
Con la sentenza n. 9286/2025, la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha stabilito che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto del reato non può essere disposto in solido tra tutti i coindagati, ma deve essere proporzionato alla quota concretamente conseguita da ciascuno.
La decisione ha annullato l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Trani, che aveva confermato il sequestro preventivo di 7.249.869,94 euro nei confronti di D., rinviando il caso per un nuovo esame.
Il caso: sequestro preventivo per associazione per delinquere, truffa aggravata e falsità materiale
D., indagato per associazione per delinquere (art. 416 c.p.), truffa aggravata (art. 640 c.p.) e falsità materiale (art. 476 c.p.), si era visto sequestrare un’ingente somma di denaro, ritenuta parte del profitto illecito derivante da un’organizzazione che vendeva falsi titoli di studio.
Il GIP del Tribunale di Trani, con decreto del 19 agosto 2024, aveva disposto il sequestro preventivo della somma complessiva di 7.249.869,94 euro, applicando il principio di solidarietà passiva tra tutti gli indagati.
Il Tribunale del Riesame di Trani, con ordinanza del 14 novembre 2024, aveva confermato il sequestro, sostenendo che:
L’intero profitto dell’associazione poteva essere sequestrato in solido tra i coindagati, poiché l’organizzazione agiva come un unico soggetto economico.
Il denaro sui conti degli indagati doveva essere considerato parte del profitto del reato, senza necessità di provare il nesso diretto tra le somme e l’attività illecita.
La difesa di De Angelis ha presentato ricorso per Cassazione, contestando:
L’erronea applicazione del principio di solidarietà nel sequestro preventivo
La difesa ha sostenuto che il principio di solidarietà passiva è applicabile solo alla confisca per equivalente, ma non al sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta.
L’assenza di nesso di pertinenzialità tra la somma sequestrata e il reato contestato
Secondo la difesa, il denaro sequestrato era stato accreditato sui conti dell’indagato solo pochi giorni prima del sequestro ed era di origine lecita.
Non vi era prova che la somma sequestrata fosse il provento dell’attività dell’associazione per delinquere, che si era interrotta nel giugno 2021.
L’assenza di motivazione sulla derivazione causale delle somme sequestrate
La difesa ha evidenziato che il Tribunale non aveva fornito alcuna spiegazione su come il denaro sequestrato fosse direttamente collegato al reato, limitandosi a confermare il sequestro sulla base della fungibilità del denaro.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha accolto il ricorso e annullato l’ordinanza del Tribunale del Riesame, stabilendo che:
Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta non può essere disposto in solido tra coindagati
Il vincolo di solidarietà passiva tra coindagati è ammesso solo nel sequestro per equivalente, che ha natura sanzionatoria, mentre nel sequestro preventivo il giudice deve provare il collegamento tra il bene sequestrato e il profitto del reato.
Nel caso in esame, il Tribunale ha erroneamente disposto il sequestro dell’intero profitto del reato senza accertare la quota di responsabilità individuale della ricorrente.
L’assenza di nesso di pertinenzialità tra il denaro sequestrato e il reato contestato rende il sequestro illegittimo
La confisca di somme di denaro è ammissibile solo se vi è prova della loro derivazione causale dal reato, e non può basarsi sulla mera fungibilità del denaro (Cass. Sez. U, n. 45936/2018, Gubert).
Nel caso in esame, la difesa ha fornito una spiegazione alternativa sull’origine lecita del denaro sequestrato, mai contestata né confutata dal Tribunale del Riesame.
L’errata applicazione delle Sezioni Unite sulla confisca diretta e per equivalente
Le Sezioni Unite hanno chiarito che la confisca per equivalente si applica solo se il bene sequestrato non è direttamente riconducibile al reato, mentre nel caso in esame il Tribunale ha erroneamente trattato il sequestro preventivo come una misura di confisca per equivalente, senza rispettarne i presupposti.
L'ordinanza è stata annullata con rinvio al Tribunale del Riesame di Trani, che dovrà riesaminare il caso alla luce del principio di proporzionalità e del divieto di applicazione del principio di solidarietà nel sequestro preventivo.
Conclusioni
La sentenza ha affermato in tema di misure cautelari reali:
Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta deve essere parametrato alla quota effettivamente conseguita da ciascun coindagato, non potendo essere applicato in solido.
Se manca la prova del nesso tra il denaro sequestrato e il reato contestato, il sequestro è illegittimo e deve essere revocato.
Le somme sequestrate devono essere analizzate caso per caso per escludere che abbiano un’origine lecita, senza basarsi su presunzioni astratte.
Il Tribunale del Riesame ha l’obbligo di motivare adeguatamente il sequestro, dimostrando il collegamento tra il bene e l’illecito contestato.