La competenza per territorio è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato.
Se si tratta di fatto dal quale è derivata la morte di una o più persone, è competente il giudice del luogo in cui è avvenuta l'azione o l'omissione.
Se si tratta di reato permanente, è competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, anche se dal fatto è derivata la morte di una o più persone.
Se si tratta di delitto tentato, è competente il giudice del luogo in cui è stato compiuto l'ultimo atto diretto a commettere il delitto.
Note
1. La consumazione del reato è il momento in cui si completa la realizzazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie criminosa prevista dalla legge. In altri termini, rappresenta il momento in cui il reato si considera perfezionato. Ad esempio, il reato di furto può definirsi consumato, quando si verifica la sottrazione della cosa mobile altrui.
2. Un reato si definisce permanente quando l'azione illecita ed i suoi effetti si protraggono nel tempo, anziché esaurirsi in un singolo momento. In altre parole, il reato non si consuma in un istante preciso, ma continua a essere commesso finché perdura la situazione antigiuridica creata da soggetto agente (pensiamo al sequestro di persona, l'associazione per delinquere, il sequestro di persona).
3. Il reato tentato è una forma di reato caratterizzata dal fatto che l'autore mette in atto una condotta diretta a commettere un reato, ma non riesce a portare a termine l'azione per cause indipendenti dalla sua volontà.
L'articolo 8 c.p.p. disciplina la competenza per territorio del giudice penale, ovvero l'insieme di regole che ci consentono di individuare il giudice naturale e precostituito che dovrà decidere in ordine ad un determinata regiudicanda penale.
La competenza è lo strumento che attua il principio di naturalità e precostituzione del giudice, stabilito dall'art. 25, comma 1, della Costituzione Italiana ("Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge") e dall'articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) che garantisce all'imputato il diritto a un processo equo davanti a un tribunale indipendente e imparziale e precostituito per legge.
Il principio di naturalità e precostituzione sancisce che il giudice competente a decidere su una regiudicanda penale debba essere individuato secondo criteri predefiniti dalla legge, individuati prima che il reato sia stato commesso.
Questo principio costituisce un pilastro dello stato di diritto ed è posto tutela dell'imparzialità e l'indipendenza del giudice.
Il principio garantisce che il giudice sia scelto sulla base di criteri oggettivi e predeterminati, evitando decisioni ad hoc che potrebbero compromettere l'equità del giudizio, assicura che le parti sappiano in anticipo quale sarà il giudice competente, promuovendo la fiducia nel sistema giudiziario ed impedisce interferenze arbitrarie da parte dell'autorità o delle parti in causa, che potrebbero cercare di influenzare la scelta del giudice per ottenere una decisione favorevole favorevole.
Il principio di naturalità e precostituzione del giudice costituisce un pilastro dello stato di diritto.
Secondo la regola generale, dettata dal comma 1 dell'art. 8 c.p.p., il giudice competente per territorio è quello del luogo in cui il reato è stato consumato (il cd."locus commissi delicti").
Pensiamo ad esempio all'omicidio volontario: il giudice competente è quello del luogo in cui la vittima ha perso la vita, ovvero dove il reato di omicidio si è perfezionato.
Ma non è sempre così semplice ed infatti ci sono casi in cui determinare il locus commissi delicti diventa estremamente complesso o addirittura impossibile.
Pensiamo ai reati permanenti (associazione per delinquere) nei quali il reato non si consuma in un istante preciso o al delitto tentato, nel quale la consumazione addirittura manca.
Per questi motivi, il Legislatore ha introdotto, nei commi 2,3 e 4 dell'articolo in argomento, tre criteri ulteriori di individuazione della competenza per territorio.
Il primo riguarda tutti i casi in cui dal fatto sia derivata la morte di una o più persone: in queste ipotesi la competenza appartiene al giudice del luogo in cui si è verificata l'azione o l'omissione. Che significa?
Facciamo un esempio. Tizio viene accoltellato nel comune di Roma e successivamente trasportato dall'imputato, ancora in vita, nel comune di Napoli. Dopo due ore di agonia, Tizio muore nell'Ospedale Loreto Mare di Napoli.
Seguendo la "regola" del locus commissi delicti, il giudice competente dovrebbe essere quello di Napoli, luogo in cui si è consumato il reato di omicidio. Come è facile intuire, una scelta del genere risulterebbe palesemente insensata.
Tutti i testimoni si trovano a Roma, le tracce, le prove del delitto sono a Roma: è sicuramente più razionale ed efficiente (pensiamo in termini di economia processuale) che il giudice competente sia quello di Roma, non di Napoli.
Per questo, in casi del tutto eccezionali (fatti dai quali è derivata la morte di una o più persone) la regola generale del luogo di commissione del reato viene derogata e trova applicazione il criterio stabilito dal comma 2.
Il comma 3 individua, invece, la competenza per i reati permanenti (in relazione ai quali, come si è detto, individuare il luogo di consumazione del reato può diventare estremamente complesso) che viene individuata nel luogo in cui ha avuto inizio la consumazione.
Pertanto, nel caso in cui si proceda per un reato di sequestro di persona, il giudice competente sarà quello del luogo in cui la vittima è stata privata della libertà personale (e non quello del luogo in cui è stata segregata).
L'ultimo comma, invece, introduce il criterio di individuazione della competenza per i delitti tentati (nei quali si ripete, manca la consumazione del reato) che viene individuata nel luogo in cui è stato compiuto l'ultimo atto diretto a commettere il delitto.
Nella elaborazione del Progetto del 1978, malgrado il silenzio della delega del 1974 circa la competenza per territorio, fu discusso in modo approfondito il problema se mantenere, come regola generale, la competenza del giudice del luogo in cui il reato fu consumato od introdurre la competenza del "giudice del luogo in cui si è verificata l'azione o l'omissione".
In un primo tempo fu preferito, essenzialmente per la sua semplicità pratica, il primo criterio; successivamente, tenuto conto del parere della Commissione consultiva, fu scelto il secondo criterio. Per giustificare tale scelta si osservò, tra l'altro, che, specie in tema di omicidio, doloso o colposo, si verificano, in misura sempre più frequente, casi in cui la morte sopravviene in luoghi talvolta assai lontani da quello in cui si è concretata la condotta criminosa, dove, cioè, è da presumere che siano state compiute le prime indagini e si sia manifestato l'allarme sociale. A ciò aggiungasi che il criterio attributivo della competenza sulla base della consumazione è inoltre causa di gravi inconvenienti di ordine pratico come la difficoltà di dirigere da lontano le indagini e come l'aggravio creato a testimoni e funzionari di polizia che devono trasferirsi per le esigenze del processo dai luoghi di residenza e di ufficio.
La legge-delega del 1987, nella direttiva 13, contiene la "previsione che la competenza per territorio possa essere stabilita, per reati predeterminati, a seconda dei casi, in relazione al luogo in cui ha avuto inizio o si è esaurita l'azione o l'omissione".
Si è ritenuto di dover interpretare tale direttiva nel senso che la regola generale per la determinazione della competenza per territorio è quella del luogo della consumazione e, solo per determinati reati, quella del luogo ove ha avuto inizio o si è esaurita l'azione.
Pertanto, secondo il comma 1 dell'articolo 8, "la competenza per territorio è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato". Secondo il comma 2, però, nei casi in cui dal fatto-reato è derivata la morte di una o più persone, il criterio attributivo della competenza non è più quello del luogo della consumazione del reato, ma quello del luogo "in cui si è verificata l'azione o l'omissione".
L'art. 8 comma 3 stabilisce che per il reato permanente è competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, anche se dal fatto è derivata la morte di una o più persone. Tale disposizione corrisponde alla riforma del capoverso dell'art. 39 c.p.p. operata con l'art. 1 della l. 8 agosto 1977, n. 534 e si ispira a chiari motivi di carattere tecnico e pratico. Infatti il reato permanente, qualunque sia la teoria strutturale alla quale si aderisce, è pur sempre un unico reato la cui consumazione si verifica quando risultino integrati gli elementi della fattispecie, indipendentemente dalle vicende relative alla sua permanenza; la quale potrebbe anche ridursi a un tempo trascurabile o protrarsi per anni o in diversi luoghi senza che vi sia una sufficiente ragione logico-giuridica per sottrarre la competenza al giudice del luogo ove ne è cominciata la consumazione. D'altra parte, proprio in tale luogo si verifica l'allarme sociale (si pensi alle ipotesi del sequestro di persona, del ratto, etc.) e vengono compiute le prime indagini, mentre è spesso occasionale e indifferente quello in cui cessa la permanenza.
Nel comma 4 dell'art. 8 è sostanzialmente ripetuta la disposizione del citato art. 1 l. 8 agosto 1977, n. 534 che ha modificato la lettera dell'art. 39 comma 2 c.p.p. sostituendo all'espressione "reato tentato" quella di "delitto tentato", dato che nel codice penale il tentativo è previsto solo per i delitti. Non si è riprodotta la disposizione relativa alla competenza per il reato continuato in quanto la diversa e più restrittiva disciplina della connessione adottata nel successivo art. 12 non prevede la continuazione fra le ipotesi di connessione e non crea quindi problematiche circa i criteri di competenza cui fare riferimento in tal caso.
È opportuno peraltro aggiungere che la riunione dei procedimenti aventi ad oggetto reati legati dal vincolo della continuazione potrà essere disposta, ai sensi dell'art. 17, solo quando i procedimenti stessi siano pendenti avanti al medesimo giudice per effetto delle norme sulla competenza per materia e per territorio. La connessione ovviamente opererà anche nei confronti del reato continuato ogni qualvolta questo risulti compreso nella disciplina generale prevista dagli artt. 12 e 16; ma, in tal caso, opereranno i criteri generali degli artt. 15 e 16.
Ai fini della determinazione della competenza per territorio in relazione a reati connessi, tra i quali figuri un delitto associativo, come tale di natura permanente, nel caso in cui la sua consumazione abbia avuto inizio all'estero e sia proseguita in territorio nazionale, trova applicazione la regola suppletiva prevista dall' art. 9, comma 1, c.p.p. per effetto del rinvio ad essa operato dall' art. 10, comma 3, c.p.p. , non potendo detta competenza essere determinata secondo le regole generali di cui all' art. 8 c.p.p. (Cassazione penale , sez. III , 13/10/2023 , n. 48816)
In tema di omesso versamento dell'IVA, ai fini della individuazione della competenza per territorio, non può farsi riferimento al criterio del domicilio fiscale del contribuente, ma deve ricercarsi il luogo di consumazione del reato ai sensi dell' art. 8 c.p.p. Ne consegue che, essendo impossibile individuare con certezza il suddetto luogo di consumazione, considerato che l'obbligazione tributaria può essere adempiuta anche presso qualsiasi concessionario operante sul territorio nazionale, va applicato il criterio sussidiario del luogo dell'accertamento del reato Cassazione penale , sez. III , 22/03/2023 , n. 23535
In tema di misure di prevenzione personali, ai fini della determinazione del giudice competente per territorio in relazione a una proposta formulata ex art. 4, comma 1, lett. b), d.lg. 6 settembre 2011, n. 159 , nei confronti di soggetti indiziati di uno dei delitti previsti dall' art. 51, comma 3-bis, c.p.p. , deve aversi riguardo al luogo di consumazione del reato che integra la manifestazione di pericolosità soggettiva e non a quello in cui opera in prevalenza l'organismo associativo, in ragione del criterio di localizzazione giurisdizionale del fatto di cui all' art. 8 c.p.p. Cassazione penale , sez. I , 14/09/2022 , n. 1446
La fattispecie prevista dagli artt. 182 e 1231 c. nav. , che sanziona l'inosservanza, da parte del comandante della nave all'arrivo in porto, dell'obbligo di presentare denuncia degli eventi straordinari verificatisi «nel corso del viaggio» al comandante del porto o all'autorità consolare, si consuma, ai fini della determinazione della competenza territoriale ex art. 8 c.p.p. , nel luogo in cui è ubicato il primo porto in cui transita la nave dopo l'evento, posto che la straordinarietà di quest'ultimo impone che l'adempimento sia effettuato con celerità. Cassazione penale , sez. III , 27/11/2020 , n. 203
In tema di omesso versamento dell'Iva, ai fini della individuazione della competenza per territorio, non può farsi riferimento al criterio del domicilio fiscale del contribuente, ma deve ricercarsi il luogo di consumazione del reato ai sensi dell' art. 8 c.p.p. ; ne consegue che, essendo impossibile individuare con certezza il suddetto luogo di consumazione, considerato che l'obbligazione tributaria può essere adempiuta anche presso qualsiasi concessionario operante sul territorio nazionale, va applicato il criterio sussidiario del luogo dell'accertamento del reato, previsto dall' art. 18, comma 1 del D. Lgs. 10 marzo 2000 n. 74 , prevalente, per la sua natura speciale, rispetto alle regole generali dettate dall' art. 9 c.p.p. Corte appello , Taranto , 18/11/2020 , n. 426
Ai fini della determinazione della competenza per territorio per il delitto di indebita compensazione, atteso che l'obbligazione tributaria può essere adempiuta presso qualsiasi concessionario operante sul territorio nazionale, va applicato, nella conseguente impossibilità di fare riferimento al luogo di consumazione di cui all' art. 8 c.p.p. , il criterio sussidiario del luogo dell'accertamento del reato di cui all' art. 18, comma 1, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74 , prevalente, per la sua natura speciale, rispetto alle regole generali dettate dall' art. 9 c.p.p. Cassazione penale , sez. III , 12/12/2019 , n. 6529
In tema di reato di emissione di più fatture per operazioni inesistenti relative a periodi di imposta diversi, la competenza per territorio si determina sulla base dei criteri dettati dall' art. 8 c.p.p. , cui rimanda anzitutto l' art.18, comma 1, d.lg. n. 74 del 2000 e, solo ove ciò non sia possibile, sulla base del luogo di accertamento del reato quale criterio sussidiario, da ciò derivando che, in caso di reati connessi, anche a fronte della assenza, nel d.lgs. cit., di una specifica disciplina sul punto, la competenza per territorio si determina sulla base della disciplina dell' art. 16 c.p.p. Cassazione penale , sez. III , 10/05/2019 , n. 29519
In tema di omesso versamento di ritenute, il luogo di consumazione del reato per le persone giuridiche, rilevante ai fini della competenza territoriale, si determina, ai sensi dell' art. 18, comma 1, d.lg. n. 74 del 2000 , che richiama i criteri dettati dall' art. 8 c.p.p. , con riferimento al luogo in cui si è consumata l'omissione alla scadenza del termine previsto, di regola corrispondente a quello ove si trova la sede effettiva dell'impresa, salva restando, in caso di impossibilità di determinazione del luogo di consumazione, la competenza del giudice del luogo ove ha sede l'Ufficio dell'Agenzia delle Entrate che ha proceduto all'accertamento. Cassazione penale , sez. III , 14/02/2019 , n. 13610
L'art. 18 d.lg. n. 74 del 2000 detta le regole per la determinazione della competenza per territorio in relazione al «reato tributario», stabilendo un criterio generale, che sopporta due eccezioni: come criterio generale la competenza per territorio si determina ai sensi dell'art. 8 c.p.p., qualora non possa essere determinata in base a tale norma è competente il giudice del luogo di accertamento del reato. Nei reati tributari non si applicano dunque le regole suppletive dell'art. 9 c.p.p. La suddetta regola generale subisce le sole due eccezioni previste ai commi 2 e 3 del medesimo art. 18 d.lgs. n. 74 del 2000. Cassazione penale , sez. I , 18/07/2017 , n. 39896
In tema di applicazione delle regole suppletive per la determinazione della competenza territoriale, nel concetto di “dimora” dell'imputato, cui si riferisce l'art. 9, comma 2, c.p.p., va compreso anche il luogo di esecuzione degli arresti domiciliari, in quanto ad integrare la dimora è sufficiente una presenza pur transitoria, ma dotata di un minimo di stabilità, dell'interessato in un dato luogo. (Fattispecie relativa ad una comunità terapeutica che ospitava l'imputato in regime di arresti domiciliari) Cassazione penale , sez. II , 02/11/2016 , n. 51986
In tema di delitto di omesso versamento dell'Iva, ai fini della individuazione della competenza per territorio, non può farsi riferimento al criterio del domicilio fiscale del contribuente, ma deve ricercarsi il luogo di consumazione del reato ai sensi dell'art. 8 c.p.p.; ne consegue che, essendo impossibile individuare con certezza il suddetto luogo di consumazione, siccome l'adempimento dell'obbligazione tributaria può essere effettuato anche presso qualsiasi concessionario operante sul territorio nazionale, va applicato il criterio sussidiario del luogo dell'accertamento del reato indicato dall'art. 18, comma 1, d.lg. 10 marzo 2000 n. 74, prevalente, per la sua natura speciale, rispetto alle regole generali dettate dall'art. 9 c.p.p. Cassazione penale , sez. I , 24/09/2014 , n. 44274
Nel caso in cui il contribuente sia una società, per determinare la competenza territoriale, solo qualora sia inapplicabile l'art. 8 c.p.p., cioè il criterio del luogo in cui il reato è stato consumato, si può fare riferimento al luogo di accertamento del reato (fattispecie relativa alla condanna del legale rappresentante di una società per i reati di cui agli artt. 10 bis d.lg. n. 74/2000, perché ometteva di versare, nei termini previsti per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta, ritenute alla fonte relative ad emolumenti risultanti dalla dichiarazione rilasciata ai sostituti, nonché ometteva di versare l'I.v.a. dovuta per il versamento dell'acconto relativo al successivo periodo d'imposta, e 10 ter d.lg. n. 74 del 2000, perché non versava l'I.v.a. dovuta in base alla dichiarazione annuale entro il termine per il versamento dell'acconto per il periodo d'imposta successivo). Cassazione penale , sez. III , 23/09/2014 , n. 45017
In tema di reati tributari, la competenza per territorio in relazione al reato di omesso versamento di IVA di cui all'art. 10-ter del d.lg. n. 74 del 2000 va individuata nel luogo in cui si verifica l'omissione del versamento del tributo ex art. 8 c.p.p., che coincide con quello ove si trova la sede effettiva dell'azienda, nel senso di centro della attività amministrativa e direttiva dell'impresa, attesa la non applicabilità del criterio di cui all'art. 18, comma 2, del d.lg. n. 74 del 2000, riferito ai soli delitti da esso previsti al capo I del titolo II; qualora poi possa trovare applicazione tale regola, la competenza va attribuita al giudice del luogo di accertamento del reato, in base al criterio suppletivo previsto dall'art. 18, comma 1, del d.lg. n. 74 del 2000. Cassazione penale , sez. III , 01/04/2014 , n. 27701
La competenza territoriale per il reato di fatture per operazioni inesistenti, nell'ipotesi di documenti emessi o rilasciati in luoghi rientranti in diversi circondari, si determina a norma della disposizione di cui all'art. 18, comma 3, d.lg. n. 74 del 2000 – secondo la quale è competente il giudice di uno di tali luoghi in cui ha sede l'ufficio del p.m. che, per primo, ha provveduto ad iscrivere la notizia di reato – solo se le condotte sono state poste in essere nel corso del medesimo periodo di imposta, mentre, se l'emissione o il rilascio siano avvenuti nel corso di periodi di imposta diversi, trovano applicazione l'art. 8 c.p.p., o in subordine, il comma 1 del predetto art. 18, per effetto del quale è competente il giudice del luogo di accertamento del reato. Cassazione penale , sez. III , 19/02/2014 , n. 20505
Ai fini della competenza, delle specifiche modalità, con cui sia stato in concreto posto in essere il reato di estorsione, è necessario fare riferimento alla regola di cui al comma 1 dell'art. 8 c.p.p. che fissa, in ordine a tale reato la competenza nel circondario in cui si è consumato il reato. Tribunale , Napoli , sez. uff. indagini prel. , 20/09/2011
La competenza per territorio, nel caso in cui non sia possibile individuare, a norma dell'art. 8 c.p.p. e art. 9 c.p.p., comma 1, il luogo di commissione del reato connesso più grave, spetta al giudice del luogo nel quale risulta commesso, in via gradata, il reato successivamente più grave fra gli altri reati; quando risulti impossibile individuare il luogo di commissione per tutti i reati connessi, la competenza spetta al giudice competente per il reato più grave, individuato secondo i criteri suppletivi indicati dall'art. 9 c.p.p., commi 2 e 3. Cassazione penale , sez. I , 03/03/2010 , n. 8685
Ai fini della determinazione della competenza territoriale in ordine al delitto di cui all'art. 74 del d. P.R. n. 309 del 1990, quando risulti l'impossibilità di individuare, ai sensi dell'art. 8 c.p.p., il luogo di consumazione del reato associativo, occorre fare riferimento ai criteri residuali indicati dall'art. 9 c.p.p. (Fattispecie relativa ad una questione di competenza territoriale proposta in sede di riesame di un provvedimento cautelare personale). Cassazione penale , sez. VI , 26/11/2009 , n. 49542
Il delitto di aggiotaggio, di cui all'art. 185 t.u.f. intitolato Manipolazione del mercato, è un reato di pura condotta. Ne consegue che, ai fini della determinazione del giudice territorialmente competente, ai sensi dell'art. 8 c.p.p., deve farsi riferimento al giudice del luogo in cui la condotta contestata è stata posta in essere. Nell'ipotesi di negoziazione delle azioni nel circuito telematico (m.t.a.), ai fini della contestazione del reato, non occorre la conclusione di un contratto di borsa in quanto l'aggiotaggio manipolativo è reato di pericolo concreto e come tale non contempla un evento (di pericolo) distaccato dalla condotta, ma è sempre rispetto a questa che deve essere operato il giudizio di idoneità degli atti secondo il criterio della prognosi postuma. Il reato deve, quindi, ritenersi consumato nel momento in cui l'agente immette nella rete del Mercato telematico azionario (m.t.a.) l'offerta di vendita o di acquisto artificiosa perché l'immissione nel sistema del dato è idonea di per sé ad arrivare direttamente a tutti gli operatori ed a creare il pericolo di un'alterazione dei prezzi. Tribunale , Milano , sez. I , 03/12/2007
Il luogo di commissione del delitto di manipolazione del mercato di cui all'art. 185, comma 1, d.lg. n. 58 del 24 febbraio 1998 è da individuarsi nel luogo di stipula del contratto derivato (nella specie, di “equity swap”) con il quale ipoteticamente si è realizzato l'artificio richiesto per il perfezionamento del reato e, ove tale atto sia stato compiuto all'estero e non sia possibile ricorrere al criterio di determinazione della competenza per territorio dettato dal comma 1 dell'art. 8. c.p.p., per essere le località nel territorio nazionale ubicate nella circoscrizione di tribunali diversi, nell'ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione poi proseguita all'estero. Procura della Repubblica , Roma , 07/06/2006
La circostanza che uno dei capi d'accusa sottesi alla custodia cautelare consista nell'associazione per delinquere non è tale da determinare ex se, sulla scorta dell'attuale assetto normativo, alcun trasferimento di competenza dal foro individuato sulla scorta degli ordinari criteri della connessione a quello previsto dall'art. 8 c.p.p. per i reati permanenti quale, appunto, quello di cui all'art. 416 c.p.p. Tribunale , Genova , 06/12/2001
La competenza per territorio in caso di connessione oggettiva di due reati per nessuno dei quali sia possibile stabilire la competenza ai sensi dell'art. 8 c.p.p. e per entrambi i quali si dovrebbe fare ricorso alle regole suppletive di cui all'art. 9 c.p.p. deve essere determinata con riferimento al reato più grave, individuando la regola suppletiva applicabile a tale ipotesi di reato. Cassazione penale , sez. III , 03/10/2000 , n. 3522
In materia di reati commessi con il mezzo della stampa, ai fini della individuazione della competenza per territorio occorre fare riferimento al luogo di stampa, alla stregua delle regole generali di cui all'art. 8 c.p.p., quale luogo di consumazione del reato. Se il criterio del luogo di stampa del periodico non conduce ad alcun risultato di certezza, occorre allora fare riferimento a criteri diversi e in particolare fare ricorso alla legge speciale sulla stampa n. 47 del 1948, che all'art. 5 collega il luogo della pubblicazione del giornale a quello della registrazione presso la cancelleria del tribunale. Il luogo della registrazione fornisce infatti una garanzia di certezza e genera la presunzione della coincidenza con il luogo della pubblicazione. Corte appello , Milano , 14/10/1999
Il momento consumativo del reato di corruzione corrisponde a quello di perfezionamento del pactum sceleris. In questa prospettazione ai fini della competenza assume rilievo centrale il momento dell'accordo, inteso come accettazione della promessa da parte del pubblico ufficiale e cronologicamente anteriore alla dazione. Le dazioni di denaro in esecuzione dell'accordo criminoso, comunque debbano essere intese (postfatto non punibile, postfatto rilevante ex art. 133 c.p., nei quali casi non rileverebbero ai fini della consumazione del reato; ovvero fatto che incide sullo spostamento in avanti del momento consumativo), mantenendo l'unicità del reato stesso, non determinano spostamenti della competenza territoriale, ai sensi dell'art. 8 c.p.p. (nel senso che dovendo individuarsi il momento consumativo del reato di corruzione in quello nel quale il pubblico ufficiale accetta la promessa dell'utilità non dovutagli, giudice competente a conoscere del fatto è quello che ha competenza territoriale su tale luogo essendo indifferente che la corresponsione avvenga successivamente in altro diverso luogo). Tribunale , Milano , sez. uff. indagini prel. , 06/07/1999
Ai sensi del combinato disposto degli art. 16 e 8 c.p.p. ai fini della determinazione della competenza territoriale in procedimenti connessi uno dei quali riguardi il reato di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti essendo tale reato per qualunque scopo commesso di natura permanente, deve essere attribuita in base alla determinazione del primo luogo di consumazione del reato, con tale accezione intendendosi il luogo ove si sia realizzata l'operatività della struttura organizzativa, vale a dire ove il sodalizio criminoso abbia cominciato ad operare. Laddove risulti impossibile l'applicazione dell'art. 8 c.p.p. è applicabile, ai sensi del successivo art. 9 il criterio del luogo in cui l'associazione a delinquere abbia cessato di operare e sia pertanto venuta meno. Tribunale , Monza , 04/04/1992
Il reato di allontanamento illecito, previsto dal comma 2 dell'art. 147 c.p.m.p., ha natura di reato permanente, la cui consumazione inizia con la mancata presentazione del militare al corpo di appartenenza. Conseguentemente la competenza per territorio a conoscere di detto reato spetta, ai sensi dell'art. 8 c.p.p. e degli artt. 272 e 274 comma 1 c.p.m.p., al giudice del luogo ove ha avuto inizio la permanenza del fatto criminoso, ossia al tribunale militare del luogo in cui ha sede il corpo o reparto cui l'imputato appartiene. (La Cassazione ha altresì evidenziato che, tenuto anche conto del fatto che l'interesse leso dal reato de quo è costituito dalla presenza del militare presso uno specifico reparto determinato dell'amministrazione militare, la presentazione presso un reparto o ente diverso da quello di appartenenza non è idonea a determinare la cessazione della permanenza del reato nè può essere equiparata alla volontaria presentazione prevista dal comma 2 dell'art. 274 c.p.m.p.). Cassazione penale , sez. I , 28/02/1992
La regola generale circa la determinazione della competenza territoriale, di cui all'art. 8 c.p.p., è derogata solo dall'art. 16 in relazione ai procedimenti connessi a norma dell'art. 12. Si desume da tali articoli e dalla ratio del nuovo codice di procedura penale, ispirato alla separazione dei procedimenti che l'istituto della continuazione non rileva ai fini della determinazione della competenza territoriale. A norma dell'art. 17, infatti, la riunione fondata sull'ipotesi di reato continuato presuppone la sussistenza della competenza territoriale per tutti i processi da riunire in capo al giudice che adotta il provvedimento. Pretura , Saluzzo , 27/03/1990