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Calunnia: non sussiste se in un ricorso si definisce "sopruso" una multa elevata dalla polizia


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di calunnia

La massima

Non integra il reato di calunnia la condotta di colui che, con ricorso al prefetto ex art. 203 t.u. delle norme sulla circolazione stradale, definisce un sopruso la contestazione elevata a suo carico dagli agenti rilevatori, in quanto si tratta di comportamento che, rappresentando l'unico mezzo di confutazione delle accuse, deve ritenersi rientrante nell'esercizio legittimo del diritto di difesa (Cassazione penale , sez. VI , 27/11/2013 , n. 1662).

Fonte: Ced Cassazione Penale

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. VI , 27/11/2013 , n. 1662

RITENUTO IN FATTO

1. D.A.B., ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza 3 novembre 2011 della Corte di appello di L'Aquila, che, in parziale riforma della sentenza 11 giugno 2010 del Tribunale dell'Aquila, riconosciute le circostanze attenuanti generiche ha ridotto la pena ad anni 1, mesi 4 di reclusione, riducendo del pari la somma dovuta a ciascuna parte civile a titolo di risarcimento del danno ad Euro 2.500.


2. I giudici di merito hanno ritenuto l'esposto dell'imputato al Prefetto come calunnioso, in quanto nello stesso i militari erano stati descritti come persone che avevano agito in mala fede e che avevano persistito nel rilievo della violazione amministrativa pur dopo aver sentito la testimonianza favorevole della teste D. A..


3. In particolare, la corte distrettuale, nel confermare il giudizio di colpevolezza ha evidenziato: a) che la missiva inviata al Prefetto dell'Aquila non poteva qualificarsi come ricorso ex art. 203 T.U. norme sulla circolazione stradale; b) che dal tenore dell'atto risulta espressamente che il D.A. invocava l'intervento dell'Autorità affinchè "tali soprusi non si verifichino più"; c) che l'imputato all'atto della verbalizzazione aveva comunicato agli operanti che "conosceva persone importanti e che il verbale non lo avrebbe pagato"; d) che il giorno successivo alla vicenda il ricorrente incontrando una pattuglia dei Carabinieri aveva portato la mano all'orecchio, a mò di scherno, simulando la condotta di chi parla al cellulare.


Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo del ritenuto delitto di calunnia per difetto dell'azione esecutiva e dei profili soggettivi del detto delitto essendosi l'imputato limitato a contestare la sussistenza della violazione attribuitagli.


2. Per la difesa, il ricorrente ha mosso agli operanti una serie di critiche volte non ad imputare la commissione di eventuali reati, ma esclusivamente ad evidenziare una serie di elementi e circostanze che, a suo giudizio, avrebbero legittimato, da parte dell'Autorità preposta, l'annullamento della sanzione irrogata, per insussistenza dell'addebito.


In particolare si evidenzia:


a) che nell'intenzione del D.A. vi era quindi solo la volontà di proporre un'impugnazione avverso una sanzione per violazione del Codice della Strada, ma non certo quella di accusare alcuno della commissione di un reato: in ogni caso, egli avrebbe agito sulla base dell'intima convinzione circa l'illegittimità della sanzione irrogata per una violazione alle norme del codice della strada, ritenuta da lui insussistente;


b) che nella vicenda il D.A. non poteva avere la minima consapevolezza circa l'innocenza degli incolpati, non essendosi egli riferito ad alcuna condotta rispetto alla quale i carabinieri potessero essere ritenuti nè colpevoli, nè tantomeno innocenti;


c) che infine, nel ricorso al prefetto risulta, da un lato, la mancanza di specifiche accuse di reato con la semplice richiesta di annullamento di una sanzione irrogata per violazione delle norme del codice della strada, e dall'altro, consta che il D.A. - difendendosi - riteneva che gli operanti non potessero sanzionare la sua condotta, ritenendo egli insussistente la violazione contestatagli.


d) che pertanto l'imputato, mediante l'atto di contestazione della sanzione irrogata, ha quindi agito sulla base della convinzione che in relazione alle circostanze concrete, non fossero fondate le violazioni al codice della strada che gli erano state contestate e che avevano determinato l'irrogazione della sanzione, con la "decurtazione sezione distaccata cinque punti sulla patente".


3. Risulterebbe pertanto evidente la carenza dell'elemento soggettivo del ritenuto delitto, in ragione della mancanza di offensività della condotta rispetto all'interesse tutelato dalla norma penale.


4. Ritiene il Collegio, in adesione alle doglianze del gravame, che, nella specie difettino le condizioni richieste per l'integrazione dell'azione esecutiva e della soggettività tipica del delitto di calunnia, con conseguente annullamento senza rinvio della gravata sentenza per insussistenza del fatto.


Per orientamento giurisprudenziale di questa Corte infatti, non esorbita dai limiti del diritto di difesa l'imputato che in un interrogatorio definisca falso, esplicitamente o per implicito, un atto della polizia giudiziaria per quanto attiene alla veridicità della denuncia a suo carico in esso contenuta. Ci si trova in questo caso in presenza dell'esercizio del diritto di difesa, nei limiti in cui questo sia stato esplicato quale unico e necessario mezzo di confutazione dell'imputazione (cass. pen. sez. 6, 20 marzo 2012, ricorrente Latona).


Regola questa quindi da applicarsi anche ad atti difensivi, come il ricorso ex art. 203 T.U. norme sulla circolazione stradale al Prefetto (l'imputato ha infatti chiesto il ripristino della legalità per continuare a svolgere il suo lavoro con la passione di sempre), considerato che il diritto di difesa non può che esprimersi nei limiti della strumentale funzione di contestazione dell'accusa e tenuto conto dell'ineludibile rapporto funzionale che, nella vicenda, si realizzava proprio tra la condotta dell'agente (astrattamente calunniosa) e la confutazione delle accuse rivoltegli.


Tanto si è verificato nel caso di specie, atteso che il ricorrente, nell'esposto al Prefetto, ha definito "soprusi" le condotte dei pubblici ufficiali che hanno ritenuto - erroneamente - secondo la tesi del D.A. che egli guidasse il mezzo pubblico parlando al telefono senza auricolare, fatto questo, nella tesi difensiva prospettata, non rispondente al vero.


5. La gravata sentenza va quindi annullata senza rinvio perchè il fatto non sussiste.


P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.


Così deciso in Roma, il 27 novembre 2013.


Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2014

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