La confisca per equivalente e il concorso di persone nel reato: una svolta garantista delle Sezioni Unite (Cass. Pen., Sez. Un., n. 13/2024)
- Avvocato Del Giudice
- 8 apr
- Tempo di lettura: 3 min
di Salvatore del Giudice

Premessa: la confisca e la ricerca di un equilibrio
La materia della confisca per equivalente ha sempre oscillato tra opposti poli: da un lato, l’esigenza di neutralizzare gli effetti economici del crimine; dall’altro, il dovere di rispettare le garanzie individuali del diritto penale.
Nel quadro di questo delicato bilanciamento si inserisce la sentenza n. 13 del 26 settembre 2024 delle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione, destinata a segnare un momento di svolta nella disciplina dell’ablazione patrimoniale nei casi di concorso di persone nel reato.
Il caso concreto: corruzione tra privati e confisca plurima
La vicenda processuale trae origine da un sistema corruttivo volto all’illecita aggiudicazione di appalti.
Due soggetti, F. e M., risultano coinvolti in qualità, rispettivamente, di corrotto e intermediario/corruttore.
Il GIP di Vicenza, in sede di patteggiamento, disponeva:
una confisca diretta nei confronti di F., per oltre 350.000 euro;
una confisca per equivalente nei confronti di M., per circa 227.000 euro.
M. impugnava la misura, sostenendo di non aver mai ricevuto utilità economiche tali da giustificare l’ablazione.
Le Sezioni Unite sono dunque chiamate a risolvere il seguente quesito di diritto:
Può la confisca per equivalente del profitto di reato essere disposta per l’intero nei confronti di ciascun concorrente, oppure è necessario operare un riparto proporzionale (o paritario) del profitto accertato, quando non sia possibile identificarne le quote individuali?
I tre orientamenti in contrasto
Le Sezioni Unite prendono atto di un triplice orientamento giurisprudenziale:
Orientamento solidaristico puro: ciascun correo può subire l’intera confisca del profitto, a prescindere dal proprio effettivo arricchimento. È l’impostazione che trae origine dalla storica Fisia Italimpianti (Sez. Un., 2008).
Orientamento proporzionalista: la confisca per equivalente va ripartita secondo la quota di profitto percepita, se determinabile. L’ablazione integrale nei confronti di uno solo dei concorrenti è ammessa solo in caso di totale incertezza.
Orientamento civilistico: in mancanza di elementi per una ripartizione proporzionale, si applicano analogicamente gli articoli 1298 e 2055 c.c.: la confisca va divisa in parti uguali tra i concorrenti.
La risposta delle Sezioni Unite: principio di legalità e divieto di responsabilità per fatto altrui
La Suprema Corte rigetta la tesi del solidarismo integrale. La confisca per equivalente – precisano i giudici – è una misura eminentemente sanzionatoria. In quanto tale, essa:
deve rispettare il principio di legalità (art. 25, comma 2, Cost.);
non può determinare un effetto duplicativo dell’ablazione;
deve colpire solo l’effettivo vantaggio economico ottenuto dal reo.
“Non è lecito confiscare per equivalente l’intero profitto del reato presso ciascun concorrente in modo indistinto, pena la violazione del principio di proporzionalità e del divieto di responsabilità penale per fatto altrui.”
Solo qualora sia impossibile accertare in via probatoria la quota percepita da ciascun concorrente, sarà legittimo un riparto presuntivo:
in proporzione al grado di responsabilità, ove desumibile;
in parti uguali, in difetto di altri criteri attendibili.
Il fondamento teorico: natura e finalità della confisca per equivalente
Il cuore della decisione è una riflessione densa e articolata sulla natura bifronte della confisca per equivalente, che unisce finalità ripristinatorie (bonificare l’arricchimento illecito) a una funzione afflittiva, ma non punitiva in senso stretto.
La Corte costituzionale, richiamata ampiamente (sent. n. 112/2019), ha chiarito che la confisca ha natura punitiva solo se eccede l’ingiusto vantaggio.
Se invece mira solo a eliminare ciò che non sarebbe stato conseguito senza il reato, essa mantiene una natura ripristinatoria e non deve sconfinare nel terreno della pena vera e propria.
Conclusioni: una sentenza di equilibrio e civiltà
Con questa decisione, le Sezioni Unite segnano un punto di equilibrio tra effettività della repressione e garanzie costituzionali, superando l’idea che il concorso nel reato comporti, in sé, una responsabilità patrimoniale illimitata.
La Corte impone un ritorno alla centralità del fatto e della prova, ricordando che nel diritto penale – anche patrimoniale – il principio cardine resta quello secondo cui “ciascuno risponde solo per ciò che ha fatto e per ciò che ha ricevuto”.
Una lezione di civiltà giuridica, destinata a incidere profondamente sulla prassi giudiziaria in materia di reati economici e tributari.