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Calunnia: se il convincimento del denunciante non è forzato o fraudolento manca il dolo


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di calunnia

La massima

Non sussiste il dolo del reato di calunnia quando la falsa incolpazione consegue ad un convincimento dell'agente in ordine a profili essenzialmente valutativi o interpretativi della condotta denunciata, sempre che tale valutazione soggettiva non risulti fraudolenta o consapevolmente forzata. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso il dolo in riferimento ad una denuncia in cui, nell'ambito di questioni ereditarie, le due imputate, nipoti di un'anziana zia, avevano accusato del delitto di circonvenzione di incapace il marito di un'altra nipote, esprimendo giudizi e sospetti che riguardavano lo stato di incapacità dell'anziana congiunta e il fine di profitto del presunto circonventore - Cassazione penale , sez. VI , 13/11/2015 , n. 50254).

Fonte: Ced Cassazione Penale

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. VI , 13/11/2015 , n. 50254

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 25.03.2014, la Corte territoriale di Genova, rigettando l'appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Savona e dalle parti civili, D.F. e P. M.A.A., ha confermato la sentenza resa dal Tribunale di Savona in data 23.10.2012, con cui P.R. e P. L. sono state assolte, con la formula perchè il fatto non costituisce reato, dal reato di calunnia (art. 368 cod. pen.) loro ascritto.


A P.R. e L. è stato contestato il reato di calunnia per avere le stesse falsamente affermato, con esposto a firma congiunta del 06.05.2008 presentato presso la Procura della Repubblica di Savona, che la loro anziana zia "ex frate", P. S., persona facoltosa a lungo titolare di un albergo con stabilimento balneare in (OMISSIS), sarebbe divenuta succube di D. F., marito di altra sua nipote, P.M.A.A..


Riportando in denuncia una pluralità di episodi sintomatici di una condizione di minorazione psichica dell'anziana parente e di una gestione del patrimonio di costei finalizzata al profitto personale del D., le imputate avrebbero falsamente accusato di aver commesso il delitto di circonvenzione di incapace il D. medesimo, pur sapendolo innocente.


La Corte di appello, confermando il giudizio espresso sul punto dal Tribunale di Savona, pur qualificando l'esposto presentato dalle germane P. come obiettivamente idoneo, per i suoi contenuti, ad integrare il delitto di calunnia, ha escluso il dolo della fattispecie contestata.


La Corte ha invero concluso per l'insussistenza della consapevolezza dell'innocenza della persona accusata in capo alle prevenute, ritenendo che queste ultime versassero in uno stato di erronea convinzione circa la colpevolezza dell'accusato.


La convinzione sarebbe stata fondata su valutazioni della condotta denunciata che, per riconoscibili margini di serietà, avrebbero ingenerato condivisibili dubbi su una persona di normale cultura e capacità di discernimento che si fosse trovata nella medesima situazione di conoscenza.


Avrebbero deposto in tal senso: l'incrinarsi dei rapporti tra l'anziana e le P., istituite eredi dalla zia insieme agli altri nipoti per quote eguali e cointestatarie anche di conti bancari; la più assidua presenza del nipote acquisito, D.F., presso l'anziana che aveva allo stesso delegato incombenze di carattere finanziario; il raffreddamento dei rapporti di parentela conseguito, in particolare, ad un incontro intervenuto tra P.L., il marito di costei, ed il D., nella primavera del (OMISSIS); la necessità per le germane P. di rivolgersi ad un avvocato chiedendo per il suo tramite informazioni al D.; i contenuti della lettera di risposta ad una siffatta iniziativa, lettera in cui si ventilava un interesse economico delle P. ad occuparsi della congiunta dopo che costei aveva manifestato l'intento di modificare la pregressa regolamentazione successoria delle proprie sostanze.


2. Avverso l'indicata sentenza propongono ricorso per cassazione le parti civili, D.F. e P.M.A.A., articolando due motivi finalizzati all'annullamento dell'impugnata sentenza ed all'ottenimento del risarcimento dei danni loro occorsi.


2.1. Con il primo motivo, le parti denunciano (art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione agli artt. 192, 526, 546 e 125 cod. proc. pen.): violazione delle norme di disciplina della formazione del giudizio; motivazione apparente, per evidente distonia della stessa rispetto agli esiti probatori; illogicità della motivazione per travisamento dei fatti.


La Corte avrebbe trascurato gli esiti dibattimentali e così contraddittoriamente ritenuto la serietà dei dubbi nutriti dalle prevenute sulla illiceità della condotta attribuita al D., dopo aver ammesso però come le imputate fossero pienamente edotte della vivacità intellettuale della zia.


I Giudici di appello non avrebbero valorizzato, tra l'altro, per le spese motivazioni - in tal modo prestando unilaterale adesione ai contenuti dell'esposto ed alle sole dichiarazioni delle imputate - la disponibilità manifestata dall'anziana ad un confronto tra le parti ed i tentativi delle imputate di assumere indebitamente informazioni sui conti correnti della prima, emergenze fondamentali che sarebbero state invece espunte dall'operata ricostruzione dei fatti.


2.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti fanno valere l'errata applicazione delle regole di giudizio in cui sarebbe incorsa la Corte di appello nel dare ricostruzione alla fattispecie di calunnia, per i profili attinenti all'estremo del dolo e, quindi, la carenza e l'illogicità della motivazione con riguardo all'elemento psicologico del reato (art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in riferimento agli artt. 368 e 43 cod. pen.).


La Corte, nell'escludere l'elemento soggettivo del reato, avrebbe infatti infondatamente ritenuto il carattere incolpevole dell'errore in cui sarebbero incorse le prevenute nella valutazione della condotta denunciata.


I ragionevoli dubbi, elidenti il contestato stato soggettivo, sarebbero invece maturati - deducono i ricorrenti - in esito a comportamenti delle prevenute fraudolenti o volutamente superficiali, che comunque, non verificati sulla scorta dei dati oggettivi della prova, ma anzi travisati in più punti, avrebbero condotto i Giudici di appello alla formazione del maturato convincimento su dichiarazioni e prospettazioni delle sole imputate.


Tanto sarebbe accaduto per gli episodi ritenuti sintomatici dell'incontro avvenuto tra P.L., il di lei coniuge, ed il D. nella primavera del (OMISSIS); la telefonata al consulente finanziario che curava gli interessi di P.S. dopo che costei aveva dismesso, monetizzandola, l'attività svolta presso lo stabilimento balneare; la telefonata di rimprovero effettuata dalla zia ad entrambe le nipoti, telefonata cui sarebbe seguita una diversa, e meno favorevole per le imputate, regolamentazione delle sorte successoria dei beni dell'anziana; la presentazione di un ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno, strumento il cui utilizzo da parte delle germane P. sarebbe stato incompatibile con il convincimento delle stesse proponenti, circa lo stato di minorazione psichica dell'anziana, convincimento che avrebbe invece imposto il ricorso per interdizione; il carattere cordiale dell'incontro avuto tra L., il di lei marito, ed il D.;


l'irrilevanza del mancato ricordo manifestato dalla zia quanto all'adozione a distanza di un bambino.


L'esclusione del dolo non sarebbe stata peraltro apprezzata dai Giudici di appello previa individuazione della falsa accusa come unica possibile modalità delle prevenute per paralizzare una diversa volontà successoria nei loro confronti manifestata dalla "de cuius".


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Per i motivi articolati, finalizzati a denunciare dell'impugnata sentenza vizi di motivazione per illogicità e violazione di legge, i ricorrenti, parti civili costituite, fanno valere il cattivo governo degli esiti probatori e l'errata applicazione delle regole di giudizio quanto alla ritenuta esclusione, dalla Corte di appello dell'impugnata sentenza dell'elemento soggettivo del reato di calunnia (art. 368 cod. pen.) in capo alle prevenute.


Il tema, che viene in tal modo all'esame di questa Corte, è quello del carattere che i sospetti, le congetture o le supposizioni di illiceità del fatto denunciato debbano rivestire perchè possa escludersi in capo al denunciante, che attribuisca ad altri un reato, la consapevolezza dell'innocenza dell'incolpato, il tutto secondo struttura e contenuti propri del reato di calunnia (art. 368 cod. pen.).


Il principio, fatto proprio e sviluppato dalle pronunce adottate da questa Corte, è nel senso che il dolo di calunnia resti escluso allorchè i dubbi sulla colpevolezza del denunciato si pongano su di un piano di ragionevolezza.


Gli stessi, quindi, fondati su elementi di fatto non solo veritieri, ma connotati da un riconoscibile margine di serietà (Sez. 6, Sentenza n. 29117 del 15/06/2012, Valenti), debbono poter essere condivisi da un cittadino comune che si trovi nella medesima situazione di conoscenza (Sez. 6, Sentenza n. 46205 06/11/2009, Demattè, Rv. 245541).


Nell'apprezzamento poi dell'errore del denunciante sulla colpevolezza del denunciato, la giurisprudenza di legittimità ha nel tempo puntualizzato che ove il primo riguardi fatti storici concreti, suscettibili di verifica o, comunque, si esprima per una non corretta rappresentazione dei fatti in denuncia, alla omissione della verifica o rappresentazione consegua la dolosità dell'accusa espressa in termini perentori.


Quando invece l'erroneo convincimento riguardi profili essenzialmente valutativi della condotta oggetto di accusa - ipotesi in cui l'attribuzione dell'illiceità è guidata da una pregnante inferenza soggettiva - ove la prima non risulti fraudolenta o consapevolmente forzata, quel convincimento è inidoneo ad integrare il dolo tipico della calunnia (Sez. 6, Sentenza n. 22922 del 23/05/2013, Zanardi;


Sez. 6, Sentenza n. 37654 del 19/06/2014, Falanga).


2. In applicazione di siffatti principi la Corte di appello con motivazione compiuta e coerente, e come tale non sindacabile in questa sede, nell'esaminare il compendio istruttorio, ha escluso in capo alle prevenute il dolo di calunnia ed ha ritenuto che la lettura, connotata da indubbi aspetti valutativi, da costoro effettuata delle condotte del D. non fosse stata guidata da comprovata malafede.


2.1. Le germane P. hanno sporto denuncia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Savona avverso D.F. incolpando questi del delitto di circonvenzione di incapace ai danni della loro congiunta, l'anziana zia S., esprimendo giudizi e sospetti che, per l'ipotizzato reato, hanno toccato sia lo stato di incapacità dell'anziana che il fine di profitto del preteso circonventore.


I contenuti di prova - che evidenziano della vicenda di specie la compresenza di aspetti valutativi ed obiettivi -, segnalati in ricorso come indebitamente trascurati dalla Corte di appello nella formulazione del relativo giudizio di non colpevolezza, non sono in grado di compromettere coerenza e congruità della motivazione dell'impugnata sentenza, offrendo di quei fatti - una corretta versione univocamente predicativa della penale responsabilità delle prevenute.


In ricorso non si segnala invero un oggettivo esito di prova che travisato o trascurato dalla Corte avrebbe impropriamente condotto quest'ultima ad escludere il dolo di calunnia, ma si vuole piuttosto offrire del medesimo compendio di prova una diversa valutazione che non risulta dotata, però, di forza tale da univocamente affermarsi su quella fatta propria dalla Corte territoriale.


Alla rappresentazione di esiti di prova divergenti in fatto con quanto ritenuto nell' impugnata sentenza (così per l'episodio dell'incontro intervenuto tra una delle P. il di lei marito e D. nella primavera del (OMISSIS) aspro nei contenuti per la versione ritenuta in sentenza, cordiale e neutro per quanto riportato in ricorso), si accompagna, piuttosto, in ricorso una rivisitazione critica di episodi che, di contro a quanto effettuato dai Giudici di merito, vengono ad essere sminuiti nei loro effetti predicativi di uno stato di incapacità della zia.


Ciò vale per il mancato ricordo da parte di P.S. della pure attuata adozione a distanza di un minore; per i contenuti dell' imperiosa telefonata fatta dall'anziana al proprio consulente finanziario, che seguiva ed orientava le scelte della prima nel dare impiego al capitale ottenuto dalla dismissione dell'albergo e della concessione balneare; per la telefonata con cui la zia manifesta risentimento alle nipoti R. e L. per il loro operato;


per l'intentato procedimento civile diretto alla nomina di un amministratore di sostegno e non finalizzato invece all'interdizione dell'anziana.


3. L'interpretazione del dato di prova voluto dai ricorrenti, che vorrebbero in tal modo evidenziare, della condotta delle germane P. l'intento di reagire e porre riparo alle nuove determinazioni testamentarie della zia a loro sfavorevoli, non è in grado di segnalare l'errore dei Giudici di merito, la cui motivazione resta quindi a ricomporre, con logica plausibilità, l'ante fatto di giudizio e, con lo stesso, l'esclusione dell'intenzione calunniosa delle denuncianti.


La dedotta intenzione di annullare disposizioni testamentarie sfavorevoli alle denuncianti ove pure provata dal complesso delle emergenze di fatto costituirebbe un mero posterius rispetto alle altrui condotte di diseredazione.


Ancora, l'introduzione di un procedimento "minore" - quello dell'amministrazione di sostegno - diretto, come tale, a conseguire più miti effetti sulla capacità ad agire dell'anziana che sarebbe risultata sostenuta e non esautorata nella propria autonomia, è circostanza del tutto neutra rispetto all'integrazione del dolo e, nel prospettato complicatorio meccanismo, finanche inidonea a sostenere quell'elemento soggettivo negato dalla Corte di appello.


In un atto di denuncia che non si limiti a segnalare fatti storici, ma che degli stessi fornisca interpretazione (al fine di sottolineare, allorchè la calunnia abbia ad oggetto una circonvenzione di incapace, i richiesti contenuti di incapacità del soggetto passivo della circonvenzione e di abuso del preteso circonventore), al fine di integrazione della fattispecie di calunnia, l'area di operatività dell'intento calunnioso è destinata a ridursi ed il margine di successivo apprezzamento delle stesso ad avanzare sino a spingersi ai richiamati contenuti di fraudolenza e di forzata ricostruzione degli eventi ad opera del denunciante.


4. Quanto poi verificatosi successivamente all'iniziativa delle sorelle P. - e quindi l'archiviazione della posizione del D. nel procedimento penale intentato ai danni di questi e la nomina del D. stesso quale amministratore di sostegno nel pure avviato Procedimento di volontaria giurisdizione - costituisce un esito irrilevante ai fini dell'integrazione dell'elemento soggettivo del reato di calunnia.


Il dolo di calunnia va invero apprezzato con giudizio da condursi ex ante per ricostruzione dello stato di fatto esistente al momento dell'iniziativa assunta dal denunciante, giudizio nei cui contenuti non sono destinati quindi a convergere proprio quegli esiti delle iniziative scrutinate come espressive dell'indicato elemento soggettivo.


5. I ricorsi vanno pertanto rigettati ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma, il 13 novembre 2015.


Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2015

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