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Procedura penale

Cartaceo contro App: Quando il sistema giustizia va in crash (Cass.pen., II, n. 45/2024)

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Cartaceo App: la giustizia va in crash

Immaginate un giudice, un pubblico ministero e un sistema informatico che si rifiuta di collaborare.

Sembra l’inizio di una barzelletta, ma è la trama di una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass.pen., II, n. 45/2024) che ci racconta cosa succede quando il mondo della giustizia e quello della tecnologia si scontrano.


Il caso: carta vs. computer

Tutto inizia a L’Aquila, dove un pubblico ministero cerca di archiviare un procedimento contro ignoti. Fin qui, nulla di strano.

Il problema sorge quando il PM si trova davanti a un sistema informatico che fa i capricci.

Avete presente quando il vostro computer si aggiorna mentre cercate di inviare un'email urgente? Ecco, qualcosa di simile.

Il PM decide quindi di procedere all’antica, con una bella richiesta cartacea.

Ma il Giudice per le indagini preliminari non ci sta: "Cartacea? Ma siamo nel 2024!"

E così dichiara la richiesta inammissibile, accusando il PM di non rispettare l’obbligo di utilizzare la modalità telematica. Insomma, nella guerra tra carta e digitale, per il GIP non c’è partita: viva l’App, anche se non funziona.


La giustizia rallenta, la Cassazione interviene

A questo punto, il PM si rivolge alla Cassazione, lamentandosi di un fatto semplice: “Ma come posso depositare telematicamente, se il sistema non funziona?” Un’obiezione più che ragionevole, che la Corte di Cassazione non tarda a riconoscere.

Il verdetto? Il GIP ha preso una cantonata.

Secondo la Suprema Corte, il giudice non può imporre l’uso del telematico a ogni costo, soprattutto quando la tecnologia si ribella.

E non solo: il GIP, dichiarando inammissibile la richiesta, ha praticamente bloccato tutto il procedimento, lasciando il PM senza alternative praticabili. Una sorta di impasse burocratica che non fa bene a nessuno. Abnormità!


Tecnologia al servizio della giustizia, non il contrario

La Cassazione è stata chiara: il sistema informatico deve servire la giustizia, non ostacolarla. Non siamo noi a doverci piegare ai capricci di un’App malfunzionante. Certo, l’innovazione tecnologica è una cosa meravigliosa, ma non può diventare una gabbia in cui la giustizia rimane intrappolata.


Morale della favola

Questa sentenza ci regala due lezioni preziose.

La prima è che la giustizia, nonostante tutti i suoi difetti, sa ancora usare il buonsenso (almeno in Cassazione).

La seconda è che, in un mondo sempre più digitale, non dobbiamo dimenticare il valore di un buon vecchio foglio di carta. Perché, quando tutto va in crash, un pezzo di carta non ci tradisce mai.

E ora scusateci, ma dobbiamo andare: il nostro sistema si sta aggiornando... di nuovo.


La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO

1. Con provvedimento in data 8 maggio 2024 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di L'Aquila dichiarava inammissibile la richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico Ministero nell'ambito del proc. R.G.N.R. n. 484/2024 iscritto a carico di ignoti in quanto ritenuta presentata irritualmente (in maniera cartacea in cancelleria) perché in violazione del dettato di cui all'art. 3 del D.M. n. 217 del 29 dicembre 2023, norma che impone ai soggetti interni abilitati (tra cui il Pubblico Ministero) il deposito telematico mediante l'applicativo APP degli atti relativi ai provvedimenti di archiviazione.


2. Ricorre direttamente per Cassazione avverso il predetto provvedimento il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di L'Aquila, deducendo


2.1. Abnormità del provvedimento del G.i.p. - Stasi del procedimento -Violazione dell'art. 175-bis, commi 3 e 4, cod. proc. pen.


Sulla premessa che il Giudice ha dichiarato inammissibile la richiesta di archiviazione perché depositata in modalità analogica, osserva il ricorrente che il provvedimento impugnato sarebbe abnorme sia strutturalmente che funzionalmente ed è, comunque, da ritenersi estraneo al perimetro della legalità processuale, ciò in quanto


a) l'art. 175-bis cod. proc. pen. non prevede la possibilità di "reazione" giurisdizionale in caso di deposito analogico di istanze in conseguenza di un provvedimento di accertamento di malfunzionamento dei sistemi informatici tanto è vero che il G.i.p. neppure ha qualificato la natura del proprio provvedimento;


b) la declaratoria di inammissibilità adottata crea una stasi del procedimento dato che il P.M. non può né provvedere al deposito con modalità telematica (perché inibito dal capo dell'Ufficio e dal malfunzionamento dell'applicativo), né reiterare la richiesta di archiviazione in modalità cartacea perché preclusa dal G.i.p.


2.2. Abnormità del provvedimento del G.i.p. - Estraneità all'esercizio della funzione - Violazione dell'art. 606, comma 1, lett. a), cod. proc. pen.


Rileva parte ricorrente che il provvedimento impugnato sarebbe abnorme strutturalmente e funzionalmente anche perché deborda dai limiti dell'esercizio del potere giurisdizionale inteso anche in astratto.


In particolare, osserva il ricorrente


a) il G.i.p. con l'atto impugnato ha finito per sindacare la legittimità dell'esercizio del potere del Procuratore della Repubblica quale vertice anche amministrativo dell'Ufficio Giudiziario censurandone l'azione perché asseritamente operata in falsa applicazione del dettato normativo in particolare, l'art. 175-bis, commi 1, 3 e 4 cod. proc. pen. delinea un iter procedimentale che ha come presupposto esterno un atto amministrativo del Capo dell'Ufficio fondato sull'accertamento del malfunzionamento dei sistemi informatici ed il Giudice, laddove ha affermato che il provvedimento datato 8 aprile 2024 a firma del Procuratore della Repubblica e del Ma. della medesima non costituisce un "malfunzionamento del sistema che legittima la redazione delle richieste di archiviazione in formato analogico, ha finito per esercitare un sindacato di legittimità (proprio del Giudice amministrativo) sulla corretta interpretazione da cui origina l'atto amministrativo presupposto di sospensione della procedura telematica;


b) il G.i.p. avrebbe confuso il concetto dì "malfunzionamento" con quello di "mancato funzionamento" del sistema;


c) il G.i.p. nel richiamare la giurisprudenza amministrativa in materia ha impropriamente assimilato un Ufficio Giudiziario ad una stazione appaltante.


In sostanza, conclude il ricorrente, il Giudice avrebbe adottato un provvedimento illogico e contra legem rispetto ai principi dell'ordinamento in quanto non è il magistrato requirente o giudicante a doversi porre al servizio del sistema telematico/informatico, bensì deve essere il sistema al servizio dell'amministrazione della giustizia.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Ai fini di affrontare la questione posta con il ricorso occorre procedere ad una breve ricostruzione della vicenda e della normativa che regolamenta la problematica.


L'art. 3 del D.M. 29 dicembre 2023, n. 217, in vigore dal 14 gennaio 2024 che ha dato esecuzione al D.L. 24 febbraio 2023, n. 13 (convertito con modificazioni dalla I. 21 aprile 2023, n. 41), dispone testualmente al comma 1


"Fermo quanto disposto dai commi 7 e 8, a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione del presente regolamento, durante la fase delle indagini preliminari il deposito di atti, documenti, richieste e memorie ha luogo con modalità telematiche ai sensi dell'articolo 111-bis del codice di procedura penale nei seguenti uffici giudiziari penali


a) procura della Repubblica presso il Tribunale;


b) Procura europea;


c) Tribunale ordinario, limitatamente all'ufficio del giudice per le indagini preliminari;


d) procura generale presso la corte di appello, limitatamente al procedimento di avocazione".


Il comma 7 dell'art. 3 del citato D.M. n. 217/2023 prevede una deroga alla disposizione appena citata, consentendo - ai soggetti abilitati "interni" - il deposito di atti, documenti, richieste e memorie, anche con modalità non telematiche, ma solo qualora "diversi da quelli relativi ai procedimenti di archiviazione di cui agli articoli 408,409,410,411 e 415 del codice di procedura penale nonché alla riapertura delle indagini di cui all'articolo 414 del codice di procedura penale" il che lascia intendere che le richieste di archiviazione per i procedimenti contro "ignoti" (art. 415 cod. proc. pen.) possono essere depositate solo con modalità telematiche.


L'art. 111-bis cod. proc. pen., norma di carattere generale, dispone, poi, al comma 1 che "Salvo quanto previsto dall'articolo 175-bis, in ogni stato e grado del procedimento, il deposito di atti, documenti, richieste, memorie ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici".


Naturalmente il Legislatore si è posto il problema dell'eventuale malfunzionamento del sistema informatico che consente di procedere al deposito di atti con le modalità sopra indicate ed all'uopo ha introdotto del codice di rito penale l'art. 175-bis, come visto richiamato espressamente dall'art. 111-bis il quale dispone testualmente che


"1. Il malfunzionamento dei sistemi informatici dei domini del Ministero della giustizia è certificato dal direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, attestato sul portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia e comunicato dal dirigente dell'ufficio giudiziario, con modalità tali da assicurarne la tempestiva conoscibilità ai soggetti interessati. Il ripristino del corretto funzionamento è certificato, attestato e comunicato con le medesime modalità.


2. Le certificazioni, attestazioni e comunicazioni di cui al comma 1 contengono l'indicazione della data e, ove risulti, dell'orario dell'inizio e della fine del malfunzionamento, registrati, in relazione a ciascun settore interessato, dal direttore generale per i servizi informativi del Ministero della giustizia.


3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, a decorrere dall'inizio e sino alla fine del malfunzionamento dei sistemi informatici, atti e documenti sono redatti in forma di documento analogico e depositati con modalità non telematiche, fermo quanto disposto dagli articoli 110, comma 4, e 111 ter, comma 3.


4. La disposizione di cui al comma 3 si applica, altresì, nel caso di malfunzionamento del sistema non certificato ai sensi del comma 1, accertato ed attestato dal dirigente dell'ufficio giudiziario, e comunicato con modalità tali da assicurare la tempestiva conoscibilità ai soggetti interessati della data e, ove risulti, dell'orario dell'inizio e della fine del malfunzionamento.


5. Se, nel periodo di malfunzionamento certificato ai sensi dei commi 1 e 2 o accertato ai sensi del comma 4, scade un termine previsto a pena di decadenza, il pubblico ministero, le parti private e i difensori sono restituiti nel termine quando provino di essersi trovati, per caso fortuito o forza maggiore, nell'impossibilità di redigere o depositare tempestivamente l'atto ai sensi dei comma 3. Si applicano, in tal caso, le disposizioni dell'articolo 175".


Come si vede la predetta norma prevede due modalità diverse relative all'accertamento del malfunzionamento che può essere "certificato" dal direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia (commal) ovvero "accertato ed attestato" dal dirigente dell'ufficio giudiziario come nel caso qui in esame.


Risulta, infatti, che nel caso in esame con provvedimento in data 8 aprile 2024 (allegato al ricorso) a firma del Procuratore della Repubblica e del Magistrato di riferimento per l'informatica (Ma.) veniva accertato un malfunzionamento dell'applicativo "APP" relativamente alla redazione e firma delle richieste di archiviazione dei soli procedimenti in iscrizione SICP qualificati come "ignoti seriali" e, conseguentemente, veniva disposto il deposito delle richieste di archiviazione in modalità analogica fino al 30 aprile 2024.


In particolare, nel predetto provvedimento si evidenziava che si erano periodicamente registrate "interruzioni ed anomalie di funzionamento causate dal costante aggiornamento del sistema operativo nonché da anomalie/errori/disfunzioni di software e persino di hardware" che se consentivano di gestire le archiviazioni "singole" dei procedimenti contro ignoti in tempi ragionevoli, non era altrettanto a dirsi per la gestione dei procedimenti a carico di ignoti di natura c.d. "seriale" da archiviarsi con motivazioni standard e ciò in ragione del fatto che detti procedimenti, di numero notoriamente elevatissimo, vengono ordinariamente gestiti con un sistema di c.d. "firma massiva" o "firma multipla" presente nella "consolle" del P.M.


Il malfunzionamento descritto in detto provvedimento rendeva quindi di fatto sostanzialmente impraticabile, per tempi e modi, la gestione delle richieste di archiviazione di detti procedimenti uti singuli.


Sempre nel predetto provvedimento si segnalava che tentativi da parte di tecnici informatici di risolvere la problematica non avevano portato ai risultati sperati anzi creando problematiche ed errori di altra natura.


Il Presidente del Tribunale al quale il provvedimento era indirizzato nulla osservava ed il Consiglio Giudiziario con delibera del 24 aprile 2024 (in atti) condivideva la sussistenza del malfunzionamento dell'applicativo "APP" nei termini indicati nel provvedimento del Procuratore della Repubblica e, di conseguenza, si dava luogo al deposito delle richieste di archiviazione in formato analogico presso la Cancelleria del Tribunale, richieste che, come detto, venivano dichiarate inammissibili da uno dei Giudici assegnati alla sezione G.i.p.


2. Tutto ciò doverosamente premesso, occorre innanzitutto domandarsi quale è la natura del provvedimento adottato dal Procuratore della Repubblica.


Appare indubbio che ci si trova in presenza di un provvedimento che pur avendo effetti nella gestione degli affari giudiziari presenta una caratteristica di atto amministrativo avente funzioni organizzative per il regolare svolgimento dell'attività giudiziaria.


È altresì indubbio che quello emesso in data 8 aprile 2024 dal Procuratore della Repubblica è un provvedimento previsto dal sistema processuale ai sensi del comma 4 dell'art. 175-bis cod. proc. pen. e che il sistema processuale per effetto del combinato disposto dell'art. 107-bis disp. att. cod. proc. pen. e del comma 4 dell'art. 415 cod. proc. pen. prevede espressamente che i provvedenti di archiviazione relativi ai c.d. "ignoti seriali" sono (si noti l'uso dell'indicativo presente) "pronunciati cumulativamente".


3. Passando, di converso, ad analizzare il provvedimento emesso dal G.i.p. deve, innanzitutto, osservarsi che nessuna delle norme sopra richiamate prevede espressamente la sanzione processuale di "inammissibilità" (concetto quest'ultimo utilizzato nel dispositivo del provvedimento del Giudice) in caso di violazione delle stesse e che, come è noto, il parallelo sistema delle nullità presenta caratteristiche di tassatività ex art. 177 cod. proc. pen.


A ciò si aggiunge che i poteri decisionali del G.i.p. in presenza di una richiesta di archiviazione sono disciplinati nel titolo Vili del Libro V del codice di rito penale e, in particolare, negli articoli da 408 a 415 nei quali non è rinvenibile una tipologia di decisione come quella adottata.


4. Altro profilo meritevole di analisi è poi quello relativo alla possibilità per il Giudice di sindacare la motivazione del provvedimento emesso dal Procuratore della Repubblica in data 8 aprile 2024.


Risulta, infatti, che nel provvedimento impugnato in questa sede di legittimità il G.i.p. si è spinto ad esaminare il concetto di "malfunzionamento" del sistema informatico osservando che con tale concetto 'deve intendersi un blocco generalizzato del sistema che impedisce "in maniera assoluta" la redazione dell'atto o il suo caricamento ed il suo inoltro, non anche qualsiasi anomalia che importi un'impossibilità relativa o una mera difficoltà o addirittura la necessità di impiegare un tempo superiore a quello inizialmente stimato per il compimento dell'attività" elementi questi ultimi sui quali invece risulta fondato il provvedimento del Procuratore della Repubblica che avrebbe - secondo il Giudice


- descritto non un malfunzionamento del sistema ma solo di una funzionalità dello stesso relativa alla archiviazione massiva dei cosiddetti "ignoti" seriali.


Non è certo questa la sede per operare una valutazione dell'estensione del concetto di "malfunzionamento" o di compararlo - come vorrebbe il Pubblico Ministero ricorrente - a quello di "mancato funzionamento" di un sistema informatico in quanto ciò che risulta avere una prioritaria rilevanza è il fatto che il Giudice nel caso in esame si è spinto a sindacare la motivazione un provvedimento di indubbia natura amministrativa attività che di certo competeva agli organi della giustizia amministrativa ma non a quelli della giustizia ordinaria.


Non v'è dubbio allora che si si trovi in presenza di una situazione rientrante tra quelle contemplate dall'art. 606, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. che legittima il ricorso per cassazione del Pubblico Ministero.


A ciò si aggiunge che, come si è detto, l'argomentazione utilizzata dallo stesso giudice nel provvedimento impugnato - il quale lascia sostanzialmente intendere che il malfunzionamento del sistema non impedisce l'adozione di modalità diverse, ancorché sempre per via telematica, di inoltro delle richieste di archiviazione - non tiene conto della regola, questa sì contemplata nel codice di rito e sopra indicata, che prevede che in caso di "ignoti seriali" le richieste di archiviazione devono essere gestite cumulativamente.


5. Stante l'indicata ammissibilità formale alla presentazione del ricorso per cassazione, si impone a questo punto la valutazione della dedotta "abnormità" del provvedimento adottato dal Giudice, elemento ulteriore legittimante il ricorso innanzi a questa Corte.


Come è noto, la categoria del provvedimento abnorme è stata elaborata dalla giurisprudenza con l'intento dichiarato di introdurre un correttivo al principio della tassatività dei mezzi di impugnazione e di apprestare il rimedio del ricorso per cassazione contro determinati provvedimenti che, pur non essendo oggettivamente impugnabili, risultino, tuttavia, affetti da anomalie genetiche o funzionali così radicali da non poter essere inquadrati in nessuno schema legale. Il ricorso per Cassazione rappresenta, pertanto, lo strumento processuale utilizzabile per rimuovere gli effetti di un provvedimento che, per la singolarità e la stranezza del suo contenuto, deve essere considerato avulso dall'intero ordinamento giuridico.


In mancanza di una definizione legislativa, la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha argomentato fin da tempi remoti (v. Sez. 3, n. 3010 del 09/07/1996, P.M. in proc. Cammarata, Rv. 206058; Sez. 1, n. 2383 del 19/05/1993, La Ruffa ed altri, Rv 19508; Sez. 6, n. 4121 del 19/11/1992, Bosca, Rv. 192943) che il provvedimento abnorme si discosta e diverge non solo dalla previsione contenuta in specifiche norme, ma anche dall'intero sistema organico della legge processuale, tanto da costituire un atto insuscettibile di ogni inquadramento normativo e da risultare imprevisto e imprevedibile rispetto alla tipizzazione degli atti processuali compiuta dal legislatore.


Si è, inoltre, osservato (Sez. U, n. 11 del 09/07/1997, P.M. in proc. Quarantelli, Rv. 208221) che è abnorme non solo il provvedimento che, per la sua singolarità, non sia inquadrabile nell'ambito dell'ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite.


L'abnormità può riguardare il profilo strutturale, allorché, per la sua singolarità, il provvedimento adottato si pone al di fuori del sistema organico della legge processuale, oppure quello funzionale, quando il provvedimento, pur non estraneo al sistema normativo, determina la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo.


Peraltro, l'abnormità inerisce soltanto a quei provvedimenti che si presentano avulsi dagli schemi normativi e non anche a quelli che, pur essendo emessi in violazione di specifiche norme processuali, rientrano tra gli atti tipici dell'ufficio che li adotta.


Le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, P.M. in proc. Toni, Rv. 243590) hanno fornito rilevanti indicazioni in ordine all'individuazione del c.d. provvedimento abnorme, ribadendo la distinzione tra abnormità strutturale o per motivi di funzione, da un verso, e l'abnormità c.d. funzionale, dall'altro.


Nel caso di abnormità strutturale, si configura l'ipotesi di esercizio di un potere da parte del Giudice non attribuitogli dall'ordinamento processuale (carenza di potere in astratto abnormità strutturale in senso stretto) ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo di modello legale stabilito dalla norma (carenza di potere in concreto abnormità di funzione).


Nel caso di abnormità funzionale si verifica, invece, una stasi nel processo con impossibilità di proseguirlo.


6. Ritiene l'odierno Collegio che entrambe le situazioni di abnormità siano ravvisabili nel caso in esame.


Innanzitutto risulta ravvisabile nel provvedimento impugnato una "abnormità strutturale" in senso stretto, ciò in quanto nel caso in esame ci si trova in presenza di un provvedimento del G.i.p. che si colloca al di fuori del sistema processuale e che si è concretizzato nell'esercizio di un potere non attribuitogli dall'ordinamento processuale in quanto, al più, la potestà di dichiarare l'illegittimità del provvedimento adottato dal Procuratore della Repubblica competeva al giudice amministrativo e non di certo al giudice ordinario.


Si è inoltre in presenza anche di una "abnormità funzionale" e cioè di un provvedimento che ha determinato una stasi dei procedimenti nei confronti dei c.d. "ignoti seriali".


Come correttamente osservato dal ricorrente, a fronte della declaratoria di inammissibilità, al pubblico ministero non era consentito provvedere al deposito della richiesta con modalità telematica (perché inibito dal malfunzionamento dell'applicativo, che, come chiaramente evidenziato nel provvedimento del capo dell'ufficio, consentiva solo la trasmissione per singola richiesta di archiviazione di ogni notizia di reato, modalità preclusa da quanto disposto dall'art. 415, comma 4, cod. proc. pen. che espressamente richiede la trasmissione seriale) e neppure reiterare la richiesta in modalità cartacea, stante la decisione ostativa.


Le condizioni descritte hanno quindi inibito una legittima praticabilità di qualsiasi ulteriore azione processuale per proseguire la gestione dei procedimenti se non attraverso una inammissibile violazione delle disposizioni processuali che regolano la materia.


7. Il provvedimento impugnato va pertanto annullato senza rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di L'Aquila per l'ulteriore corso.


P.Q.M.

Annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di L'Aquila per l'ulteriore corso.


Così deciso in Roma il 27 novembre 2024.


Depositato in Cancelleria il 2 gennaio 2025.



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