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Calunnia: condannato carabiniere che redige informativa riferendo episodi delittuosi falsi


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di calunnia

La massima

Integra il delitto di calunnia la condotta dell'appartenente alle forze dell'ordine che redige un'annotazione di servizio con la quale riferisce la commissione di più episodi delittuosi, pur essendo consapevole della falsità di alcuni di essi. (Fattispecie in cui venivano segnalati una pluralità di episodi di cessione di stupefacenti, uno solo dei quali non veritiero - Cassazione penale , sez. V , 14/06/2018 , n. 45821).

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. VI , 13/02/2019 , n. 28231

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 28.9.2016 la Corte d'appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rideterminava, per quanto rileva in questa sede, la pena inflitta a L.A. in mesi sei di reclusione ed Euro 1.100,00 di multa per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, commesso in data (OMISSIS) per aver detenuto illecitamente per uso non esclusivamente personale 28 gr. di hashish, suddivisi in 15 dosi e 1 gr. di cocaina, confermando nel resto l'impugnata sentenza nei confronti di M.R. e Mo.An., ossia la condanna ad anni tre di reclusione per i reati di calunnia ex art. 368 c.p. (avendo incolpato falsamente il L., Le.Mi. e C.G. di cessione illecita di sostanza stupefacente in favore di P.A., pur sapendoli innocenti, assumendo nell'annotazione di servizio a loro firma datata 15.11.2008 allegata, unitamente al verbale di arresto, alla nota n. 38/122-2008 della Compagnia dei C.C. di Gallipoli, di aver assistito altresì alle ore 17.15 di detto giorno ad una cessione di stupefacenti da parte dei tre giovani suddetti in favore di P.A., appunto sequestrando due grammi di hashish rinvenuti nella materiale disponibilità di tale ultimo soggetto dopo pochi minuti dalla cessione), di falso ex art. 479 c.p. (avendo attestato falsamente le suddette circostanze nell'informativa al P.M. trasmessa ai sensi dell'art. 347 c.p.p. alla procura della Repubblica di Lecce in data 20.11.2008, nonchè nell'annotazione datata 15/11/2008, nel verbale di perquisizione di P.A., nel verbale di contestazione di illecito amministrativo D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 75 a carico dello stesso P. datato 15.11.2008 e nel verbale di arresto allegati alla suddetta informativa del 20.11.2008) e per aver distrutto o comunque soppresso il verbale di contestazione di illecito amministrativo D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 75 redatto a carico di P.A. in data 16.11.2008, tutti fatti commessi tra il (OMISSIS).


1.1. La complessa vicenda in esame - sulla base della ricostruzione dei fatti operata dalle sentenze di merito - muove, in estrema sintesi, dall'episodio di elevazione del verbale D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 75 ed al conseguente ritiro della patente a P.A. in data 16.11.2008, nonchè all'invito rivolto a quest'ultimo dagli imputati M. e Mo., militari dell'arma dei Carabinieri - ove avesse voluto riottenere al più presto tale documento - di collaborare con loro, al fine dell'individuazione e dell'arresto di alcuni spacciatori operanti in (OMISSIS), cosa, poi, avvenuta il successivo (OMISSIS) con l'arresto del Le., del L. e del C.; il P., infatti, contattò il L. e fu organizzata l'operazione che portò all'arresto dei tre questione, ma in quel contesto, il Mo. ed il M. decisero di redigere un'annotazione di P.G. con la data del 15.11.2008, integralmente inventata, allo scopo, secondo i giudici, di rendere più evidenti gli elementi di responsabilità a carico dei tre arrestati, indicando che già il 15 avevano assistito al sopraggiungere di un'auto con i tre a bordo e ad uno scambio di hashish dalle mani del Le. a quelle del P. nonchè alla dazione di una banconota presumibilmente di Euro 20.00, il 20.11.2008 venne restituita la patente al P. consegnandogli un verbale di sequestro recante la data appunto del 15.11.2008.


2. Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorsi per cassazione, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, M.R. e Mo.An., nonchè L.A., lamentando:


2.1 Il M. e il Mo.:


- con il primo motivo la ricorrenza dei vizi di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione all'art. 368 c.p. ed alla configurabilità, al più, della cd. calunnia parziale, penalmente irrilevante nella fattispecie; ed invero, i fatti di spaccio accaduti in data (OMISSIS), per i quali il C., il L. ed il Le. vennero dapprima arrestati e, poi, successivamente condannati, furono segnalati all'autorità giudiziaria con l'informativa di reato del 20.11.2008, che ha dato origine al presente procedimento penale; l'annotazione del 15.11.2008, invece, non ha generato un autonomo procedimento penale, non è stata portata a conoscenza dell'autorità giudiziaria in via autonoma, ma soltanto inserita ad colorandum nell'informativa del 20.11.2008; essa, pertanto, non può ritenersi idonea ad integrare il reato di calunnia, non avendo dato la stura ad un procedimento penale ed, anche a voler ritenere ricorrente nella fattispecie una falsità parziale, ciò non integrerebbe il reato in contestazione, atteso che, l'indicazione di false o inesistenti circostanze aggravanti, a fronte di un reato effettivamente commesso, non integra il delitto di cui all'art. 368 c.p. in contestazione;


- con il secondo motivo la ricorrenza dei vizi di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione all'art. 479 c.p., perchè, in relazione al verbale D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 75 ritenuto falso, ricorrerebbe, comunque, la c.d. ipotesi di "falso innocuo", non punibile per l'idoneità dell'azione, ricadendo su un atto o una parte di atto privo di valenza sostanziale, in considerazione della veridicità del fermo del P., trovato in possesso di sostanza stupefacente il 16.11.2008 e del sequestro D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 75; la Corte territoriale non ha motivato sul punto, tralasciando il motivo di ricorso in diritto senza alcuna risposta, concentrandosi, invece, sugli aspetti afferenti il merito, che sono stati segnati da una motivazione alquanto contraddittoria ed addirittura assente in merito alla tesi difensiva dell'errata indicazione dell'orario nei verbali;


- con il terzo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all'art. 195 c.p.p., per mancata assunzione di una prova decisiva; nel corso dell'istruttoria dibattimentale il P.M. introduceva il tema di minacce subite dal P., per fargli rendere una falsa dichiarazione accusatoria nei confronti dei due carabinieri; di tali minacce parlava, poi, nel corso del suo esame, il teste maresciallo F., il quale indicava come fonte il Colonnello D.; la difesa, dinanzi alla testimonianza indiretta resa dal F., aveva più volte chiesto di esaminare la fonte a cui il teste aveva fatto riferimento, richiesta disattesa dalla Corte, che ha ritenuto compiutamente motivata sul punto la sentenza di primo grado, nel senso che di queste minacce aveva parlato solo in maniera indiretta il teste F., già ritenuto del tutto inattendibile, con relativa trasmissione atti al PM per l'ipotesi di falsa testimonianza; tuttavia il procedimento penale in danno del teste F. è stato definito in data 24.06.2016 con sentenza di assoluzione, perchè il fatto non costituisce reato, cosa questa incidente anche sul presente procedimento, laddove gli imputati M. e Mo. sono stati già giudicati con sentenza di non doversi procedere per gli stessi fatti di falso, dei quali ora si discute;


- con il quarto motivo, la ricorrenza del vizio di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione all'art. 490 c.p., in quanto, per ritenersi integrato il reato, è necessario che la condotta di cui all'art. 490 c.p. venga connotata da illegittimità, che non sussiste nel caso in cui l'agente ha un potere di esclusiva disposizione del documento, come nel caso di specie; in proposito, la Corte territoriale non ha motivato in diritto e, in ogni caso, anche tale contestazione è stata già stata definita con sentenza di non doversi procedere, divenuta definitiva;


- con il quinto ed ultimo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all'art. 62 bis c.p.p.; la Corte territoriale, in particolare, ha omesso di motivare in merito alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, che nel caso di specie meritavano di essere concesse in virtù dell'incensuratezza degli imputati, del contributo di questi ultimi all'Arma in oltre trent'anni di lavoro e della circostanza che l'annotazione incriminata non venne spedita all'A.G.;


2.2 L.A., a mezzo del suo difensore di fiducia, lamenta:


- con il primo motivo la ricorrenza dei vizi di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione all'art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, e art. 546 c.p.p., lett. e), n. 1, atteso che nel caso di specie, provenendo tra l'altro la narrazione a carico del ricorrente da testimoni colpevoli di falso e calunnia, andavano applicati alle fonti testimoniali i criteri dell'art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, proprio in considerazione della veste di coimputati del M. e del Mo., nonchè del rapporto di colleganza degli altri Carabinieri escussi e del rapporto di soggezione del P.; in tale contesto non vi è stato alcun vaglio particolarmente rigoroso della credibilità soggettiva delle fonti di accusa e sono comunque mancati quegli elementi di riscontro che l'art. 192 c.p.p. richiede;


- con il secondo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione all'art. 546 c.p.p., lett. e), n. 1, e art. 125 c.p.p., comma 3; il Tribunale prima e la Corte territoriale, poi, non hanno valutato l'attendibilità dei testimoni a carico e l'inattendibilità dei testimoni a discarico limitandosi ad una mera considerazione del valore autonomo dei singoli elementi probatori, senza pervenire a quella valutazione unitaria che è principio cardine del processo penale;


- con il terzo ed ultimo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione all'art. 533 c.p.p., comma 1, atteso che i giudici territoriali avrebbero dovuto assolvere il L., perchè le prove a suo carico erano inattendibili soggettivamente - per la fonte interessata all'esito del giudizio e/o condizionata nella deposizione - e perchè contraddittorie tra di loro e prive dei necessari riscontri.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili siccome in più punti generici e, comunque, manifestamente infondati.


1.1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti Mo. e M. ripropongono nella sostanza in questa sede la medesima questione della irrilevanza penale della annotazione di servizio del 15.11.2008, in relazione al contestato reato di calunnia. Ed invero, i giudici di merito hanno evidenziato come il M. ed il Mo. abbiano, comunque, accusato il Le., il L. ed il C. di un delitto (quello della cessione di stupefacente al P. in data (OMISSIS)), che essi ben sapevano non essere stato commesso, avendo "inventato" "clamorosamente ed integralmente" l'episodio, e la trasmissione di quella annotazione di polizia giudiziaria alla Procura della Repubblica ha comportato, comunque, l'instaurazione a carico dei tre di un procedimento penale, con il quale venne originariamente contestato loro anche il reato di cessione illecita di stupefacenti al P. appunto in data (OMISSIS); il fatto, poi, che il L. ed il Le. (insieme al C.) abbiano davvero commesso il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 la sera del (OMISSIS), in un contesto in cui si riprodussero, sostanzialmente, le condizioni già falsamente descritte per il (OMISSIS), non elide la falsità dell'accusa mossa, sia come elemento materiale (essendone derivata l'azione penale a carico dei soggetti falsamente incolpati), sia quanto ad elemento soggettivo, ben sapendo il M. ed il Mo. che il (OMISSIS) non vi era stata alcuna cessione di stupefacente; le ragioni del comportamento dei verbalizzanti sono state colte, peraltro, nella scelta di corroborare ulteriormente il quadro accusatorio nei confronti degli arrestati - evidenziando come l'episodio del (OMISSIS), altro non era che la ripetizione di analoga cessione con gli stessi protagonisti - con la finalità di offrire maggior sostegno e credibilità all'ipotesi investigativa, portando all'attenzione del Magistrato di turno fatti inquadrabili in una certa serialità, e come tali più plausibili.


1.1.1. Con tali congrue e non illogiche argomentazioni della sentenza impugnata i ricorrenti non si confrontano, incentrando il motivo di doglianza sulla "non autonomia" della falsa annotazione del 15.11, svilendone la portata, siccome confluita nell'informativa del 20.11, avente ad oggetto i successivi fatti di spaccio realmente verificatisi del 19.11 determinanti l'arresto del Le., del L. e del C.. I ricorrenti, però, con tali deduzioni non si occupano del dato decisivo, ai fini della configurabilità del reato in questione, ossia quello che è sufficiente a dare adito ad un procedimento penale la falsa accusa per un reato che non sia stato in precedenza portato a conoscenza dell'Autorità (Sez. 6, n. 29579 del 20/07/2011), situazione questa esattamente rinvenibile nella fattispecie in esame, atteso che prima della trasmissione dell'annotazione del 20.11.2008 non era stato avviato un procedimento nei confronti del Le., del L. e del C. per la cessione di stupefacenti al P., con le modalità indicate nella falsa annotazione del 15.11. Presupposto essenziale del reato di calunnia è, infatti, la "possibilità" che la falsa denuncia dia inizio a un procedimento penale (cfr. Sez. 6, n. 28000 del 14/05/2009), laddove deve considerarsi insussistente ove la presunta falsa dichiarazione accusatoria riguardi un fatto oggetto di precedente denuncia o querela che abbia già dato la stura appunto a un procedimento penale (Cass. 13.03.1967, Girardini; 24.01.1983, Pedrotti).


In definitiva i giudici di merito hanno messo in risalto nella sostanza proprio ciò, ossia che il concetto di "autonomia" a cui fanno riferimento i ricorrenti non attiene all'evidenza al fatto che gli episodi dovevano essere denunciati separatamente, per poter dar vita ad un procedimento rilevante ai fini della configurabilità della calunnia, ma anche la contestuale denuncia di più episodi penalmente rilevanti, di cui uno falso, ben può integrare per quest'ultimo il reato di calunnia. Inoltre, non integra gli estremi del reato di calunnia la denuncia concernente ipotesi delittuosa di assoluta inverosimiglianza, che impedisca in radice la stessa possibilità astratta di inizio di un procedimento penale a carico del soggetto falsamente incolpato (arg. ex Sez. 6, n. 28000 del 14/05/2009) situazione questa senz'altro non ricorrente nella fattispecie.


1.2. Manifestamente infondato si presenta il secondo motivo di ricorso, circa la ricorrenza nella fattispecie del cd. falso innocuo, atteso che il P. sebbene il giorno successivo è stato effettivamente fermato il 16.11.2008 in possesso di sostanza stupefacente. Tale deduzione non si confronta con la ampia motivazione in proposito della sentenza impugnata, che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti ha dato compiuta risposta al relativo motivo di appello sul falso innocuo, evidenziando come la redazione anche del falso verbale di contestazione dell'illecito amministrativo al P., collocato in un contesto temporale e fattuale del tutto diverso dall'accertamento in concreto compiuto dal M. e dal Mo. a carico dello stesso P. il 16.11.2008, abbia costituito il necessario supporto alla informativa attestante la ripetizione degli episodi di cessione riconducibili agli occupanti l'Audi A3. Con tale valutazione i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione dei principi più volte affermati da questa Corte secondo cui sussiste il "falso innocuo" solo quando l'infedele attestazione (nel falso ideologico) o la compiuta alterazione (nel falso materiale) sono del tutto irrilevanti ai fini del significato dell'atto e del suo valore probatorio e, pertanto, non esplicano effetti sulla sua funzione documentale, con la conseguenza che l'innocuità deve essere valutata non con riferimento all'uso che dell'atto falso venga fatto, ma avendo riguardo all'idoneità dello stesso ad ingannare comunque la fede pubblica (Sez. 5, n. 47601 del 26/05/2014). Inoltre il falso innocuo si configura solo in caso di inesistenza dell'oggetto tipico della falsità, di modo che questa riguardi un atto assolutamente privo di valenza probatoria, quale un documento inesistente o assolutamente nullo (Sez. 5, n. 28599 del 07/04/2017, Rv. 270245).


1.3. Manifestamente infondato si presenta il terzo motivo di ricorso circa la mancata rinnovazione del dibattimento in appello attraverso l'escussione del teste di riferimento D., in merito alla minacce subite dal P.. La Corte territoriale ha ritenuto non necessaria ai fini del decidere l'escussione del teste suddetto, evidenziando come di tali minacce abbia parlato solo in maniera indiretta il F., testimone ritenuto inattendibile dai giudici con apertura a suo carico di un procedimento per falsa testimonianza e non risultando indispensabile procedere con l'esame del Col. D., in quale per primo avrebbe appreso di quelle minacce, atteso che risulta congruo ritenere che se le stesse fossero state reali e tali da porre in dubbio la genuinità del P., non vi sarebbe stato motivo per non lasciarne traccia nei relativi atti di indagine.


Tale motivazione non illogica non risulta scalfita dal fatto che il F., poi, sia stato assolto dal reato di falsa testimonianza come dedotto dai ricorrenti, essendo dirimente il dato della non necessità della testimonianza del D. in applicazione dei principi più volte affermati da questa Corte secondo cui alla rinnovazione dell'istruzione nel giudizio di appello, di cui all'art. 603 c.p.p., comma 1, può ricorrersi solo quando il giudice ritenga "di non poter decidere allo stato degli atti", sussistendo tale impossibilità unicamente quando i dati probatori già acquisiti siano incerti, nonchè quando l'incombente richiesto sia decisivo, nel senso che o stesso possa eliminare le eventuali incertezze ovvero sia di per sè oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza (Sez. 6, n. 20095 del 26/02/2013, Rv. 256228).


1.4. Manifestamente infondato si presenta altresì il quarto motivo di ricorso, con il quale i ricorrenti deducono l'insussistenza del reato di cui all'art. 490 c.p. avendo essi la disponibilità esclusiva del verbale di contestazione di illecito amministrativo D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 75 redatto a carico di P.A. in data 16/11/2008. Sul punto deve evidenziarsi che la censura svolta in questa sede non pare sovrapponibile a quella sviluppata in appello, presentando aspetti di novità e, quindi, di inammissibilità pur nell'ambito delle deduzioni in merito alla asserita non configurabilità della fattispecie oggetto di contestazione. In ogni caso, deve evidenziarsi come l'assunto dei ricorrenti non sia condivisibile, atteso che, una volta confezionato l'atto pubblico (nel caso di specie un verbale di contestazione di illecito amministrativo D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 75, con ritiro della patente al P., redatto quindi alla presenza ed il coinvolgimento di un terzo), tale atto esce dalla disponibilità degli agenti che lo hanno redatto anche se materialmente ancora in loro possesso, divenendo atto della P.A. dagli agenti rappresentata. Sul punto è sufficiente evidenziare come in tema di falso per soppressione, dalla formulazione della norma di cui all'art. 490 cod. pen. si ricavi che il legislatore con i termini alternativi "distrugge", "sopprime", "occulta" ha voluto indicare diverse modalità di un'azione di sottrazione, la quale per sua natura si consuma nel momento nel quale viene posta in essere, togliendo il documento dalla disponibilità della pubblica amministrazione. Ne consegue il carattere istantaneo del reato anche qualora venga realizzato tramite occultamento (arg. ex Sez. 5, n. 3404 del 11/02/2000, Rv. 215588).


1.4.1. manifestamente infondata si presenta altresì la deduzione secondo la quale il fatto in contestazione sarebbe coperto dal giudicato di cui alla sentenza n. 2220/2016 emessa nei confronti dei ricorrenti in data 24.6.2016, atteso che tale deduzione oltre ad essere del tutto generica risulta smentita dal mero controllo sommario delle imputazioni, afferenti quelle di cui alla suddetta sentenza ad un falso verbale di perquisizione personale e veicolare in danno del P..


1.5. Manifestamente infondate si presentano le doglianze relative alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, non meritando censura alcuna la valutazione della Corte territoriale che ha condiviso le ragioni del diniego del primo giudice evidenziando che, nel caso di specie, l'istruttoria dibattimentale non ha messo in luce alcun significativo elemento di segno positivo che possa essere valorizzato ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, anzi la straordinaria gravità della condotta, la disarmante facilità con la quale sono state artificiosamente create da parte di appartenenti all'arma dei Carabinieri le tracce di episodi delittuosi in realtà mai commessi, ed il contegno processuale degli imputati impediscono il riconoscimento del beneficio. Tale valutazione ha fatto corretta applicazione dei principi più volte affermati da questa Corte secondo cui le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all'imputato, in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull'apprezzamento dell'entità del reato e della capacità a delinquere dello stesso, sicchè il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo (Cassazione penale, sez. 3^, 27/01/2012, n. 19639). Peraltro la concessione o meno delle attenuanti generiche rientra nell'ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l'adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010).


2. Generico e, comunque, manifestamente infondato si presenta il ricorso del L..


2.1. Con il primo motivo di ricorso l'imputato ripropone in questa sede il tema relativo alla inidoneità degli elementi acquisiti a fondare la sua responsabilità, essendo il Mo. ed il M., autori della calunnia in suo danno e perciò da ritenersi, in buona sostanza, inattendibili, così come il F..


Sul punto, l'imputato con si confronta compiutamente con la motivazione, ampia e convincente (alle pg. 19 e ss.) della sentenza impugnata che ha fondato la responsabilità del L. su plurimi elementi, tra cui le dichiarazioni del P., circa la sua richiesta rivolta al L. di acquisto di "fumo" e la presenza dell'imputato con il Le. ed il C. a bordo dell'Audi A3 nella (OMISSIS), nel tardo pomeriggio del (OMISSIS) per effetto della sua richiesta; la perfetta compatibilità dei tempi dell'avvio dell'operazione (ore 17:30) con il sopraggiungere dell'Audi A3 vicino alla piazzetta e la veridicità di tale operazione, mai contestata; le dirimenti dichiarazioni dell'appuntato C., che ha descritto con estrema precisione le attività compiute dai tre giovani sopraggiunti con l'Audi A3 ed ha riferito di aver notato il gesto del ragazzo al centro della villa (il L.) che, mentre scappava, gettava lateralmente un involucro scuro che gli sembrò essere di plastica; la riferibilità ai tre ed, in particolare, al L. dello stupefacente, esattamente rinvenuto nel punto in cui lo stesso era transitato.


Tale compendio dà conto esaurientemente, con il ragionamento privo di illogicità ed immune da vizi, sviluppato nella sentenza impugnata, della responsabilità del L. in ordine al reato ascrittogli.


2.2. Generici e, comunque, manifestamente infondati si presentano gli ulteriori motivi di ricorso del L., atteso che la Corte territoriale ha compiutamente analizzato gli elementi di responsabilità a carico dell'imputato, così come le deposizioni dei testi a discarico, pervenendo, come già evidenziato, con ragionamento logico immune da censure, al giudizio di responsabilità dell'imputato stesso. Nel suddetto contesto, pertanto, a un elemento inficiante il suddetto convergente compendio probatorio è stato individuato dai giudici di merito, idoneo ad insinuare il ragionevole dubbio di non colpevolezza dell'imputato. Peraltro, la regola di giudizio compendiata nella formula "al di là di ogni ragionevole dubbio" rileva in sede di legittimità esclusivamente ove la sua violazione si traduca nella illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza, non avendo la Corte di cassazione alcun potere di autonoma valutazione delle fonti di prova (Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017, Rv. 270108).


3. In definitiva, i ricorsi degli imputati vanno dichiarati inammissibili ed i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese processuali, nonchè, trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile a colpa dei ricorrenti al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare per ciascuno in Euro 2000,00, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., nonchè Mo. e M. in solido alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili, liquidate in favore di ciascuna di esse in Euro 1.500,00 oltre accessori di legge.


P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende, nonchè Mo. e M. in solido alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili, liquidate in favore di ciascuna di esse in Euro 1500,00, oltre accessori di legge.


Così deciso in Roma, il 14 giugno 2018.


Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2018



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