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Calunnia: non può concorrere con il reato di diffamazione


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di calunnia

La massima

Non è configurabile il concorso tra il delitto di calunnia e quello di diffamazione, in quanto la denuncia della commissione di un reato nella consapevolezza dell'innocenza dell'incolpato, necessariamente consistente nell'attribuzione di un fatto disonorevole, determina l'assorbimento del meno grave reato di diffamazione (Cassazione penale , sez. VI , 11/05/2017 , n. 31601).

Fonte: Ced Cassazione Penale

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. VI , 11/05/2017 , n. 31601

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Cagliari ha in parte riformato quella emessa dal GUP del Tribunale di Lanusei il 27/05/2013, ribadendo la responsabilità di D.M.G. in ordine ai contestati delitti di cui all'art. 81 cpv. c.p., art. 61 c.p., n. 11, art. 368 c.p., art. 595 c.p., comma 2 (capi A.2 e B dell'imputazione) ma riducendo la pena inflittagli in primo grado alla misura finale di un anno, quattro mesi e ventisei giorni di reclusione, ferme restando le statuizioni in favore delle parti civili costituite.


Condividendo in larga parte le valutazioni espresse dal primo giudice, la Corte territoriale ha ritenuto fondate le imputazioni di calunnia e diffamazione mosse all'imputato, di professione avvocato, a motivo delle accuse da lui rivolte allo indirizzo di un Ufficiale e due Sottufficiali della Tenenza della Guardia di Finanza di (OMISSIS) di avere dolosamente costruito a propri danni una informativa di reato ideologicamente falsa per evasione fiscale, di avere volutamente alterato dati contabili ricavati dall'accertamento condotto a suo carico, di avere illegittimamente fatto applicazione di presunzioni legali in materia tributaria al fine di accrescere dolosamente l'importo dei redditi da lui asseritamente evasi, il tutto nell'ambito di un complotto ordito ai propri danni e cementato dai rapporti di varia natura (coniugale, di affinità, professionale) colleganti vari attori della vicenda in cui è rimasto coinvolto.


La Corte territoriale ha per contro sottolineato che anche in tutte le altre decisioni giudiziarie collaterali rispetto a quella principale, quand'anche favorevoli all'imputato (ad es. assolto dall'imputazione penale di violazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 4) era emersa la piena correttezza e la legittimità della condotta dei militari verificatori e per converso la consapevolezza dell'imputato di volersi difendere tacciandoli di dolosa infedeltà istituzionale e precisa volontà persecutoria ai propri danni.


2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato che, dopo una lunga premessa in fatto (cento pagine), ha dedotto i motivi di seguito indicati.


Erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 368 c.p., sotto il profilo dell'elemento oggettivo (punto 1d del ricorso) e soggettivo (punto 2d) del reato contestato al capo A della decisione impugnata.


Erronea applicazione della legge penale in relazione alla mancata applicazione dell'art. 595 c.p., comma 2, art. 596 c.p., comma 4, art. 599 c.p., comma 2, e art. 598 c.p. (punto 3d del reato di cui al capo B), avendo la Corte territoriale reiterato vari errori commessi dal primo giudice, tra cui il più rilevante quello di estrapolare dal contesto di centinaia di pagine di memorie difensive singole frasi, che lette in un determinato modo potrebbero solo potenzialmente essere penalmente rilevanti.


Mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata, intra ed extra testuale per palese travisamento della prova ex art. 192 c.p., in relazione al reato di cui all'art. 368 c.p. (punto 4d) ed a quello di cui all'art. 595 c.p. (punto 5d) nonchè omesso esame delle memorie difensive corredate degli allegati prodotte sia nel primo che nel secondo grado di giudizio in relazione agli stessi reati (punto 6d);


con richiesta di assoluzione perchè i fatti non sussistono o altra formula che sarà ritenuta di giustizia e conseguente riforma e/o eliminazione integrale sul punto della condanna in sede civile della somma di Euro 10.000,00 da rifondere a ciascuna della parti civili costituite oltre ancora alla condanna ad Euro 10.000,00 complessive per spese e competenze legali in primo grado ed Euro 2.800,00 in secondo grado.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato limitatamente alla ribadita sussistenza, già affermata dal giudice di primo grado, del concorso formale tra delitto di calunnia di cui al capo A.2 e quello di diffamazione aggravata di cui al capo B, entrambi contestati in relazione al contenuto dell'esposto inviato dall'imputato alla Procura della Repubblica di Lanusei il giorno (OMISSIS).


Ancorchè il ricorrente non abbia svolto argomentazioni sul punto, l'art. 609 c.p.p., comma 2, impone, infatti, di verificare l'astratta configurabilità del delitto di diffamazione quando la relativa condotta si sovrapponga a quella contestata a titolo di calunnia, entrambe nella specie integrate dall'inoltro del citato esposto all'autorità giudiziaria inquirente con l'attribuzione ai militari della Guardia di Finanza della commissione di plurimi reati.


La pur non copiosa giurisprudenza di questa Corte di Cassazione formatasi sul tema ha, infatti, espressamente escluso la ricorrenza del concorso formale tra i reati e sancito l'assorbimento del primo (diffamazione) nel secondo (calunnia) (Sez. 6 sent. n. 34266 del 02/02/2012, Renis non massimata), affermando, altresì, che "non assume rilevanza penale, fatto salvo il caso in cui risulti calunniosa, e specificamente non integra la fattispecie di diffamazione la denuncia di un reato e quindi, pur quando il de-nunciato sia assolto con la formula più ampia, non è configurabile in capo al denunciante una responsabilità per danni" (Sez. 6, sent. n. 29237 del 11/06/2010, P.C. in proc. Cattaneo, Rv. 248609; Sez. 5, sent. n. 18090 del 07/03/2006, Zanardi, Rv. 234551).


Più diffusamente la prima di tali pronunce ha affermato che si deve considerare "che ogni denuncia di notitia criminis si risolve nell'attribuzione a taluno di un reato, sicchè non sarebbe giuridicamente e logicamente possibile esercitare tale facoltà senza incolpare taluno di una condotta oggettivamente disonorevole ed offensiva della reputazione dell'incolpato. Nell'ambito di uno Stato di diritto liberaldemocratico, in cui si attribuisce valore civico e sociale all'iniziativa del privato nell'attivare la riposta giudiziaria dinanzi alla violazione della legge penale, è ragionevole che nessuna responsabilità consegua ad una denuncia penale fuori dall'ipotesi di calunnia, autocalunnia e simulazione di reato. Va, perciò, condivisa la giurisprudenza di questa Corte secondo cui deve escludersi la configurabilità del delitto di diffamazione quando un cittadino, in un esposto all'autorità, attribuisca ad altra persona fatti illeciti, al solo fine di giustificare la richiesta d'intervento dell'autorità stessa nei casi in cui tale intervento è ammesso dalla legge, ancorchè i successivi accertamenti non ne confermino la fondatezza (v. Cass. sez. 5, 21.11.1980, Speranza, rv 147505; Id., 7.3.2006, Zanardi. Rv 234551; 20.2.2008, Pavone, 239825)".


Il Collegio ritiene di non dover aggiungere nulla alle predette considerazioni, ritenendole corrette e condividendone il contenuto, con la conseguenza che il delitto di cui al capo B deve ritenersi assorbito in quello di cui al capo A.2, non potendo il medesimo fatto essere contestato due volte e dovendosi di conseguenza eliminare la frazione di pena irrogata per la diffamazione.


L'accoglimento del ricorso sul punto comporta, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all'art. 595 c.p., con eliminazione della pena di sette giorni di reclusione irrogata a detto titolo (dieci giorni di reclusione decurtati di un terzo, per difetto, in ragione del rito abbreviato celebratosi in primo grado).


2. Il ricorso è, invece, infondato in ordine a tutte le residue doglianze.


Come la stessa articolazione dell'impugnazione tradisce - ad es. con l'apposizione in coda a ciascuno dei motivi della richiesta di assoluzione dai reati e di eliminazione delle statuizioni in favore delle parti civili - il ricorrente tenta con evidenza di rimettere in discussione le determinazioni assunte dalla Corte territoriale in ordine all'oggetto stesso della res judicanda, posto che le censure formulate investono direttamente temi quali la sussistenza dell'elemento oggettivo e soggettivo del delitto di calunnia (punti 1d e 2d ricorso); la non configurabilità di quello di diffamazione sotto il profilo della dedotta ricorrenza delle esimenti speciali di cui agli artt. 598 e 598 c.p. (punto 3d); la valutazione delle prove concernenti i reati (punti 4d e 5d) e in definitiva il giudizio sul merito stesso dell'imputazione, ancorchè sotto le mentite spoglie dell'omesso esame delle memorie difensive prodotte con i relativi allegati (punto 6d).


A parte quella relativa all'applicabilità degli artt. 598 e 599 c.p., divenuta per quanto stabilito irrilevante, trattasi, pertanto, di censure improponibili nel giudizio di legittimità (art. 606 c.p.p., comma 3).


3. La soccombenza pressochè totale del ricorrente in ordine alla doglianze formulate e l'accoglimento parziale del ricorso, per ragioni però diverse da quelle da lui dedotte, comporta la condanna del medesimo alla rifusione delle spese sopportate dalle parti civili per la costituzione nella presente fase del giudizio, spese che vengono liquidate nella misura complessiva di Euro 4.900,00 riportata in dispositivo (Euro 3.500,00 a titolo di onorari in favore della prima parte civile, aumentati del 20% per ciascuna delle altre in ragione della totale sovrapponibilità delle rispettive situazioni processuali) oltre agli accessori di legge.


P. Q. M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all'art. 595 c.p. sub B perchè assorbito nel reato di cui al capo A ed elimina la relativa pena di sette giorni di reclusione.


Rigetta nel resto il ricorso.


Condanna l'imputato alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio dalle parti civili T.A.M., B.G. e S.C., che liquida in complessivi Euro 4.900,00 oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA.


Così deciso in Roma, il 1 maggio 2017.


Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2017



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