1. Gli ufficiali di polizia giudiziaria assumono, con le modalità previste dall'articolo 64, sommarie informazioni utili per le investigazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini che non si trovi in stato di arresto o di fermo a norma dell'articolo 384, e nei casi di cui all'articolo 384-bis.
2. Prima di assumere le sommarie informazioni, la polizia giudiziaria invita la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini a nominare un difensore di fiducia e, in difetto, provvede a norma dell'articolo 97 comma 3.
3. Le sommarie informazioni sono assunte con la necessaria assistenza del difensore, al quale la polizia giudiziaria dà tempestivo avviso. Il difensore ha l'obbligo di presenziare al compimento dell'atto.
4. Se il difensore non è stato reperito o non è comparso, la polizia giudiziaria richiede al pubblico ministero di provvedere a norma dell'articolo 97, comma 4.
4-bis. Quando la persona sottoposta alle indagini e il difensore vi consentono, il pubblico ministero, su richiesta della polizia giudiziaria, può autorizzare lo svolgimento dell'atto a distanza. Si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 133-ter.
5. Sul luogo o nell'immediatezza del fatto, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono, anche senza la presenza del difensore, assumere dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, anche se arrestata in flagranza o fermata a norma dell'articolo 384, notizie e indicazioni utili ai fini della immediata prosecuzione delle indagini.
6. Delle notizie e delle indicazioni assunte senza l'assistenza del difensore sul luogo o nell'immediatezza del fatto a norma del comma 5 è vietata ogni documentazione e utilizzazione.
7. La polizia giudiziaria può altresì ricevere dichiarazioni spontanee dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, ma di esse non è consentita la utilizzazione nel dibattimento, salvo quanto previsto dall'articolo 503 comma 3.
Massime
Cassazione penale , sez. II , 01/07/2022 , n. 35160
La contestuale audizione ex art. 350 c.p.p. di due o più persone informate sui fatti non determina la nullità o l'inutilizzabilità delle relative dichiarazioni, potendo semmai influire sulla valutazione di attendibilità, da parte del giudice, del contenuto di esse. (Fattispecie in cui la Corte ha respinto l'eccezione di inutilizzabilità, ai fini delle contestazioni dibattimentali, dei verbali delle sommarie informazioni assunte congiuntamente dalle persone offese).
Cassazione penale , sez. V , 06/12/2021 , n. 4264
Integra il delitto di cui all' art. 495 c.p. la condotta dell'indagato che, in sede di dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria, fornisca false generalità, non potendo trovare applicazione la scriminante dell'esercizio di una facoltà legittima perché, pur essendo l'indagato titolare del diritto al silenzio e della facoltà di mentire, egli ha comunque l'obbligo di fornire le proprie generalità secondo verità.
Cassazione penale , sez. II , 05/11/2020 , n. 8604
In materia di attività ispettive e di vigilanza, a partire dal momento in cui è possibile attribuire rilevanza penale al fatto, l' art. 350 c.p.p. rientra tra le disposizioni di rito di cui è necessario garantire l'osservanza, ex art. 220 disp. att. c.p.p. , con la conseguenza che le dichiarazioni spontanee dell'indagato nel luogo e nell'immediatezza del fatto sono utilizzabili ai sensi del comma 7 del predetto art. 350, a differenza di quelle rese su richiesta o sollecitazione degli inquirenti, delle quali, invece, è vietata qualunque utilizzazione, in base ai commi 5 e 6 della medesima disposizione.
Cassazione penale , sez. IV , 19/11/2019 , n. 48778
In tema di prova dichiarativa, l'assunzione della qualità di persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, ai fini dell'applicabilità delle garanzie di cui all' art. 350 c.p.p. , non postula la previa formale iscrizione della persona nel registro degli indagati di cui all' art. 335 c.p.p. , essendo sufficiente che essa sia stata raggiunta da elementi concreti di colpevolezza che possano perlomeno far sospettare la sua responsabilità per la consumazione del reato.
Cassazione penale , sez. II , 13/03/2018 , n. 14320
Le dichiarazioni spontanee, ai sensi dell' art. 350, comma 7, c.p.p. , sono utilizzabili nell'area procedimentale e nella cognizione cautelare anche se acquisite senza le garanzie.
Cassazione penale , sez. II , 13/03/2018 , n. 14320
La rinuncia al contraddittorio effettuata attraverso la libera e consapevole scelta di definire il processo con il rito abbreviato, non contrasta con il diritto convenzionato consolidato idoneo ad orientare l'interpretazione del giudice nazionale ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n. 49/2015 . In tale ottica le dichiarazioni rese dall'imputato ex art. 350 c.p.p. , anche in assenza del difensore ed in difetto degli avvisi da rendersi ex art. 63 c.p.p. sono completamente utilizzabili.
Cassazione penale sez. II, 03/04/2017, n.26246
Le dichiarazioni spontanee ex art. 350, comma 7, c.p.p., anche se rese in assenza del difensore e senza l'avviso di poter esercitare il diritto al silenzio, sono pienamente utilizzabili nella fase procedimentale (ovvero nella fase della cognizione cautelare e in quella sulla responsabilità che si svolge nei riti a prova contratta, nella piena disponibilità dell'accusato), nella misura in cui emerga con chiarezza che l'indagato abbia scelto di renderle liberamente, senza alcuna coercizione o sollecitazione: spetta in proposito al giudice accertare, anche d'ufficio, sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione, l'effettiva natura spontanea delle dichiarazioni, dando atto di tale valutazione con motivazione congrua e adeguata. Tale disciplina del resto è pienamente compatibile con le indicazioni della normativa europea e segnatamente con quelle contenute nella direttiva 2012/13/Ue in materia di diritti di informazione dell'indagato: tale direttiva, infatti, è stata attuata con il d.lg. n. 101 del 2014, che non ha modificato l'art. 350 c.p.p. Ed è anche compatibile con le indicazioni fornite dalla Corte Edu, emergendo dalle decisioni di tale organo sovranazionale solo l'esigenza che l'indagato sia protetto da ogni forma di coercizione quando viene "escusso", che è situazione diversa rispetto al caso in cui questi decida liberamente di rendere dichiarazioni.
Tribunale , Lecce , sez. riesame , 02/12/2014
Le dichiarazioni spontanee rese da soggetto indagato agli organi inquirenti, non sollecitate da questi ultimi, senza la garanzia della presenza del difensore, possono essere utilizzate dal Tribunale del Riesame per i gravi indizi di colpevolezza anche se non utilizzabili in sede dibattimentale trovando applicazione il disposto di cui all'ultimo comma dell'art. 350 c.p.p.
Cassazione penale , sez. I , 05/07/2013 , n. 45998
Le dichiarazioni accusatorie rese da persona condannata con sentenza irrevocabile prima della data di entrata in vigore della l. 1° marzo 2001, n. 63, non sono utilizzabili nel procedimento avviato per lo stesso fatto, dopo tale data, se non rinnovate con l'osservanza delle formalità di cui all'art. 64, comma 3, lett. c), c.p.p. (Nel testo introdotto dall'art. 2 della predetta legge), salvo che la ripetizione dell'atto sia divenuta impossibile.
Tribunale , Lucera , 28/11/2012
Le dichiarazioni rese nella querela e nelle sommarie informazioni testimoniali dall’indagato (art. 350 c.p.p.) in un procedimento archiviato sono valutate nel procedimento penale connesso o collegato ai sensi dell’art. 192, comma 3 e 4, c.p.p. e cioè necessitano di riscontri esterni.
Cassazione penale , sez. II , 29/11/2011 , n. 44874
Sono probatoriamente utilizzabili nel giudizio abbreviato le dichiarazioni spontanee rese dall'indagato alla polizia giudiziaria.
Tribunale , Pescara , 20/01/2010
La perquisizione prevista dall'art. 103 d.P.R. n. 309 del 1990 si differenzia da quella prevista dall'art. 352 c.p.p. perché, diversamente da quest'ultima, non presuppone necessariamente una preesistente notizia di reato né comporta l'automatica attribuzione della qualità di indagato alla persona nei cui confronti è eseguita (con la conseguente applicabilità delle disposizioni di cui all'art. 350 c.p.p.) e non è, quindi, funzionale alla ricerca e all'acquisizione della prova di un reato di cui consti già l'esistenza, ma può rientrare anche in un'attività di carattere preventivo con la conseguenza che, seppure sia stata eseguita illegittimamente, ciò non rende illegittimo l'eventuale sequestro della sostanza stupefacente e delle altre cose pertinenti al reato, rinvenute all'esito della perquisizione stessa.
Cassazione penale , sez. I , 12/11/2009 , n. 6587
Ciò che caratterizza l'assunzione di informazioni e indicazioni utili per le investigazioni, cui fanno riferimento i commi 1 e 5 dell'art. 350 c.p.p., sono la direzione dell'escussione del soggetto da parte dell'operatore di polizia giudiziaria e la riconduzione dell'escussione in un preciso ambito scelto e limitato da quest'ultimo. In questa prospettiva, peraltro, una generica sollecitazione da parte della polizia giudiziaria (nella specie, sostanziatasi nella generica frase: che è successo?) non è idonea a tramutare la ricezione delle dichiarazioni spontanee del soggetto (art. 350, comma 7, c.p.p.) in una assunzione vera e propria delle stesse, sicché non sono necessari in tal caso il previo invito alla nomina del difensore, la presenza di quest'ultimo o l'avvertimento della facoltà di non rispondere.
Cassazione penale , sez. III , 12/11/2008 , n. 43328
Non essendo, pur sollecitate dagli ufficiali di p.g., le dichiarazioni rese spontaneamente dall’imputato ex art. 350 c.p.p. e riferite nel rapporto confermato dal verbalizzante, assimilabili all’interrogatorio in senso tecnico, ad esse non è applicabile l’art. 63 c.p.p.
Cassazione penale , sez. un. , 25/09/2008 , n. 1150
Le dichiarazioni spontanee rese dall'indagato alla polizia giudiziaria, disciplinate dall'art. 350, comma 7, c.p.p., sono pienamente utilizzabili nella fase delle indagini preliminari.
Tribunale , Venezia , sez. uff. indagini prel. , 19/05/2005
Il dovere dell'autorità giudiziaria, che procede all'esame di una persona, della sospensione dell'esame e dell'avvertimento che a seguito delle dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti nonché dell'invito a nominare un difensore, sussiste, a norma dell'art. 63 comma 1 c.p.p., solo nel caso in cui la persona sia esaminata quale testimone o persona informata sui fatti; nel caso in cui, invece, essa sia esaminata - non interrogata - come imputata o come persona sottoposta alle indagini alle sue dichiarazioni spontanee si applica la disposizione di cui al comma 7 dell'art. 350 c.p.p.
Cassazione penale , sez. VI , 17/12/2004 , n. 12174
Dal tenore letterale e dalla ratio del capoverso dell'art. 63 c.p.p., come dal suo necessario coordinamento con gli artt. 62 e 350 c.p.p., si desume che la preclusione all'utilizzazione dibattimentale, diretta o indiretta, delle dichiarazioni rese senza assistenza difensiva dall'indiziato alla polizia giudiziaria ha carattere assoluto e generale. La norma, infatti, non opera distinzioni fra dichiarazioni sollecitate e dichiarazioni spontanee, né limita l'inutilizzabilità alle dichiarazioni di imputato o indagato interessato o a quelle di imputato o indagato in reato connesso, e neppure alle sole dichiarazioni di chi abbia già la veste formale di imputato o di indagato e dichiarazioni di chi, pur trovandosi sostanzialmente in tale condizione, non ne abbia ancora assunto la qualità.
Cassazione penale , sez. I , 13/10/2004 , n. 44637
Le dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria dalla persona soggetta alle indagini possono essere pienamente utilizzate nel giudizio abbreviato, posto che il comma 7 art. 350 c.p.p. ne preclude l'utilizzazione nella sola sede dibattimentale.
Cassazione penale , sez. VI , 12/02/2004 , n. 15483
L'inutilizzabilità dibattimentale delle dichiarazioni rese dall'indagato alla polizia giudiziaria è correlata alla imputazione per cui il procedimento è sorto. Ne consegue che sono utilizzabili nel procedimento per calunnia - non potendo venire in rilievo il divieto di documentazione di cui ai commi 5 e 6 dell'art. 350 c.p.p. o il divieto di testimonianza di cui all'art. 62 c.p.p. - le dichiarazioni spontanee (nella specie una denuncia orale di un evento a carattere delittuoso) rese dall'indagato alla polizia giudiziaria su fatti non inerenti all'oggetto dell'indagine già avviata.
Cassazione penale , sez. un. , 24/09/2003 , n. 5052
Con riguardo ai procedimenti che, al momento dell'entrata in vigore della l. 1 marzo 2001 n. 63, si trovavano nella fase delle indagini preliminari, l'inutilizzabilità, ai fini della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza necessari per l'applicazione delle misure cautelari personali, delle dichiarazioni concernenti la responsabilità di altri rese da indagato il cui interrogatorio ovvero le cui dichiarazioni ai sensi dell'art. 350 c.p.p. siano stati assunti senza l'osservanza delle garanzie previste dall'art. 64, comma 3, lett. c) c.p.p., come introdotto dall'art. 2 l. n. 63 del 2001, opera anche se l'interrogatorio o le dichiarazioni siano stati resi prima della data di entrata in vigore della medesima novella del 2001, allorché il p.m. non abbia provveduto a rinnovare l'esame del soggetto autore delle dichiarazioni eteroaccusatorie.
Cassazione penale , sez. IV , 09/04/2003 , n. 25922
Anche nel giudizio abbreviato, le dichiarazioni spontanee rese da un indagato, nell'immediatezza dei fatti, ai sensi dell'art. 350 c.p.p., non possono costituire prova a carico di altro indagato.
Tribunale , Milano , 21/10/1998
Quanto alla violazione dell'art. 350 c.p.p. è configurabile l'ipotesi tentata di abuso d'ufficio, perché nonostante le inequivocabili sollecitazioni la persona sottoposta ad indagini non aveva reso alcuna dichiarazione confessoria, dalla quale sarebbe sicuramente per lei derivato un danno ingiusto. Tuttavia, ai fini dell'accertamento del dolo richiesto dal nuovo art. 323 c.p. si deve escludere che nella situazione concreta che si era creata l'imputato si rappresentasse tutti gli elementi del fatto, e cioè che fosse consapevole, non solo dell'illegittimità della sua condotta e della violazione di precise disposizioni processuali, ma anche del carattere ulteriormente ingiusto del danno. Va ricordato, al riguardo, che l'estremo dell'ingiustizia del danno, assume un ruolo di rilievo all'interno della fattispecie, rappresentando proprio quella nota di disvalore che consente di distinguere l'illecito penale dall'illegittimità amministrativa. Infatti, una volta accertata la violazione di legge è proprio l'ingiustizia del risultato conseguito, o che si voleva conseguire, ad attribuire rilevanza penale al comportamento dell'agente.
Cassazione penale , sez. VI , 24/09/1998 , n. 10621
Dal tenore letterale e dalla ratio della norma del capoverso dell'art. 63 c.p.p., come dal suo necessario coordinamento con le disposizioni di cui agli art. 62 e 350 c.p.p., si deve ritenere che la preclusione all'utilizzazione dibattimentale, diretta o indiretta, delle dichiarazioni rese senza assistenza difensiva dall'indiziato alla polizia giudiziaria abbia carattere assoluto e generale. La disposizione, infatti, non opera distinzioni fra dichiarazioni sollecitate e dichiarazioni spontanee, nè limita l'inutilizzabilità alle dichiarazioni di imputato o indagato interessato o a quelle di imputato o indagato in reato connesso, e neppure alle sole dichiarazioni di chi abbia già la veste formale di imputato o di indagato e dichiarazioni di chi, pur trovandosi sostanzialmente in tale condizione, non abbia ancora assunto la qualità.
Cassazione penale , sez. III , 04/03/1998 , n. 863
La mancata verbalizzazione, da parte della polizia giudiziaria, in violazione delle disposizioni contenute nell'art. 357 c.p.p., di dichiarazioni dalla stessa ricevute da persone informate dei fatti, non costituisce, di per sè, causa di nullità o di assoluta inutilizzabilità, sotto qualsiasi forma di dette dichiarazioni. Nulla impedisce, salvi i divieti stabiliti nell'art. 350 c.p.p., che del loro contenuto venga comunque fatta relazione all'autorità giudiziaria e che questa ne possa tenere conto ai fini dell'adozione delle misure cautelari.
Comm. trib. prov.le , Vicenza , sez. VII , 05/11/1997
Il legittimo esercizio della facoltà di non rispondere in sede d'interrogatorio penale, reso ai sensi dell'art. 350 c.p.p., non è equipollente alla mancata collaborazione prevista dal procedimento di cui all'art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973. Le risultanze delle indagini bancarie, costituendo elementi indiziari e non già prove, sono di per sè soli insufficienti a dimostrare fondatamente che il contribuente abbia evaso l'imposta, sebbene siano indizi gravi, per difetto dei requisiti di precisione e di concordanza. La presunzione di cui all'art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 opera soltanto nel senso di legittimare l'emissione dell'avviso di accertamento ma non anche di provare la fondatezza della pretesa impositiva in sede di giudizio, non sussistendo in effetti neanche una vera e propria inversione dell'onere della prova nella fase dell'accertamento bensì un requisito sufficiente ai fini dell'emissione dell'avviso. L'onere della prova della pretesa fiscale spetta all'amministrazione finanziaria.
Cassazione penale , sez. VI , 30/04/1997 , n. 1770
Sono pienamente utilizzabili, a fini cautelari, le dichiarazioni rese dall'indagato alla polizia giudiziaria nell'immediatezza della perquisizione e subito dopo confermate alla presenza del difensore d'ufficio. Le dichiarazioni cui fa riferimento il comma 7 dell'art. 350 c.p.p., per le quali l'ordinamento pone limiti all'utilizzabilità solo in sede dibattimentale, sono infatti radicalmente diverse da quelle cui fa riferimento il comma 5 dello stesso articolo, che non possono essere nè documentate nè utilizzate se non per la immediata prosecuzione delle indagini. Nè alle dichiarazioni rese nelle condizioni indicate dall'art. 350 comma 7 c.p.p. sono applicabili limiti previsti dall'art. 63 c.p.p.