della distinzione tra bancarotta fraudolenta patrimoniale per dissipazione e bancarotta documentale. La dissipazione si verifica quando le risorse aziendali vengono impiegate in modo irrazionale, ai danni dei creditori. Nel caso in esame, gli amministratori avevano distribuito somme ingenti ai soci, mantenendo rapporti commerciali antieconomici e finanziando i costi aziendali con massiccio ricorso al credito bancario, senza tentare di recuperare i crediti della cooperativa.

Inoltre, la Cassazione ha confermato la responsabilità per bancarotta documentale, basata su anomalie contabili che ostacolavano la ricostruzione delle operazioni della cooperativa. Tra queste, la falsificazione di fatture per l’acquisto di gasolio, emesse per coprire operazioni inesistenti, e l’assegnazione di carburante a società non appartenenti al gruppo​.