Bancarotta da operazioni dolose: il nesso causale tra condotta e fallimento non richiede una relazione diretta ed esclusiva (Cass. pen. n. 15852/2025)
- Avvocato Del Giudice
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Indice:
1. Premessa
1. Premessa
La Corte di cassazione torna ad affrontare il tema della bancarotta impropria da operazioni dolose (art. 223, comma 2, n. 2, l.fall.), chiarendo che il nesso causale tra condotta e fallimento non richiede una relazione diretta ed esclusiva.
È sufficiente, infatti, che l’atto doloso – anche se non determinante – abbia concorso ad aggravare un dissesto già in atto, secondo il principio di equivalenza delle cause previsto dall’art. 41 c.p.
2. Il fatto e la decisione d’appello
La Corte d’appello di Milano, pur accertando l’omessa riscossione di oltre 67.000 euro di canoni di locazione da parte dell’amministratore (peraltro verso una società a lui riconducibile), ha escluso la rilevanza causale della condotta rispetto al fallimento, quantificando il passivo in oltre 1.260.000 euro. Ha pertanto assolto l’imputato per insussistenza del fatto, ritenendo che la condotta contestata non avesse avuto incidenza "preponderante".
3. Il ricorso della curatela
La parte civile – curatela del fallimento della società – ha impugnato la decisione, censurando la valutazione della Corte territoriale e rilevando come la condotta omissiva avesse quantomeno aggravato il dissesto, a prescindere dal suo peso percentuale rispetto all’intero passivo.
4. La decisione della Cassazione
Accogliendo il primo motivo di ricorso, la Corte ha ricordato che “ai fini dell’integrazione del reato di bancarotta impropria da operazioni dolose, è sufficiente che la condotta abbia aggravato un dissesto già in atto, concorrendo causalmente alla crisi irreversibile della società.”
La Corte ha censurato l’approccio della sentenza impugnata, che aveva apoditticamente escluso la rilevanza causale della sottrazione di 67 mila euro, senza considerare che:
l’incidenza non deve essere esclusiva o preponderante;
anche un contributo aggravante, in presenza di altri fattori, rileva ai fini del nesso causale penalmente rilevante;
l’omessa riscossione, in sé, costituiva violazione dei doveri gestori e comportamento doloso.
Da ciò l’annullamento parziale della sentenza, limitatamente agli effetti civili, con rinvio al giudice competente per un nuovo giudizio sul danno.
5. Principio di diritto
In tema di bancarotta impropria da operazioni dolose, ai fini del nesso causale tra condotta e dissesto non è necessario che l’azione dell’amministratore abbia avuto incidenza preponderante: è sufficiente che essa abbia concorso ad aggravare una crisi già in atto, secondo la regola dell’equivalenza delle cause di cui all’art. 41 c.p.
6. Conclusioni
Con questa pronuncia, la Cassazione riafferma un principio essenziale nella responsabilità penale e civile degli amministratori falliti: ogni condotta dolosa che contribuisca, anche solo parzialmente, alla crisi della società, può assumere rilevanza penale e risarcitoria. Il dissesto non è mai frutto di una sola causa, e la sua genesi può essere imputabile a condotte omissive che ne peggiorano l’equilibrio patrimoniale.