1. Il giudice di appello o la Corte di Cassazione pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice di primo grado quando ritiene l'inosservanza delle disposizioni sull'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione collegiale o monocratica, purché la stessa sia stata tempestivamente eccepita e l'eccezione sia stata riproposta nei motivi di impugnazione.
2. Il giudice di appello pronuncia tuttavia nel merito se ritiene che il reato appartiene alla cognizione del tribunale in composizione monocratica.
Massime
Cassazione penale , sez. V , 12/10/2020 , n. 31592
L'inosservanza delle disposizioni sull'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale monocratico determinata dalla riformulazione dell'imputazione ai sensi dell' art. 516 c.p.p. non legittima l'annullamento della sentenza di primo grado emessa dal tribunale in composizione collegiale, neppure se la relativa eccezione sia stata tempestivamente formulata e, in seguito, riproposta con i motivi di impugnazione, in quanto l' art. 33-octies, comma 2, c.p.p. dispone che il giudice di appello pronuncia nel merito anche quando riconosca che il reato avrebbe dovuto essere oggetto di cognizione da parte del giudice monocratico.
Cassazione penale , sez. II , 16/04/2010 , n. 18607
Il giudice di appello che conferisca al fatto una qualificazione giuridica più grave, in relazione alla quale sia prevista (a differenza che per quella contestata) la cognizione del tribunale in composizione collegiale e non monocratica, non deve annullare la sentenza, dato che la prescrizione in tal senso (posta nell'art. 33 octies c.p.p.) riguarda il caso di diretta violazione delle regole sul riparto di attribuzione e non nel caso in cui il giudice monocratico si sia pronunciato su una fattispecie effettivamente rimessa alla sua valutazione.
Cassazione penale , sez. VI , 08/10/2009 , n. 2416
L'inosservanza delle disposizioni sull'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale collegiale in luogo di quello monocratico, non legittima l'annullamento della sentenza di primo grado da parte della Corte di appello, neppure se la relativa eccezione sia stata tempestivamente formulata ed in seguito riproposta con i motivi di impugnazione, operando in tal caso la regola posta dall'art. 33-octies, comma secondo, cod. proc. pen., secondo cui il giudice di appello pronuncia nel merito anche quando riconosca che il reato avrebbe dovuto essere oggetto di cognizione da parte del giudice monocratico.
Cassazione penale , sez. VI , 14/05/2007 , n. 24808
In tema di inosservanza delle disposizioni sull'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale, il giudice di appello che conferisca al fatto una qualificazione giuridica più grave, in relazione alla quale sia prevista (a differenza che per quella contestata) la cognizione del giudice collegiale, non deve annullare la sentenza deliberata dal giudice di primo grado, dato che la prescrizione in tal senso, posta nell'art. 33-octies cod. proc. pen., riguarda il caso di diretta violazione delle regole sul riparto di attribuzione, e non l'ipotesi che il giudice monocratico si sia pronunciato su una fattispecie effettivamente rimessa alla sua valutazione.
Cassazione penale , sez. II , 18/01/2006 , n. 11857
La sentenza del giudice di appello che, sull'impugnazione del pubblico ministero avverso una sentenza di non doversi procedere emessa dal tribunale in composizione monocratica in un procedimento con citazione diretta a giudizio, riqualifica il fatto e condanna per un reato più grave compreso nelle attribuzioni del tribunale in composizione collegiale, deve essere annullata in sede di giudizio di legittimità per la violazione dell'art. 33-octies c.p.p., con conseguente trasmissione degli atti al pubblico ministero per la rinnovazione de giudizio .
Cassazione penale , sez. VI , 06/10/2004 , n. 2969
In tema di inosservanza delle disposizioni sull'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale, il giudice di appello che conferisca al fatto una qualificazione giuridica più grave, in relazione alla quale sia prevista (a differenza che per quella contestata) la cognizione del giudice collegiale, non deve annullare la sentenza deliberata dal giudice di primo grado, dato che la prescrizione in tal senso (posta nell'art. 33 octies c.p.p.) riguarda il caso di diretta violazione delle regole sul riparto di attribuzione, e non l'ipotesi che il giudice monocratico si sia pronunciato su una fattispecie effettivamente rimessa alla sua valutazione.
Cassazione penale , sez. VI , 28/10/2003 , n. 7179
L'inosservanza delle disposizioni sull'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale, quando consista nell'intervento del giudice collegiale in luogo di quello monocratico cui la legge avrebbe attribuito la cognizione del giudizio, non legittima l'annullamento della sentenza di primo grado, da parte della corte di appello, neppure se sia stata tempestivamente eccepita e se l'eccezione risulti riproposta con i motivi di impugnazione. Anche in questo caso, infatti, opera la regola posta al comma 2 dell'art. 33-octies c.p.p., secondo cui il giudice di appello pronuncia nel merito quand'anche riconosca che il reato avrebbe dovuto essere oggetto di cognizione da parte del giudice monocratico. (In motivazione la Corte ha osservato che la legge consente alla parte interessata di far valere l'inosservanza, comunque, attraverso il ricorso immediato per cassazione ex art. 569 c.p.p., cui può conseguire l'annullamento della sentenza del tribunale a mente del comma 1 dell'art. 33 octies del codice di rito).
Cassazione penale , sez. I , 07/06/2001 , n. 27070
È ammissibile il conflitto fra tribunale in composizione monocratica e tribunale in composizione collegiale, operanti nella stessa sede, giacché, pur trattandosi di organi appartenenti al medesimo ufficio giudiziario, l'eventuale inosservanza delle disposizioni relative alle rispettive competenze non è considerata dalla legge come questione di mera distribuzione degli affari interni all'ufficio, risolvibile, come tale, con interventi ordinatori del dirigente, ma dà luogo ad un vizio suscettibile di essere eccepito o rilevato ai sensi dell'art. 33 quinquies c.p.p. e di dar anche luogo, in tal caso, ai sensi dell'art. 33 octies stesso codice, all'annullamento della sentenza e alla regressione del procedimento.
Cassazione penale , sez. I , 20/04/2000 , n. 3115
È ammissibile, in caso di contrasto, il conflitto tra tribunale in composizione monocratica ed il tribunale in composizione collegiale. Infatti, e come emerge dalla relazione al d.lg. n. 51 del 1998, l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale (art. 33 quinquies c.p.p.) non è considerata dalla legge una questione di mera distribuzione degli affari interna all'ufficio, ma dà luogo ad un vizio che può essere rilevato d'ufficio o eccepito dalle parti e comportare, persino, l'annullamento della sentenza e la regressione del procedimento (art. 33-octies c.p.p.). Deve pertanto concludersi che la situazione di contrasto che può verificarsi all'interno dello stesso tribunale tra gli organi che lo compongono, non potendo essere risolta con provvedimenti di natura ordinatoria emanati dal capo dell'ufficio, dia luogo ad una situazione di crisi processuale, che configura uno dei casi analoghi di conflitto previsti dall'art. 28 comma 2 c.p.p., la cui risoluzione è rimessa alla Corte regolatrice.