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Codice di procedura penale

Art. 40 c.p.p. Competenza a decidere sulla ricusazione

1. Sulla ricusazione di un giudice del tribunale o della corte di assise o della corte di assise di appello decide la corte di appello; su quella di un giudice della corte di appello decide una sezione della corte stessa, diversa da quella a cui appartiene il giudice ricusato.


2. Sulla ricusazione di un giudice della corte di cassazione decide una sezione della corte, diversa da quella a cui appartiene il giudice ricusato.


3. Non è ammessa la ricusazione dei giudici chiamati a decidere sulla ricusazione.

Massime
Cassazione penale , sez. un. , 27/01/2011 , n. 23122
La decisione che definisce il procedimento, assunta dal giudice nei cui confronti è stata proposta ricusazione in violazione del divieto statuito dall'art. 37, comma 2, c.p.p. conserva validità se la ricusazione è dichiarata inammissibile o infondata dall'organo competente ex art. 40 c.p.p. ; per contro, tale decisione è viziata da nullità assoluta nel caso in cui la ricusazione sia accolta, e ciò indipendentemente dalla circostanza che essa sia intervenuta in pendenza della procedura incidentale di ricusazione o dopo il suo accoglimento.

Cassazione penale , sez. II , 22/09/1998 , n. 5337
Qualora un componente del collegio che ha dichiarato l'inammissibilità della richiesta di revisione abbia in precedenza partecipato al giudizio di merito, non sussiste alcuna causa di nullità ma si configura un'ipotesi di incompatibilità la quale, stante la natura e la forma del procedimento di cui all'art. 634 c.p.p., può essere fatta valere con istanza di ricusazione solo successivamente alla pronuncia, e cioè quando, con la notifica dell'ordinanza dichiarativa dell'inammissibilità, detta causa è divenuta nota. (In applicazione di tale principio la Corte, ritenuta l'applicabilità nella specie dell'art. 568 comma 5 c.p.p., ha qualificato il ricorso - con cui l'incompatibilità era stata denunciata sub specie nullitatis - come dichiarazione di ricusazione ed ha trasmesso gli atti per la decisione ad una sezione della corte d'appello diversa da quella di appartenenza del giudice ricusato, secondo il disposto dell'art. 40 c.p.p.).

Cassazione penale , sez. VI , 21/05/1998 , n. 3089
In tema di associazione per delinquere di tipo mafioso, relativamente alla individuazione del giudice territorialmente competente a giudicare del reato associativo, data la natura permanente del delitto, occorre fare riferimento al luogo in cui ha avuto inizio la consumazione (art. 8 comma 3 c.p.) e, solo in caso di mancanza di prova sul luogo e sul momento della costituzione dell'organizzazione, possono soccorrere i criteri sussidiari e presuntivi del luogo in cui fu commesso l'ultimo reato-fine concretamente accertato, del luogo di arresto dell'imputato ovvero del luogo di domicilio, residenza o dimora dello stesso (attualmente stabiliti dall'art. 9 c.p.p. del 1988 e, in precedenza, previsti dall'art. 40 c.p.p. del 1930 operante in caso di impossibilità di determinare la competenza in base ai criteri di cui all'art. 39 comma 3, siccome modificato dall'art. 1 della l. 8 agosto 1977 n. 534).

Corte assise , Catanzaro , 23/12/1997
Competente a decidere sulla ricusazione del presidente della Corte di assise, in deroga all'art. 40 c.p.p., è il presidente della Corte di appello, ai sensi del disposto dell'art. 31 comma 3 della legge sul riordinamento dei giudizi di assise.

Cassazione penale , sez. I , 14/02/1997 , n. 1109
Atteso il disposto di cui all'art. 42 comma 1 c.p.p., secondo cui il giudice la cui dichiarazione di astensione o di ricusazione sia stata accolta non può compiere alcun atto del procedimento, deve ritenersi affetta da nullità, ai sensi dell'art. 178 lett. a), c.p.p., la sentenza con la quale l'organo giudicante del quale fa parte il giudice astenuto o ricusato, con il concorso del medesimo giudice, rilevata l'impossibilità di sostituzione di quest'ultimo, rimetta il procedimento ad altro organo giudicante, ai sensi dell'art. 43 comma 2 c.p.p. E ciò a prescindere dal rilievo che una tale pronuncia è comunque di competenza della Corte o del tribunale chiamato a decidere sulla dichiarazione di astensione o di ricusazione, ai sensi degli art. 36 commi 3 e 4 e 40 c.p.p.

Tribunale , Napoli , 04/07/1996
Ai sensi del combinato disposto degli art. 37 comma 2 e 41 comma 2 c.p.p. il potere di disporre la sospensione del procedimento pendente dinanzi al giudice del Tribunale ricusato è rimesso solo alla Corte di appello. In attesa della decisione del giudice competente sulla ricusazione non è consentito, pertanto, al giudice ricusato - finché non ritiene di dover emettere sentenza - di sospendere, anche solo di fatto, l'attività processuale, in quanto altrimenti verrebbe ad invadere le attribuzioni riservate al giudice della ricusazione dall'art. 41 comma 2 c.p.p. Può tuttavia presentare l'opportunità di un rinvio del procedimento pendente dinanzi al giudice ricusato, al solo fine di non sottrarre al giudice competente ex art. 40 c.p.p. i tempi necessari a compiere le valutazioni rimessegli dall'art. 41 comma 2 c.p.p.

Cassazione penale , sez. VI , 06/11/1991
Il luogo di consumazione del reato, determinante per l'individuazione della competenza per territorio, deve essere accertato in base ad elementi oggettivi, desumibili con certezza dalle prove in atti (e non sulla base di congetture o presunzioni) e mediante applicazione dei criteri enunciati dagli artt. 39 e 40 c.p.p. 1930 in graduale successione tra loro.

Cassazione penale , sez. I , 21/01/1991
In tema di competenza, ove non sia possibile determinare il luogo di consumazione del reato più grave, non è lecito fare ricorso ai criteri sussidiari di cui all'art. 40 c.p.p. 1930, che concerne il caso di procedimento con reato singolo, bensì è necessario avere riguardo al luogo di consumazione del reato che, in via decrescente, si presenta come il più grave tra quelli residui.

Cassazione penale , sez. III , 22/01/1990
Il reato di cui all'art. 1193 c.nav. per aver navigato senza la documentazione di bordo prescritta, è un reato permanente. (Nella specie, relativa a questione di competenza territoriale (forum actionis: art. 40 c.p.p.), la Corte ha ritenuto che il trasferimento da Marina di Carrara a Genova della nave siriana Zanoobia, carica di rifiuti tossici nocivi, è stato un trasferimento coatto, su tassativo ordine del commissario ad acta, che a tal fine ha incaricato personale di capitaneria, che era presente a bordo, e che, pertanto, il fatto imputato di navigazione senza documenti, per quel tratto di persone, non poteva essere attribuito al comandante della nave).

Tribunale , Como , 18/05/1989
Qualora vi sia incertezza circa il luogo di consumazione del reato più grave, in tema di reati connessi, la competenza a conoscere dell'intero procedimento deve essere determinata con riferimento al luogo di consumazione del reato connesso progressivamente meno grave e non sulla base dei criteri sussidiari di cui all'art. 40 c.p.p.

Cassazione penale , sez. I , 23/01/1989
Il reato previsto dall'art. 78 comma 5 c. strad. è di natura permanente, perché consiste nel circolare con un veicolo non conforme alle prescrizioni stabilite dal regolamento sulle caratteristiche dei mezzi adibiti al trasporto di merci pericolose, non bastando ad integrarne gli estremi il semplice possesso di veicoli del genere. (Affermando tale principio la suprema Corte ha precisato che, ai fini della determinazione della competenza territoriale, poiché non integra il reato de quo la proprietà di un veicolo non in regola con le prescrizioni regolamentari - nella specie sprovvisto di estintore - a prescindere dall'attualità del trasporto e quindi dalla località in cui viene eseguito il controllo, non rileva il luogo di residenza del proprietario, bensì quello in cui ha avuto inizio la circolazione o, qualora questo non sia individuabile con certezza, uno dei luoghi previsti, in via sussidiaria, dall'art. 40 c.p.p.).

Cassazione penale , sez. I , 24/10/1988
Il reato di trasporto abusivo di cose non è istantaneo, ma si protrae durante tutto il periodo del trasporto. Ne consegue, trattandosi di reato permanente, che, a norma dell'art. 39 c.p.p., è competente il giudice del luogo in cui ebbe inizio la consumazione. Nel caso in cui tale luogo non sia conosciuto, occorre utilizzare le regole sussidiarie dell'art. 40 c.p.p., le quali vanno applicate non a discrezione del giudice, ma in graduale successione tra loro.

Cassazione penale , sez. I , 21/03/1988
Il reato di cui all'art. 46 l. 6 giugno 1974 n. 298 si perfeziona con il trasporto - sicché per integrare il delitto non basta un atto di disposizione, anche se poi il trasporto non avviene - e si protrae, durante tutto il periodo del trasporto. Ne deriva che territorialmente competente è il giudice del luogo in cui ebbe inizio il trasporto e, qualora tale luogo non sia conosciuto, la competenza deve essere individuata secondo i criteri, applicati in successione graduale, previsti dall'art. 40 c.p.p.

Cassazione penale , sez. I , 28/09/1987
Il reato di trasporto abusivo di cose, di cui all'art. 46 l. 6 giugno 1974 n. 298 non è istantaneo, ma si protrae durante tutto il periodo del trasporto. Pertanto, trattasi di reato permanente, che a norma dell'art. 39 comma 3 c.p.p. rientra nella competenza per territorio del luogo in cui ebbe inizio la consumazione, e solo se questo luogo non è conosciuto occorre utilizzare le regole sussidiarie dell'art. 40 c.p.p., le quali devono essere applicate in graduale successione tra loro e non a discrezione del giudice e il cui presupposto è costituito dall'impossibilità di individuare i luoghi indicati nell'art. 39 e non dalla mera incertezza soggettiva del giudice per mancanza dei dovuti accertamenti.

Cassazione penale , sez. I , 08/06/1987
Il reato di cui all'art. 46 l. n. 298 del 1974 si perfeziona con il trasporto - sì che per integrare il delitto non basta un atto di disposizione, anche se poi il trasporto non avviene - e si protrae durante tutto il periodo del trasporto, con la conseguenza che competente per territorio è il giudice del luogo in cui ebbe inizio il trasporto e che se tale luogo non è conosciuto la competenza va determinata secondo i criteri, di applicazione graduale, previsti dall'art. 40 c.p.p.

Cassazione penale , sez. I , 30/10/1985
Nell'ipotesi di reato continuato, costituito da reati di diversa gravità, qualora non sia possibile accertare il luogo in cui è stato commesso il reato più grave, ai sensi dell'art. 39, comma ultimo c.p.p., la competenza per territorio deve essere determinata facendo ricorso ai criteri sussidiari indicati dall'art. 40 c.p.p.

Cassazione penale , sez. I , 30/10/1985
Per determinare la competenza per territorio in caso di reato continuato, se il reato più grave sia stato perpetrato in condizioni di luogo che non consentano riferimenti di competenza territoriale interna, deve farsi ricorso alle regole di cui all'art. 40 c.p.p. che si applica anche al reato continuato e a quello permanente, pur se specificamente contemplati dell'art. 39 c.p.p., ove tale specificità non giovi ai fini della individuazione del foro competente per territorio. (Nella fattispecie il reato più grave era stato commesso a bordo di una nave mercantile italiana, in navigazione nelle acque territoriali di uno Stato estero).

Cassazione penale , sez. I , 30/10/1985
Nell'enunciazione del criterio sussidiario di determinazione della competenza territoriale, dell'ultimo luogo in cui si è verificata parte dell'azione o dell'omissione che costituisce il reato, posto dall'art. 40 c.p.p., il termine reato non indica una singola violazione, ma il contesto unitario di una condotta criminosa e l'espressione parte di azione non si riferisce a un frammento di reato, ma al reato o ai reati che dell'attività criminosa più complessa ed articolata facciano parte.

Cassazione penale , sez. I , 01/07/1985
Il maggior importo di un assegno rispetto ad altri può di per sè valere unicamente al fine di stabilire, ai sensi dell'art. 81 c.p., quale sia la violazione più grave in concreto; mentre, per la determinazione della competenza, deve intendersi per reato più grave quello per il quale è prevista dalla legge, per il titolo o per le circostanze aggravanti, una pena più grave. Ne consegue che, al fine di individuare il giudice competente, in tali ipotesi, il criterio da seguire, allorché i reati siano edittalmente di pari gravità e manchi un sicuro accertamento della priorità di uno di essi rispetto agli altri, è quello sussidiario della prevenzione, secondo l'ordine graduale stabilito dall'art. 40 c.p.p.

Cassazione penale , sez. I , 06/11/1984
Nei reati commessi con il mezzo della stampa nell'ipotesi di edizione teletrasmessa e destinata alla pubblicazione in più parti del territorio nazionale, ove dovesse risultare impossibile determinare il luogo, rilevante ai fini della determinazione della competenza per territorio, della prima diffusione dello stampato - e ciò in ipotesi potrebbe avvenire nel caso che dopo la teletrasmissione delle stesse si sia verificato un dimostrato ritardo nelle successive operazioni di incisione, stampa e diffusione nel luogo di redazione - la competenza per territorio dovrà essere determinata sulla base dei criteri sussidiari previsti dall'art. 40 c.p.p., sì che la stessa si radicherà sempre nel luogo di redazione, ove è avvenuta l'operazione tipografica del montaggio dello stampato, costituente l'ultimo atto certo antecedente la consumazione e ove, prima ancora, si è realizzata l'omissione del controllo imposto al responsabile del giornale dall'art. 57 c.p.

Cassazione penale , sez. I , 23/07/1984
La ratio del disposto dell'art. 62 l. 24 novembre 1981 n. 689 (sulle modifiche al sistema penale), che stabilisce che il pubblico ministero o il pretore competente per l'esecuzione trasmette l'estratto della sentenza di condanna alla semidetenzione o alla libertà controllata al magistrato di sorveglianza del luogo di residenza del condannato , rende palese il riferimento all'attuale effettiva residenza del condannato, tendendo alla concreta possibilità della sua presenza per la determinazione, ex art. 107 stessa legge, dei modi di applicazione della libertà controllata e del lavoro sostitutivo, e costituisce ragione per l'esclusione del ricorso ai criteri - sostitutivi della competenza territoriale imposta dall'art. 62 l. n. 689 del 1981 - dettati dall'art. 40 c.p.p., o a quelli posti dall'art. 635 comma 2 c.p.p., che dovrebbero trovare applicazione in via analogica, peraltro esclusa in genere in materia di competenza.

Cassazione penale , sez. I , 05/03/1984
Qualora, in tema di associazione per delinquere, manchi la prova del momento costitutivo dell'associazione ed il luogo ove lo stesso si è realizzato, ai fini della determinazione della competenza territoriale non deve farsi ricorso ai criteri sussidiari indicati dall'art. 40 c.p.p., in quanto, esistendo reati connessi, la competenza stessa va determinata secondo i criteri fissati dall'art. 47 c.p.p. Ne consegue, che quando non è individuabile il reato più grave la determinazione del giudice competente va effettuata in relazione graduale al reato meno grave e, quindi, osservando rispetto a tale reato (o gruppi di reati) gli stessi criteri posti dalla norma su indicata e cioè dall'art. 47 c.p.p.

Cassazione penale , sez. I , 02/12/1983
Nel caso di reati connessi e di impossibilità di determinare il luogo di consumazione del reato più grave, la individuazione del giudice deve essere effettuata non già facendo ricorso ai criteri sussidiari indicati dall'art. 40 c.p.p., bensì procedendo a graduale considerazione del reato (o dei reati) meno gravi, con attribuzione della competenza al giudice del luogo in cui risulti consumato, con oggettivo carattere di certezza, il reato (o i reati) minori rispetto al primo (o ai primi).

Cassazione penale , sez. I , 29/06/1983
Il reato di associazione per delinquere ha natura di reato permanente, per cui, a norma dell'art. 39 comma 3 c.p.p. la competenza va determinata con riferimento al luogo in cui ebbe origine la consumazione e cioè al luogo ove, a seguito dell'accordo di tre o più persone, risulta costituito quel vincolo associativo teso alla attuazione dell'accordo stesso. Ne consegue che, in mancanza della prova del momento costitutivo dell'associazione e prima di ricorrere ai criteri sussidiari, indicati dall'art. 40 c.p.p., se si tratta anche di reati con essa connessi, la competenza va determinata secondo i criteri fissati dall'art. 47 c.p.p.

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