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Calunnia indiretta: basta la produzione di scritti, informazioni o testimonianze


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di calunnia

La massima

Per la sussistenza dell'elemento materiale del delitto di calunnia, nella forma della incolpazione c.d. reale o indiretta, è sufficiente che siano portate a conoscenza dell'autorità giudiziaria - sia con scritti che con informazioni o anche testimonianze rese nello svolgimento di un processo - circostanze idonee ad indicare taluno come responsabile di un fatto costituente reato che non ha commesso. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto sussistente l'elemento materiale del reato nella produzione, in un processo per i reati di minaccia ed ingiuria, di un falso verbale di contravvenzione per violazione del codice della strada, finalizzata a dimostrare che l'imputato si trovava altrove al momento dei fatti ascrittigli e, quindi, ad incolpare inequivocabilmente il querelante di averlo falsamente accusato - Cassazione penale , sez. VI , 29/01/2016 , n. 10160).

Fonte: Ced Cassazione Penale

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. VI , 29/01/2016 , n. 10160

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 5 maggio 2014, la Corte di appello di Lecce, sez. dist. di Taranto, riformava parzialmente la sentenza del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Taranto del 17 febbraio 2011, che, all'esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato F. A., B.O. e C.N. responsabili dei delitti rispettivamente a loro ascritti, condannandoli alle pene ritenute di giustizia, oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile D.I..


Il processo traeva origine dalla denuncia presentata da D. I. in relazione a quanto accaduto nel corso del processo penale davanti al Giudice di pace di Taranto per i reati di minacce ed ingiurie, commesse ai suoi danni il 19 maggio 2008 alle ore 18,20 a Taranto, e che vedeva come imputato il B..


In tale processo, a mezzo del suo difensore, il B. aveva prodotto un verbale di contravvenzione per violazione del codice della strada, redatto dal F., maresciallo della Polizia Municipale di (OMISSIS), al fine di far figurare la sua presenza alle 17,55 del (OMISSIS) in (OMISSIS); il C., quale testimone, aveva dichiarato di aver assistito all'elevazione della suddetta contravvenzione ad opera del F..


A seguito di accertamenti difensivi effettuati dal D., era stato appurato che: il F. il (OMISSIS) non era in servizio; dal registro cronologico del Comando nella stessa data non risultava elevata alcuna contravvenzione; che il bollettario utilizzato era nell'esclusiva disponibilità del F. e in disuso; i due precedenti verbali del medesimo bollettario erano stati emessi, uno il 26 ottobre 2006, e l'altro annullato nel 2007, mentre i successivi erano in bianco; che la contravvenzione riguardante il B. non era stata pagata.


Il Giudice di pace, ritenuto di approfondire queste circostanze, aveva convocato sia il B. che il F.. Mentre quest'ultimo aveva chiesto un rinvio, il primo in giudizio aveva ammesso le sue responsabilità in ordine alle contestazioni mossegli, non fornendo alcuna spiegazione circa la produzione in giudizio della contravvenzione.


Erano quindi contestati al F. e al B. il concorso nella calunnia e nel falso ideologico in atto pubblico e al C. e al B. il concorso nella calunnia e nella falsa testimonianza.


2. In sede di appello, F. aveva ribadito la sua versione dei fatti, ovvero che la contravvenzione era stata effettivamente elevata nei confronti del B. il (OMISSIS), se pur informalmente, non essendo in servizio, e solo per dimenticanza non era stata annotata sul registro cronologico del Comando, ma perfezionata il giorno successivo con la consegna del verbale; aveva sostenuto altresì che B., a sua insaputa, aveva prodotto il verbale nel processo a suo carico e che comunque l'orario della contravvenzione non era incompatibile con la versione dei fatti contenuta nella denuncia del D. e che comunque non vi erano i presupposti del delitto di calunnia; aveva chiesto infine un più mite trattamento sanzionatorio.


B. e C. avevano chiesto l'assoluzione dai reati loro ascritti e comunque la riduzione della pena.


La Corte di appello rilevava, quanto alla questione della autenticità del verbale di contravvenzione, che gli imputati si erano limitati a riproporre le medesime versioni già analizzate dal primo giudice, fondate esclusivamente sulle dichiarazioni del F., e delle quali era stata motivatamente esclusa la verosimiglianza. La Corte territoriale evidenziava che in lime litis B. nel processo a suo carico aveva ammesso i fatti contestati, ovvero di essersi effettivamente trovato sui luoghi dei fatti descritti dal D., non spiegando peraltro perchè aveva prodotto il verbale di contravvenzione nel processo.


La Corte territoriale escludeva che la prova ottenuta con il verbale di contravvenzione non fosse utile a scagionare il B., come dimostrava la confessione del B., avvenuta solo dopo che la persona offesa aveva indagato sulla genuinità della prova documentale e quindi del suo alibi. Inoltre, ad avviso dei Giudici dell'appello, era priva di fondamento la tesi della compatibilità tra la versione che si intendeva rappresentare con il verbale e la presenza del B. nei luoghi indicati dal D., considerati i tempi di percorrenza e quelli necessari per il parcheggio e il traffico a causa dei preparativi di una festa locale.


Quanto alle giustificazioni avanzate dal F., la Corte di appello evidenziava che si trattava di una versione confezionata a posteriori, non collimante con quanto risultante dal verbale, dove era indicato che la contravvenzione era stata "contestata immediatamente"; e che in ogni caso, anche se il verbale fosse stato redatto in ufficio il giorno successivo, era stato utilizzato un bollettario in disuso nell'esclusiva disponibilità del F., rimasto non adoperato dal 2006 sino al sua consegna in occasione della scoperta dei fatti ((OMISSIS)), mentre era risultato che l'imputato si avvaleva di altro bollettario custodito presso il Comando; che la contravvenzione non era stata registrata nel registro cronologico (a differenza delle altre contravvenzioni contestate dal F. nel medesimo periodo, tutte registrate nel giorno di elevazione) e pertanto neppure mai estinta dal B..


Ad avviso dei Giudici dell'appello, la condotta degli imputati, quanto alla calunnia e alla falsa testimonianza, non si era arrestata al tentativo, posto che la produzione del falso verbale nel processo e la testimonianza resa erano sufficienti ad integrare il reato, essendo irrilevante ai fini della consumazione che il B. avesse deciso di mutare strategia.


La Corte infine non riconosceva in favore del B. la circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p., comma 1, n. 6, in quanto la sua ammissione, tra l'altro non riguardante la falsità del verbale, era finalizzata a sventare approfondimenti del giudice di pace circa la falsità del suo alibi; così come non riteneva B. e C. meritevoli di un più mite trattamento sanzionatorio (rilevata tra l'altro l'assoluta genericità dei motivi sul punto), mentre accoglieva la richiesta di mitigazione della pena per il F..


3. Avverso la suddetta sentenza ricorrono per cassazione gli imputati con atti distinti, i cui motivi sono di seguito enunciati nei limiti previsti dall'art. 173 disp. att. c.p.p..


F.A. denuncia quattro motivi di annullamento e segnatamente:


- violazione di legge e vizi della motivazione con riferimento all'art. 479 cod. pen. e alla normativa del codice della strada: la Corte avrebbe erroneamente tratto elementi di convincimento dalla circostanza della dicitura contenuta nel verbale della immediata contestazione, posto che la questa può essere effettuata oralmente e alla stessa poi seguono le fasi di redazione e consegna del verbale;


- vizi della motivazione con riferimento all'art. 479 cod. pen. e art. 192 cod. proc. pen.: la Corte avrebbe stravolto del tutto la portata della testimonianza del C., traendo in modo illogico argomenti a sostegno dell'ipotesi accusatoria da quello che costui non avrebbe detto in ordine all'episodio dallo stesso riferito, ed esprimendo giudizi del tutto soggettivi in ordine alla condotta del F. sol perchè avrebbe agito fuori dal servizio; del tutto illogicamente avrebbe inoltre tratto la prova della esclusiva disponibilità in capo al F. del bollettario, in mancanza di una perizia grafologica;


- vizi della motivazione con riferimento all'art. 368 cod. pen. e art. 192 cod. proc. pen.: la sentenza impugnata avrebbe, con un salto logico e senza motivazione, tratto la prova del concorso del F. nella calunnia solo dalla redazione del verbale falso; difetterebbe la idoneità della condotta contestata ad integrare la condotta di calunnia;


- vizi della motivazione con riferimento agli artt. 132, 133 e 62-bis cod. pen.: la Corte avrebbe con formula di stile negato all'imputato le attenuanti generiche.


B.O. e C.N., con un unico atto, si affidano ai seguenti motivi comuni di annullamento:


- violazione di legge e vizi della motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità penale: la sentenza imputata avrebbe illogicamente tratto argomenti a carico del B. dall'essersi costui recato in udienza "per evitare il peggio", quando al contrario era stato coattivamente accompagnato e la sentenza del giudice di pace non farebbe alcun cenno alla disseminazione di tracce di reato, avendo chiesto solo l'invio degli atti in Procura per l'ipotesi di cui all'art. 610 cod. pen.; la Corte di appello avrebbe inoltre non valutato la circostanza riferita dal F. di elevare contravvenzioni fuori del servizio che poteva giustificare il suo silenzio sull'abbigliamento di questi; la stessa Corte avrebbe tratto la prova dell'utilizzo della multa per costituire un alibi al B. da mere congetture, quando era plausibile la tesi del mero errore commesso dal F. di aver omesso di trascrivere il verbale; la sentenza impugnata non avrebbe considerato l'irrilevanza della testimonianza del C. (non utilizzata dal Giudice di pace) e, con salto logico, avrebbe attribuito al C. l'intento calunniatorio;


- la carente ed illogica motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'ipotesi tentata del reato di calunnia e dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., comma 1, n. 6, per travisamento di prove: la confessione volontaria del B. avrebbe scongiurato l'apertura del procedimento penale (sino a quel momento e sino alla emissione della sentenza del giudice di pace neppure ipotizzabile), facendo configurare un'ipotesi solo tentata di reato e comunque la invocata attenuante; anche la condotta del C. si sarebbe arrestata al tentativo;


- la carente ed illogica motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62-bis cod. pen. e sul trattamento sanzionatorio e la non menzione nel casellario penale: la Corte di appello avrebbe omesso di valutare la confessione e la risalenza nel tempo dell'unico precedente del B., la giovane età del C. e la sua incensuratezza, l'assenza di danni, la capacità a delinquere dei soggetti e la loro pericolosità sociale.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi, al limite dell'inammissibilità, non possono essere accolti per le ragioni di seguito illustrate.


2. Relativamente al ricorso del F., i primi tre motivi non sono fondati.


Il ricorrente mira ad evidenziare aspetti, a suo avviso, idonei a disarticolare la coerenza logica dell'intera motivazione, che peraltro introducono soltanto una complessiva "rilettura" delle evidenze processuali, alternativa a quella accolta in sede di merito, e non consentita in sede di legittimità.


E' principio oramai pacifico quello che descrive i limiti del controllo del giudice di legittimità sulla motivazione: sono precluse invero al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (tra tante, Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482) Il ragionamento probatorio risulta esposto dai Giudici di merito, con motivazione esauriente, giuridicamente corretta ed indenne da vizi logici.


2.1. La se pur teorica possibilità della redazione "differita" del verbale della contravvenzione (la Corte di cassazione, nel precedente citato dal ricorrente, aveva esaminato peraltro una fattispecie in cui nel verbale si dava atto espressamente che gli agenti accertatori non avevano potuto redigere apposito verbale al momento della contestazione - precisazione nel caso in esame del tutto assente) risulta invero esaminata dai Giudici di merito, che l'hanno ritenuta comunque smentita da molteplici circostanze che, in modo concorde e del tutto plausibile, dimostravano univocamente la falsità del verbale in questione.


2.2. Non sono parimenti fondate le critiche mosse alla sentenza impugnata relativamente alla valutazione della testimonianza resa dal C., in quanto i Giudici di merito, ritenuta inverosimile la tesi difensiva del F., hanno osservato che la stessa non aveva trovato fondamento neppure nella deposizione del C., nella quale era stata rappresentata la elevazione della contravvenzione stradale ("vigile urbano" che segnalava l'infrazione stradale e "scriveva qualcosa"), senza alcun riferimento alle circostanze dedotte dal ricorrente.


2.3. Nè è censurabile la motivazione della sentenza impugnata per aver tratto elementi di convincimento dal bollettario in uso al Comando della Polizia Municipale senza aver fatto ricorso ad una perizia sulla grafia dell'imputato.


E' principio più volte affermato che il giudice, in base ai principi del libero convincimento e della libertà di prova, può stabilire che la grafia sia da attribuire all'imputato anche senza ricorrere alla perizia grafica, allorchè l'esame diretto della grafia, raffrontata con scritture diverse certamente riferibili al medesimo, convincano - come nel caso in esame - che si tratta di documento attribuibile allo stesso imputato (tra tante, Sez. 5, n. 42679 del 14/10/2010, Geremia, Rv. 249143).


2.4. La sentenza impugnata resiste anche alle critiche relative alla prova del concorso nella calunnia, in quanto non appaiono illogiche le conclusioni a cui pervengono i Giudici di merito, una volta dimostrato che il verbale era stato "confezionato" ad hoc per provare false circostanze (la presenza del B. in un luogo ad una determinata ora) a favore del B. (al quale veniva consegnato).


Va inoltre ribadito che per la configurazione della cosiddetta calunnia reale o indiretta è sufficiente che siano portate a conoscenza dell'autorità giudiziaria sia con scritti che con informazioni o anche testimonianze rese nello svolgimento di un processo - circostanze idonee ad indicare taluno come responsabile di un fatto costituente reato che non ha commesso (Sez. 6, n. 9088 del 25/03/1995, Castaldi, Rv. 202290).


Nel caso in esame, la produzione in giudizio del verbale della contravvenzione stradale era finalizzata a dimostrare la prova dell'innocenza del B. (che intendeva dimostrare di essersi trovato altrove al momento dei fatti) e quindi inequivocabilmente ad incolpare il D. di averlo falsamente accusato.


2.5. Non sono fondate le critiche del ricorrente in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, posto che la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei parametri di cui all'art. 133 cod. pen., per motivarne il diniego (Sez. 2, n. 2285 del 11/10/2004, dep. /2005, Alba ed altri, Rv. 230691). Tale giudizio di fatto, risultando sorretto da motivazione congrua e non manifestamente illogica, non può essere sindacato in cassazione (tra tante, Sez. 6, n. 7707 del 04/12/2003, dep. 2004, Anaclerio, Rv.


229768).


Nè può dirsi contraddittoria la scelta del giudice di appello per il solo fatto di aver mitigato la pena, non concedendo al contempo le invocate attenuanti generiche: nella specie, il trattamento sanzionatorio era stato oggetto di revisione perchè non proporzionato rispetto alla posizione del B., al quale andava riconosciuto il ruolo di primaria importanza nella attività criminosa.


3. Prive di fondamento sono le censure mosse alla sentenza impugnata dal ricorso presentato da C. e B..


I ricorrenti si diffondono in critiche che, come già osservato per il F., tendono a ribadire la maggiore plausibilità della versione difensiva, senza tuttavia segnalare vizi della motivazione rilevabili in sede di legittimità.


3.1. La sentenza impugnata, quanto alla valutazione della confessione in limine litis del B., non risulta affetta da vizi illogici, posto che costui aveva mutato strategia processuale solo all'esito dell'ordine del giudice di convocarlo (coattivamente) insieme con il F. una volta emerse le circostanze appurate dal D..


3.2. La circostanza che F. fosse solito elevare contravvenzioni fuori del servizio - per quanto solo labialmente sostenuta - non appare idonea a disarticolare il ragionamento probatorio esposto dai Giudici di merito, posto che lo stesso era basato sulla dimostrazione che il giorno (OMISSIS) non era stata elevata alcuna contravvenzione.


3.3. Quanto alla prova della inconciliabilità della presenza del B. nei luoghi indicati nel verbale e quelli oggetto dei fatti denunciati dal D., la Corte di appello ha fatto ricorso a massime di esperienza e a fatti notori, conformemente ai principi di diritto enunciati in materia (tra tante, Sez. 2, n. 51818 del 06/12/2013, Brunetti, Rv. 258117).


3.4. La prova del concorso del C. nella calunnia non risulta il frutto di un salto logico: la Corte di appello, una volta accertata la falsità di quanto si intendeva rappresentare con il verbale di contravvenzione, ha stabilito che la testimonianza del C. era in modo univoco preordinata a dimostrare la falsità delle accuse mosse dal D. nei confronti del B..


3.5. In ordine alla qualificazione della condotta nella forma del tentativo, va ribadito che la calunnia è reato istantaneo e che pertanto la eventuale ritrattazione è inidonea a farlo degradare all'ipotesi di delitto tentato e, parallelamente a configurare recesso attivo (tra tante, Sez. 6, n. 10896 del 16/10/1995, Garganese, Rv. 203188; Sez. 6, n. 29536 del 02/07/2013, Drappa, Rv.


256152).


Nè è sostenibile l'inidoneità della condotta al momento in cui intervenne la confessione del B., non essendo dirimente che il giudice di pace non abbia fatto alcun cenno alla disseminazione di tracce di reato, considerato che non era questo il tema oggetto del processo.


3.6. La mancata concessione della circostanza attenuante ai sensi dell'art. 62 c.p., comma 1, n. 6, in favore del B. è sorretta da un motivazione adeguata e non illogica, avendo escluso la spontaneità della ritrattazione (come in precedenza evidenziato).


Valgono anche per i ricorrenti le osservazioni già esposte per il F. in ordine al sindacato di legittimità sul trattamento sanzionatorio ed in particolare sulla riduzione della pena, sulla concessione dell'attenuante di cui all'art. 62-bis cod. pen. e del beneficio della non menzione.


Nella specie, il giudizio sul punto effettuato dai Giudici di merito risulta adeguatamente motivato, considerato tra l'altro che in sede di appello i ricorrenti si erano limitati ad una richiesta priva di ogni specificazione delle circostanze in grado di supportarla "in concreto" (a sostegno della richiesta per la concessione delle attenuanti generiche si era dedotta la sola incensuratezza e la giovane età del C. e la ritrattazione del B.).


Ad avviso della Corte di appello, la pena non era passibile di attenuazione, considerate le modalità esecutive e i motivi che avevano determinato i ricorrenti alla commissione dei reati, non ravvisando a contrario elementi idonei a sostenere la necessità della mitigazione della pena.


Quanto alla pena al beneficio della non menzione della condanna di cui all'art. 175 cod. pen., considerata anche la aspecificità del motivo di appello, il diniego appare congruamente motivato.


4. Conclusivamente i ricorsi devono essere rigettati con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute in questo grado dalla parte civile, che si liquidano come da dispositivo.


P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè ciascuno alla rifusione delle spese sostenute in questa fase in favore della parte civile D.I., che liquida in mille Euro, oltre spese generali nella misura del 15%, più IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2016.


Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2016



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