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Calunnia: sussiste anche in caso di successiva abrogazione del reato oggetto di falsa incolpazione


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di calunnia

La massima

Il delitto di calunnia si configura anche nel caso di successiva abrogazione del reato oggetto della falsa incolpazione (In motivazione la Corte ha affermato che la valutazione della falsa attribuzione del fatto costituente illecito penale, ossia dell'elemento materiale della fattispecie criminosa, deve essere compiuta al momento della consumazione del reato, non assumendo rilievo la circostanza che la norma disciplinante il reato del quale sia stato falsamente incolpato un innocente sia successivamente abrogata, atteso che l'originaria falsa incolpazione resta in grado di esporre in concreto un innocente all'instaurazione di un procedimento penale a suo carico e il fatto precedentemente commesso conserva la sua offensività nonostante la successiva depenalizzazione - Cassazione penale , sez. VI , 17/05/2018 , n. 39981).

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. VI , 17/05/2018 , n. 39981

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Messina, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza alla contestata recidiva, ha rideterminato la pena confermando il giudizio di penale responsabilità per il reato di calunnia nei confronti di D.A..


L'imputato avrebbe denunciato il (OMISSIS), presso la stazione dei carabinieri di Messina, lo smarrimento di un blocchetto di assegni, in tal modo accusando, sapendoli innocenti, A.M., e gli altri eventuali giratari del titolo di credito, del reato di appropriazione indebita di cose smarrite con riferimento agli assegni in questione; gli assegni, il cui smarrimento fu denunciato, sarebbero stati invece consegnati dall'imputato ad A. nei primi giorni di dicembre del 2008, in pagamento di alcuni arredamenti acquistati, previa emissione di fattura.


2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'indagato articolando due motivi.


2.1. Con il primo lamenta violazione di legge in relazione agli artt. 2 - 647 cod. pen.; la calunnia non sarebbe configurabile per sopravvenuta assenza del reato oggetto della falsa incolpazione, quello, cioè, di appropriazione indebita di cosa smarrita, fattispecie, quest'ultima, abrogata a seguito del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7.


Secondo il ricorrente vi sarebbe un fenomeno di "abrogatio" che spiegherebbe, ai sensi dell'art. 2 cod. pen., effetti mediati sulla fattispecie di reato contestata; la calunnia non sarebbe configurabile nel caso in cui il fatto oggetto della falsa incolpazione cessi di costituire reato a seguito, come nel caso di specie, di un successivo intervento legislativo.


2.2. Con il secondo motivo si lamenta vizio di motivazione in riferimento al riconoscimento della recidiva aggravata.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.


2. Il primo motivo è manifestamente infondato.


La giurisprudenza della Corte di cassazione è consolidata nel ritenere che il delitto di cui all'art. 368 cod. pen. non viene meno nè per effetto di successiva abrogazione del reato presupposto, poichè questo costituisce un mero elemento di fatto della fattispecie (così: Sez. 6, n. 14352 del 08/04/2002, dep. 2003, Bassetti, Rv. 226425; Sez. 6, n. 8827 del 21/05/1999, Zini, Rv. 214674; Sez. 6, n. 13881 del 26/09/1986, Dotto, Rv. 174543; sul tema, seppure con un percorso motivazionale in parte diverso, Sez. 6, n. 15964 del 08/03/2016, Galletti, Rv. 266534), nè in conseguenza di un sopravvenuto mutamento normativo che renda il reato presupposto perseguibile a querela (cfr., Sez. 6, n. 35800 del 29/03/2007, Acefalo, Rv. 237421, nonchè Sez. 6, n. 5477 del 1/04/1985, Cerci, Rv. 169529).


L'elemento materiale del reato di calunnia consiste nell'incolpare falsamente taluno di un reato, cioè di un fatto penalmente rilevante comprensivo di tutti gli elementi costitutivi.


Il reato di cui all'art. 368 cod. pen. è un reato di pericolo la cui ratio consiste nella tutela del corretto esercizio della giurisdizione penale e, in particolare, nella necessità di non instaurare procedimenti penali a carico di un innocente; il delitto si consuma con l'insorgere della semplice possibilità - rilevante - che si instauri un processo penale e che, quindi, venga condannato un innocente.


Ciò giustifica il principio per cui la valutazione della falsa attribuzione del fatto costituente reato, cioè dell'elemento materiale della fattispecie criminosa, deve essere compiuta al momento in cui il reato si consuma, e, dunque, in relazione alla legge vigente all'epoca in cui tale comportamento è posto in essere; non assume decisiva valenza la circostanza che la norma disciplinante il reato del quale sia stato falsamente incolpato un innocente venga successivamente abrogata, poichè l'originaria falsa incolpazione resta in grado di esporre in concreto un innocente all'instaurazione di un procedimento penale a suo carico ed il fatto precedentemente commesso conserva la sua offensività nonostante la successiva depenalizzazione del delitto presupposto (In senso conforme, in tema di ricettazione, Sez. 7, n. 20644 del 16/02/2016, Sarachelli, Rv. 267132; Sez. 2, n. 18710 del 15/12/2016, dep. 2017, Giordano, Rv. 270220, secondo cui la ricettazione di bene proveniente dal reato presupposto di cui all'art. 647 cod. pen. conserva rilevanza penale anche dopo la depenalizzazione, ad opera del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, del reato di appropriazione di cosa smarrita, atteso che nella ricettazione la provenienza da delitto dell'oggetto materiale del reato è elemento definito da norma esterna alla fattispecie incriminatrice, per cui l'eventuale abrogazione di tale norma non assume rilievo ai sensi dell'art. 2 cod. pen., dovendo la rilevanza penale del fatto essere valutata con esclusivo riferimento al momento in cui ha avuto luogo la condotta tipica di ricezione della cosa).


3. Il secondo motivo è inammissibile per più ragioni.


3.1. Sotto un primo profilo, la questione non è stata dedotta nel giudizio di appello e non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunziarsi perchè non devolute alla sua cognizione. (Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, Costa, Rv. 269632; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745, in fattispecie relativa ad omessa motivazione da parte della Corte di appello sulla recidiva ritenuta dal giudice di primo grado, non contestata con i motivi di appello).


3.2. Sotto altro profilo, il Giudice di primo grado, diversamente dagli assunti difensivi, aveva chiarito come la recidiva dovesse essere ritenuta in considerazione della negativa personalità dell'imputato, desunta dai plurimi e specifici precedenti penali. Il Giudice d'appello, dopo aver riconosciuto le circostanze generiche in ragione della relativa offensività del fatto, ha compiuto un giudizio di equivalenza fra dette circostanze e la recidiva, implicitamente richiamata.


A fronte di tale trama argomentativa il motivo di ricorso è aspecifico, essendosi il ricorrente limitato a richiamare genericamente il dovere del giudice di motivare al fine di ritenere sussistente la recidiva.


4. All'inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.


Così deciso in Roma, il 17 maggio 2018.


Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2018

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