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Reati tributari

Emissione di fatture false e frode fiscale: La rilevanza del "visto di conformità leggero"

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Emissione di fatture false e frode fiscale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14954 del 13 febbraio 2024, ha confermato la responsabilità penale di alcuni imputati, condannati per l'emissione di fatture per operazioni inesistenti e frode fiscale, affrontando in modo approfondito il ruolo del professionista incaricato di apporre il visto di conformità leggero alle dichiarazioni IVA.

La sentenza pone l'accento sulle modalità con cui il professionista deve adempiere ai propri obblighi di verifica, pur nell’ambito del "visto leggero", evidenziando come omissioni sostanziali possano configurare una condotta penalmente rilevante.


Il "visto di conformità leggero"

Al centro della pronuncia vi è la corresponsabilità del professionista per il rilascio del visto di conformità sulle dichiarazioni IVA che si rivelano contenere dati falsi, frutto di operazioni inesistenti.

In particolare, il professionista era stato incaricato di certificare la regolarità della dichiarazione IVA di una società che, attraverso false fatture, aveva creato crediti fiscali inesistenti. La Corte ha chiarito che, anche nel caso del visto "leggero", il commercialista deve effettuare verifiche non solo formali ma sostanziali, accertandosi della veridicità delle operazioni sottostanti.


Il ruolo del professionista e le omissioni contestate

La sentenza di appello aveva già affermato la responsabilità del professionista per aver omesso una serie di controlli che avrebbero potuto evidenziare la natura fraudolenta delle operazioni.

La difesa del commercialista aveva tentato di giustificare la condotta adducendo che il visto di conformità leggero richiede solo una verifica formale della documentazione e non un controllo sostanziale.

Tuttavia, la Cassazione ha rigettato tale linea difensiva, ritenendo che alcune omissioni fossero comunque gravi e decisive.

In particolare, secondo gli ermellini, il professionista non aveva verificato:

  • l'effettiva operatività delle società emittenti le fatture, molte delle quali erano già cessate;

  • la congruità tra il codice ATECO indicato e la tipologia di operazioni fatturate;

  • l'esistenza di pagamenti tracciabili per le ingenti fatture emesse, né aveva richiesto la documentazione di trasporto dei beni dichiarati.


La configurabilità del concorso

Un altro tema centrale riguarda la partecipazione del professionista nel concorso al reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture per operazioni inesistenti.

Secondo la Cassazione, il rilascio del visto "leggero" senza i dovuti controlli rappresenta un contributo causale rilevante alla realizzazione del reato, in quanto permette alla società di beneficiare di indebite compensazioni fiscali.

Tale condotta è stato qualificata come concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta, poiché il professionista, pur consapevole dell'incongruenza dei dati, ha agevolato la presentazione della dichiarazione mendace.


Conclusioni

La sentenza n. 14954/2024 della Corte di Cassazione ha ribadito i limiti della responsabilità del commercialista ed i casi i in cui la sua condotta può sfociare in una partecipazione attiva alla frode fiscale, configurando un concorso nel reato.

Il professionista è tenuto ad un’attività di controllo che, pur non essendo pari a quella del visto "pesante", non può limitarsi a una semplice verifica formale dei dati.



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