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La reiterazione delle omissioni fiscali e l’occultamento di documenti provano il dolo di evasione (Cass. Pen. n. 10050/2025)

Con la sentenza n. 10050/2025, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di E.T., condannato per omessa presentazione della dichiarazione fiscale (art. 5 D.Lgs. n. 74/2000) e occultamento o distruzione di scritture contabili (art. 10 D.Lgs. n. 74/2000).

La decisione afferma che l’intento di evasione può essere desunto da una pluralità di elementi, tra cui il reiterato mancato adempimento degli obblighi fiscali e la scomparsa della documentazione contabile, finalizzata a ostacolare l’accertamento dell’imposta dovuta.


Il caso: una strategia fraudolenta per sfuggire al fisco

E.T., amministratore della società E. S.r.l., era stato condannato per non aver presentato la dichiarazione fiscale per l’anno d’imposta 2015 e per aver occultato documenti contabili relativi agli esercizi 2012 e 2013.

Secondo l’accusa, l’imputato avrebbe volontariamente omesso la dichiarazione fiscale per eludere il pagamento di un’imposta di 782.813 euro.

Inoltre, la mancata reperibilità della documentazione contabile della società avrebbe reso impossibile la ricostruzione dell’attività economica, aggravando la violazione fiscale.

La Corte d’Appello di Roma aveva confermato la condanna a un anno e sette mesi di reclusione, rigettando le tesi difensive.

Il ricorso per Cassazione contestava:

  • L’errata valutazione dell’elemento soggettivo, ossia il dolo di evasione.

  • L’insufficienza delle prove per dimostrare che l’imputato avesse occultato consapevolmente la documentazione.


La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che:

1. Il dolo di evasione può essere dedotto dal reiterato mancato adempimento degli obblighi fiscali

Se l’imputato ha più volte omesso di presentare la dichiarazione fiscale e non ha mai provveduto a un pagamento postumo delle imposte dovute, si presume il fine di evasione.

Il Tribunale e la Corte d’Appello hanno correttamente valutato la reiterazione della condotta e l’entità dell’importo evaso per desumere la volontà fraudolenta.

2. L’occultamento o la distruzione delle scritture contabili è un chiaro indizio di volontà evasiva

La mancata reperibilità della documentazione contabile della società non può essere considerata un caso fortuito, ma un comportamento doloso finalizzato a rendere più difficile l’accertamento fiscale.

Le scritture contabili non sono state ritrovate, nonostante il teste Fabiano avesse indicato che ne era stata predisposta la restituzione.

3. Le massime di esperienza confermano l’intento fraudolento

La Corte ha richiamato un principio consolidato: l’occultamento della contabilità e la mancata dichiarazione fiscale sono elementi tra loro collegati, e costituiscono un comportamento coordinato per eludere l’obbligo tributario.

Questi indizi, considerati unitariamente, portano alla conclusione che l’imputato agì con dolo specifico per sottrarsi al pagamento delle imposte.


Conclusioni

La sentenza ha affermato in tema di reati tributari:

  • Il dolo di evasione può essere desunto da elementi oggettivi, come la reiterazione delle omissioni fiscali e l’entità dell’imposta evasa.

  • L’occultamento delle scritture contabili è un fattore chiave nella valutazione dell’intento fraudolento, in quanto impedisce agli organi di controllo di verificare la posizione fiscale del contribuente.

  • La giurisprudenza riconosce che la mancata presentazione della dichiarazione e l’assenza di documentazione amministrativa sono comportamenti spesso coordinati per eludere il fisco.


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