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Bancarotta fraudolenta: l’omessa tenuta delle scritture contabili può essere considerata una semplice negligenza?


Bancarotta fraudolenta documentale: i casi di studio

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 19 giugno 2024 (depositata il 28 giugno 2024), ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale a carico dell’amministratrice di una società di servizi ribadendo l’importanza di una corretta tenuta delle scritture contabili e del rispetto dei diritti dei creditori nelle procedure fallimentari.


Il caso

L’amministratrice di una società di servizi è stata ritenuta colpevole per aver omesso la tenuta delle scritture contabili e per aver occultato documentazione aziendale, impedendo così la ricostruzione del patrimonio societario e pregiudicando i creditori. L'azienda è stata dichiarata fallita nel 2013, ma la prevenuta aveva interrotto la redazione delle scritture contabili sin dal 2009.


La bancarotta fraudolenta: dolo e condotta tipica

La Corte di Appello ha confermato l’orientamento giurisprudenziale che distingue la bancarotta fraudolenta dalla bancarotta semplice, ponendo l’accento sul dolo specifico che caratterizza la prima fattispecie.

Nella sentenza, viene ribadito come l’amministratrice abbia agito con consapevolezza e volontà di occultare la reale situazione patrimoniale dell’impresa, impedendo l’accertamento delle passività e danneggiando i creditori.

Richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 10968/2023), la Corte ha ribadito che l’omessa tenuta delle scritture contabili non può essere considerata una semplice negligenza, ma deve essere interpretata come una condotta fraudolenta quando vi è l'intento di nascondere l’effettiva situazione economica e patrimoniale dell'impresa.

In particolare, la mancata redazione del bilancio dal 2010 ha reso impossibile per i curatori fallimentari ricostruire le operazioni aziendali.


Bancarotta documentale: obblighi e responsabilità dell’amministratore

Nel confermare la condanna per bancarotta documentale, la Corte ha sottolineato come l’obbligo di tenere e conservare la contabilità non riguardi solo le scritture obbligatorie ai sensi del codice civile, ma si estenda a ogni documento necessario per la ricostruzione delle operazioni economiche e finanziarie dell'impresa. Il mancato rispetto di tale obbligo comporta la configurazione del reato di bancarotta fraudolenta documentale, poiché impedisce di tracciare le operazioni economiche dell’impresa, violando il principio della par condicio creditorum.


La distinzione con la bancarotta semplice

La difesa ha cercato di ottenere la derubricazione del reato in bancarotta semplice, sostenendo che l’amministratrice avesse agito per negligenza piuttosto che con dolo specifico. Tuttavia, la Corte ha respinto tale tesi, evidenziando come il comportamento della prevenuta fosse chiaramente orientato a danneggiare i creditori, rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio societario.

La differenza tra bancarotta fraudolenta e semplice risiede proprio nell’elemento soggettivo: mentre nella bancarotta semplice l’imprenditore può essere colpevole per imprudenza o imperizia, nella bancarotta fraudolenta emerge la volontà di arrecare danno ai creditori. Nel caso in esame, l’intento fraudolento era evidente nelle condotte omissive e nell’occultamento di documenti aziendali.


Pene accessorie e principio di proporzionalità

La Corte di Appello ha rideterminato la durata delle pene accessorie (inabilitazione all’esercizio di imprese commerciali e incapacità a ricoprire cariche direttive), in conformità alla sentenza della Corte Costituzionale n. 222/2018, che ha dichiarato incostituzionale la previsione di pene accessorie con durata fissa e predeterminata.

Richiamando il principio di proporzionalità, la Corte ha stabilito una durata delle pene accessorie coerente con la gravità delle condotte accertate, bilanciando la necessità di una sanzione adeguata con il rispetto del principio di personalizzazione della pena. La rideterminazione della pena accessoria rappresenta un’applicazione diretta del principio costituzionale di adeguatezza e proporzione della sanzione, che i giudici devono considerare caso per caso.

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