La sentenza n. 45003/2024 della Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, offre un contributo significativo all’approfondimento delle condizioni necessarie per configurare i delitti di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale. Nel caso in esame, l'imputato, in qualità di amministratore unico, è stato condannato per prelievi non giustificati e omessa tenuta delle scritture contabili, in una vicenda che richiama l'attenzione sulla rilevanza del dolo e sulle responsabilità della figura amministrativa nel fallimento.
La vicenda si colloca nell’alveo dei reati previsti dall’art. 216 della legge fallimentare, che distingue la bancarotta fraudolenta distrattiva, relativa alla sottrazione o distrazione di beni aziendali, dalla bancarotta documentale, legata alla mancanza o incompletezza della documentazione contabile.
L’imputato è stato accusato, in particolare, di aver effettuato prelievi per 88.000 euro senza comprovare il loro utilizzo per scopi aziendali e di non aver tenuto le scritture contabili dal gennaio 2012 fino al fallimento, rendendo impossibile la ricostruzione del volume d'affari della società.
Il ricorrente ha articolato cinque motivi di impugnazione, tra cui la mancanza di motivazione della Corte d'Appello circa l'utilizzo delle somme prelevate, l'assenza di un concreto pericolo per i creditori al momento dei fatti e l'attribuzione della responsabilità per l'incompletezza della documentazione contabile nonostante il passaggio di consegne avvenuto nel 2014.
Inoltre, ha contestato l'adeguatezza della motivazione sull’elemento soggettivo del dolo e sulla pretesa inutilizzabilità delle scritture contabili da parte del curatore fallimentare.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo congrue le motivazioni della Corte d'Appello. Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha evidenziato come l’imputato non avesse fornito prove credibili sull’impiego delle somme per finalità aziendali, sottolineando che i prelievi proseguivano anche dopo il completamento dei lavori.
In relazione al secondo motivo, è stato ribadito che, ai fini della bancarotta distrattiva, non è necessario dimostrare un concreto pregiudizio ai creditori, ma è sufficiente che la condotta abbia posto in pericolo le loro ragioni.
Sul terzo motivo, la Corte ha escluso che il passaggio di consegne documentato fosse sufficiente a escludere la responsabilità dell’imputato, rilevando che l’omissione contabile si estendeva a un periodo precedente.
La pronuncia ribadisce che, nel delitto di bancarotta documentale, il dolo generico è sufficiente: l’amministratore deve essere consapevole dell’irregolare tenuta delle scritture e delle difficoltà che ciò comporta per la ricostruzione delle vicende aziendali.
La Corte chiarisce che la responsabilità per condotte distrattive non viene meno per il solo fatto che i beni non siano stati destinati immediatamente al fallimento, ma è sufficiente che si siano verificati atti di depauperamento dell’impresa.
“Nel reato di bancarotta fraudolenta distrattiva, l'elemento oggettivo è costituito dalla messa in pericolo delle ragioni creditorie mediante atti di depauperamento patrimoniale, indipendentemente dall’esistenza di un nesso causale con il fallimento; nella bancarotta documentale, il dolo generico è integrato dalla consapevole irregolarità della tenuta delle scritture, anche se queste risultino solo parzialmente insufficienti a garantire la ricostruzione delle vicende aziendali.”
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Firenze confermava la pronuncia di condanna di primo grado del ricorrente limitatamente ai fatti di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale di cui al capo A) dell'imputazione, dichiarando non doversi procedere per intervenuta prescrizione in relazione agli altri capi della rubrica.
Segnatamente il Li.Lu. è stato condannato per avere, nella qualità di amministratore unico della società K. costruzioni Srl, dalla data del 2 maggio 2011 al fallimento, effettato prelevamenti bancari in contanti o a mezzo bancomat, nell'anno 2012, per l'importo di Euro 88.000,00 senza un'apparente giustificazione sottostante e, quanto alla bancarotta documentale, per aver omesso la tenuta delle scritture contabili dal gennaio 2012 sino alla data del fallimento, impedendo la ricostruzione del volume degli affari.
2. Avverso la richiamata sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante il difensore di fiducia, avv. A., affidandosi a cinque motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia motivazione apparente in ordine al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale poiché la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto che la contestazione circa l'omessa correlazione dei prelievi con l'attività aziendale era strettamente dipendente dall'imputazione per il reato di cui all'art. 2 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, dichiarato estinto per intervenuta prescrizione nel giudizio di primo grado, in quanto i prelievi erano volti ad effettuare pagamenti in contanti all'impresa individuale del De..
In particolare, lamenta l'assertività, rispetto alla relativa censura proposta in appello, della motivazione della Corte territoriale laddove, a pag. 14, si sarebbe limitata ad osservare che "nessun elemento di pregio risulta offerto per pervenire a conclusioni diverse rispetto a quelle del primo giudice, nulla di nuovo emergendo per ritenere che gli acquisti della merce da De. siano effettivamente avvenuti".
2.2. Con il secondo motivo il Li.Lu. assume mancanza della motivazione quanto all'idoneità in concreto dell'atto distrattivo a porre in pericolo la garanzia dei creditori considerato che nell'anno 2012 la società non era in stato di dissesto, intervenuto solo nell'anno 2015.
Lamenta, in proposito, che la Corte d'Appello di Firenze avrebbe argomentato esclusivamente quanto all'elemento soggettivo del delitto, senza dire alcunché rispetto a tale profilo afferente, invece, ad un elemento oggettivo del delitto.
2.3. Con il terzo motivo l'imputato assume manifesta illogicità della motivazione rispetto al delitto di bancarotta fraudolenta documentale in ordine alla possibilità di attribuire alla sua responsabilità l'incompletezza della contabilità poiché, in data 7 luglio 2014, aveva ceduto le proprie quote nella società ed effettuato il passaggio di consegna della documentazione, senza che potesse darsi rilievo, come aveva invece fatto la Corte territoriale, né alla circostanza che dalla visura camerale egli risultasse ancora amministratore alla data del fallimento poiché le iscrizioni camerali non hanno valore costitutivo, né all'omessa documentazione dell'avvenuto passaggio di consegne.
2.4. Con il quarto motivo il Li.Lu. deduce motivazione apparente quanto alla pretesa inidoneità delle scritture contabili a rendere impossibile in concreto la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della fallita avendo lo stesso curatore dichiarato, come era stato evidenziato a pag. 5 dell'atto di appello, che la contabilità, sebbene incompleta, gli era "stata sufficiente, tutto sommato".
2.5. Infine, il ricorrente lamenta motivazione apparente circa l'elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta documentazione e manifesta illogicità della relativa motivazione. Questa si fonderebbe, infatti, solo sulla circostanza che egli avrebbe artatamente cambiato il commercialista e che la documentazione era tenuta in maniera disordinata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere, nel suo complesso, rigettato.
2.Quanto al primo motivo, di carattere reiterativo, esso non si confronta con le congrue argomentazioni spese dalla Corte territoriale rispetto all'assunto per il quale i prelievi sarebbero stati destinati allo svolgimento dell'attività di impresa, sul presupposto dell'esistenza delle fatture emesse.
E, infatti, la decisione impugnata ha posto in rilievo, con una motivazione non illogica, che, a fronte di prelievi effettuati per l'importo di Euro 88.000,00, l'imputato non ha dimostrato, in ogni caso, di aver destinato le relative somme a finalità aziendali, non essendo stato documentato né l'impiego delle somme per il pagamento dei lavoratori distaccati presso il cantiere, né potendo ritenersi pertinente la deduzione compiuta considerato che i prelievi erano continuati anche in un periodo successivo, ad ogni modo, al termine dei lavori in questione.
2. Il secondo motivo è manifestamente infondato poiché non è elemento oggettivo, a differenza di quanto deduce l'imputato, del delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva l'aver arrecato in concreto un pregiudizio alle ragioni creditorie, ma solo aver posto in pericolo le stesse (ex multis, Sez. 5, n. 24051 del 15/05/2014, Lorenzini, Rv. 260142 - 01).
D'altra parte, come hanno chiarito le Sezioni Unite della Corte di cassazione, ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l'esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l'agente abbia cagionato il depauperamento dell'impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività. Pertanto, i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l'impresa non versava in condizioni di insolvenza (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266804 - 01).
3.Il terzo motivo è manifestamente infondato: invero, sia la decisione di primo grado che quella di appello non hanno attribuito rilievo decisivo alla circostanza che l'avvenuta cessione delle quote non risultava dal registro delle imprese bensì a quella, congruamente ritenuta dirimente, dell'assenza di qualsivoglia prova (tale non potendo certo considerarsi la dichiarazione prò se resa dall'imputato in sede di esame), che questi avesse consegnato la documentazione contabile della società ai nuovi proprietari.
D'altra parte, occorre anche considerare che la carenza documentale ha origine nel gennaio dell'anno 2012 e il preteso trasferimento delle quote e della gestione della società sarebbe intervenuto, secondo le deduzioni dello stesso Li.Lu. , soltanto nel luglio del 2014, ovvero pochi mesi prima della dichiarazione di fallimento.
4.Il quarto motivo è manifestamente infondato, poiché il delitto è integrato non solo quando non sia possibile ricostruire in assoluto la situazione economica e patrimoniale della società ma anche quando ciò risulti difficoltoso, rendendo più complesso l'operato degli organi fallimentari.
Nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale, difatti, l'interesse tutelato non è circoscritto ad una mera informazione sulle vicende patrimoniali e contabili della impresa, ma attiene ad una loro conoscenza documentata e giuridicamente utile, sicché il delitto sussiste non solo quando la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari del fallito si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza (ex plurimis, Sez. 5, n. 1925 del 26/09/2018, dep. 2019, Cortinovis, Rv. 274455 - 01; Sez. 5, n. 45174 del 22/05/2015, Faragona, Rv. 265682 - 01).
5. Il quinto motivo non è fondato.
Se è vero, infatti, come evidenzia il ricorrente, che il dolo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale non può desumersi dalla circostanza che egli aveva cambiato commercialista, è pur vero, al contempo, che il commercialista al quale il Li.Lu. sostiene di aver consegnato le scritture contabili ha negato tale circostanza.
D'altra parte, la parziale omissione del dovere annotativo, integrante la fattispecie di cui alla seconda ipotesi dell'art. 216, comma 1, n. 2, legge fall., è punita a titolo di dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà della irregolare tenuta delle scritture con la consapevolezza che ciò renda difficoltosa o impossibile la ricostruzione delle vicende patrimoniali dell'impresa (Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, Gualandri, Rv. 284677 - 02).
Nella fattispecie in esame, come si desume dalla complessiva motivazione della decisione impugnata, l'omessa tenuta alcune di alcune scritture contabili si è rivelata funzionale ad occultare sia le fatturazioni per operazioni delle quali non è stata provata l'esistenza sia le distrazioni compiute in danno della società (e quindi in pregiudizio dei creditori della stessa) attraverso gli ingenti prelievi di denaro di cui all'imputazione per il delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva.
6. Il ricorso deve dunque essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2024.