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Reati contro il patrimonio

Furto di energia elettrica: sulle aggravanti della violenza sulle cose e della destinazione a pubblico servizio

Furto energia elettrica

Il Tribunale di Cassino, con la sentenza n. 971 del 18 luglio 2024 (udienza 22 maggio 2024), ha affrontato un caso di sottrazione fraudolenta di energia elettrica mediante manomissione di un contatore. Questa sentenza merita un’analisi approfondita, in particolare per quanto riguarda le circostanze aggravanti della violenza sulle cose e della destinazione a pubblico servizio.


Fatti e svolgimento del processo

La vicenda giudiziaria ha origine da un controllo effettuato il 6 marzo 2019 su un contatore elettrico collegato ad un autolavaggio gestito dalla società Ba. S.r.l., di cui l'imputato era amministratore. Durante l'ispezione, i tecnici dell'azienda energetica hanno rilevato un'anomalia nel contatore, consistente in una riduzione del 30% dell'energia effettivamente consumata rispetto a quella registrata.

Il controllo ha evidenziato la presenza di un foro manomesso sul dispositivo, occultato con stucco. Questa manipolazione consentiva all'imputato di utilizzare parte dell'energia senza che venisse registrata, determinando così un illecito risparmio sulle bollette. L'accusa ha quantificato il danno in circa 18.000 euro per un consumo non conteggiato di 71.684 kilowatt tra il novembre 2017 e il marzo 2019.

La difesa, nel corso del processo, ha sostenuto l'inaccessibilità del contatore a causa della sua posizione e ha contestato la volontà fraudolenta dell'imputato. Tuttavia, le prove raccolte, comprese le testimonianze dei tecnici, la documentazione fotografica e i verbali di verifica, hanno smentito tali argomentazioni.


Motivi della decisione

Il Tribunale ha ritenuto pienamente provato il reato di furto aggravato di energia elettrica, condannando l’imputato per la sottrazione di energia attraverso la manomissione del contatore.

Il giudice ha evidenziato come le dichiarazioni rese dal teste Ve.Cl., verificatore di En., siano state fondamentali per ricostruire i fatti. Il teste ha confermato che il contatore era stato manipolato per ridurre la registrazione dell’energia effettivamente consumata, fornendo una spiegazione dettagliata del meccanismo di frode. Queste dichiarazioni sono state corroborate da ulteriori testimonianze e documentazione, come i verbali di verifica e il fascicolo fotografico, che hanno confermato l’alterazione fisica del contatore.


La qualificazione giuridica del reato

La sentenza del Tribunale di Cassino ha qualificato il reato come furto aggravato ai sensi dell’art. 625 c.p., in quanto la sottrazione di energia elettrica è stata compiuta mediante violenza sulle cose, ossia la manomissione del contatore.

In giurisprudenza, la manomissione di un dispositivo di misurazione è equiparata a una forma di violenza sulle cose, necessaria per configurare l'aggravante del furto. Il Tribunale ha ricordato che anche la Suprema Corte ha più volte ribadito che ogni intervento fisico volto a compromettere il normale funzionamento di un dispositivo destinato alla misurazione o protezione di beni può configurare l’aggravante di cui all’art. 625 c.p.

Nel caso specifico, la violenza si è manifestata nell’apertura di un foro sulla calotta del contatore, che ha alterato la misurazione dell'energia consumata. La Suprema Corte ha definito violenza sulle cose qualsiasi alterazione apportata che ne comprometta la funzione originale, come avvenuto nel presente caso.


L'aggravante della destinazione a pubblico servizio

Un ulteriore aspetto trattato nella sentenza riguarda l’aggravante prevista dall’art. 625, comma 2, n. 7 c.p., relativa alla sottrazione di beni destinati a pubblico servizio. Il Tribunale ha ritenuto correttamente applicabile tale aggravante, sottolineando come l’energia elettrica sia destinata a pubblico servizio e che la sottrazione di energia mediante manomissione di un contatore rientra in questa ipotesi.

Secondo la giurisprudenza di legittimità più recente, l'energia elettrica, in quanto risorsa di pubblica utilità, rientra nella nozione di bene destinato al pubblico servizio. Non è necessario che il furto causi un effettivo danno ad altri utenti, ma è sufficiente che il bene sia parte del sistema di pubblico servizio. Questo principio è stato chiarito da precedenti sentenze della Corte di Cassazione, richiamate dal Tribunale di Cassino nella motivazione.


L'attenuante del risarcimento del danno

Nonostante la gravità del reato, il Tribunale ha concesso all’imputato l’attenuante di cui all’art. 62, comma 6, c.p., relativa al risarcimento del danno. L’imputato, infatti, aveva provveduto al risarcimento della somma di 17.173,20 euro, corrispondente all’energia elettrica illecitamente sottratta. Tale pagamento, effettuato prima dell’apertura del dibattimento, è stato considerato elemento favorevole ai fini della determinazione della pena.



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