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Calunnia: manca il dolo se la falsa accusa è mossa per fini difensivi


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di calunnia

La massima

In tema di calunnia, deve escludersi la configurabilità dell'elemento soggettivo del reato quando sia verificabile in concreto la presenza di un rapporto funzionale tra le affermazioni dell'agente, astrattamente calunniose, e la confutazione delle accuse rivoltegli. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato senza rinvio la decisione impugnata con riferimento ad accuse mosse da un indagato al magistrato del p.m. e agli ufficiali di polizia giudiziaria che procedevano nei suoi confronti per altri reati mediante una memoria depositata nel corso dell'interrogatorio reso davanti al medesimo requirente nell'immediatezza dell'accertamento e all'unico fine di ribadire la propria innocenza - Cassazione penale , sez. VI , 10/12/2013 , n. 5065).

Fonte: Ced Cassazione Penale

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. VI , 10/12/2013 , n. 5065

RITENUTO IN FATTO

1. D.B.C. ricorre, a mezzo dei suoi difensori, avverso la sentenza 11 novembre 2011 della Corte di appello di L'Aquila, che ha confermato la sentenza 10 febbraio 2009 del G.U.P. presso il Tribunale di L'Aquila, di condanna ex art. 368 cod. pen..


2. Il ricorrente è accusato del reato p. e p. dagli artt. 81 e 368 c.p. poichè nella memoria depositata in relazione al procedimento penale N. 3929/06 R.G.N.R. della Procura della Repubblica di Fermo accusava, contrariamente al vero, pur sapendoli innocenti, il Sostituto Procuratore della Repubblica di Fermo dr. I. R. di abuso di ufficio, per aver avuto un comportamento pregiudizievole nei confronti del medesimo; nonchè analogamente accusava di falso in atto pubblico, di abuso di ufficio e calunnia l'Ispettore Capo B.F. ed il Sovrintendente M. V. in servizio presso il Commissariato di (OMISSIS); Acc. in (OMISSIS).


3. L'addebito specifico mosso all'imputato deriva quindi dal contenuto della memoria difensiva composta da 18 pagine e numerosi allegati, depositata in data 19.04.07 dal Dott. D.B. C., quale parte integrante del proprio interrogatorio, reso dinanzi al P.M. presso la Procura della Repubblica di Fermo, Dr. I., in relazione ad un procedimento penale allora pendente ed iscritto al n. 3929/06 R.G.N.R., dove si contestava al ricorrente la violazione degli artt. 81 cpv e 624 c.p. e art. 625 c.p., n. 4 "perchè, introdottosi nel negozio di gioielleria D.S. il giorno 4.12.2006, si impossessava con destrezza di un orologio Breitiling sito su uno dei banconi in un locale di detta gioielleria, ponendolo, dopo averlo sottratto, nella tasca del cappotto che indossava; e, poi, in data 9.12.2006, entrato nella gioielleria (OMISSIS), qualificandosi come tale ispettore di Polizia in servizio a (OMISSIS), svolgendo una trattativa per l'acquisto di un orologio in oro del valore commerciale di circa 800,00 Euro, senza esito, se ne impossessava con destrezza, al fine di trarne profitto.


In (OMISSIS)".


4. Il D.B. veniva assolto per il fatto relativo al 4.12.2006 (in danno della gioielleria D.S.), in quanto ritenuta non sussistente la contestata aggravante di cui all'art. 625 c.p., n. 4 e l'azione penale pertanto non doveva essere iniziata per difetto di querela, e condannato invece per l'episodio del 9.12.2000 (gioielleria (OMISSIS)), condanna per la quale pende appello.


5. Il Procuratore della Repubblica di Fermo, ravvisando nel corpo della suddetta memoria difensiva estremi di reato, trasmetteva gli atti, ex art. 11 c.p.p., comma 3, alla Procura della Repubblica dell'Aquila che iniziava l'azione penale per il delitto come sopra contestato.


6. Per i giudici di merito l'imputato, per condizione professionale in grado di apprezzare il reale contenuto della memoria depositata, ha fornito una lettura dell'attività investigativa volutamente distorta, nella consapevolezza, da un lato, del suo diretto coinvolgimento nei fatti che gli venivano contestati e, dall'altro, della genuinità delle prove raccolte a suo carico.


7. Il ricorrente ha anche individuato le ragioni di risentimento del B. e del M., che, a suo dire, avrebbero ispirato la condotta ritorsiva dei due colleghi (il primo aveva avuto una vicenda disciplinare, il secondo non aveva gradito lo spostamento ad altro servizio), realtà questa che conforta ulteriormente il quadro accusatorio a carico dell'imputato, il quale, nonostante fosse a conoscenza della assoluta regolarità dell'attività investigativa, ha espressamente affermato che i suoi colleghi avrebbero manipolato le indagini, attraverso forzature, omissioni e false annotazioni, per puro spirito ritorsivo, nell'ambito di un attività investigativa ostile e pregiudiziale.


8. Da ciò l'esclusione di giustificazioni ricollegabili all'esercizio del diritto di difesa e la ritenuta sussistenza del contestato delitto di calunnia.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato.


Il ricorso riprende pedissequamente il contenuto della memoria incriminata e lo analizza minutamente, in una ventina di pagine, al fine di interpretarlo nel senso che nella specie si versava a fronte di una serie di osservazioni legittimamente giustificate dalla condotta e dai comportamenti del magistrato e dei colleghi, con conseguente esercizio da parte dell'imputato del suo diritto a difendersi.


2. Con un secondo motivo si lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all'art. 368 c.p., non essendosi svolta alcuna seria indagine tesa ad accertare la rispondenza o meno al vero dei fatti denunziati ovvero mancata assunzione di prove a discarico decisive pur avendone fatto richiesta sia nella fase della indagini preliminari che nel corso dell'istruzione dibattimentale così come previsto dall'art. 495 c.p.p., comma 2.


3. Per il ricorrente le indagini relative al citato procedimento, sicuramente sono non condivisibili, contraddittorie e sotto molti aspetti giuridicamente non corrette.


In particolare si osserva: a) come nessun accertamento sia stato effettuato dalla Procura dell'Aquila in ordine ai "pessimi rapporti" con il M.V. e il B.F. nonostante la copiosa documentazione allegata; b) nessuna verifica è stata effettuata in ordine alla telefonata effettuata dalla signora V., quando sarebbe stato sufficiente leggere la relazione di servizio del 28.12.2008 a firma dell'Assistente capo della P.S. G.C. che invece riferisce di aver ricevuto la telefonata sulla normale linea urbana e non su quella di emergenza W113": tanto D.B. ha sottolineato nella sua memoria ma purtroppo anche la sentenza di appello incorre in tale superficiale errore.


4. Quanto all'insussistenza dell'elemento soggettivo del reato di calunnia in relazione alle doglianze mosse dal ricorrente alle indagini svolte dalla Procura di Fermo, nella memoria è stata contestata la legittimità del decreto di perquisizione emesso il giorno 29 dicembre 2006 e del successivo decreto di sequestro del DVD che riprende il presunto furto all'interno della gioielleria D. S. e si sottolinea il fatto che la signora V. non ricorda neppure la marca dell'orologio che presume essere stato sottratto (sit in atti). A pag. 9 della memoria il D.B. scrive: si evidenzia che il decreto di perquisizione è stato emesso il giorno 29 dicembre 2006 mentre il decreto di sequestro del DVD è stato emesso il giorno 30 dicembre verso le ore 12; pertanto l'unica attività svolta era costituita da tre annotazioni monche.


5. Con un terzo motivo si prospetta mancata applicazione della scriminante prevista dall'art. 51 CP in relazione anche all'art. 24 Cost..


6. Tanto premesso, ritiene il Collegio, avuto riguardo al tenore della memoria difensiva (composta da 18 pagine e numerosi allegati) depositata dal ricorrente il 19 aprile 2007, quale parte integrante del proprio interrogatorio, reso dinanzi al P.M. presso la Procura della Repubblica di Fermo, Dr. I. (in relazione ad un procedimento penale, allora pendente, per furto aggravato nel negozio di gioielleria D.S.), che, avuto riguardo ai contesti di produzione dell'atto ed alla realtà espressa nella memoria predetta, nella specie debba ritenersi carente la soggettività che sostanzia il delitto di calunnia.


Conclusione questa ragionevolmente sostenibile avuto specifico riguardo alla decisiva circostanza che il ricorrente ha manifestato, mettendola per iscritto, la propria personale lettura della scansione degli eventi processuali, nell'immediatezza dell'accertamento, nella sede processuale propria, ed all'unico esclusivo effetto di negare il proprio comportamento antigiuridico.


Di tanto si ha contezza dalla sequela delle considerazioni testuali della memoria stessa, che, non va dimenticato, è diretta allo stesso magistrato del P.M. che lo stava interrogando, e nei confronti del quale il capo di imputazione ha ritenuto la sussistenza delle false incolpazioni.


5. Va preliminarmente precisato che la memoria in questione è composta di due parti: nella prima da pag. 1 a pag. 11, si da conto della progressione dei fatti e delle percezioni, anche critiche, del ricorrente; nella seconda parte, da pag. 11 in fondo a pag. 18, viene proposta la cronologia della vicenda, con riferimento ai fatti delle due gioiellerie, con l'evidenziazione di "anomalie", talora irregolarità e/o leggerezze, realizzate dai colleghi B. e M..


6. In particolare, per la prima parte, risulta quanto segue:


a) la contestazione del termine "introdottosi" più propriamente ricondotto all'invito del D.S. ad entrare nella stanzetta attigua all'entrata della gioielleria per prendere un caffè (pag.2);


b) l'espressione motivata del proprio personale convincimento di aver ricevuto il consenso al mantenimento della disponibilità dell'orologio Breitling (pagg. 2-3);


c) la negazione, quanto all'episodio V., di essersi qualificato come Ispettore D.F. (pag.4);


d) la particolarità del rapporto "commerciale" con solo uno dei due fratelli D.S., il R., rapporto ignorato dal fratello T. (pag.6);


e) la definizione di "comportamento strano" quello assunto dall'ispettore B. (pag.7) all'interno della gioielleria D. S.;


f) la precisazione dei termini dell'equivoco insorto sull'orologio (tra i due fratelli D.S.) e l'attesa "fiduciosa" di una convocazione (mancata) da parte del P.M. I., cui ha fatto invece seguito un provvedimento, definito "inatteso" di perquisizione (pag.8);


g) la puntualizzazione della inaspettata condotta del dr. I., per mancata risposta ai saluto, nessuno sguardo, etc, percezioni queste dolorosamente vissute come "atteggiamento di disprezzo ed ostilità" (pag.9) da parte del P.M. che, gli era stato riferito, "si sentiva preso in giro";


h) la definizione dell'attività di Polizia giudiziaria, tra decreto di perquisizione e decreto di sequestro del DVD, come costituita da "tre annotazioni monche e talvolta contraddittorie" (pag.9) considerata la spontanea consegna dell'orologio prima dell'inizio delle operazioni di perquisizione;


i) "l'incomprensibilità" della mancata sua audizione prima della chiusura delle indagini preliminari (pag. 11).


7. Per la seconda parte, vanno evidenziate dall'imputato, da pagg. 11 a pag. 18, tutta una serie di deduzioni critiche, in fatto e in diritto, con allegazione di excerpta di dottrina, giurisprudenza ed altro materiale, indicato come "ai fini di una migliore valutazione della vicenda".


8. A giudizio della Corte, l'esame, analitico e complessivo, di tali due parti della "memoria" dell'imputato, da invero conto che, nella specie, si versa in una "realtà rappresentata e proposta", nell'immediatezza dell'accertamento e nella sede processuale propria, che è connotata da innegabili, precisi intenti difensivi e a ciò limitata, in quanto unicamente finalizzata, anche se talora con interpretazioni del tutto soggettive, a ribadire l'insussistenza delle accuse a suo carico.


Finalità al cui perseguimento il D.B. tendeva, con la diffusa ed articolata memoria, depositata il 19 aprile 2007, e considerato, in punto di diritto, che se è pur vero che l'animus defendendi non esclude la calunnia quando l'agente, oltre a contestare i fatti attribuitigli, finisca con l'incolpare un terzo che sa innocente, deve escludersi comunque tale situazione, quando sia verificabile in concreto - come nella vicenda - la presenza di un rapporto funzionale tra la condotta dell'agente, astrattamente calunniosa, e la strumentale confutazione delle accuse rivoltegli: da ciò l'esclusione del necessario profilo soggettivo che tipicizza il delitto di calunnia contestato.


9. La gravata sentenza va quindi annullata perchè il fatto non costituisce reato.


P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non costituisce reato.


Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2013.


Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2014

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