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Calunnia: sussiste in caso di falsa accusa per reato procedibile a querela, se questa è tardiva


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di calunnia

La massima

Configura il delitto di calunnia la falsa incolpazione di reati procedibili a querela e questa sia stata presentata tardivamente, qualora per l'accertamento dell'insussistenza della causa di procedibilità si renda comunque necessario l'avvio del procedimento penale e lo svolgimento di accertamenti che richiedano apposite indagini (Cassazione penale , sez. VI, 04/05/2018 , n. 22309).

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. VI, 04/05/2018 , n. 22309

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Torino, in riforma della sentenza emessa in data 18 febbraio 2013 dal Tribunale di Torino, ha assolto l'imputata A.M. dal reato a lei ascritto perchè il fatto non sussiste.


La A. è imputata del delitto di calunnia di cui all'art. 368 c.p., per aver incolpato, con querela presentata in data 28 marzo 2007 presso la Procura della Repubblica di Torino, sapendolo innocente, l'ex coniuge G.F. del reato di cui all'art. 486 c.p., ed, in particolare, di avere abusato di un foglio dalla stessa firmato in bianco, redigendo un atto produttivo di effetti giuridici, recante la data del 14 aprile 1998, nel quale si attestava che l'abitazione coniugale, benchè intestata alla A., era stata in realtà acquistata e pagata dallo G..


2. L'avv. Carlo M., difensore della parte civile costituita G.F., ricorre avverso tale sentenza e ne chiede l'annullamento, deducendo, con unico motivo, la erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), con riferimento all'art. 368 c.p., ed in relazione all'art. 129 c.p.p., comma 2.


La Corte di appello di Torino aveva, infatti, assolto la A. in quanto il procedimento penale aperto per effetto della sua querela era stato archiviato per tardività della stessa, obliterando, tuttavia, che tale declaratoria di improcedibilità era stata pronunciata solo all'esito di complesse indagini preliminari.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere accolto in quanto è fondato.


2. Il ricorrente, con unico motivo, deduce la erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), con riferimento all'art. 368 c.p., ed in relazione all'art. 129 c.p.p., comma 2.


La Corte di appello di Torino aveva, infatti, assolto la A. per insussistenza del fatto, in quanto il procedimento penale aperto per effetto della sua querela era stato archiviato per tardività della stessa.


Nella sentenza impugnata era, tuttavia, stata erroneamente equiparata la fattispecie della insussistenza del delitto di calunnia per mancata presentazione della querela a quella della insussistenza del medesimo delitto per effetto di presentazione di una querela tardiva.


Il delitto di calunnia, tuttavia, nella specie sussisteva, in quanto la improcedibilità della querela per tardività non era rilevabile ictu oculi, ma era stata dichiarata solo all'esito di complesse indagini, durate peraltro due anni.


3. Tale censura merita accoglimento.


La Corte di appello di Torino ha posto a fondamento delle proprie statuizioni assolutorie il consolidato principio di diritto secondo il quale la calunnia è un reato di pericolo che si consuma con l'insorgere della astratta possibilità che si instauri un procedimento penale a carico della persona falsamente incolpata, ma ha fatto cattivo governo dello stesso.


La Corte di appello, infatti, muovendo da un obiter dictum della sentenza n. 7729 del 10/2/2016 della Sesta Sezione Penale, ha equiparato, sotto il profilo della insussistenza del delitto di calunnia, l'ipotesi della mancata presentazione della querela, quando il reato oggetto di incolpazione richieda tale condizione di procedibilità, a quella della tardiva presentazione della stessa.


Tale generalizzata equiparazione è, tuttavia, errata.


Il delitto di cui all'art. 368 c.p., ha, infatti, come oggetto giuridico l'interesse al normale funzionamento della giustizia e presuppone la possibilità giuridica della insorgenza di un procedimento penale, indipendentemente dalla sua apertura, quale effetto della falsa accusa d'un reato ad una persona che si sa innocente.


La condotta del reato previsto dall'art. 368 c.p., consiste, infatti, nel portare a conoscenza dell'autorità giudiziaria o di altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire, circostanze idonee ad indicare taluno come colpevole di un fatto costituente reato in forme tali da rendere possibile (e ciò è sufficiente, integrando la calunnia una fattispecie di reato di pericolo) l'espletamento delle indagini (Sez. 6, n. 2389 del 20/11/1991, dep. 1992, Castelli, Rv. 189284).


La possibilità dell'inizio di un procedimento penale costituisce, pertanto, requisito implicito del delitto di calunnia, ancorchè non sia espressamente contemplata dal legislatore penale, a differenza di quanto previsto nella fattispecie della simulazione di reato.


4. Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, dal quale non vi è motivo per discostarsi, ai fini della configurabilità del reato di calunnia, non è, pertanto, necessario l'inizio di un procedimento penale a carico del calunniato, occorrendo soltanto che la falsa incolpazione contenga in sè gli elementi necessari e sufficienti per l'esercizio dell'azione penale nei confronti di una persona univocamente e agevolmente individuabile (ex plurimis: Sez. 6, n. 10282 del 22/01/2014, Romeo, Rv. 259268; Sez. 6, n. 32325 del 04/05/2010, Grazioso, Rv. 248079).


Ove, tuttavia, non sussista la possibilità giuridica della apertura di un procedimento penale contro l'incolpato, non vi è lesione dell'interesse tutelato, in quanto il soggetto calunniato non si trova esposto a rischi di sorta e l'organo inquirente non ha modo di svolgere indagini.


Pertanto, nel caso di addebito che non rivesta i caratteri della serietà, ma si compendi in circostanze assurde, inverosimili o grottesche, tali da non poter ragionevolmente adombrare - perchè in contrasto con i più elementari principi della logica e del buon senso - la concreta ipotizzabilità del reato denunciato, è da ritenere insussistente l'elemento materiale del delitto di calunnia (ex plurimis: Sez. 6, n. 10282 del 22/01/2014, Serpico, Rv. 259268; Sez. 6, n. 32325 del 04/05/2010, Grazioso, Rv. 248079; Sez. 6, n. 26177 del 17/03/2009, Vassura, Rv. 244357; Sez. 6, n. 3983 del 31/01/1996, Ferretti, Rv. 204651), in quanto l'accertamento della infondatezza della accusa non abbisogna di alcuna indagine.


Analogamente, il delitto di calunnia non è configurabile se il reato oggetto della falsa incolpazione sia punibile a querela, richiesta o istanza e questa manchi, nonchè in ogni altro caso in cui la falsa incolpazione sfocerebbe in una declaratoria di improcedibilità, come nel caso di mancanza di autorizzazione a procedere o là dove operi l'effetto preclusivo derivante dalla decisione irrevocabile di un precedente giudizio sugli stessi fatti (Sez. 2, n. 15559 del 24/11/2005 (dep. 04/05/2006), Spadaro, Rv. 234340).


Quanto al difetto della querela, tuttavia, la giurisprudenza di legittimità opera un fondamentale distinguo, a secondo che lo stesso sia idoneo o meno a precludere in astratto la possibilità di inizio di un procedimento penale.


Non è, infatti, configurabile il delitto di calunnia allorchè la falsa accusa abbia ad oggetto fattispecie integranti reati procedibili a querela e questa non sia presentata (Sez. 6, n. 18116 del 05/05/2011, D'Angelo; Sez. 6, n. 35800 del 29/03/2007, Acefalo, Rv. 237421) ovvero sia invalida atteso che, in siffatta ipotesi, la condotta risulta di per sè inidonea a determinare l'avvio di un procedimento penale (Sez. 6, n. 335 del 29/11/2017, Pagnoni, Rv. 272156, fattispecie relativa a querela priva di autenticazione della sottoscrizione).


In tali ipotesi, infatti, l'esercizio dell'azione penale è paralizzato dal difetto di una condizione di procedibilità e tale difetto, essendo evidente, esclude immediatamente la possibilità di un seguito alla notizia di reato (Sez. 6, n. 18359 del 17/02/2003, Parise, Rv. 225222).


A conclusioni diverse in ordine alla configurabilità del delitto di calunnia deve, tuttavia, addivenirsi quando la causa di improcedibilità emerga da un accertamento che postuli più o meno complesse indagini (Sez. 6, n. 2715 del 10/01/1997, Marchetti, Rv. 207167) o quando successive indagini inducano a modificare la configurazione del fatto, oggetto della falsa incolpazione, come punibile a querela (Sez. 6, n. 2415 del 20/12/1971 (dep. 17/04/1972), Andriollo, Rv. 120765); in tali casi, infatti, un procedimento penale è pur sempre iniziato, ancorchè non possa essere proseguito.


Il delitto di calunnia è, pertanto, sempre configurabile quando si rendono necessarie indagini al fine di valutare se ricorra la procedibilità di parte o di ufficio o, come nella specie, al fine di valutare se la querela sia stata presentata tempestivamente o meno.


5. Per quanto risulta dalla sentenza impugnata, infatti, un procedimento penale nei confronti dello G. è stato aperto e la querela è stata dichiarata improcedibile per tardività solo all'esito delle indagini preliminari.


La improcedibilità della querela non è, pertanto, emersa ictu oculi, ma solo all'esito del compimento delle indagini necessarie all'esatto inquadramento degli elementi di fatto, quali la data del commesso reato e quella in cui l'offeso ne aveva acquisito piena conoscenza.


Dalla denuncia-querela presentata dalla A. in data 28 marzo 2007 è, dunque, derivata non solo la possibilità astratta dell'inizio di un procedimento penale nei confronti dello G., ma anche l'inizio concreto di tale procedimento.


Errato si rivela, da ultimo, l'assunto della Corte di appello di Torino secondo il quale la tardività della querela elide la sussistenza del delitto di calunnia, in quanto tale declaratoria opera "ex tunc sin dalla sua presentazione", consentendo di equiparare, sul piano degli effetti e, segnatamente, della comune "originaria improcedibilità", la ipotesi della querela tardiva a quella della mancata presentazione della stessa.


Tale rilievo, infatti, oblitera che, come già rilevato, il delitto di calunnia è un reato di pericolo e, quindi, è sufficiente ad integrare l'elemento oggettivo una falsa accusa che, essendo astrattamente configurabile come notitia criminis in quanto a prima vista non manifestamente inverosimile, sia pertanto idonea all'apertura delle indagini preliminari, risultando del tutto irrilevante il fatto che le stesse si siano successivamente concluse con un decreto di archiviazione (Sez. 6, n. 48525 del 5/11/2003 n. 48525, Grimaldi, Rv. 228542)


Nessun rilievo può, del resto, assumere in proposito la intervenuta depenalizzazione del delitto di falsità in foglio firmato in bianco di cui all'art. 486 c.p., in quanto la punibilità del delitto di calunnia permane anche se, per intervento legislativo, il reato oggetto della incolpazione sia stato medio tempore depenalizzato (Sez. 6, n. 12655 del 26/02/2016, Galletti, Rv. 255591; Sez. 6, n. 12673 del 21/11/1988, Caronna, Rv. 180011; Sez. 6, n. 13881 del 26/09/1986, Dotto, Rv. 174543).


6. Alla stregua di tali rilievi la sentenza impugnata deve essere annullata e, pertanto, essendosi medio tempore il delitto di calunnia per cui si procedere prescritto, deve essere disposto il rinvio, ai sensi dell'art. 622 c.p.p., al giudice civile competente per valore in grado di appello.


Nessun provvedimento in ordine alla richiesta di liquidazione delle spese sostenute dalla parte civile deve essere allo stato adottato.


La parte civile non può, infatti, ottenere la rifusione delle spese processuali all'esito del giudizio di legittimità che si è concluso con l'annullamento con rinvio, ma può far valere le proprie pretese nel corso ulteriore del processo, in cui il giudice di merito dovrà accertare la sussistenza, a carico dell'imputato, dell'obbligo della rifusione delle spese giudiziali in base al principio della soccombenza, con riferimento all'esito del gravame (ex plurimis: Sez. 5, n. 25469 del 23/04/2014, Greco, Rv. 262561; Sez. 2, n. 32440 del 10/07/2003, Larnè, Rv. 226260).


P.Q.M.

Annulla ai soli effetti civili la sentenza impugnata e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello.


Così deciso in Roma, il 4 maggio 2018.


Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2018



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