Reati tributari
L’IVA (imposta sul valore aggiunto) è la principale imposta indirette che tutti i titolari di partita IVA sono tenuti a versare allo Stato. Ma cosa succede quando l’IVA non viene pagata? E, soprattutto, quando questo comportamento diventa un reato?
In questo articolo, spiegheremo in modo semplice e chiaro in quali casi l’omesso versamento dell’IVA costituisce una violazione amministrativa e quando, invece, assume rilevanza penale, con le relative conseguenze.
Secondo l’articolo 10-ter del Decreto Legislativo 74/2000, l’omesso versamento dell’IVA diventa reato quando l’importo IVA non versato supera la soglia di 250.000 euro per periodo d’imposta.
Se l’importo è inferiore a questa soglia, il mancato versamento è considerato un’irregolarità amministrativa e non ha conseguenze penali, sebbene possano comunque essere applicate sanzioni fiscali e interessi.
Affinché l’omesso versamento dell’IVA diventi un reato, è necessario che ci sia il dolo, ossia la volontà di non versare l’imposta dovuta.
Questo aspetto è fondamentale perché non sempre la mancata corresponsione dell’IVA è determinata da un’intenzione dolosa. La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha affrontato e chiarito diversi scenari in cui il dolo potrebbe essere escluso.
Ad esempio, secondo la sentenza n. 30532 del 2024, l’omesso versamento che deriva da una situazione straordinaria, pensiamo al mancato incasso di crediti rilevanti, non configura dolo. È il caso di una società travolta dalla crisi del suo principale committente, che non ha più le risorse necessarie per versare l’imposta.
Tuttavia, la semplice crisi di liquidità non è di per sé sufficiente per escludere la responsabilità penale. Come sottolineato dalla sentenza n. 28031 del 2023, infatti, il contribuente deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per adempiere al proprio obbligo fiscale, adottando le misure necessarie per onorare il debito tributario.
Quando emettete una fattura, è importante essere consapevoli che l’obbligo di versare l’IVA nasce immediatamente, anche se non avete ancora ricevuto il pagamento dal cliente. Questo principio è stato confermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 23928 del 2024, che stabilisce chiaramente come l’emissione della fattura costituisca il momento in cui sorge l’obbligo tributario, indipendentemente dall’effettivo incasso del corrispettivo.
Di conseguenza, non è possibile giustificare il mancato versamento dell’IVA invocando il ritardo o il mancato pagamento da parte del cliente.
Tuttavia, la recente modifica dell’art. 13 del D.Lgs. 74/2000, con l’introduzione del comma 3-bis, offre un’importante novità. La norma prevede che, in situazioni di crisi di liquidità non imputabili al contribuente, come difficoltà finanziarie non transitorie o eventi straordinari, il mancato versamento dell’IVA può non essere punibile, a condizione che venga dimostrata l’insorgenza di circostanze oggettive che impediscono il pagamento.
Questa evoluzione normativa rappresenta un’opportunità significativa, ma non deve portare a sottovalutare la gestione fiscale. È fondamentale pianificare con attenzione le proprie operazioni, tenendo conto degli obblighi IVA e adottando le misure necessarie per evitare sanzioni o problemi legali. In caso di difficoltà, rivolgersi tempestivamente a un professionista può fare la differenza per valutare le soluzioni più adatte e sfruttare le tutele previste dalla legge.
Se siete amministratori di una società, è fondamentale prestare molta attenzione agli obblighi fiscali, in particolare al versamento dell’IVA. Questo vale soprattutto se state subentrando nella gestione di un’azienda. Prima di accettare l’incarico, assicuratevi di verificare accuratamente lo stato degli adempimenti fiscali, incluso il pagamento dell’IVA già dichiarata ma non ancora versata.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1465 del 2023, ha chiarito che un amministratore che non effettua queste verifiche può essere ritenuto responsabile a titolo di dolo eventuale, esponendosi alle conseguenze penali di eventuali irregolarità fiscali pregresse.
Non sottovalutate questo passaggio: controllare la situazione fiscale della società è un passo essenziale per evitare problemi legali che potrebbero ricadere direttamente su di voi.
Se il mancato pagamento dell’IVA supera l’importo di 250.000 euro per periodo d’imposta, le conseguenze possono essere particolarmente gravi. In questi casi, il contribuente rischia una pena detentiva che va da sei mesi a due anni di reclusione.
Inoltre, può essere soggetto a misure patrimoniali come sequestri o confische dei beni, che mirano a garantire il recupero delle somme dovute allo Stato.
Sì, è possibile evitare il processo penale in alcuni casi, adottando strumenti previsti dalla vigente normativa tributaria.
Una delle principali opzioni è il ravvedimento operoso: se il contribuente regolarizza la propria posizione, saldando l’intero debito tributario comprensivo di interessi e sanzioni prima dell’apertura del processo, può evitare la sottoposizione al processo penale.
Questa possibilità è prevista dall’articolo 13 del D.Lgs. 74/2000 e rappresenta un’importante opportunità per chi intende sanare l'omesso versamento.
Come si è detto in precedenza, recentemente, l'articolo 13 del D.Lgs. 74/2000 è stato modificato con l'introduzione del comma 3-bis, che prevede una nuova causa di non punibilità per il reato di omesso versamento dell'IVA.
Secondo questa disposizione, se il mancato pagamento è dovuto a una causa non imputabile al contribuente, sopravvenuta al momento del versamento, e se si verifica una crisi di liquidità non transitoria, il reato non è punibile. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30532 del 2024, ha applicato questa norma, riconoscendo la non punibilità in un caso in cui l'omesso versamento era conseguenza diretta della crisi finanziaria del committente principale della società imputata.