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Calunnia: se i reati sono genericamente individuati è irrilevante che siano procedibili a querela


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di calunnia

La massima

In tema di calunnia indiretta, quando per il tenore della falsa denunzia i reati presupposti siano genericamente individuati è irrilevante che taluni di essi siano procedibili a querela, a condizione che le circostanze falsamente rappresentate siano comunque idonee a determinare l'avvio di un procedimento penale per fatti potenzialmente perseguibili d'ufficio. (Fattispecie relativa a una falsa denunzia di smarrimento di un assegno in precedenza utilizzato per estinguere un'obbligazione, potenzialmente idonea ad instaurare un procedimento penale per il reato di ricettazione - Cassazione penale , sez. VI , 27/02/2020 , n. 13702).

Fonte: Ced Cassazione Penale

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. VI , 27/02/2020 , n. 13702

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Palermo, in composizione monocratica, ha ritenuto S.G. colpevole del reato previsto dall'art. 368 c.p. e lo ha condannato alla pena ritenuta di giustizia previo giudizio di equivalenza tra la contestata recidiva, reiterata e infraquinquennale, e le riconosciute attenuanti generiche.


2. All'esito dell'impugnazione interposta dall'imputato, la decisione di primo grado è stata confermata dalla Corte di Appello di Palermo con la sentenza in epigrafe.


3. Nel comune argomentare dei due giudici del merito, il S. è stato ritenuto responsabile del reato di calunnia per aver falsamente denunziato lo smarrimento di un assegno bancario, non compilato ma già sottoscritto dalla moglie, titolare del conto corrente sul quale il titolo era stato tratto; assegno che per contro, prima della denunzia di smarrimento, il S. aveva consegnato a B.A., per provvedere al pagamento di un debito che l'imputato aveva nei confronti di una società terza e che era stato portato all'incasso dal creditore.


4. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione


nell'interesse dell'imputato l'avvocato Luigi Miceli.


Due i motivi di ricorso.


4.1. Con il primo si lamenta violazione di legge per la ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del reato di calunnia.


La denuncia prospettata dall'imputato era priva di volontà querelatoria, come confermato dal fatto che l'assegno smarrito era tratto sul conto della moglie e, ciò, del resto, spogliava a monte l'imputato della legittimazione a proporre querela.


La calunnia non poteva comunque ritenersi configurabile: nel caso, la falsa accusa, per come ricostruita dai giudici del merito, riguarderebbe un furto, non perseguibile in assenza della relativa querela, senza che peraltro, nella motivazione della sentenza impugnata, si faccia riferimento ad un fatto di reato imputato a terzi perseguibile d'ufficio.


4.2. Con il secondo motivo si denunzia violazione dell'art. 606, comma 1, lett. e) e d) in riferimento all'art. 603 c.p.p. e art. 495 c.p.p., comma 2.


Con l'appello era stata sollecitata la rinnovazione dell'istruttoria al fine di esaminare S.P., presente al momento dell'incontro tra il B. e l'imputato in occasione del quale, nel ritenere dei giudici del merito, confortato dalle dichiarazioni del B. stesso, sarebbe avvenuta la consegna dell'assegno oggetto della falsa denunzia di smarrimento, sempre negata dall'imputato.


La Corte del merito, pur a fronte della evidente decisività della prova, ne ha denegato l'assunzione per l'affermata inattendibilità del teste da escutere, in ragione della mancanza di terzietà dello stesso, parente dell'imputato, omettendo quindi di valutare e argomentare sulla decisività della prova.


Il giudizio di attendibilità, tuttavia, si rimarca nel ricorso, presuppone l'ammissione della prova, all'esito della cui assunzione si pone. E tanto concreterebbe il vizio addotto, considerata la forza decisiva da ascrivere alla prova denegata.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni precisate di seguito.


2. Il primo motivo è manifestamente infondato.


Vero è che nella giurisprudenza di questa Corte la calunnia resta subordinata, in caso di reato ingiustamente ascritto a terzi procedibile a querela di parte, alla perseguibilità del reato presupposto (da ultimo, Sez. 6, Sentenza n. 28231 del 13/02/2019, Rv. 276226). Siffatta considerazione mal si attaglia, tuttavia, all'ipotesi della calunnia in diretta che si realizza, come nel caso di specie, attraverso una falsa denunzia di smarrimento di un assegno in precedenza utilizzato per estinguere una obbligazione.


Giova ricordare che il reato di cui all'art. 368 c.p. è un reato di pericolo la cui ratio consiste nella tutela del corretto esercizio della giurisdizione penale e, in particolare, nella necessità di non instaurare procedimenti penali a carico di un innocente; il delitto si consuma dunque con l'insorgere della semplice, ma rilevante, possibilità che si instauri un processo penale e che, quindi, venga condannato un innocente.


Ciò ribadito va ricordato che in casi come quelli a giudizio della Corte, la condotta materiale, in linea con la natura del reato in esame, si concreta nel prospettare all'Autorità giudiziaria (o ad altra Autorità che alla prima abbia l'obbligo di riferire) circostanze solo in parte riconducibili ad una fattispecie incriminatrice astratta, non essendo possibile, per il tenore della falsa denunzia, che i fatti siano esposti secondo lo schema tipico di una determinata fattispecie delittuosa. Rileva, piuttosto, che le circostanze falsamente rappresentate siano oggettivamente idonee a determinare l'avvio di un procedimento penale per fatti potenzialmente perseguibili d'ufficio, tra i quali, sul piano logico, in siffatte ipotesi, spicca con evidenza immediata l'ipotesi della ricettazione.


E' dunque indifferente, considerata la prospettazione aperta che si lega al fatto falsamente denunziato, che nella platea dei reati riconducibili al tenore della denunzia presentata ve ne siano anche alcuni condizionati alla querela della persona offesa (oltre al furto semplice, al tempo dei fatti anche la appropriazione di cui all'art. 647 c.p., ora depenalizzata); rileva, piuttosto, che tra questi ve ne siano di procedibili d'ufficio, tali da attivare le indagini volte al relativo accertamento di responsabilità. E sotto questo versante non assume rilievo la circostanza della riferibilità ad altro soggetto della titolarità del conto relativo all'assegno falsamente smarrito; ciò infatti non esclude la consapevolezza del denunziante di accusare ingiustamente chi in futuro, avvalendosi sul piano negoziale del titolo, risulterà coinvolto nei fatti illeciti astrattamente correlati all'incasso dell'assegno in questione.


2. Il secondo motivo è inammissibile per la aspecificità della doglianza rispetto al complessivo tenore della motivazione contrastata in parte qua.


La Corte territoriale ha negato la rinnovazione istruttoria invocata con l'appello attraverso due diverse argomentazioni.


Per un verso è stato escluso che la prova testimoniale invocata dall'appellante potesse ritenersi influente rispetto alla decisione, perchè i testi avrebbero dovuto riferire "tra l'altro" su circostanze incontroverse, "ovverosia l'incontro avvenuto tra il B. ed il S. in data (OMISSIS)".


Per altro verso, si è esclusa l'ammissione della prova nuova per la ritenuta inattendibilità del teste indicato dall'appellante, parente dell'imputato.


2.1. Sotto quest'ultimo versante, l'argomentare della sentenza non si rileva O immune a censure.


E' noto, infatti, che nel giudizio d'appello, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, prevista dall'art. 603 c.p.p., comma 1, è subordinata alla verifica dell'incompletezza dell'indagine dibattimentale ed alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria; tale accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata (ex multis, Sez. 6, Sentenza n. 48093 del 10/10/2018, Rv. 274230).


La correttezza di una siffatta motivazione deve tuttavia escludersi quando, come nella specie, la testimonianza sulla quale si fonda la chiesta rinnovazione non venga ritenuta ammissibile in ragione della presunta, ancorchè ragionevole, inattendibilità del teste perchè, così facendo, si anticipa impropriamente un giudizio sulla valutazione della prova medesima che deve essere necessariamente espresso soltanto dopo che questa sia stata esperita (Sez. 4, Sentenza n. 4966 del 07/02/1996, Rv. 204589; Sez. 6, Sentenza n. 7383 del 21/10/2004, Rv. 231130).


2.2. Nel caso, tuttavia, siffatta incongruenza valutativa non inficia la decisione assunta.


Si è detto, infatti, che la sentenza impugnata motiva il diniego della rinnovazione istruttoria anche in ragione della ritenuta non decisività della prova da ammettere rivendicata dall'appellante.


In parte qua, nel ricorso manca una specifica contestazione volta ad aggredire siffatta argomentazione, peraltro logicamente assorbente rispetto alla decisione assunta.


Il ricorso, quindi, si rivela inammissibile per la sua genericità.


3. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in duemila Euro.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000 in favore della cassa delle Ammende.


Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2020.


Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2020

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