I nostri casi di Studio
Le accuse di estorsione aggravata richiedono un’attenta valutazione delle prove, soprattutto quando si basano prevalentemente sulle dichiarazioni di una parte.
In questo caso di studio, esaminiamo una recente sentenza del Tribunale di Lecce (composto dai giudici Bianca Maria Todaro, Chiara Panico e Natasha Mazzone) che ha assolto l’imputato con la formula "perché il fatto non sussiste". Il processo mette in luce l’importanza della coerenza delle testimonianze e della credibilità delle prove in sede penale.
L’imputato era accusato di estorsione aggravata ai danni della persona offesa, per aver richiesto la somma di 3.000 euro attraverso violenza e minacce, come riportato dall’accusa.
La presunta estorsione sarebbe avvenuta subito dopo una deposizione resa dalla persona offesa presso il Commissariato di Galatina, durante la quale l'imputato avrebbe appreso informazioni che lo avrebbero spinto a compiere l’atto estorsivo.
Secondo l’accusa, l'imputato. lo spingeva con forza facendolo cadere sul divano e lo colpiva con calci, per poi intimargli: ‘Mo mi devi dare tremila euro per quello che hai detto altrimenti vengo a casa tua’". La vittima, temendo ritorsioni, avrebbe accettato di consegnare il denaro il giorno seguente, prelevandolo dal proprio conto bancario.
Il Tribunale ha ritenuto poco credibile la ricostruzione dei fatti offerta dalla vittima.
In particolare, la narrazione presentava diverse incongruenze, soprattutto alla luce della testimonianza di un testimone chiave, un avvocato, presente durante parte degli eventi. Il teste ha dichiarato che, contrariamente alla versione della persona offesa, “non vi era stata alcuna aggressione o richiesta di denaro”, e che la situazione descritta dalla vittima non corrispondeva a quanto avvenuto.
Il Tribunale ha, inoltre, osservato che la richiesta di denaro appariva del tutto illogica rispetto al contesto.
Come si legge nella sentenza, “appare inverosimile che l’imputato abbia richiesto tali somme improvvisamente per tale motivazione, così come appare strano che lo stesso abbia mutato atteggiamento nei confronti del suo amico così repentinamente e senza valide ragioni”.
La difesa ha basato la propria strategia sulla testimonianza dell'avvocato, che ha confutato completamente la versione della persona offesa. Lo stesso ha dichiarato che, al termine dell’incontro presso il Commissariato, “non vi fu alcuna richiesta di denaro né vi fu alcun comportamento aggressivo” da parte dell’imputato.
Anche la polizia giudiziaria, nel corso delle indagini, aveva espresso dubbi sulle motivazioni addotte dalla vittima.
In particolare, la polizia aveva ipotizzato che il denaro fosse stato richiesto per questioni legate al passato dell’imputato, forse in riferimento a debiti accumulati per la cessione di sostanze stupefacenti. “La richiesta di denaro da parte dell’imputato – si legge nella sentenza – sembrerebbe più plausibilmente collegata a un credito legato ad attività illecite pregresse, piuttosto che a dichiarazioni rese in Commissariato che non rivestivano alcun rilievo penale”.
Alla luce di queste contraddizioni, il Tribunale ha ritenuto che le dichiarazioni della vittima fossero “intrinsecamente inattendibili e inidonee a fondare un giudizio di responsabilità penale”.
La Corte ha così deciso di assolvere l'imputato con la formula “perché il fatto non sussiste”, riconoscendo che le prove a carico erano insufficienti per sostenere l’accusa di estorsione aggravata.
Inoltre, il Tribunale ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura per valutare l’eventuale apertura di un procedimento contro DE.LO., sospettato di aver reso dichiarazioni false in sede di indagini preliminari, un elemento che ha ulteriormente pesato sulla decisione di assolvere l'imputato.
Questo caso mette in luce l'importanza di una difesa solida e la capacità di smontare prove deboli o contraddittorie. Quando le accuse si basano quasi esclusivamente su testimonianze prive di riscontri oggettivi, diventa fondamentale analizzare ogni dettaglio per far emergere eventuali discrepanze.
Tribunale Lecce sez. II, 23/07/2024, (ud. 23/04/2024, dep. 23/07/2024), n.1234
Svolgimento del processo
TU.AN. è stato tratto a giudizio per rispondere del reato di cui in epigrafe, come da decreto emesso dal Gip presso il Tribunale di Lecce in data 14.3.2023.
All'udienza del 24 gennaio 2024, presente l'imputato, la difesa reiterava l'istanza, già presentata in udienza preliminare, volta ad ottenere l'ammissione del TU. al rito abbreviato condizionato all'ascolto del teste avv. Ro.St.
Il PM si opponeva, argomentando con le stesse motivazioni già espresse in udienza preliminare, ovverosia che la deposizione dell'avvocato concernerebbe attività forense del difensore di assistenza nel corso della perquisizione, come tale non riferibile dal teste quale teste.
Il Tribunale, sciogliendo la riserva, ammetteva l'istante al rito richiesto, rilevato che dal verbale in atti risultava effettivamente che St. fosse presente, potendo egli testimoniare su quanto avvenuto, non trattandosi di prova vietata dalla legge ed essendo la stessa astrattamente rilevante, considerato che la possibilità per il testimone di opporre segreto professionale ai sensi dell'art. 200 c.p.p. è una sua facoltà e, quindi, non è configurarle quale condizione ostativa all'ammissibilità del rito, la cui scelta corrispondeva ad una facoltà difensiva e ad un'obiettiva istanza di economia processuale.
All'udienza del 17 aprile 2024 si procedeva con l'escussione testimoniale di Ro.St.
All'esito veniva acquisito il fascicolo del PM.
II PM rassegnava le proprie conclusioni. Il processo veniva rinviato per la discussione della difesa
All'udienza del 24 aprile 2024 la difesa del TU. rassegnava le sue conclusioni.
Il Tribunale dava lettura del dispositivo con termine per il deposito della motivazione fissato in giorni novanta, in ragione della complessità dell'istruttoria espletata e del carico di lavoro dell'ufficio.
RICOSTRUZIONE IN FATTO
Nel verbale di sommane informazioni rese dinanzi alla polizia di Stato - Questura di Lecce in data 11 dicembre 2021, DE.LO. riferiva di conoscere TU.AN. sin da quando erano ragazzi e che si erano frequentati in modo assiduo fino a quando il teste non aveva intrapreso la carriera militare. Da quel momento la loro frequentazione era diventata sempre più sporadica.
Ciò premesso, ricordava che nel corso del mese di maggio veniva sorpreso all'interno dell'abitazione del TU., durante un controllo indirizzato a quest'ultimo effettuato da personale della Polizia di Stato di Galatina. Specificava di trovarsi lì perché aveva portato la spesa al TU., in quanto lui era impossibilitato ad uscire.
DE.LO. riferiva di aver assistito a tutte le operazioni di perquisizione effettuate dagli operanti; veniva quindi invitato a portarsi presso il Commissariato di Galatina assieme allo stesso TU. ed al suo legale Ro.St.
Faceva presente che durante la loro permanenza in Commissariato il TU., in un momento di agitazione, si avvicinava alla finestra e, alla presenza sua e del personale degli Uffici, minacciava di lanciarsi, tentativo che veniva immediatamente bloccato grazie all'intervento dei presenti. Seguivano momenti concitati e solo dopo diverso tempo si riusciva a far desistere il TU. dal suo intento.
DE.LO. riferiva di essere stato escusso dagli operatori di pg su quanto si era verificato, avendo assistito a tutto quanto accaduto.
Ultimate le operazioni, il legale del TU. andava via da solo, mentre lui accompagnava, l'imputato presso la sua abitazione.
Appena entrati in casa, il TU., senza aggiungere nulla, lo spingeva con forza, facendolo cadere sul divano che il teste aveva alle sue spalle per poi colpirlo con dei calci all'altezza del polpaccio. Meravigliato da tale comportamento, DE.LO. gli chiedeva perché stesse agendo in quel modo e lui rispondeva: "perché hai detto quelle cose alla polizia?? Mo mi devi dare tremila Euro per quello che hai detto altrimenti vengo a casa tua!"
A parere del teste, TU. si stava riferendo alle dichiarazioni appena rese in Commissariato riguardanti le sue minacce di suicidio, non avendo egli raccontato nulla rispetto alla precedente vicenda che lo aveva visto coinvolto, da cui era originata la richiesta di perquisizione.
DE.LO. rappresentava che, conoscendo l'indole violenta dell'imputato, tenuto conto che quest'ultimo lo aveva minacciato che sarebbe andato a trovarlo in casa se non avesse ricevuto il denaro, per paura di possibili ritorsioni, aveva assecondato le sue richieste, accordandosi con lui di procedere alla dazione della somma il giorno seguente, dopo aver proceduto a prelevare il denaro dall'istituto bancario.
Il giorno seguente trasmetteva al TU. tale somma.
Il teste faceva presente che, per quanto potesse sembrare singolare, gli avvenimenti erano stati quelli narrati e che non vi era alcuna altra ragione per cui avrebbe dovuto versare tali somme all'imputato.
Nell'annotazione del 7 maggio 2021 redatta da personale in servizio presso la Questura di Lecce, ad integrazione dell'annotazione del turno 1924 del 6.5.2021, inerente dall'intervento delle ore 18.55 in Galatina presso An.An. a seguito delle presunte minacce poste in essere dal TU., si dava atto che nella stessa data, durante le procedure connesse all'interno del Commissariato, il TU. si era avvicinato alla finestra posta all'interno della stanza della polizia amministrativa e, in evidente stato di agitazione, la apriva, saliva sul davanzale, minacciando di buttarsi. Veniva fermato dai militari presenti. Tale fatto accadeva alla presenza di St.Ro. e DE.LO.
Nella CNR redatta dalla Polizia di Stato - Questura di Lecce in data 7 maggio 2022 (…) preliminarmente si dava atto che l'ufficio aveva acquisito una dettagliata notizia confidenziale da fonte degna di fede e dalla già comprovata attendibilità secondo cui il pluripregiudicato TU.AN. nel periodo successivo alla sua scarcerazione dalla Casa Circondariale di Lecce, aveva "avvicinato" alcuni soggetti residenti nel circondario al fine di recuperare dei crediti di somme di denaro relative alla vendita di sostanza stupefacente.
Si apprendeva, in particolare, che il TU.AN., tra l'altro, si era reso responsabile anche di una vera e propria "estorsione" in danno di un soggetto non meglio specificato, di nome "An.", residente in via (…).
I militari si attivavano al fine di procedere alla compiuta identificazione della "vittima" indicata che veniva identificata in DE.LO.
Erano giunti alla sua identificazione per il riferito indirizzo di - residenza, ma anche grazie alla conoscenza dei soggetti indicati: difatti, il DE.LO. risultava un soggetto indirettamente implicato in altra pregressa attività di indagine esperita proprio a carico del TO.An.
Gli operanti ripercorrevano quanto accaduto il 06 maggio 2021, data in cui si erano recati presso l'indirizzo di residenza di TU. al fine di eseguire una perquisizione domiciliare ex art. 41 TULPS a suo carico.
Giunti sul posto, oltre alla presenza del TU., constatavano la presenza, all'interno dell'abitazione, proprio del DE.LO. il quale, stante le circostanze di tempo e di luogo, veniva o sottoposto a perquisizione personale conclusasi, tuttavia, con esito negativo.
Entrambi erano stati accompagnati presso gli Uffici del Commissariato di Polizia, alla presenza anche del legale di fiducia del TO., avv. St.Ma., nel frattempo intervenuto presso l'abitazione del suo cliente.
Durante la loro permanenza presso questi Uffici, si verificava un episodio "particolare" che, a parere del DE.LO., sarebbe stata la causa della "richiesta estorsiva" del TU. ai danni.
In quell'occasione, TU.AN., mentre si trovava al primo piano dello stabile, in evidente Stato di agitazione, si avvicinava ad una finestra riuscendo ad aprirla, saliva sul davanzale e minacciava di volersi lanciare nel vuoto. Questa sua condotta, alquanto sconsiderata, allarmava sia il personale operante impegnato alla sua vigilanza sia lo stesso DE.LO.
Solo l'immediato e tempestivo intervento degli operatori presenti e dello stesso DE.LO. evitava un epilogo nefasto della vicenda.
A conclusione di tutte le attività i due abbandonavano il Commissariato di P.S., dopo che il TU. era stato deferito in stato di libertà all' A.G. per il reato di minacce aggravate per altri fatti commessi nel pomeriggio di quello stesso in questo centro cittadino.
Anche il DE.LO., escusso in qualità di persona informata sui fatti relativamente a quest'ultima vicenda, abbandonava poi gli Uffici.
Ciò premesso, la pg faceva convenire presso questi Uffici il DE.LO. per meglio delineare fatti e circostanze per cui si stava procedendo.
DE.LO., dopo aver premesso di conoscere TU.AN. sin da quando erano entrambi ragazzini, faceva riferimento alla particolare vicenda occorsa nel decorso mese di maggio, ossia quella del controllo di Polizia e successiva perquisizione domiciliare e personale esperita presso l'abitazione del TU.
Faceva poi riferimento al successivo episodio verificatosi durante la permanenza sua e del TU. presso il Commissariato di P.S. sino a giungere al racconto di quanto avvenuto successivamente nel momento in cui i due erano rientrati presso l'abitazione del TU.
Quest'ultimo gli chiedeva di fermarsi a casa sua perché doveva parlargli.
DE.LO. riferiva che appena entrati nell'abitazione, senza aggiungere altro, veniva spinto dal TU. k con forza, così cadendo sul divano che aveva alle spalle. TU. lo colpiva con calci sulle gambe.
Sorpreso da questo suo inaspettato comportamento, il DE.LO. gli chiedeva perché stesse agendo in quel modo e lui gli rispondeva: "PERCHÉ HAI DETTO QUELLE COSE ALLA POLIZIA??? MO MI DEVI DARE TREMILA Euro PER QUELLO CHE HAI DETTO ALTRIMENTI VENGO A CASA TUA!!".
A parere del DE.LO., TU. si riferiva alla deposizione che aveva sottoscritto pochi minuti prima presso gli Uffici.
DE.LO. era meravigliato da come il TU. fosse venuto a conoscenza del contenuto delle dichiarazioni rese agli operatori di Polizia, desumendo che lo avesse carpito, quanto meno in parte delle informazioni perché notiziato direttamente dal suo legale di fiducia, anch'egli presente ai fatti.
La pg evidenziava che in realtà DE.LO. non aveva fatto alcuna deposizione in ordine alla vicenda che aveva visto coinvolto il TU. per i fatti commessi nel pomeriggio dello stesso giorno, per cui era stato deferito in stato di libertà, ma si era semplicemente limitato a riferire ciò che era accaduto durante la loro permanenza negli Uffici, dettagliando una vicenda che non aveva poi avuto risvolti particolari penalmente rilevanti.
Il DE.LO. continuava il suo racconto dicendo che il TU. pretendeva da lui la somma di tremila Euro avendogli prospettato, in caso contrario, un'eventuale ritorsione in suo danno.
Preso dalla paura, la vittima sosteneva di non essersi minimamente opposto alla richiesta di denaro, soprattutto in considerazione del fatto che il TO. è da sempre considerato un soggetto con cui difficilmente si può ragionare, limitandosi a rispondere che, nella giornata successiva, gli avrebbe consegnato quanto richiesto.
Trattandosi comunque di una richiesta che la vittima non poteva esaudire in quel determinato momento in quanto doveva attendere il giorno seguente per poter prelevare tale somma in un'unica soluzione direttamente dallo sportello bancomat, andava via dall'abitazione del TO. con l'intesa che si sarebbero nuovamente incontrati da lì a poco tempo.
Continuando, il DE.LO. sosteneva di essersi recato presso lo sportello bancomat della filiale "(…)" sedente a Galatina presso cui era titolare di un conto corrente, prelevando la somma che il TU. gli aveva richiesto e di averla consegnata direttamente a quest'ultimo presso la sua abitazione. Anche nel corso di questo ulteriore incontro, la vittima preferiva non chiedere ulteriori delucidazioni sul perché doveva consegnargli detta somma.
Durante la permanenza del DE.LO. presso gli Uffici, la pg chiedeva ripetutamente conto dei motivi per cui TU. gli avesse chiesto del denaro, apparendo strano che le motivazioni risiedessero in quanto raccontato dal DE.LO. in Commissariato, avendo riportato fatti privi di rilevanza penale. Gli agenti ritenevano maggiormente plausibile che DE.LO. avesse accumulato tale debito perché aveva effettuato v degli acquisti di sostanze stupefacenti dal TU.
Dall'analisi delle movimentazioni effettuate sul c/c bancario intestato al DE.LO., si appurava che in data 6 e 7 maggio 2021 erano stati da lui effettuati due distinti prelievi direttamente allo sportello bancomat, il primo di 2.000,00 Euro e il secondo di 1.000,00 euro.
Il teste Ro.St. riferiva di conoscere il TU., essendo stato il suo difensore di fiducia in molti procedimenti civili e penali.
Ricordava che in data 6 maggio 2021 venne contattato dagli operatori del locale Commissariato di Galatina per intervenire, avendo il TU. richiesto la sua assistenza, in quanto la pg. stava procedendo ad una perquisizione finalizzata al rinvenimento di un'arma, una pistola, di cui TU. aveva fatto menzione a seguito di una lite.
Giunto sul posto constatava che TU. si trovava in compagnia di tale DE.LO., indicato come amico e conoscenza di lunga data del suo assistito.
La perquisizione ebbe esito negativo e il TU. venne accompagnato da una vettura della polizia presso gli Uffici del Commissariato di PS di Galatina. Il teste lo raggiungeva assieme al DE.LO.
Dichiarava che all'esito delle operazioni, lui, DE.LO. e il TU. uscirono insieme dal Commissariato e che accompagnò entrambi presso l'abitazione del TU., dove si trovavano prima della perquisizione.
Tutti e tre entrarono in casa, continuando a disquisire circa l'accaduto. DE.LO. era preoccupato per quanto si era verificato a causa della sua professione - era militare in carriera. Si mostrava agitato e rifletteva sulle ripercussioni che avrebbe potuto avere sul lavoro tenuto conto che era stato trovato a casa del TU.
Se ne andava poco dopo.
Faceva presente che durante la permanenza presso l'abitazione del TU., quest'ultimo non aveva avanzato alcuna pretesa di denaro nei confronti di DE.LO.
Rappresentava che la casa era molto piccola e che erano stati sempre tutti assieme nel primo vano.
Su domanda della difesa dell'imputato chiariva che il primo ad andare via era stato proprio DE.LO., che si era trattenuto per una ventina di minuti. Dopo molto tempo andò via anche il teste.
Ricordava che il giorno dopo, nella prima mattinata, era stato contattato telefonicamente dal DE.LO., il quale gli chiedeva se per caso avesse rinvenuto un portafogli sul sedile posteriore della sua vettura, dove lo aveva lasciato.
St. controllava e lo rinveniva. Intorno alle ore 11.00/12.00, si incontravano e DE.LO. riprendeva il suo portafogli.
Motivi della decisione
Il Tribunale ritiene che, esaminati gli atti contenuti nel fascicolo e le risultanze di indagini, non possa essere affermata la penale responsabilità dell'imputato in ordine all'imputazione ascritta, essendo non univoco e decisamente contraddittorio il quadro probatorio a suo carico.
L'impianto accusatorio si basa sostanzialmente ed unicamente sulle dichiarazioni accusatorie rese dal DE LO., il quale, interrogato dalla pg a seguito della ricezione di informazioni rilevanti da parte di una fonte confidenziale, aveva riferito di essere stato minacciato dal TU., di ritorno dal Commissariato di PS di Galatina.
Ha dichiarato che, appena entrati nell'abitazione del TU., era stato spinto dallo stesso con forza tanto da cadere sul divano che aveva alle spalle. TU. lo colpiva, quindi, con calci sulle gambe.
DE.LO. gli chiedeva perché stesse agendo in quel modo e lui gli rispondeva: "PERCHÉ HAI DETTO QUELLE COSE ALLA POLIZIA??? MO MI DEVI DARE TREMILA Euro PER QUELLO CHE HAI DETTO ALTRIMENTI VENGO A CASA TUA!!".
A parere del DE.LO., TU. si stava riferendo, in quel frangente, alla deposizione che aveva sottoscritto pochi minuti prima presso gli Uffici.
La pg evidenziava che in realtà DE.LO. non aveva fatto alcuna deposizione in ordine alla vicenda che aveva visto coinvolto il TU. per i fatti-commessi nel pomeriggio dello stesso giorno, per cui era stato deferito in stato di libertà, ma si era semplicemente limitato a riferire ciò che era accaduto durante la loro permanenza negli Uffici, dettagliando una vicenda che non aveva poi avuto risvolti particolari penalmente rilevanti.
Preso dalla paura, la vittima sosteneva di non essersi minimamente opposto alla richiesta di denaro, soprattutto in considerazione del fatto che il TO. è da sempre considerato un soggetto con cui difficilmente si può ragionare, limitandosi a rispondere che, nella giornata successiva, gli avrebbe consegnato quanto richiesto.
DE.LO. riferiva di essersi recato presso lo sportello bancomat della filiale "(…)" sedente a Galatina presso cui era titolare di un conto/corrente, prelevando la somma che il TU. gli aveva richiesto e di averla consegnata direttamente a quest'ultimo presso la sua abitazione. Anche nel corso di questo ulteriore incontro, la vittima preferiva non chiedere ulteriori delucidazioni sul perché doveva consegnargli detta somma.
Tale ricostruzione dei fatti è assolutamente inverosimile, in quanto la causale di tale richiesta di denaro non poteva certo essere quella indicata dal DE.LO.: l'episodio su cui quest'ultimo era stato ascoltato in Commissariato era infatti irrilevante e neutro rispetto alla posizione del TU., non rivestendo tale fatto alcuna rilevanza penale. Appare inverosimile che l'imputato abbia richiesto tali somme improvvisamente per tale motivazione così come appare strano che lo stesso abbia mutato atteggiamento nei confronti del suo amico/conoscente così repentinamente e senza valide ragioni.
Anche la stessa richiesta di denaro appare di per sé incongrua a fronte di tale avvenimento, essendo stato maggiormente verosimile un suo scatto d'ira nei confronti dell'amico ove si fosse risentito di qualcosa che aveva dichiarato.
Parimenti singolare appare il fatto che DE.LO. non avesse chiesto alcuna spiegazione all'amico sul perché dovesse dargli tali somme, se davvero non vi era alcun motivo ulteriore per giustificare tale richiesta, tenuto conto dell'inconsistenza delle dichiarazioni rese alla pg in quella giornata.
Del resto. la stessa pg dava espressamente conto dei suoi considerevoli dubbi in merito alla ricostruzione dei fatti operata dal DE.LO., non esitando a scrivere chiaramente nella CNR che tali somme erano state richieste dal TU. più probabilmente per un suo credito dovuto all'acquisto di sostanze stupefacenti da parte del DE.LO.
Il Tribunale osserva che le dichiarazioni rese dalla persona offesa sono quindi intrinsecamente inattendibili e, come tali, inidonee a fondare un giudizio di responsabilità penale a carico del TU.
Il propalato reso dal DE.LO. è inoltre confutato dalle dichiarazioni rese dal teste St., il quale ha raccontato i fatti in modo diverso ed inconciliabile rispetto alla ricostruzione resa dal DE.LO.
Ed invero, egli ha riferito di aver riaccompagnato DE.LO. e TU. presso l'abitazione di quest'ultimo di ritorno dal Commissariato e di essersi fermato con loro.
Nulla accadeva fra i due ed anzi era proprio DE.LO. a lasciare l'abitazione prima di tutti.
È evidente che tale racconto si pone in netto ed insanabile evidente contrasto con quanto riportato dal DE.LO. e quindi occorre necessariamente operare una scelta su quale sia il racconto veritiero.
Il Collegio ritiene che sia proprio il racconto di St. a dover essere ritenuto attendibile, perché lineare, preciso e soprattutto logico.
Le dichiarazioni del DE.LO., invece, sono caratterizzate da aporie dal punto di vista logico, che ne minano fortemente l'attendibilità.
Il teste St. nel corso della sua testimonianza dà peraltro conto delle preoccupazioni avvertite dal DE.LO., militare in carriera, per essere stato rinvenuto presso l'abitazione del TU. e che probabilmente il rapporto fra lui e il TU. era collegato al consumo di sostanza stupefacente, cosi rintracciando il motivo per cui lo stesso si sarebbe determinato a mentire sui fatti riportati - in modo peraltro sovrapponibile a quanto intuito dalla pg all'esito della sua audizione a sommarie informazioni.
Il racconto reso dal DE.LO. si palesa, quindi, anche estrinsecamente inattendibile.
Il Tribunale ritiene certo che le dichiarazioni rese dal DE.LO. non siano veritiere e che la dazione delle somme al TU. sia avvenuta per altre motivazioni rispetto a quelle riportate alla pg.
Il fatto da lui raccontato è quindi sicuramente diverso da quello che si è realmente verificato, avendo egli riportato volontariamente modalità diverse di realizzazione del fatto, certamente essenziali perché incidenti su aspetti strutturali dell'illecito e, eventualmente, sulla sua stessa integrazione, potendosi le condotte del TU. ricondurre ad altre fattispecie astratte.
Appare evidente al Collegio che DE.LO. abbia riportato ì fatti difformemente per alleggerire la sua posizione, per i motivi presumibilmente ricostruiti dalla pg, cosi-addebitando, un fatto non vero al TU. nel suo accadimento fattuale e, conseguentemente, in ipotesi anche giuridico.
Sul punto, si riporta l'orientamento costante della giurisprudenza di legittimità secondo cui: "Sussiste il reato di calunnia anche quando il fatto, oggetto della falsa incolpazione, sia diverso Lire più grave di quello effettivamente commesso dalla persona incolpata, condizione che si verifica allorché la diversità, incidendo sull'essenza del fatto, riguardi modalità essenziali della sua realizzazione, che ne modifichino l'aspetto strutturale e incidano sulla sua maggiore gravità ovvero sulla sua identificazione. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto sussistente il delitto dì calunnia nella condotta di un denunciante che, descrivendo un'aggressione realmente subita dagli imputati, aveva falsamente dedotto di aver subito conseguenze lesive tali da determinare la contestazione, nei loro confronti, dell'aggravante dello sfregio permanente del viso di cui all'art. 583, comma primo, n. 4, cod. pen.)" (ex multis, Cass. Sez. 6, Sentenza n. 9874 del 26/01/2016 Ud. (dep. 09/03/2016) Rv. 266730 - 01).
Per tale ragione il Tribunale deve assolvere TU.AN. dall'imputazione ascritta, con formula dubitativa, perché il fatto non sussiste, disponendo la trasmissione degli atti al PM in sede per le valutazioni di competenza in ordine alle dichiarazioni rese in fase di indagini preliminari da DE.LO.
Il carico del ruolo e l'articolazione della presente decisione consigliano di fissare in 90 giorni il termine per il deposito delle motivazioni.
Il Tribunale
P.Q.M.
Letto l'art. 530 comma 2 c.p.p.,
Assolve TU.AN. dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste.
Dispone la trasmissione degli atti al PM sede per le valutazioni di competenza in ordine alle dichiarazioni rese in fase di indagini preliminari da DE.LO.
Fissa in giorni novanta il termine per il deposito delle motivazioni.
Così deciso in Lecce il 23 aprile 2024.
Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2024.