2024
Il Codice di Procedura Penale italiano contiene le norme che regolano il procedimento penale e lo svolgimento del processo penale in Italia.
L'ordinamento italiano ha adottato quattro codici a partire dall'Unificazione italiana.
Dopo i primi due codici, nel 1865 e nel 1913, il governo fascista introdusse nel 1930 un nuovo codice adottando un sistema inquisitorio.
Nel 1988, la Repubblica italiana ha adottato un nuovo codice, che viene definito “accusatorio misto” e ciò in quanto rappresenta una via di mezzo tra il sistema inquisitorio e il sistema accusatorio.
Il codice di procedura penale vigente è composto da undici libri ed 892 articoli.
La caduta del regime fascista fece subito avvertire l’esigenza di modificazioni al Codice di procedura penale.
Già il 2 gennaio 1945, a questo scopo, fu istituita dal Guardasigilli, Umberto Tupini, una commissione ministeriale che, però, esaurì il proprio operato nella presentazione (nel 1949) di un Progetto di modificazioni per l'aggiornamento del Codice di procedura penale, sottoposto all’attenzione degli studiosi.
Nel contempo, la necessità di adeguare la materia al dettato della Costituzione della Repubblica (entrata in vigore il I gen. 1948), aveva reso alcune riforme indifferibili. Così, mentre in Parlamento le ipotesi di riforma prendevano quota (soprattutto grazie a Giovanni Leone, che si incaricò di proporre alla Camera il menzionato Progetto di modificazioni), il Guardasigilli Adone Zoli, presentò, nel novembre 1952, un nuovo progetto-stralcio.
I due provvedimenti furono coordinati in un unico testo approvato, nel marzo 1953, dalla Commissione Giustizia della Camera dei deputati.
Tuttavia, i lavori si arrestarono per la fine della legislatura.
Nuovamente presentati, i provvedimenti corsero rischi di incagliarsi a causa del clima di instabilità politica: nondimeno, dopo un serrato dibattito, si giunse ai decreti presidenziali 18 giugno e 25 ottobre 1955 (rispettivamente nn. 517 e 932), promossi dal ministro Michele De Pietro, che innovarono 129 articoli del testo.
L’attività delle Corti supreme (la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale), che calibrava l’intervento delle nuove norme, non tacitò l’esigenza di una riforma radicale ed organica.
Nel 1962, sotto la presidenza di Francesco Carnelutti, si riunì una commissione, istituita dal ministro di Grazia e Giustizia Guido Gonella, che diede vita ad una Bozza di Codice di procedura penale, (conosciuta come progetto Carnelutti).
Il progetto, peraltro fortemente innovativo, non superò le fasi iniziali: con le dimissioni del governo, la commissione non fu più riunita.
Nel 1965, pervenne all’esame del Parlamento un disegno di legge per rimettere al governo l’emanazione di un nuovo codice di procedura penale: esaminato dalla Commissione Giustizia della Camera nel corso del 1966, il testo si arenò per la fine della legislatura.
Ripresentato con qualche modifica nel 1968 dal Guardasigilli Gonella, il disegno di legge delega ebbe modificazioni prima ad opera della Commissione Giustizia della Camera, poi della stessa Assemblea.
Il Senato ricevette il testo nel maggio 1969: in Aula furono apportate significative variazioni.
Dopo un nuovo esame della Commissione Giustizia e dell’Assemblea dei deputati, il testo tornò in Senato nell’ottobre 1971: qui i propositi di accelerare l’iter furono vanificati dallo scioglimento della legislatura. Il disegno di legge-delega, che riproduceva il testo nella ultima versione approvata dalla Camera, fu presentato dal Guardasigilli Gonella: la Commissione Giustizia della Camera dei deputati procedette, nondimeno, a profonde modificazioni, mentre più rapidi riuscirono i lavori in Aula: i principi ispiratori del futuro codice furono approvati in prima lettura il 24 gennaio 1974.
Il Senato accettò il testo e la delega venne promulgata come l. 3 aprile 1974, n. 108. I criteri disposti dalla delega guidarono i lavori di una commissione ministeriale, istituita dal Guardasigilli Mario Zagari il 18 ott. 1974 e presieduta da Gian Domenico Pisapia e da Giovanni Conso.
Ne scaturì il Progetto preliminare del 1978, insieme alla relazione.
Questo fu sottoposto ad una Commissione consultiva interparlamentare, quindi ad Università, all'Ordine forense e alla Magistratura, che sollevò le obiezioni più radicali, disapprovando la diminuzione dei poteri dei Pubblici Ministeri.
In effetti, negli stessi anni, provvedimenti normativi diretti a combattere forme gravi di criminalità (la cosiddetta legislazione dell’emergenza) stavano delineando un’articolata casistica di restrizioni delle garanzie individuali.
L’acuta dissonanza fra il clima generale nel Paese e lo spirito del testo proposto favorì un esito sfavorevole: l’inosservanza del termine (peraltro ripetutamente prorogato) da parte dell’esecutivo fece, infatti, decadere la delega.
Il Guardasigilli Tommaso Morlino presentò, il 31 ottobre 1979, un secondo disegno di legge-delega per l’emanazione del nuovo codice di procedura penale: non si trattò, tuttavia, di una semplice riproposizione, poiché già nel febbraio 1980, l’esecutivo presentò modifiche a molti dei punti della delega dal 1974, chiamando quindi, attraverso una convenzione, l’Università di Firenze a valutare le possibilità di omogeneizzare le proposte legislative di riforma.
Dopo l’esame della Commissione Giustizia, la Camera dei deputati licenziò il testo il 18 luglio 1984 e lo passò al Senato, dove fu sottoposto ad approfondita revisione. L’approvazione definitiva spettò alla Camera e la delega fu promulgata con l. 16 febbraio 1987, n. 81: gran parte delle direttive date rispecchiavano quelle contenute nella legge del 1974, ma furono presentate anche significative novità. I lavori procedettero serrati, in obbedienza agli stretti tempi imposti dalla delega. Il progetto preliminare fu approntato da una Commissione ministeriale (istituita nel marzo 1987), presieduta da Gian Domenico Pisapia ed inviato al ministro Guardasigilli, Giuliano Vassalli, il 20 gennaio 1988.
Pochi giorni dopo, il testo fu trasmesso ai presidenti di Camera e Senato, che ne affidarono l’esame ad una commissione interparlamentare presieduta da Marcello Gallo. Nel contempo, il progetto era anche rimesso al CSM, ai più alti magistrati, alle associazioni forensi, al mondo universitario.
Il 20 maggio 1988 il parere della commissione Gallo era fatto pervenire al Guardasigilli: questi sottopose il testo delle modifiche ed osservazioni al progetto preliminare al Consiglio dei Ministri, che autorizzò la trasmissione (il 18 luglio 1988) alle Camere.
La commissione Gallo espresse il proprio parere definitivo e lo inoltrò al Guardasigilli Vassalli.
La redazione del testo definitivo, con le necessarie rifiniture, fu affidata alla commissione ministeriale presieduta da Gian Domenico Pisapia: il Ministro poté sottoporre al Consiglio dei Ministri il testo del nuovo Codice di procedura penale, successivamente emanato con Dpr n. 447 del 22 settembre 1988.