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Violazione dei sigilli

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Violazione dei sigilli - Art. 349 c.p.

Art. 349 - Violazione di sigilli

Chiunque viola i sigilli, per disposizione della legge o per ordine dell'Autorità apposti al fine di assicurare la conservazione o la identità di una cosa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 103 euro a 1.032 euro.


Se il colpevole è colui che ha in custodia la cosa, la pena è della reclusione da tre a cinque anni e della multa da 309 euro a 3.098 euro.

Procedibilità

D'ufficio

Competenza

Tribunale in composizione monocratica

Arresto

Non consentito nel primo comma, facoltativo nel secondo comma

Misure cautelari personali

Non consentite nel primo comma, consentite nel secondo comma

Fermo

Non consentito

Pena

Reclusione da sei mesi a tre anni (primo comma), da tre a cinque anni (secondo comma)

Prescrizione

6 anni (7 anni e 6 mesi in caso di rinvio a giudizio)

Indice:

1. Introduzione

2. Evoluzione storica

3. Bene giuridico protetto dalla norma

4. Soggetto attivo

5. Elemento oggettivo

6. Condotta

7. Elemento soggettivo

8. Consumazione e tentativo

9. Le sentenze in tema di violazione di sigilli

 

1. Introduzione

La violazione dei sigilli è un reato contro la pubblica amministrazione disciplinato dall'art. 349 c.p. che si configura quando vengono rotti, rimossi o manomessi i sigilli apposti per disposizione della legge o per ordine dell'Autorità su beni mobili o immobili.

Il reato in argomento è volto a garantire la conservazione e l'integrità di tali beni.

La ratio della norma risiede nell'importanza di mantenere l'integrità e la conservazione dei beni sottoposti a sigillazione, che sono oggetto di tutela legale o amministrativa.

I sigilli costituiscono una protezione simbolica e fisica che garantisce che tali beni non siano alterati, distrutti o sottratti. La violazione dei sigilli mina l'autorità e l'efficacia delle misure di tutela imposte, compromettendo il buon funzionamento dell'attività amministrativa, legislativa e giudiziaria dello Stato.

Nell'ipotesi descritta dal primo comma, il reato può essere commesso da qualsiasi persona, configurando così un reato comune.

Il reato diviene proprio nell'ipotesi descritta dal secondo comma, ipotesi che si realizza quando la condotta è posta in essere dal custode del bene sottoposto a sigillazione.

Il reato richiede il dolo generico, cioè la consapevolezza e la volontà di violare i sigilli, indipendentemente dal motivo o dal fine ultimo della violazione.


2. Evoluzione storica

Nel diritto romano, la violazione dei sigilli non costituiva un vero e proprio reato, ma veniva sanzionata in casi specifici. Un esempio significativo è la violazione dei sigilli apposti sulle res sequestrate in Sicilia durante le indagini condotte da Cicerone contro il proconsole Verre per il reato di peculato (crimen repetundarum).

Anche durante il periodo del diritto intermedio, non esisteva una previsione normativa specifica per la violazione dei sigilli. Tuttavia, tale condotta veniva sanzionata sotto altre fattispecie di reato, come il delitto di falso. Questo riflette una tendenza a punire comunque la violazione dell'integrità di sigilli legalmente apposti, anche se non vi era una specifica disposizione legislativa.

Il codice Zanardelli del 1889 fu il primo a introdurre una regolamentazione specifica per la violazione dei sigilli. Gli articoli pertinenti trassero ispirazione dal codice sardo del 1859 e dal codice toscano del 1853. L'articolo 201 del codice Zanardelli puniva chiunque violasse i sigilli apposti per disposizione di legge o per ordine dell'Autorità per garantire la conservazione o l'identità di un bene. Le pene previste erano la reclusione da tre mesi a due anni e una multa da cinquanta a mille lire.

Il codice Rocco del 1930 mantenne la struttura del reato di violazione dei sigilli introdotta dal codice Zanardelli, con alcune modifiche.

La formulazione del codice Rocco non includeva l'espressione "in qualsiasi modo" presente nel codice Zanardelli, considerandola pleonastica. La tecnica redazionale adottata implicava che, in assenza di specificazioni sui modi e mezzi, il reato potesse essere commesso in qualsiasi modo.

Il secondo comma dell'articolo 201 del codice Zanardelli prevedeva pene più severe se il reato era commesso da un pubblico ufficiale o da chi aveva in custodia il bene. Il codice Rocco, invece, limitò l'ipotesi aggravata solo al custode del bene. Per i pubblici ufficiali, si applicava l'aggravante comune prevista dall'articolo 61, n. 9 del codice penale.

Il terzo comma dell'articolo 201 del codice Zanardelli prevedeva una sanzione pecuniaria per la violazione dei sigilli commessa per negligenza o imprudenza del pubblico ufficiale o del custode. Questa fattispecie colposa fu trasposta nell'articolo 350 del codice Rocco, successivamente depenalizzato dal decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507. Attualmente, la violazione colposa è sanzionata come illecito amministrativo, limitato al custode del bene.


3. Bene giuridico protetto dalla norma

L'articolo 349 c.p. tutela il buon andamento della Pubblica Amministrazione. La protezione si concretizza nel garantire il corretto e normale funzionamento della P.A., con particolare riferimento al rispetto della custodia speciale imposta sui beni mobili o immobili tramite l'apposizione dei sigilli. Vediamo in dettaglio i principali aspetti del bene giuridico protetto.

La norma mira a salvaguardare il corretto funzionamento della P.A. e l'efficacia delle operazioni amministrative e giudiziarie, garantendo che i beni sigillati rimangano intatti e non manomessi da persone non autorizzate.

I sigilli svolgono anche una funzione di "custodia simbolica", rappresentando la volontà dello Stato o di altri enti pubblici di proteggere i beni contro qualsiasi atto di disposizione o manomissione.

Il reato non protegge il bene materiale in sé, ma il mezzo giuridico (i sigilli) che garantisce l'intangibilità del bene.

La tutela riguarda la funzione di custodia svolta dai sigilli, indipendentemente dal fatto che i sigilli stessi o il bene sigillato siano materialmente danneggiati.

La violazione dei sigilli si verifica quando viene intaccata la loro integrità funzionale o finalità, ovvero il vincolo di indisponibilità imposto dalla P.A.

Anche la violazione di un singolo sigillo può compromettere la finalità di assicurare la conservazione e l'identità del bene.

La norma è motivata dalla necessità di garantire il rispetto dello stato di custodia imposto dai sigilli, che segnalano a tutti la speciale condizione del bene e le conseguenze giuridiche di una loro eventuale violazione.


4. Soggetto attivo

Il reato di violazione dei sigilli previsto dall'articolo 349 c.p. è configurato come reato comune, il che significa che può essere commesso da chiunque, senza necessità di requisiti particolari per il soggetto attivo.

Il delitto può essere perpetrato da qualsiasi persona, includendo anche il pubblico ufficiale che ha ordinato o eseguito l'apposizione dei sigilli. In questo caso specifico, se l'azione viene compiuta con abuso di poteri o violazione dei doveri inerenti alla funzione del pubblico ufficiale, si applica la circostanza aggravante comune prevista dall'articolo 61, n. 9 del codice penale.

Nel codice Zanardelli del 1889, era prevista una specifica circostanza aggravante per il pubblico ufficiale che violava i sigilli.

Il codice Rocco ha mantenuto una disciplina simile, ma prevede una pena più grave solo nel caso in cui l'autore della violazione sia il custode del bene.

La violazione dei sigilli da parte del custode della cosa costituisce una circostanza ad effetto speciale e comporta pertanto una pena più severa. Questa aggravante è dovuta al maggior disvalore associato alla condotta di chi, avendo la specifica responsabilità di custodire il bene, tradisce tale fiducia.

Per l'applicazione dell'aggravante, è sufficiente che il violatore sia stato nominato custode, anche se la nomina fosse illegittima. I vizi dell'atto di nomina non consentono al custode di autodeterminarsi, ma devono essere contestati nei modi di legge.


5. Elemento oggettivo

L'elemento oggettivo del reato di violazione dei sigilli, previsto dall'articolo 349 c.p., consiste nella violazione materiale dei sigilli apposti su una cosa per disposizione di legge o per ordine dell'autorità, al fine di garantirne la conservazione o l'identità.

La condotta incriminata consiste nella violazione dei sigilli apposti per disposizione di legge o per ordine dell'autorità. Questa violazione può manifestarsi tramite la rimozione, rottura o distruzione del sigillo.

Anche in assenza di rimozione fisica del sigillo, il reato può essere configurato mediante qualsiasi atto che eluda il vincolo cautelare, frustrando la volontà della Pubblica Amministrazione di rendere la cosa indisponibile e immodificabile.

Perché la condotta costituisca reato, è necessario che i sigilli siano stati legittimamente apposti per legge o per ordine della competente autorità giudiziaria o amministrativa, con l'obiettivo di garantire la conservazione e l'identità del bene.

Per sigillo si intende qualsiasi dispositivo materiale, applicato in modo simbolico su una cosa, che ne ostacoli le attività invasive vietate. Può essere costituito anche da un solo segno materiale.

Ad esempio, possono costituire sigilli timbri, bolli su ceralacca, piombo, carta, nastri, strisce di carta, scotch, cartelli di avvertimento, fili di ferro o tavole di legno incrociate e inchiodate con scritte di pubblico avvertimento.

I sigilli devono essere apposti per garantire la conservazione, l'identità e l'intangibilità del bene. Non sussiste reato se i sigilli hanno un'altra finalità, come impedire un'attività commerciale non autorizzata.

Come si è detto in precedenza, il sigillo ha un valore simbolico e il divieto di non toccare si estende a tutto il bene oggetto della speciale custodia.

I sigilli devono essere idonei a identificare il bene e ad avvertire tutti di astenersi da qualsiasi atto che violi la sua indisponibilità e integrità.

Il suggellamento è legittimo quando è disposto da autorità giudiziarie, polizia giudiziaria, o altre pubbliche autorità amministrative competenti: Deve essere eseguita da un pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio, o da un privato che abbia assistito su richiesta.

In questa direzione, non sono protetti dalla norma i sigilli apposti dai privati, anche se autorizzati dalla legge o apposti congiuntamente a quelli ufficiali.


6. Condotta

La condotta del reato di violazione dei sigilli, prevista dall'articolo 349 del codice penale, si caratterizza per essere una "qualsiasi" azione che lede la funzione di custodia garantita dai sigilli. Ecco una spiegazione dettagliata:

La violazione dei sigilli può avvenire in qualsiasi modo che comprometta la loro funzione di custodia. Non è necessario che la condotta comporti la rimozione, rottura o distruzione del sigillo. Anche una semplice azione che frustri le finalità di conservazione e identità della cosa è sufficiente per configurare il reato.

La condotta delittuosa deve ledere l'integrità strumentale e funzionale dei sigilli. È rilevante che venga compromessa la volontà della Pubblica Amministrazione di mantenere il bene sotto uno speciale vincolo cautelare.

Il reato si concretizza attraverso un'azione positiva, non basta un'omissione. Tuttavia, un'omissione può configurare il reato se l'agente ha un dovere giuridico di opporsi alla violazione dei sigilli e non lo fa volontariamente, ai sensi dell'articolo 40, comma 2, del codice penale.

La condotta delittuosa può essere realizzata in qualsiasi modo, essendo a forma libera. Non ci sono limiti specifici alle modalità con cui si può violare il vincolo imposto dai sigilli.

La violazione può comprendere la rimozione, rottura o distruzione dei sigilli, ma anche atti come lo sfregio, l'imbrattamento o altre forme di manomissione. Questi atti devono però intaccare l'integrità funzionale dei sigilli per costituire il reato.

La res, cioè la cosa sigillata, può rimanere intatta anche dopo l'azione delittuosa. L'importante è che sia stata compromessa la funzione di custodia assicurata dai sigilli.

Anche la violazione materiale di un solo sigillo può essere sufficiente per configurare il reato se compromette la pubblica evidenza del vincolo di intangibilità e la funzione di custodia. Il termine "sigilli" al plurale è utilizzato a scopo indeterminativo e non implica necessariamente la presenza di più sigilli.

Il reato di violazione dei sigilli è un reato istantaneo che si perfeziona nel momento in cui viene posta in essere l'azione che elude il vincolo cautelare. Non è richiesta una permanenza della condotta nel tempo.


7. Elemento soggettivo

Il reato di violazione dei sigilli, disciplinato dall'art. 349 c.p., richiede per la sua configurabilità la presenza di un elemento soggettivo ben definito: il dolo generico.

Il reato è imputabile esclusivamente a titolo di dolo. Non esiste una fattispecie colposa per questo reato, in quanto la previsione dell'art. 350 c.p., che riguardava il reato colposo commesso dal custode, è stata depenalizzata.

Per configurare il reato, è sufficiente il dolo generico. Non è richiesto un dolo specifico. Questo significa che i motivi o i fini perseguiti dall'agente al momento del fatto sono irrilevanti per l'integrazione del reato. È sufficiente che l'agente abbia agito con consapevolezza e volontà.

L'agente deve essere consapevole dell'esistenza e della natura dei sigilli. Questa consapevolezza può derivare dalla significazione esteriore dei sigilli stessi. L'agente, come persona di media intelligenza, deve rendersi conto che si tratta di sigilli apposti per disposizione di legge o per ordine dell'Autorità, con lo scopo di assicurare la conservazione e l'identità del bene.

Solo l'erronea convinzione di essere autorizzato dalla competente Autorità a compiere l'atto esclude il reato, ai sensi dell'art. 47 c.p. Ad esempio, la Corte di cassazione ha stabilito che, nel caso di prosecuzione di attività edilizia in un cantiere sottoposto a sequestro, la mancata specificazione del divieto di continuare i lavori non è sufficiente a configurare la buona fede dell'agente. L'agente è comunque tenuto all'osservanza degli ordini dell'Autorità.

L'autore del reato deve agire con la coscienza e la volontà di violare i sigilli. Deve avere l'intenzione di far venir meno, con la sua condotta invasiva, la conservazione o l'identità della cosa sigillata.

In dottrina si ritiene possibile configurare il reato anche in presenza di dolo eventuale, dove l'agente accetta consapevolmente il rischio che la sua condotta possa violare i sigilli.

Non sussiste dolo se l'agente, come ad esempio il proprietario del bene, si limita alla semplice acquiescenza rispetto alle iniziative violatrici di terzi, anche se prossimi congiunti. In questo caso, l'agente non ha agito con la volontà di violare i sigilli.

Il custode è tenuto a esercitare una custodia continua e attenta sulla cosa sottoposta a vincolo cautelare. Se non impedisce la violazione dei sigilli da parte di terzi, può essere giustificato solo se dimostra che l'omissione della vigilanza è dovuta a caso fortuito o forza maggiore.


8. Consumazione e tentativo

Il reato di violazione dei sigilli, disciplinato dall'art. 349 c.p., è un reato istantaneo di lesione.

Questo significa che il reato si consuma nel momento in cui viene realizzata una condotta che compromette la funzione di custodia assicurata dai sigilli.

Il reato si perfeziona nel momento in cui si verifica la manomissione, la rimozione, la distruzione dei sigilli o qualsiasi altra condotta che violi il vincolo di intangibilità imposto dalla loro apposizione .

Non è necessario che si produca un ulteriore danno alla cosa sigillata per la consumazione del reato.

La violazione è già configurata al momento della compromissione della funzione dei sigilli. Anche se i sigilli non vengono materialmente danneggiati, se la loro funzione di custodia è comunque lesa, il reato è consumato .

Se dopo una violazione dei sigilli si verificano ulteriori infrazioni dei divieti imposti dai sigilli, tali condotte costituiscono reati autonomi. Questi reati possono essere unificati sotto il vincolo della continuazione, ex art. 81 cpv. c.p., senza necessità di un nuovo provvedimento di apposizione dei sigilli .

Il tentativo del reato di violazione dei sigilli è configurabile nel caso in cui l'autore, pur avendo avviato la manomissione materiale dei sigilli, non riesce a completare la violazione per cause indipendenti dalla sua volontà.

Il tentativo si realizza quando l'autore inizia un'azione diretta a violare i sigilli ma non riesce a portarla a termine. Ad esempio, se qualcuno inizia a rimuovere i sigilli ma viene interrotto prima di riuscirci.


9. Le sentenze in tema di violazione di sigilli

In tema di violazione di sigilli, la circostanza aggravante della qualità di custode, di cui al comma secondo dell' art. 349 cod. pen. , si comunica ai concorrenti nel reato che siano a conoscenza o ignorino colpevolmente tale qualità, non rientrando la stessa tra quelle circostanze soggettive da valutarsi soltanto con riguardo alla persona cui si riferiscono. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza di merito che ha riconosciuto, ai sensi dell' art. 59, comma secondo, cod. pen. , la responsabilità per il reato in questione della moglie del custode di opera edilizia sequestrata, in quanto comproprietaria dell'opera dove per lungo tempo si erano protratti i lavori abusivi, nonchè coniuge convivente di quest'ultimo).

Cassazione penale , sez. III , 24/11/2017 , n. 2283


È illegittima la subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione del manufatto abusivo nel caso di condanna per il reato di violazione di sigilli.

Cassazione penale , sez. III , 21/02/2018 , n. 41679


Integra il reato di cui all' art. 349 cod. pen. l'asportazione dei sigilli dal veicolo sottoposto a fermo amministrativo a norma dell' art. 214 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 .

Cassazione penale sez. III, 11/04/2018, n.45569


Il delitto di violazione dei sigilli di cui all' art. 349 cod. pen. si perfeziona con qualsiasi condotta idonea ad eludere l'obbligo di immodificabilità del bene, pur in assenza di sigilli o segni esteriori dell'avvenuto sequestro, sempre che si tratti di soggetto comunque edotto del vincolo posto sul bene. (Fattispecie in cui la conoscenza del sequestro è stata desunta dal rapporto di affinità esistente tra l'imputato e il proprietario del bene sottoposto a vincolo).

Cassazione penale , sez. III , 15/05/2018 , n. 43169


In materia di cause di giustificazione, non è configurabile la scriminante dell'adempimento di un dovere (art. 51 c.p.), qualora l'agente si avvale di una situazione giuridica esercitabile solo previa autorizzazione dell'Autorità senza formulare alcuna richiesta di rilascio del provvedimento autorizzativo (v. Sez. 3, n. 23484 del 07/03/2014, Petroni, Rv. 259662, in tema di esercizio di un diritto), giacchè l'adempimento di un dovere scrimina nei limiti in cui esso è riconosciuto, dovendosi verificare, per l'applicabilità della scriminante, una convergenza di norme che, di contenuto incompatibile, siano in conflitto tra loro (Sez. 1, n. 9368 del 07/06/1985, Silani, Rv. 170766), situazione che si verifica quando un medesimo soggetto sia destinatario, in una data situazione concreta, di due doveri (di cui almeno uno imposto da una norma incriminatrice) ed il cui superamento non può essere affidato ad autonome iniziative dell'agente, perchè la condotta deve essere imposta, per espressa previsione normativa, da una norma giuridica o da un ordine legittimo dell'autorità.

Cassazione penale sez. III, 24/05/2018, n.48263

"

In tema di violazione dei sigilli, l'elemento soggettivo del reato previsto dall' art. 349 c.p. è integrato dal dolo generico, per cui è sufficiente che il soggetto attivo si rappresenti e voglia realizzare la violazione dei sigilli apposti per legge o sulla base di un provvedimento dell'autorità competente, senza che sia necessario il fine specifico di recare un vulnus alla conservazione o all'identità della cosa sequestrata. (Nella fattispecie la Corte di cassazione ha ritenuto che il parere favorevole al rilascio del permesso di costruire, non essendo equipollente al positivo rilascio del medesimo permesso, non legittima l'inizio o la prosecuzione dei lavori su un immobile cui siano stati apposti i sigilli).

Cassazione penale , sez. VII , 08/02/2019 , n. 24276


Integra il reato di cui all'art. 349 c.p. l'asportazione dei sigilli dal veicolo sottoposto a fermo amministrativo a norma del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 214.

Cassazione penale sez. III, 09/04/2019, n.42918


Il delitto di violazione di sigilli, di cui all'art. 349 c.p., si configura anche quando la ripresa dell'attività edilizia sia avvenuta successivamente alla pronuncia di dissequestro del bene, da parte dell'autorità giudiziaria ma prima della rimozione dei sigilli da parte degli organi dell'esecuzione, atteso che sino a tale momento permane il vincolo di indisponibilità materiale del bene e l'efficacia dei sigilli che lo rendono manifesto.

Cassazione penale sez. III, 12/06/2019, n.44288


In tema di violazione di sigilli, il dissequestro, determinando la cessazione del vincolo cautelare, priva i sigilli di rilevanza giuridica ed impedisce la configurabilità stessa del reato ove il privato li rimuova senza attendere l'intervento degli organi esecutivi all'uopo delegati. (Fattispecie in tema di ripresa dell'attività edilizia prima della materiale rimozione dei sigilli).

Cassazione penale , sez. III , 12/06/2019 , n. 44288


Non occorre che i sigilli siano stati materialmente apposti, nè tanto meno che gli stessi siano stati oggetto di rottura o di rimozione, essendo sufficiente l'esistenza di qualche atto attraverso il quale sia stata resa manifesta la volontà dello Stato di garantire la cosa sequestrata contro ogni condotta di disposizione o manomissione da parte di persone non autorizzate, poichè oggetto specifico della tutela penale è l'interesse pubblico a garantire il rispetto dovuto al particolare stato di custodia imposto, per disposizione di legge o per ordine dell'autorità, ad una determinata cosa mobile o immobile, al fine di assicurarne la conservazione, l'identità e la consistenza oggettiva.

Cassazione penale sez. III, 05/02/2020, n.15760


Con l'art. 349 c.p., il legislatore ha inteso tutelare non l'astratta integrità dei segni apposti, onde rendere manifesta l'avvenuta sottrazione del bene sigillato alla disponibilità di chi in precedenza lo possedeva, ma la integrità ed immodificabilità del bene. Si tratta, pertanto, di una tutela di carattere funzionale e non meramente formale; di ciò costituisce indicazione sia la stessa lettera della legge, laddove, nel testo dell'art. 349 c.p., ci si riferisce ai sigilli apposti "al fine di assicurare la conservazione o la identità della cosa", sia la radicata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale - a dimostrazione del fatto che il reato si realizza non tanto attraverso la materiale rimozione dei sigilli quanto attraverso la immutatio loci - integra la violazione della disposizione qualsiasi condotta idonea ad eludere l'obbligo di immodificabilità del bene, pur in assenza di sigilli o segni esteriori dell'avvenuto sequestro, sempre che si tratti di soggetto comunque edotto del vincolo posto sul bene.

Cassazione penale sez. III, 01/03/2021, n.3277


L'illecito, tuttavia, può materialmente realizzarsi - indipendentemente dalla effettiva rimozione dei sigilli - anche mediante qualsiasi atto od attività che valga ad eludere il vincolo cautelare apposto: la forma libera impressa dal legislatore alla condotta del delitto fa sì che siano sussumibili nella fattispecie astratta tutti i comportamenti comunque diretti a frustrare la volontà della p.a. di rendere, attraverso l'apposizione del sigillo, indisponibile ed immodificabile la res.

Cassazione penale sez. III, 29/03/2022, n.16984


È manifestamente infondata la q.l.c. dell' art. 349 c.p. per violazione dell' art. 3 Cost. nella parte in cui non esclude la penale responsabilità dell'imputato laddove i sigilli violati promanino da ordini dell'Autorità emessi in violazione di legge, posto che non contrasta con i principi di eguaglianza e ragionevolezza la scelta legislativa di differenziare la disciplina di tale delitto da quella della contravvenzione prevista dall' art. 650 c.p. , in ordine alla quale il giudice è invece tenuto a sindacare la legittimità dell'atto.

Cassazione penale sez. III, 29/03/2022, n.16984


Il delitto di violazione di sigilli, nella sua attuale formulazione, tutela il buon andamento della Pubblica Amministrazione e, in particolare, l'interesse a che sia mantenuto il vincolo giuridico di indisponibilità da quest'ultima apposto sulla res. Mediante l'apposizione di sigilli, infatti, si manifesta la volontà dello Stato, o di altro ente pubblico, di assicurare i beni da ogni atto di disposizione o di manomissione da parte di persone non autorizzate. La funzione tutelata dalla legge, dunque, non è quella di apporre un "vincolo materiale" sulla cosa, bensì quella di manifestare erga omnes la presenza del "vincolo giuridico" di indisponibilità derivante dall'atto amministrativo.

Cassazione penale sez. III, 29/03/2022, n.16984


Conservare una cosa letteralmente significa mantenerla nello stato in cui attualmente si trova e quindi, tra i significati che tale espressione è suscettibile di esprimere, vi è anche quello di sottrarre la cosa "all'esercizio di ogni facoltà altrui, compresa quella di farne uso". Pertanto, il fine di conservazione della cosa, che deve connotare l'apposizione del sigillo perché la sua violazione abbia rilevanza, comprende anche il fine di impedirne l'uso, non solo quello di preservarne la materialità.

Cassazione penale sez. III, 05/07/2022, n.34402


Il momento consumativo del reato di violazione di sigilli può essere desunto non soltanto facendo ricorso ad elementi indiziari, ma anche a considerazioni logiche, fatti notori e massime di esperienza, in particolare potendosi presumere che tale momento coincida con quello dell'accertamento, salva l'esistenza di ipotesi anomale e particolari, oggetto di prova rigorosa, idonee ad intaccare tale presunzione e che rendano almeno dubbia l'epoca di commissione del fatto. Cassazione penale sez. III, 27/09/2023, n.46412

Nel delitto di violazione dei sigilli previsto dall'art. 349 c.p., l'oggetto del reato va individuato nella tutela delle intangibilità della cosa rispetto ad ogni atto di disposizione o di manomissione, dovendosi in questa ricomprendere anche la interdizione dell'uso disposta dall'autorità.

Cassazione penale sez. III, 27/09/2023, n.46412


 

Fonti:

Art. 349 3 350 c.p. Violazione dei sigilli - Trattato di diritto penale - Utet

Riccio, Misure cautelari (Violazione di), in Noviss. Dig. it, X, Torino, 1964

Riccio, I Delitti contro la PA, Torino, 1955

Boscarelli, La tutela penale del processo 1951

FIANDACA, Musco, Diritto penale, Parte speciale, I, Bologna, 2001, 320;

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