1. Il magistrato del pubblico ministero ha la facoltà di astenersi quando esistono gravi ragioni di convenienza.
2. Sulla dichiarazione di astensione decidono, nell'ambito dei rispettivi uffici, il procuratore della Repubblica presso il tribunale e il procuratore generale.
3. Sulla dichiarazione di astensione del procuratore della Repubblica presso il tribunale e del procuratore generale presso la corte di appello decidono, rispettivamente, il procuratore generale presso la corte di appello e il procuratore generale presso la corte di cassazione.
4. Con il provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione, il magistrato del pubblico ministero astenuto è sostituito con un altro magistrato del pubblico ministero appartenente al medesimo ufficio. Nondimeno, quando viene accolta la dichiarazione di astensione del procuratore della Repubblica presso il tribunale e del procuratore generale presso la corte di appello, può essere designato alla sostituzione altro magistrato del pubblico ministero appartenente all'ufficio ugualmente competente determinato a norma dell'articolo 11.
Cassazione civile , sez. un. , 26/03/2021 , n. 8563
Il magistrato del P.M. ha l'obbligo disciplinare di astenersi ogni qual volta la sua attività possa risultare infirmata da un interesse personale o familiare giacché l' art. 52 c.p.p. , che ne prevede la facoltà di astensione per gravi ragioni di convenienza, va interpretato alla luce dell' art. 323 c.p. , ove la ricorrenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto è posta a base del dovere generale di astensione, in coerenza con il principio d'imparzialità dei pubblici ufficiali ex art. 97 Cost. , occorrendo, altresì, equiparare il trattamento del magistrato del P.M. - il cui statuto costituzionale partecipa dell'indipendenza del giudice - al trattamento del giudice penale, obbligato ad astenersi per gravi ragioni di convenienza ai sensi dell' art. 36 c.p.p.
Cassazione civile , sez. un. , 27/12/2018 , n. 33537
Il magistrato del p.m. ha l'obbligo, disciplinarmente rilevante, di astenersi ove la sua attività risulti influenzata da un interesse personale o vi possa essere il sospetto di un conflitto d'interessi, dovendo l' art. 52 c.p.p. essere interpretato alla luce dell' art. 323 c.p.p. così da escludere l'esistenza di una mera facoltà di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un proprio congiunto. (Nella specie, la Corte ha respinto il ricorso di un magistrato del P.M. avverso la sanzione disciplinare inflittagli per non essersi astenuto, in un procedimento concernente un grave disastro ferroviario, benché fosse in un rapporto confidenziale e di amicizia, reso pubblico dalla stampa, con il difensore di uno degli indagati).
Cassazione civile sez. un., 05/12/2012, n.21853
Il magistrato del p.m. ha l'obbligo disciplinare di astenersi ogni qual volta la sua attività possa risultare infirmata da un interesse personale o familiare, giacché l'art. 52 c.p.p., che ne prevede là facoltà di astensione per gravi ragioni di convenienza, va interpretato alla luce dell'art. 323 c.p., ove la ricorrenza di' un interesse proprio o di un prossimo congiunto' è posta a base del dovere generale di astensione, in coerenza col principio d'imparzialità dei pubblici ufficiali ex art. 97 cost., occorrendo, altresì, equiparare il trattamento del magistrato del p.m. - il cui statuto costituzionale partecipa dell'indipendenza del giudice - al trattamento del giudice penale, obbligato ad astenersi per gravi ragioni di convenienza ai sensi dell'art. 36 c.p.p. (Nella specie, la Corte ha respinto il ricorso di un magistrato del p.m. avverso la sanzione disciplinare inflittagli per non essersi astenuto dal condurre le indagini preliminari nei confronti dei membri della giunta regionale, sebbene cointeressato a una struttura sanitaria convenzionata con la regione, appartenente alla sua famiglia e diretta dal proprio coniuge, quest'ultimo, inoltre, candidato al posto di direttore generale di una Asl).
Cons. Sup. Magistratura, 28/04/2009, n.49
Configura illecito disciplinare nell'esercizio delle funzioni, per consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge, la condotta del procuratore della Repubblica che presti adesione ad una richiesta di patteggiamento presentata nell'interesse del fratello, imputato in un procedimento penale, in quanto la previsione di cui all'art. 52 c.p.p., secondo la quale "il magistrato del p.m. ha la facoltà di astenersi quando esistono gravi ragioni di convenienza", è giustificata dalla previsione costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale e, pertanto, dall'esigenza di evitare il rischio della paralisi della stessa, ma non esclude il dovere di rilevare, caso per caso, quelle circostanze capaci di far apparire l'attività giudiziaria come dettata da fini diversi da quelli di giustizia ed in particolare dall'intento, o dalla inevitabilità oggettiva, del conseguimento di vantaggi personali o familiari: il principio di tassatività in materia di illeciti disciplinari, infatti, non impedisce l'interpretazione estensiva o l'applicazione analogica di norme diverse da quelle incriminatrici, specie laddove si tratti di un principio fondamentale del processo, quale quello che si trae esplicitamente dall'art. 51 n. 2, c.p.c., in base al quale nessun giudice può decidere nei confronti di un prossimo congiunto, sicché, quando non sussiste la necessità di evitare che in una situazione concreta l'azione penale possa essere paralizzata, prevale il criterio di indirizzo ribadito dal d.lg. n. 109/2006, all'art. 1, secondo cui il magistrato, senza distinzione di funzioni, esercita quelle a lui attribuite "con imparzialità".
Cassazione penale , sez. VI , 19/10/2004 , n. 7992
In tema di abuso d'ufficio, l'obbligo di astensione in presenza di un interesse personale, imposto al pubblico ufficiale di cui all'art. 323 c.p. costituisce un principio generale, che prevale - e di conseguenza annulla - l'eventuale mera facoltà di astensione riconosciuta al pubblico ufficiale da norme speciali. Ne consegue che il magistrato del p.m. il quale ometta di astenersi dall'adottare provvedimenti del proprio ufficio, pur in presenza di un interesse personale, commette il reato di cui all'art. 323 c.p., a nulla rilevando che l'art. 52 c.p.p. preveda una mera facoltà, e non un obbligo, di astensione.
Cassazione civile , sez. un. , 24/01/2003 , n. 1088
Il magistrato del p.m., svolgendo nel processo penale funzioni di parte pubblica, tenuta ad agire esclusivamente per il perseguimento dei fini istituzionali di giustizia ad essa assegnati dall'ordinamento, ha il dovere, sul piano deontologico e disciplinare, di fare formale istanza di astensione a norma dell'art. 52 c.p.p. tutte le volte che nel processo in cui interviene si manifestino situazioni obiettivamente suscettibili di far ipotizzare che la sua condotta possa essere ispirata a fini diversi da quelli di istituto, e, in particolare, al conseguimento di obiettivi e al soddisfacimento di interessi personali.