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Reati contro la PA

Peculato e truffa aggravata: la Cassazione chiarisce le differenze tra i due reati

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Peculato e truffa

Questo articolo si propone di chiarire le principali differenze tra i reati di peculato e truffa aggravata, analizzando la sentenza n.21986/23 della Sesta sezione della Corte di Cassazione che ha affrontato il tema, confermando la condanna per peculato di una direttrice amministrativa di un istituto scolastico.


Peculato e truffa aggravata: le definizioni

Il peculato è un reato previsto dall'art. 314 c.p. e si configura quando un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio si appropria di denaro o beni mobili pubblici, di cui ha la disponibilità per ragione del proprio ufficio. Il reato si concretizza non tanto nell'uso fraudolento di artifici o raggiri, quanto nel possesso o nella disponibilità legittima di un bene che poi viene illegalmente utilizzato per fini personali.

La truffa aggravata, invece, secondo l'art. 640 c.p. si realizza quando il soggetto agente, attraverso l’utilizzo di raggiri o artifizi, si procura un ingiusto profitto ai danni di un ente pubblico. Nel caso del reato di truffa, il soggetto attivo non ha una pregressa disponibilità del bene, ma lo ottiene fraudolentemente.


La sentenza di condanna per peculato

Nel caso sottoposto all'attenzione della Corte, l’imputata, una direttrice dei servizi generali e amministrativi (DSGA) di diversi istituti scolastici, era stata condannata per l’appropriazione indebita di ingenti somme di denaro, ottenute mediante la falsificazione di mandati di pagamento e la gestione indebita dei fondi destinati ai viaggi di istruzione e coperture assicurative degli studenti.

La difesa aveva richiesto la riqualificazione del reato in truffa aggravata, sostenendo che la disponibilità del denaro non fosse nelle mani dell’imputata, ma esclusivamente del dirigente scolastico, figura legittimata a disporre dei fondi.

Tuttavia, la Corte ha rigettato tale richiesta, chiarendo che, secondo la normativa vigente, la DSGA disponeva congiuntamente del denaro con il dirigente scolastico, circostanza che rendeva configurabile il peculato e non la truffa.

 

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La disponibilità congiunta del denaro: un elemento chiave

Il punto centrale della decisione della Corte risiede nel riconoscimento della disponibilità congiunta del denaro pubblico tra il dirigente scolastico e il DSGA. Sebbene i mandati di pagamento debbano essere firmati da entrambi, la Corte ha sottolineato che questo sistema di doppia firma non esclude la disponibilità del denaro da parte del DSGA, ma rappresenta solo una forma di controllo reciproco tra i due pubblici ufficiali.

Di conseguenza, la falsificazione della firma del dirigente scolastico non è stata interpretata come un raggiro necessario per ottenere la disponibilità del denaro, come sarebbe nel caso di truffa, ma come un mezzo per eludere il controllo congiunto, già intrinsecamente esistente, rendendo così autonomo il potere di disposizione della DSGA. Questo aspetto è stato ritenuto dalla Corte fondamentale per distinguere peculato e truffa. Ed invero, il peculato presuppone una relazione diretta e privilegiata con il bene pubblico.


Le implicazioni

La sentenza in esame ha ulteriormente consolidato l'orientamento della giurisprudenza, secondo cui il peculato si configura anche quando la disponibilità del denaro è condivisa tra più pubblici ufficiali, come nel caso di istituti scolastici, dove il DSGA e il dirigente scolastico hanno poteri congiunti di firma e gestione dei fondi. Questa decisione ha implicazioni importanti per il settore pubblico, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei fondi da parte di figure apicali che, pur non avendo poteri decisionali esclusivi, hanno una responsabilità diretta sulla corretta gestione delle risorse pubbliche.

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