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Reati contro la famiglia

Omesso mantenimento dei figli minori: lo stato di disoccupazione non esclude il reato

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Il reato di omesso versamento dell'assegno di mantenimento, previsto dall'art. 570, comma 2, n. 2 del codice penale, tutela gli obblighi di assistenza familiare e punisce chi, pur essendo obbligato, non provvede al mantenimento del coniuge o dei figli minori.

La norma intende garantire la sopravvivenza economica dei soggetti più vulnerabili all'interno del contesto familiare, impedendo che la mancanza di mezzi di sussistenza provochi loro situazioni di bisogno o difficoltà. La giurisprudenza ha più volte chiarito che l'incapacità economica dell'obbligato può costituire una causa di giustificazione solo se assoluta e non temporanea, richiedendo prove rigorose per dimostrare l'incolpevole impossibilità di adempiere.

Con la sentenza n. 35786 del 24 settembre 2024, la Corte di Cassazione, Sez. VI penale, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per omesso versamento del mantenimento in favore del figlio minore, ex art. 570, comma 2, n. 2, c.p.

La Corte ha ribadito alcuni principi fondamentali in relazione alla configurazione del reato di violazione degli obblighi familiari, con particolare riferimento alla valutazione dello stato di disoccupazione come giustificazione dell’inadempimento, all’applicabilità dell’art. 131-bis c.p., nonché alle modalità di notifica del decreto di citazione in giudizio.

Il caso

La vicenda ha riguardato un imputato condannato per non aver versato l'assegno mensile di mantenimento disposto in favore del figlio minore.

Il Tribunale di primo grado aveva inflitto una condanna, confermata poi dalla Corte di appello di Potenza. Il ricorrente ha contestato la decisione d’appello con cinque motivi di ricorso, tra cui il mancato riconoscimento della sua disoccupazione come causa giustificativa dell’inadempimento e l’omessa notifica del decreto di citazione.

I motivi di ricorso

Disoccupazione e capacità contributiva: Il primo motivo di ricorso si fondava sulla pretesa irrilevanza attribuita dalla Corte di appello allo stato di disoccupazione dell’imputato, che, a suo dire, giustificava l’inadempimento agli obblighi di mantenimento. Il ricorrente ha sostenuto che, dopo il licenziamento avvenuto nel 2003, era rimasto senza redditi e viveva presso amici, dipendendo economicamente dalla madre.

Particolare tenuità del fatto: Con il secondo motivo, il ricorrente ha censurato la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), ritenendo che lo stato di indigenza e le circostanze dell’inadempimento potessero integrare i requisiti richiesti.

Omessa notifica del decreto di citazione: Il terzo motivo di ricorso lamentava che il decreto di citazione per il giudizio di appello non fosse stato notificato correttamente, rendendo invalida la convocazione in giudizio.

Pena alternativa: Il quarto motivo riguardava la richiesta di sostituzione della pena detentiva con una pena alternativa, da valutarsi in sede di legittimità.


La decisione della Corte

Irrilevanza dello stato di disoccupazione: La Corte di Cassazione ha ritenuto infondata la doglianza del ricorrente relativa alla disoccupazione come giustificazione dell’omesso mantenimento.

La Corte ha ricordato che lo stato di disoccupazione, di per sé, non è sufficiente a escludere la configurabilità del reato di cui all’art. 570 c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare). L'incapacità economica dell'obbligato deve essere assoluta e non meramente temporanea o formale, richiedendo la prova di una “persistente, oggettiva e incolpevole indisponibilità di introiti” (Cass. Pen. Sez. VI, n. 49979/2019). Nel caso di specie, il ricorrente non ha fornito alcuna prova concreta o documentazione che attestasse la sua totale incapacità di svolgere qualsiasi attività lavorativa per il periodo di inadempimento, limitandosi a riferire il suo stato di disoccupazione.

Inapplicabilità della tenuità del fatto: Anche il secondo motivo è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha infatti ribadito che l’art. 131-bis c.p. non è applicabile al reato di omesso versamento del mantenimento se l’inadempimento si è protratto per un lungo periodo. Nel caso in esame, l’omissione si era estesa per oltre dieci anni, circostanza che escludeva la possibilità di qualificare la condotta come “occasionale”. Già in precedenza la giurisprudenza aveva affermato che la continuità dell'inadempimento ostacola il riconoscimento della causa di esclusione della punibilità (Cass. Pen. Sez. VI, n. 20941/2022).

Correttezza della notifica del decreto di citazione: Quanto al terzo motivo, la Corte ha confermato la validità della notifica del decreto di citazione, ritenendo che fosse stata effettuata in modo corretto. Il tentativo di notifica presso il domicilio dichiarato dal ricorrente era fallito, ma la Corte ha applicato correttamente l’art. 161, comma 4, c.p.p., che prevede la notificazione presso l’ultimo domicilio noto in caso di irreperibilità dell’imputato.

Pena alternativa: Infine, la richiesta di sostituzione della pena detentiva con una pena alternativa non poteva essere accolta in sede di legittimità, poiché tale domanda andava formulata nei giudizi di merito.

Conclusioni

La sentenza n. 35786/2024 della Cassazione conferma l'importanza di fornire una prova concreta e rigorosa dello stato di incapacità economica assoluta dell’obbligato, in caso di omesso versamento dell’assegno di mantenimento. Non basta il semplice stato di disoccupazione formale per escludere la responsabilità penale, poiché occorre dimostrare l'impossibilità totale di reperire fonti di reddito, anche temporanee.



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