1. La corte di assise è competente:
a) per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni, esclusi i delitti, comunque aggravati, di tentato omicidio, di rapina, di estorsione e di associazioni di tipo mafioso anche straniere, e i delitti, comunque aggravati, previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309;
b) per i delitti consumati previsti dagli articoli 579, 580, 584 del codice penale;
c) per ogni delitto doloso se dal fatto è derivata la morte di una o più persone, escluse le ipotesi previste dagli articoli 586, 588 e 593 del codice penale;
d) per i delitti previsti dalle leggi di attuazione della XII disposizione finale della Costituzione, dalla legge 9 ottobre 1967 n. 962 e nel titolo I del libro II del codice penale, sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni.
d bis) per i delitti consumati o tentati di cui agli articoli 416, sesto comma, 600, 601, 602 del codice penale, nonché per i delitti con finalità di terrorismo sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni.
La Relazione
L'articolo 5 stabilisce la competenza della corte di assise. Nella formulazione si è tenuto conto sia della pena edittale, sia della qualità del reato, anche se la delega, quando si riferisce in particolare alla corte di assise, sembra dare indicazioni di carattere prevalentemente quantitativo.
Per la determinazione della competenza della corte di assise, il criterio quantitativo sino ad oggi seguito è quello che ha riguardo ai reati puniti più gravemente. E ciò perché costituisce principio tradizionale del nostro ordinamento che la cognizione dei reati più gravi sia assegnata ad un organo che esprima la partecipazione popolare all'amministrazione della giustizia.
La formula usata nel comma 1 lett. a) dell'art. 5 ("delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni") riproduce letteralmente la direttiva 12. In tal modo vengono riservati alla corte di assise, così come nel sistema vigente, reati quali la strage, l'omicidio, l'epidemia, l'avvelenamento di acque o di sostanze alimentari e il commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate. Diventa, invece, di competenza del tribunale l'omicidio tentato, qualora non ricorrano una delle aggravanti previste dagli articoli 576 e 577 c.p. ne' aggravanti ad effetto speciale. A questo riguardo deve ricordarsi che la direttiva 12, nel fissare i criteri per il calcolo della pena ai fini della determinazione della competenza per materia, non fa alcuna menzione della diminuzione stabilita per il delitto tentato, che è stato, pertanto, configurato come una figura di reato autonoma. Ne consegue che, considerata la diminuzione prevista dall'art. 56 c.p., il tentato omicidio semplice o, comunque, non aggravato dalle circostanze di cui si deve tener conto nella determinazione della pena ai fini della competenza a norma dell'art. 4, ha come pena massima la reclusione di anni 16 e non rientra nei limiti del comma 1, lett. a), dell'art. 5.
Tale innovazione comporterà certamente effetti positivi sul carico di lavoro delle corti di assise. Da un'indagine statistica eseguita sui registri riguardanti i procedimenti trattati dalle corti di assise di Roma negli ultimi cinque anni, si è potuto constatare che i tentati omicidi coprono circa il 40% del carico complessivo e tra essi circa la metà si riferiscono ad ipotesi per le quali non ricorrono alcune delle aggravanti rilevanti ai fini della determinazione della competenza.
Alla stessa logica si ispirano due eccezioni alla regola generale fissata dal comma 1 lett. a): la prima esclude dalla competenza della corte di assise il reato di cui all'art. 630 comma 1, c.p.; la seconda i delitti previsti dalla legge sugli stupefacenti. Si tratta, infatti, di reati che ricorrono frequentemente e che, se venissero sottratti alla competenza del tribunale (cui sono demandati secondo la vigente disciplina), finirebbero per avere una rilevante incidenza sul carico delle corti di assise. Inoltre, per quanto riguarda i reati previsti dalla legge sugli stupefacenti, si richiede una specifica conoscenza di nozioni di carattere tecnico che difficilmente può essere acquisita dai giudici popolari. Per il reato di cui all'art. 630 comma 1 c.p. devono, infine, richiamarsi le argomentazioni addotte a suo tempo, in relazione al Progetto del 1978, dalla Commissione consultiva, che si dichiarò favorevole alla conservazione della competenza del tribunale, al fine di evitare un'inversione di tendenza rispetto alla legge 14 ottobre 1974, n. 497, che aveva modificato l'art. 29 c.p.p. sopprimendo il comma che prevedeva la competenza della corte di assise per i reati di rapina aggravata, estorsione aggravata e sequestro a scopo di rapina o di estorsione.
Resta di competenza della corte di assise il sequestro di persona a scopo di estorsione, nelle ipotesi previste dai commi 2 (se ne deriva la morte del sequestrato, come conseguenza non voluta) e 3 (in caso di morte voluta) dell'art. 630 c.p., essendosi ritenuto che si tratti di ipotesi del tutto diverse da quella del comma 1 dello stesso art. 630 c.p.: la prima, rientrante oltretutto anche nella categoria prevista dal comma 1 lett. c) dell'art. 5, l'altra, invece, assimilabile, di fatto, all'omicidio.
È apparso altresì opportuno riservare, nel comma 1, lett. b), alla competenza della corte di assise le ipotesi di reato consumato e non anche tentato - previste dagli articoli 579 (Omicidio del consenziente), 580 (Istigazione o aiuto al suicidio), 584 (Omicidio preterintenzionale), 600 (Riduzione in schiavitù), 601 (Tratta e commercio di schiavi) e 602 (Alienazione e acquisto di schiavi) del codice penale: tutti questi reati hanno pene edittali inferiori nel massimo a 24 anni di reclusione, ma per essi - se consumati - si è ritenuto che debba valere il rilievo della attribuzione ad un giudice più sensibile nell'interpretare il sentimento della collettività di cui è parte in un determinato momento storico. Il comma 1 lett. c) dell'art. 5 attua la direttiva 12, laddove è menzionato "ogni delitto doloso, se dal fatto è derivata la morte di una o più persone". In questa categoria rientrano (oltre ad alcune ipotesi già comprese nel comma 1 lett. a) e b)
Le massime della Cassazione
Cassazione penale , sez. V , 13/06/2017 , n. 31673
Per i delitti di cui agli artt. 600 e 601 cod. pen (rispettivamente riduzione in schiavitù e tratta di persone) la competenza in appello appartiene alla Corte d'assise d'appello anche quando il giudizio di primo grado sia stato celebrato con il rito abbreviato dinanzi al giudice dell'udienza preliminare; si tratta di competenza funzionale, con la conseguenza che la violazione della relativa disciplina determina, ex art. 178, comma 1, lett. a) e 179, comma 1, cod. proc. pen., una nullità assoluta e, pertanto, insanabile e rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, ivi compreso quello di legittimità.
Cassazione penale sez. un., 23/03/2017, n.39746
Il tribunale del capoluogo del distretto che, in fase dibattimentale, dichiari la propria incompetenza per materia in relazione ad un reato attribuito alla competenza della corte di assise ai sensi dell'art. 5, comma 1, lett. d-bis) c.p.p. e ricompreso nell'elenco di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., deve trasmettere gli atti direttamente alla corte di assise e non al pubblico ministero presso tale giudice, a condizione che la competenza non appartenga a un giudice (corte di assise) di altro distretto e le funzioni di pubblico ministero e di giudice dell'udienza preliminare siano state svolte ai sensi degli artt. 51, comma 3-bis, e 328, comma 1-bis, c.p.p. (In motivazione la S.C., in linea con quanto affermato dalla sentenza della C. cost. n. 104 del 2001, ha chiarito che in tale ipotesi non sussiste la necessità della regressione del procedimento e di nuova celebrazione dell'udienza preliminare, avendo le parti già potuto liberamente esercitare i propri diritti in quella precedente, legittimamente svoltasi dinanzi al giudice naturale, e palesandosi la ripetizione dell'udienza preliminare come adempimento in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo).
Cassazione penale , sez. II , 18/02/2014 , n. 13938
L'eccezione d'incompetenza per materia può essere sollevata per la prima volta nel giudizio di legittimità, purché, al di là di ogni accertamento in fatto, sia fondata su elementi certi ed inequivocabili. (Fattispecie, in materia di sequestro di persona a scopo di estorsione, nella quale la Corte ha ritenuto infondata l'eccezione di incompetenza per materia del Tribunale in favore della Corte d'assise, rilevando che le modifiche apportate all'art. 5 comma 1 lett. a) c.p.p., dall'art. 1 comma 1 lett. a) d.l. 12 febbraio 2010 n. 10, conv., con modificazioni nella l. 6 aprile 2010 n. 52, che hanno esteso la competenza della corte d'assise ai delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni, e quindi anche al delitto di cui all'art. 630 c.p., non si applicano ai procedimenti nei quali, come nel caso in esame, alla data del 30 giugno 2010 era stata già esercitata l'azione penale).
Cassazione penale , sez. VI , 07/02/2013 , n. 19191
La competenza a giudicare in grado di appello i reati comunque aggravati di associazione di tipo mafioso, dopo l'entrata in vigore del D.L. 12 febbraio 2010, n. 10, convertito nella legge 6 aprile 2010, n. 52, spetta alla Corte di appello, e non alla Corte di Assise di appello, anche nel caso che il giudizio di primo grado sia stato celebrato e definito nelle forme del rito abbreviato davanti al giudice dell'udienza preliminare in epoca precedente alla modifica normativa, poiché l'art. 2 di detta legge stabilisce per tale tipologia di procedimenti la competenza del tribunale, salvo che, al momento dell'entrata in vigore del D.L., sia stato dichiarato aperto il dibattimento davanti alla Corte di Assise.
Cassazione penale , sez. VI , 03/05/2011 , n. 21063
La competenza per tutte le ipotesi di reato contenute nell'art. 416 bis c.p., a prescindere dalla pena edittale prevista in riferimento alla violazione contestata, appartiene al tribunale anche con riguardo ai procedimenti avviati precedentemente al momento dell'entrata in vigore del d.l. 12 febbraio 2010, n. 10, salvo che a quella data il giudizio non fosse già iniziato dinanzi alla corte d'assise.
Cassazione penale , sez. I , 29/09/2010 , n. 37087
È ancora attribuita alla corte di assise, pur dopo la modifica dell'art. 5 c.p.p. per effetto della novella di cui alla l. n. 228 del 2003, la competenza per i reati di tratta di persone e di acquisto ed alienazione di schiavi, nel caso di concorso delle circostanze aggravanti ad effetto speciale previste dagli artt. 601, comma 2, e 602, comma 2, c.p. (Fattispecie relativa a procedimento in cui l'azione penale era stata esercitata anteriormente all'entrata in vigore del d.l. 12 febbraio 2010, n. 10, conv. nella l. 6 aprile 2010 n. 52, che ha ulteriormente modificato l'art. 5 c.p.p.).
Cassazione penale , sez. I , 24/06/2010 , n. 27254
Pur dopo l'entrata in vigore del d.l. 12 febbraio 2010 n. 10 (Disposizioni urgenti in ordine alla competenza per procedimenti penali a carico di autori di reati di grave allarme sociale), conv. nella l. 6 aprile 2010, n. 52, che ha attribuito al tribunale la competenza per l'associazione di tipo mafioso pluriaggravata, già rientrante, per effetto della l. n. 251 del 2005, in quella della corte d'assise, a quest'ultima continua ad appartenere la competenza per detto reato in ordine a quei procedimenti nei quali non sia stato ancora dichiarato aperto il dibattimento, ma sui quali eserciti vis attractiva per connessione altro procedimento per lo stesso fatto pendente in fase dibattimentale dinanzi alla Corte medesima. (Nella specie, relativa a conflitto negativo, il procedimento non ancora in fase dibattimentale, iniziato nei confronti di promotore di un'associazione mafiosa, era stato separato dal troncone principale, ma non era approdato ancora al dibattimento, come quello principale, in corso di celebrazione dinanzi alla corte d'assise, designata come giudice competente dalla Corte di cassazione in sede di risoluzione di precedente conflitto).
Cassazione penale , sez. I , 21/01/2010 , n. 4964
Nel caso in cui la competenza per materia per il delitto di promozione, direzione od organizzazione di un'associazione di tipo mafioso appartenga alla corte d'assise, viene attratto nella competenza di quest'ultima anche l'eventuale procedimento a carico dei partecipi alla medesima associazione, necessariamente connesso, ai sensi dell'art. 12, comma 1 lett. a), c.p.p., a quello nei confronti dei partecipi di rango primario.
Cassazione penale , sez. I , 21/01/2010 , n. 4964
Ai sensi dell'art. 5 c.p.p., il delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso appartiene quoad poenam alla competenza della Corte d'assise quando ai soggetti di vertice (promotori, dirigenti o organizzatori) è contestata l'aggravante dell'associazione armata, essendo in tal caso l'art. 416 bis, commi quarto e sesto, c.p. punibile con un massimo edittale non inferiore a ventiquattro anni di reclusione, alla luce dell'aumento di pena introdotto con la l. n. 251/05.
Cassazione penale , sez. VI , 14/12/1999
È manifestamente infondata la q.l.c. - per contrasto con l'art. 25 cost. - dell'art. 5 c.p.p., come modif. dal d.l. n. 29 del 1999, conv. in l. n. 109 del 1999, in base alla quale i delitti di rapina aggravata appartengono alla competenza del tribunale anche relativamente ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del d.l. sopra indicato, salvo che, prima di tale data, sia stato dichiarato aperto il dibattimento davanti alla Corte di assise.