di Anna Mauro
LA DETENZIONE DELL’IMPUTATO AGLI ARRESTI DOMICILIARI PER ALTRA CAUSA INTEGRA UN LEGITTIMO IMPEDIMENTO A COMPARIRE? UN NODO DA SCIOGLIERE.
Indice:
8. La decisione
1. Il quesito sottoposto alle Sezioni Unite
Le Sezioni Unite della Corte di cassazione sono state chiamate a pronunciarsi sulla questione volta a stabilire “Se la restrizione dell’imputato agli arresti domiciliari per altra causa, comunicata in udienza, integri comunque un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire, così precludendo la celebrazione del giudizio in assenza, ovvero gravi sull’imputato il previo onere di richiedere al giudice che ha emesso il provvedimento cautelare l’autorizzazione ad allontanarsi dal domicilio per presenziare”. La trattazione del ricorso era stata rimessa al Supremo consesso con ordinanza n. 23147 del 14/04/2021 dalla Sesta Sezione al fine di comporre il contrasto che si registrava nella giurisprudenza di legittimità in merito alla individuazione della detenzione per altra causa quale ipotesi di legittimo impedimento a comparire dell’imputato.
La Sesta Sezione, ricostruita brevemente la vicenda processuale - evidenziando che, a fronte della richiesta del difensore, il quale aveva rappresentato il sopravvenuto stato di detenzione domiciliare per altra causa dell’imputato, di disporre la traduzione del medesimo, il tribunale aveva disatteso l’istanza e celebrato il giudizio in assenza dell’imputato ritenendo che, in assenza di una richiesta di presenziare all’udienza, il titolo cautelare di detenzione domiciliare per altra causa non integrasse ex se un legittimo impedimento a comparire, né determinasse l’insorgere dell’obbligo del giudice procedente di disporre la traduzione dell’imputato -, sottolineava l’esistenza di orientamenti contrastanti sul tema.
Secondo un primo orientamento, le cui linee interpretative sono state tracciate da Sez. U, n. 37483 del 26/09/2006, Arena, Rv. 234600 – 01, in assenza di qualsivoglia dichiarazione di rinuncia a comparire dell’imputato e in mancanza di un onere – normativamente non previsto – di previa comunicazione della condizione in cui versa il medesimo, l’accertata presenza di un legittimo impedimento, del quale il giudice sia a conoscenza, non sortisce alcun effetto abdicativo, sicché la dichiarazione di contumacia non sarebbe legittimamente resa.
Tale approccio ermeneutico, è condiviso anche da Sez. U, n. 35399 del 24/06/2010, F., Rv. 247837 – 01, secondo cui, diversamente dal giudizio camerale d’appello, nel quale “l’imputato detenuto ha l’onere di comunicare al giudice di appello la sua volontà di comparire […], nel giudizio ordinario deve essere sempre assicurata, in mancanza di un inequivoco rifiuto, la presenza dell’imputato”, per cui, qualora questi non si presenti e in qualche modo risulti (o appaia probabile) che l’assenza sia dovuta a caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, “spetta al giudice disporre, anche d’ufficio, il rinvio ad una nuova udienza, senza che sia necessaria una qualche richiesta dell’imputato in tal senso”, a meno che non vi sia stato un esplicito rifiuto a assistere all’udienza.
Inoltre, si declinava nel principio secondo cui ricorre un’ipotesi di legittimo impedimento dell’imputato, già citato a giudizio in stato di libertà e successivamente tratto in arresto e detenuto per altra causa, del quale non sia stata ordinata la traduzione, sicché, fatta salva l’espressa rinuncia a presenziare al giudizio, non può procedersi in sua assenza, conseguendo altrimenti la nullità di tutti gli atti compiuti (Sez. 6, n. 2300 del 10/12/2013, dep. 2014, Deda, Rv. 258246 – 01; Sez. 4, n. 19130 del 14/10/2014, dep. 2015, Di Rocco, Rv. 263490 – 01; Sez. 2, n. 8098 del 10/02/2016, Moccia, Rv. 266217 – 01).
Di diverso avviso quella giurisprudenza di legittimità secondo cui incombe sull’imputato, regolarmente citato in stato di libertà e successivamente tratto in arresto, l’onere di segnalare tempestivamente al giudice il suo sopravvenuto stato di detenzione, non desumibile dagli atti né altrimenti comunicato, e la sua volontà di prendere parte al giudizio, dal cui mancato assolvimento conseguono sia la legittimità della dichiarazione di contumacia resa dal giudice, sia l’assenza di nullità della celebrazione dell’udienza, non potendo l’imputato invocare a posteriori la mancata partecipazione al processo (Sez. 2, n. 27817 del 22/3/2019, Tostelli, Rv. 276563 – 01; Sez. 2, n. 30258 del 14/03/2017, Minguzzi, Rv. 270594 – 01 e Sez. 2, n. 17810 del 9/4/2015, Milani, Rv 263532 – 01; Sez. 3, n. 33404 del 15/7/2015, Tota, Rv. 264204 – 01).
2. Lo scenario del contrasto
Ad avviso del Collegio rimettente, “sullo sfondo” del contrasto si agita la questione relativa alla possibile equiparazione tra il trattamento riservato ai soggetti ristretti in carcere e quello riservato ai soggetti la cui libertà sia comunque sottoposta a vincoli.
Secondo un primo orientamento, che anche stavolta prende le mosse dalla pronuncia “Arena”, il sopravvenuto stato di detenzione per altra causa, anche non inframuraria, integra un’ipotesi di legittimo impedimento dell’imputato a comparire e preclude la corretta celebrazione del processo anche quando risulti che l’imputato avrebbe potuto informare il giudice del suo status in tempo utile per la traduzione.
Tanto sia per l’assenza di una previsione normativa ad hoc e per l’eccezionalità del rito contumaciale (Sez. 5, n. 37658 del 20/11/2020, Ferri, 280139 – 01; Sez. 5, n. 47048 del 12/07/2019, F., Rv. 277113 – 01; Sez. 4, n. 18455 del 30/01/2014, P., Rv. 261562 – 01; Sez. 4, n. 1871 del 03/10/2013, dep. 2014, Santamaria, Rv. 258177 – 01), sia perché, nell’ottica di un processo di tipo accusatorio, la partecipazione dell’imputato afferisce al diritto di autodifesa, certamente rinunziabile, ma non “delegabile, né confiscabile”.
Di segno contrario quell’orientamento - seguito da Sez. 4, n. 10157 del 18/02/2020, Akhmedov, Rv. 278610 – 01; Sez. 4, n. 3905 del 21/01/2020, Huqi, Rv. 278289 – 01; Sez. 5, n. 6540 del 10/12/2018, dep. 2019, D., Rv.275498 - 01; Sez. 2, n. 7286 del 15/11/2018, Traini, Rv. 275608 – 01; Sez. 5, n. 48911 del 1/10/2018, N., Rv 274160-02; Sez. 5, n. 32667 del 16/7/2018, Saracino; Sez. 1, n. 39768 del 2/5/2018, Drago; Sez. 7, n. 20677 del 12/1/2018, Lambiase; Sez. 2, n. 48030 del 20/10/2016, Guercio; Sez. 3, n. 33404 del 15/7/2015, Tota, Rv. 264204 – 01; Sez. 5, n. 8876 del 22/12/2014, dep. 2015, Solchea, Rv. 263423 – 01; Sez. 5, n. 12690 del 10/11/2014, dep. 2015, Perrotta, Rv. 263887 – 01; Sez. 5, n. 30825 del 1/7/2014, Mondolo, Rv. 262402 – 01; Sez. 5, n. 42888 del 5/6/2014, S., Rv. 260677 – 01; Sez. 2, n. 21529 del 24/4/2008, Rosato, Rv. 240107 – 01; Sez. 5, n. 44922 del 14/11/2007, Gentile, Rv. 238505 – 01; Sez. 4, n. 28558 del 13/5/2005, Bruschi, Rv. 232436 – 01; Sez. 5, n. 7369 del 15/11/2002, dep. 2003, Giannone, Rv. 224859 – 01; Sez. 6, n. 77319 del 30/4/1997, Prinno, Rv. 209739 – 01 -, secondo cui, a differenza di quanto previsto per l’imputato in custodia intramuraria, nei confronti del quale incombe al giudice procedente di emettere l’ordine di traduzione, il detenuto agli arresti domiciliari per altra causa ha l’onere di chiedere tempestivamente al giudice della cautela (che normalmente non coincide con il giudice che procede) l’autorizzazione ad allontanarsi dal domicilio per il tempo necessario, sicché solo qualora questa gli venga negata per un qualsiasi motivo, ricorrerà l’ipotesi di “assoluta impossibilità a comparire” (Sez. 6, n. 36384 del 25/6/2014, B., Rv. 260620 - 01).
3. La disciplina dell’assenza
Con legge 28 aprile 2014, n. 67 il Legislatore ha attribuito centralità alla conoscenza del dibattimento da parte dell’imputato che, tuttavia, può rinunciare ad assistervi con una manifestazione di volontà, purché espressa o tacita e ma mai presunta.
Al diritto dell’imputato di partecipare al processo è stato riconosciuto rango costituzionale e convenzionale, seppur, in entrambi i casi, in modo non esplicito. Invero, l’art. 111 Cost., pur non contemplando esplicitamente il diritto, lo dà per presupposto attribuendo al Legislatore il compito di assicurare che un giudizio senza imputato possa essere celebrato solo a seguito di una opzione dell’imputato stesso e che nell’ordinamento siano previsti meccanismi di tutela del diritto alla presenza in vista dell’attendibilità dell’esito giudiziale. Anche a livello convenzionale, la giurisprudenza si è orientata nel ritenere che la partecipazione personale dell’interessato costituisce il presupposto di un processo equo ex art. 6 C.E.D.U. (Sejdovic c. Italia, n. 56581/00/2006; Kovalev c. Russia, n. 78145/01/2007; Maksimov c. Azerbaigian, n. 38228/05/2009; Groshev c. Russia, n. 69889/01/2005; Mokrushina c. Russia, n. 23377/02/2006).
Sul tema del processo “in assenza”, le aspre critiche rivolte al nostro sistema dalla Corte di Strasburgo in occasione delle condanne per violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, fondate sull’assunto che, nell’ordinamento italiano, mancasse una disciplina volta a controbilanciare la fictio della conoscenza legale su cui si basava il sistema di notificazioni e a consentire all’autorità giudiziaria di valutare l’effettiva conoscenza, da parte dell’imputato, del processo e di sospendere il giudizio in caso di sussistenza di elementi sintomatici di mancata conoscenza, hanno trovato rimedio nella legge 28 aprile 2014, n. 67 che ha affiancato alla conoscenza formale del processo, derivante dalla notifica ritualmente eseguita e andata a buon fine, l’ulteriore requisito della “reale” conoscenza del procedimento da parte dell’imputato.
Il Legislatore della novella ha ravvisato tre diverse fattispecie di assenza, modulate a seconda del grado di conoscenza dell’imputato, previste rispettivamente: – dall’art. 420-bis, comma 1, cod. proc. pen. che disciplina l’assenza che deriva dalla conoscenza certa o qualificata del processo; – dall’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen. che individua le ipotesi in cui l’assenza dell’imputato si basa sulla c.d. conoscenza non qualificata; – dall’art. art. 420-quater cod. proc. pen. che, nello stabilire la sospensione del processo per irreperibilità dell’imputato, ricollega l’assenza del soggetto sottoposto a processo alla mancata conoscenza dell’udienza e del procedimento.
In forza del rinvio operato dall’art. 484 cod. proc. pen. (non modificato dalla legge n. 67 del 2014) alla disciplina dell’udienza preliminare, anche in sede dibattimentale, ai sensi del novellato art. 419, comma 1, cod. proc. pen., il giudice dovrà preliminarmente far notificare all’imputato l’avviso di fissazione dell’udienza avvertendolo che, in caso di mancata comparizione, sarà giudicato secondo le nuove norme introdotte dalla legge n. 67 del 2014.
Ciò posto, qualora all’udienza l’imputato non sia presente, il giudice procedente dovrà: – verificare la regolare costituzione delle parti e, in caso di nullità di una notifica o di un avviso, disporne la rinnovazione e rinviare ad una nuova udienza ai sensi dell’art. 420 cod. proc. pen.; – individuare, nel caso di notifiche esenti da vizi, la causa dell’assenza dell’imputato e verificare, ai sensi dell’art. 420-ter cod. proc. pen. (che non ha subito modifiche a seguito della legge n. 67 del 2014) se la mancata comparizione dipenda da una assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento; – disporre il rinvio ad una nuova udienza, qualora ritenga provata o probabile l’assoluta impossibilità a comparire o, diversamente, procedere ai sensi e per gli effetti degli artt. 420- bis e ss. cod. proc. pen. nel caso in cui si accerti che la mancata comparizione dell’imputato non derivi da un legittimo impedimento.
Quanto, poi, alla fattispecie prevista dall’art. 420-quater cod. proc. pen. per l’imputato irreperibile, il giudice dovrà rinviare l’udienza e disporre che l’avviso di fissazione della nuova udienza sia notificato personalmente all’imputato ad opera della polizia giudiziaria, da ciò derivando due possibili scenari: – se la notifica ha esito positivo e l’imputato non compare alla nuova udienza, il giudice, ai sensi dell’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen., dovrà disporre che il processo prosegua in assenza dell’imputato; – se, invece, la notifica ha esito negativo, il giudice dovrà, con ordinanza, disporre la sospensione del processo nei confronti dell’imputato non comparso (il c.d. irreperibile), salvo l’obbligo, ex art. 420-quinquies, comma 1, cod. proc. pen., di procedere annualmente a nuove ricerche per la notifica dell’avviso. In conclusione, dunque, la sospensione del processo consegue alla mancata presenza dell’imputato in udienza e all’esito negativo della notifica dell’avviso dell’udienza fatta personalmente, soltanto qualora siano rispettate tre condizioni: la regolarità della notifica, l’assenza di una rinuncia espressa o implicita a comparire all’udienza e l’assenza di un legittimo impedimento che determina l’assoluta impossibilità a comparire.
4. La giurisprudenza di legittimità sulla questione controversa
Sulla premessa che l’impedimento a comparire del soggetto debba essere inteso in termini di incapacità non solo fisica, ma anche di dignitosa ed attiva partecipazione all’udienza in vista dell’esercizio del diritto costituzionale alla difesa (Sez. 5, n. 15407 del 24/02/2020, Stretti, Rv. 279088 - 01), debba possedere i caratteri dell’assolutezza, effettività, legittimità ed essere riferibile ad una situazione non dominabile dall’imputato e a lui non ascrivibile (Sez. 5, n. 12056 del 20/01/2021, Profeta, Rv. 281022 – 01; Sez. 3, n. 11460 del 05/12/2018, dep. 2019, Salvucci, Rv. 275184 – 01; Sez. 3, n. 10482 del 15/12/2015, dep. 2016, Ingoglia, Rv. 266494 - 01), la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che, qualora l’impedimento a comparire si verifichi nel corso del giudizio nel quale l’imputato ha scelto di rimanere estraneo, scelta conclamata dalla dichiarazione di contumacia, egli non potrà far valere un impedimento a comparire per la prosecuzione, senza aver prima richiesto di partecipare al processo (Sez. 2, n. 2559 del 19/12/2014, dep. 2015, D’Angelo, Rv. 262282 – 01).
Quanto alla prova dell’assoluta impossibilità a comparire, la giurisprudenza di legittimità è univocamente orientata nel ritenere che questa debba essere fornita dall’interessato, non ricorrendo a carico del giudice di merito alcun obbligo di disporre accertamenti nel caso in cui la documentazione prodotta sia insufficiente ad attestare l’assoluta impossibilità (Sez. 3, n. 28547 del 29/05/2014, Falconi, Rv. 259945 – 01; Sez. 2, n. 4300 del 12/12/2003, dep. 2004, Gabrielloni, Rv. 228153 – 01).
5. La sentenza delle Sezioni Unite “Arena”: una traccia per la soluzione della questione
A fronte dei due opposti orientamenti che si registravano in ordine alla sussistenza o meno di un onere di tempestiva comunicazione da parte dell’imputato del suo status detentionis, preclusivo del giudizio contumaciale, Sez. U, n. 37483 del 26/09/2006, Arena, Rv. 234600 – 01 ha affermato il principio di diritto secondo cui “la detenzione dell’imputato per altra causa, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata solo in udienza, integra un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del giudizio in contumacia, anche quando risulti che l’imputato medesimo avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, in quanto non è configurabile a suo carico, a differenza di quanto accade per il difensore, alcun onere di tempestiva comunicazione dell’impedimento”, salvo che l’imputato stesso non acconsenta alla celebrazione dell’udienza in sua assenza o, se detenuto, rifiuti di assistervi.
La soluzione individuata si fonda su ragioni normative e sistematiche.
Le Sezioni Unite, partendo dalla duplice considerazione che il processo in contumacia presenta elementi di forte attrito con un modello di processo penale ispirato ai principi accusatori, il quale postula la presenza dell’imputato al fine di esercitare i diritti e le facoltà attribuitigli dalla legge, e che, alla luce delle fonti nazionali (art. 111 Cost.) e delle fonti internazionali (art. 6, par. 3, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e art. 14, comma 3, del Patto internazionale sui diritti civili e politici pattizie)-, il procedimento contumaciale si pone come ipotesi eccezionale, hanno aderito al più restrittivo degli orientamenti che si registravano sul tema, affermando che la detenzione dell’imputato per altra causa costituisce legittimo impedimento anche nel caso in cui questi avrebbe potuto comunicare al giudice il suo status in tempo utile per la traduzione e, sottolineata la rilevanza oggettiva dello stato detentivo al fine del rinvio dell’udienza, hanno evidenziato che il giudice potrà soltanto verificare la sussistenza o meno di una volontà dell’imputato a che si proceda in sua assenza, escludendo al carico dell’imputato un onere di preventiva informazione al giudice, normativamente non previsto.
La decisione “Arena”, inoltre, ha guidato le Sezioni Unite nella risoluzione del contrasto sviluppatosi in merito alla sussistenza o meno del diritto dell’imputato, detenuto o comunque soggetto a misure limitative della libertà personale, a presenziare al giudizio camerale d’appello, qualora abbia manifestato la volontà di comparire, e alla natura delle conseguenze che la mancata traduzione dell’imputato determina sulla decisione assunta. Intervenendo su tale questione giuridica, Sez. U, n. 35399 del 24/06/2010, F., Rv. 247836 – 01 ha evidenziato, in motivazione, che la comparizione personale del prevenuto non riveste la medesima importanza decisiva nel giudizio di primo grado e in quello d’appello, nel quale la presenza dell’imputato non è necessaria, sicché soltanto “nel giudizio ordinario deve sempre essere assicurata, in mancanza di un inequivoco rifiuto, la presenza dell’imputato e, quindi, in virtù della norma generale fissata dall’art. 420-ter cod. proc. pen., qualora l’imputato non si presenti e in qualunque modo risulti (o appaia probabile) che l’assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, spetta al giudice disporre, anche d’ufficio, il rinvio ad una nuova udienza, senza che sia necessaria una qualche richiesta dell’imputato in tal senso” e la traduzione del medesimo, a meno che, ovviamente, non vi sia stato un rifiuto dell’imputato stesso di assistere all’udienza ai sensi dell’art. 420-quinquies cod. proc. pen.
6. La giurisprudenza di legittimità sulla questione controversa: i diversi orientamenti
Una delle prime risposte positive alla questione sottoposta all’attenzione delle Sezioni Unite è stata fornita da Sez. 6, n. 17214 del 09/05/1989, Madonia, Rv. 182778 – 01, secondo cui “legittimamente il giudice del merito dichiara la contumacia dell’imputato che si trova agli arresti domiciliari per altra causa ed al quale è stato ritualmente notificato il decreto di citazione a giudizio a mani proprie; in tale ipotesi, infatti, incombe all’imputato stesso, e non ad altri, richiedere all’autorità competente l’autorizzazione necessaria per lasciare la propria abitazione per presenziare al dibattimento, se lo voglia, ben potendo consentire che questo si svolga in sua assenza”, che ha ravvisato nell’adempimento di tale onere uno strumento a garanzia della maggiore fluidità del processo. In linea con tale principio, a distanza di circa un decennio Sez. 6, n. 7319 del 30/04/1997, Prinno, Rv. 209739 – 01, e, di seguito, Sez. 5, n. 7369 del 15/11/2002, dep. 2003, Giannone, Rv. 224859 – 01, Sez. 4, n. 28558 del 13/05/2005, Bruschi, Rv. 232436 – 01 e, ancora Sez. 5, n. 44922 del 14/11/2007, Gentile, Rv. 238505 – 01 hanno affermato che se è vero che “non esiste alcun onere a carico dell’imputato di comunicare tempestivamente al giudice procedente la propria sopravvenuta sottoposizione a privazione della libertà per altra causa”, è altrettanto vero che, nel caso di arresti domiciliari, sussiste a carico dell’imputato che intenda comparire, l’onere “di chiedere tempestivamente al giudice competente l’autorizzazione ad allontanarsi dal domicilio per il tempo necessario, non essendo al riguardo configurabile, per converso, un obbligo dell’autorità giudiziaria procedente di disporre la traduzione, come invece deve dirsi nel caso di sopravvenuta detenzione ordinaria”. Si è osservato in dottrina che la pronuncia “Gentile” solo apparentemente si pone in contrasto con il principio di diritto affermato dalla pronuncia “Arena”, in quanto nella vicenda sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite l’imputato, nelle more del giudizio, era stato sottoposto a regime carcerario per altro titolo di reato, mentre la vicenda decisa dalla Quinta sezione riguardava un imputato agli arresti domiciliari.
Sul punto si registrava un contrasto tra quella giurisprudenza di legittimità che parificava la posizione degli imputati privati a qualsiasi titolo della libertà personale e quella che, invece, valorizzava la diversità tra il regime carcerario e quello domiciliare.
All’indirizzo giurisprudenziale che. dalla differenza tra la situazione dell’imputato in custodia intramuraria e quella dell’imputato agli arresti domiciliari, fa conseguire a carico di quest’ultimo l’onere di attivarsi per chiedere l’autorizzazione ad allontanarsi per partecipare al processo e l’assenza di un assoluto impedimento a comparire, si sono allineate Sez. 2, n. 21529 del 24/04/2008, Rosato, Rv. 240107 – 01 e, in epoca successiva, Sez. 5, n. 30825 del 01/07/2014, Mondolo, Rv. 262402 – 01, secondo cui “l’imputato sottoposto ad arresti domiciliari per altra causa, che intende comparire in udienza, ha l’onere di chiedere tempestivamente al giudice competente l’autorizzazione ad allontanarsi dal domicilio per il tempo necessario, non essendo, in tal caso, configurabile un obbligo dell’autorità giudiziaria procedente di disporne la traduzione”.
L’indirizzo ha trovato conferma nelle pronunce di Sez. 5, n. 42888 del 05/06/2014, S., Rv. 260677 – 01; Sez. 6, n. 36384 del 25/06/2014, B., Rv. 260620 – 01 e Sez. 5, n. 12690 del 10/11/2014, dep. 2015, Perrotta, Rv. 263887 – 01; Sez. 5, n. 8876 del 22/12/2014, dep. 2015, Solchea, Rv. 263423 – 01; Sez. 3, n. 33404 del 15/07/2015, Tota, Rv. 264204 – 01; Sez. 2, n. 48030 del 20/01/2016, Guercio; Sez. 7, n. 20677 del 12/01/2018, Lambiase; Sez. 1, n. 39768 del 02/05/2018, Drago; Sez. 5, n. 32667 del 16/07/2018, Saracino; Sez. 5, n. 48911 del 01/10/2018, N., Rv. 274160 – 02; Sez. 2, n. 7286 del 15/11/2018, dep. 2019, Traini, Rv. 275608; Sez. 5, n. 6540 del 10/12/2018, dep. 2019, D., Rv. 275498 – 01 e, in tempi recenti, nelle decisioni di Sez. 4, n. 3905 del 21/01/2020, Huqi, Rv. 278289 - 01; Sez. 4, n. 10157 del 18/02/2020, Akhmedov, Rv. 278610 – 01.
Di diverso avviso è quell’orientamento che esclude l’onere dell’imputato di richiedere l’autorizzazione ad allontanarsi dal luogo di detenzione sul presupposto che gli arresti domiciliari, al pari della detenzione in carcere, determinano una privazione della libertà personale (Sez. 1, n. 5164 del 05/03/1990, Tortora, Rv. 183950 – 01), sicché in capo al giudice procedente, cognito della condizione in cui versa l’imputato, sussista l’obbligo di un doveroso “controllo sull’impedimento allegato” (Sez. 4, n. 5834 del 14/02/1991, Mereu, Rv. 187279 – 01), già inaugurato da Sez. 4, n. 13715 del 28/05/1990, Millocca, Rv. 185529 – 01, ha trovato riscontro nelle decisioni assunte da Sez. 4, n. 5834 del 14/02/1991, Mereu, Rv. 187279 – 01 e, a distanza di qualche anno, da Sez. 6, n. 5989 del 10/03/1997, Valle, Rv. 209322 – 01, e, di lì a poco, da Sez. 1, n. 4230 del 03/03/1998, Di Mariano, Rv. 210205 – 01 che, nell’affrontare il diverso profilo concernente il potere-dovere di controllo del giudice sulle relate di notifica al fine di accertare la sussistenza o meno di uno stato di detenzione dell’imputato per altra causa, dopo aver affermato che “in caso di regolarità della notifica è correttamente dichiarata la contumacia dell’imputato detenuto per altra causa e del quale non sia stata disposta la traduzione in aula, quando lo stato di detenzione non sia conosciuto dal giudice”, sussistendo l’onere, per l’imputato detenuto per altra causa, di attivarsi, eventualmente tramite il proprio difensore, per far conoscere al giudice il suo stato e rendere possibile, con la traduzione disposta, il processo a suo carico, ha precisando, tuttavia, che qualora lo status detentionis risulti dagli atti – ed in particolare dalla relata di notifica –, incombe sul giudice procedente l’obbligo di disporre la traduzione dell’imputato medesimo. In linea si sono poste Sez. 6, n. 5776 del 28/03/2000, Nacchio, Rv. 216861 – 01, Sez. 1, n. 13593 del 13/02/2001, Mormone, Rv. 218806 – 01 che, in motivazione ha precisato che “l’imputato che si trovi agli arresti domiciliari per altra causa e nei cui confronti, essendo nota al giudice procedente tale sua situazione, non sia stata disposta la traduzione, è da considerare legittimamente impedito a comparire e non può, quindi, essere dichiarato contumace; né rileva in contrario il fatto che egli non abbia manifestato tempestivamente la sua volontà di essere presente al dibattimento, chiedendo quindi al giudice la rimozione del suddetto impedimento, atteso che non è configurabile a suo carico un siffatto obbligo, mentre spetta comunque al giudice il dovere di porre l’imputato in grado di esercitare il suo diritto di essere presente al giudizio”, sul presupposto che ravvisando soltanto in capo all’imputato agli arresti domiciliari l’onere di manifestare la volontà di essere presente in dibattimento e di sollecitare il giudice della cautela a rimuovere l’impedimento a comparire, “non si comprenderebbe la ragione per la quale tale principio non dovrebbe valere anche nei confronti dell’imputato in stato di restrizione in carcere in considerazione che un allontanamento abusivo produrrebbe in entrambi i casi gli stessi effetti”, nonché Sez. 2, n. 41252 del 07/11/2002, Vallese, Rv. 223498 – 01 e, a distanza di qualche anno, Sez. 5, n. 37620 del 17/10/2006, Serra, Rv. 235227 – 01, secondo cui “lo stato di detenzione (o assimilati)” costituisce ex se una limitazione della libertà di locomozione e spostamento del soggetto, alla quale deve porsi rimedio mediante l’ordine di traduzione, rimanendo altrimenti l’imputato privato del diritto a intervenire e a difendersi, anche personalmente, che gli deve essere “incondizionatamente assicurato”, in ossequio alla normativa sovranazionale generalmente riconosciuta”, seguita da Sez. 6, n. 44421 del 13/11/2008, Apice, Rv. 241605 – 01 e da Sez. 6, n. 19733 del 19/03/2009, Ceccamese, Rv. 243965- 01 e, con riferimento al regime di semidetenzione, da Sez. 4, n. 1871 del 03/10/2013, dep. 2014, Santamaria, Rv. 258177 – 01 e Sez. 4, n. 18455 del 30/01/2014, P., Rv. 261562 – 01. Poco prima, Sez. 6, n. 2300 del 10/12/2013, dep. 2014, Deda, Rv. 258246 – 01, riprendendo il ragionamento svolto di Sez. 5, n. 37620 del 17/10/2006, Serra, Rv. 235227 – 01, secondo cui “alla luce degli arresti della giurisprudenza CEDU”, l’esistenza di un oggettivo insormontabile impedimento a comparire dell’imputato potrebbe essere considerato irrilevante solo ove ricorrano le condizioni che rendono legittimo il processo penale contumaciale, ha escluso la possibilità di desumere implicitamente, in via sistematica, l’esistenza di un analogo onere di comunicazione all’autorità giudiziaria procedente a carico dell’imputato.
La configurabilità in capo al solo difensore di un onere di tempestiva comunicazione dell’impedimento a comparire all’autorità giudiziaria e, per converso, la mancanza di un analogo onere per l’imputato anche nei casi in cui emerga che questi avrebbe potuto informare del proprio status detentionis il giudice in tempo utile per la traduzione, è stata ribadita da Sez. 2, n. 8098 del 10/02/2016, Moccia, Rv. 266217 – 01 e, prima ancora, da Sez. 4, n. 19130 del 14/10/2014, dep. 2015, Di Rocco, Rv. 263490 – 01, e, da ultimo, Sez. 5, n. 37658 del 20/11/2020, Ferri, Rv. 280139 – 01.
Analogamente, anche Sez. 5, n. 47048 del 12/07/2019, F., Rv. 277113 – 01, dopo aver rammentato che l’imputato ammesso al regime degli arresti domiciliari si trova pur sempre in stato di detenzione e che, quindi, può lasciare il luogo di detenzione solo previa autorizzazione del giudice competente o per disposizione dello stesso, che deve ordinarne la traduzione, ha precisato che non potrebbe ritenersi che, in caso di restrizione diversa dalla detenzione in carcere, l’impedimento non sarebbe più legittimo ed assoluto solo perché l’imputato potrebbe chiedere l’autorizzazione o l’accompagnamento o la traduzione al giudice competente, in quanto “chi viene ammesso al regime degli arresti domiciliari […] si trover[a] pur sempre, in stato di detenzione, cioè di privazione della libertà personale e può lasciare il luogo di arresto domiciliare solo previa autorizzazione del magistrato competente o per disposizione dello stesso che deve, in tal caso, ordinarne la traduzione”.
7. La giurisprudenza di rilevanza indiretta
Utili spunti di riflessione si rinvengono nella pronuncia di Sez. 5, n. 5891 del 05/12/2005, dep. 2006, Del Pan, Rv. 233844 – 01, secondo cui “in tema di legittimo impedimento a comparire al dibattimento, l’imputato, citato a giudizio ritualmente, quando si trovi sottoposto per altro titolo alla misura di sicurezza della libertà vigilata con obbligo di soggiorno, ha l’onere di richiedere tempestivamente, ai fini della rimozione dell’impedimento, al giudice che ha disposto la misura la prescritta autorizzazione ad allontanarsi dal luogo di esecuzione della misura o, in caso di ritardo nel rilascio della suddetta autorizzazione, fare conoscere al giudice procedente, prima del dibattimento, il motivo del suo impedimento”.
Nel diverso tema delle misure di prevenzione, in linea con Sez. 5, n. 38422 del 12/07/2010, La Marca, Rv. 248649 - 01; Sez. 2, n. 16352 del 06/04/2006, Longhitano, Rv. 234751 - 01; Sez. 6, n. 21561 del 29/01/2002, Buraglia, Rv. 222742 – 01; Sez. 6, n. 44764 del 28/11/2001, Bonaccorsi, Rv. 220527 – 01, secondo cui spetta all’autorità giudiziaria che ha applicato la misura di prevenzione il compito di autorizzare il sottoposto, che ne abbia fatta istanza, a recarsi davanti ad altra autorità giudiziaria per partecipare ad un procedimento penale a suo carico, Sez. 6, n. 12806 del 10/11/2011, dep. 2012, Buscemi, Rv. 252577 – 01 ha affermato che “è legittimo l’impedimento a comparire dell’imputato che, sottoposto alla misura di prevenzione dell’obbligo di soggiorno in un comune diverso da quello del luogo di svolgimento del giudizio, non abbia ottenuto, pur avendola richiesta, l’autorizzazione a recarsi in udienza da parte del Tribunale competente in materia di misure di prevenzione”, autorizzazione, in mancanza della quale, il procedimento non potrà essere trattato in assenza “se non a pena di trasgressione degli obblighi impostigli con il provvedimento di prevenzione” da parte del medesimo.
Ancora, Sez. 1, n. 49882 del 06/10/2015, Pernagallo, Rv. 265546 – 01, affrontando il tema dell’ambito di esplicazione del contraddittorio in sede di impugnazione dei provvedimenti applicativi delle misure cautelari alla luce dei cambiamenti apportati in materia dalla legge n. 47 del 2015, ha colto, quale elemento di novità della novella, il riconoscimento del diritto del detenuto (in generale) di partecipare al giudizio in funzione auto-difensiva, “atteso che il contatto diretto con il giudice può avere un’efficacia persuasiva delle argomentazioni difensive”, sempre che il detenuto, sia esso indagato o imputato, ne abbia fatto richiesta.
Ulteriore espressione dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità che ravvisa nella manifestazione di volontà la condizione indefettibile per la partecipazione del detenuto al suo processo, si rinviene nella pronuncia di Sez. U, n. 11803 del 27/02/2020, Ramondo, Rv. 278491 – 01 che, nel risolvere il contrasto sorto in merito all’individuazione del momento in cui, nell’ambito del procedimento di riesame delle misure cautelari custodiali, debba essere formulata la richiesta di partecipazione all’udienza da parte dell’indagato detenuto, pur aderendo all’orientamento maggioritario che individua lo sbarramento processuale nella richiesta di riesame, ha tuttavia esteso il termine sino al momento della presentazione dell’istanza di differimento dell’udienza formulata dall’indagato che intenda essere sentito su temi specifici.
Si coglie nella pronuncia il valore primario del diritto di partecipazione riconosciuto al "principe" del procedimento cautelare – vale a dire di colui che ha perso il diritto inviolabile della libertà personale” – sempre che ne abbia fatto richiesta, anche per il tramite del difensore, “in tempo utile per organizzare la sua traduzione”.
8. La decisione
Con la decisione assunta all’udienza del 30 settembre 2021, della quale oggi si attende il deposito della motivazione per verificare le ragioni della soluzione prescelta e della quale è nota soltanto la soluzione adottata, le Sezioni Unite hanno affermato che “La restrizione dell’imputato agli arresti domiciliari per altra causa, documentata o, comunque, comunicata al giudice procedente, in qualunque tempo, integra un impedimento legittimo a comparire che impone al medesimo giudice di rinviare ad una nuova udienza e disporne la traduzione”. Evidentemente le Sezioni Unite hanno condiviso l’orientamento giurisprudenziale che parifica la condizione dell’imputato agli arresti domiciliari a quella dell’imputato in regime di restrizione carceraria, sul presupposto che qualsiasi limitazione alla libertà personale, poiché non consente all’imputato di presenziare liberamente all’udienza, rappresenta in re ipsa un legittimo impedimento che impone al giudice - che, in qualunque modo e in qualunque tempo, sia venuto a conoscenza dello stato di restrizione della libertà, anche senza una richiesta dell’imputato - l’obbligo di rinviare il processo ad una nuova udienza e disporre la traduzione dell’imputato, salvo un espresso rifiuto dell’imputato di assistere all’udienza, così da evitare il rischio che il giudice della cautela possa negare l’esercizio del “suo” diritto al protagonista del processo e da assicurare snellezza e celerità al processo, evitando non giustificate condotte dilatorie dell’imputato.
Indice delle sentenze citate Sentenze dalla Corte di cassazione Sez. 6, n. 17214 del 09/05/1989, Madonia, Rv. 182778 – 01 Sez. 1, n. 5164 del 05/03/1990, Tortora, Rv. 183950 – 01 Sez. 4, n. 13715 del 28/05/1990, Millocca, Rv. 185529 – 01 Sez. 4, n. 35399 del 14/02/1991, Mereu, Rv. 187279 – 01 Sez. 6, n. 5989 del 10/03/1997, Valle, Rv. 209322 – 01 Sez. 6, n. 77319 del 30/4/1997, Prinno, Rv. 209739 – 01 Sez. 1, n. 4230 del 03/03/1998, Di Mariano, Rv. 210205 – 01 Sez. 6, n. 5776 del 28/03/2000, Nacchio, Rv. 216861 – 01 Sez. 1, n. 13593 del 13/02/2001, Mormone, Rv. 218806 – 01 Sez. 6, n. 44764 del 28/11/2001, Bonaccorsi, Rv. 220527 – 01 Sez. 6, n. 21561 del 29/01/2002, Buraglia, Rv. 222742 – 01 Sez. U, n. 41252 del 07/11/2002, Vallese, Rv. 223498 – 01 Sez. 5, n. 7369 del 15/11/2002, dep. 2003, Giannone, Rv. 224859 – 01 Sez. 2, n. 4300 del 12/12/2003, dep. 2004, Gabrielloni, Rv. 228153 – 01 Sez. 4, n. 28558 del 13/5/2005, Bruschi, Rv. 232436 – 01 Sez. 5, n. 5891 del 05/12/2005, dep. 2006, Del Pan, Rv. 233844 – 01 Sez. 2, n. 16352 del 06/04/2006, Longhitano, Rv. 234751 - 01 Sez. U, n. 37483 del 26/09/2006, Arena, Rv. 234600 – 01 Sez. 5, n. 37620 del 17/10/2006, Serra, Rv. 235227 – 01 Sez. 5, n. 44922 del 14/11/2007, Gentile, Rv. 238505 – 01 Sez. 2, n. 21529 del 24/4/2008, Rosato, Rv. 240107 – 01 Sez. 6, n. 44421 del 13/11/2008, Apice, Rv. 241605 – 01 Sez. 6, n. 19733 del 19/03/2009, Ceccamese, Rv. 243965 – 01 Sez. U, n. 35399 del 24/06/2010, F., Rv. 247836 – 01 Sez. U, n. 35399 del 24/06/2010, F., Rv. 247837 – 01 Sez. 5, n. 38422 del 12/07/2010, La Marca, Rv. 248649 - 01 Sez. 6, n. 12806 del 10/11/2011, dep. 2012, Buscemi, Rv. 252577 – 01 Sez. 4, n. 1871 del 03/10/2013, dep. 2014, Santamaria, Rv. 258177 – 01 Sez. 6, n. 2300 del 10/12/2013, dep. 2014, Deda, Rv. 258246 – 01 Sez. 4, n. 18455 del 30/01/2014, P., Rv. 261562 – 01 Sez. 3, n. 28547 del 29/05/2014, Falconi, Rv. 259945 – 01 Sez. 5, n. 42888 del 5/6/2014, S., Rv. 260677 - 01 Sez. 6, n. 36384 del 25/6/2014, B., Rv. 260620 - 01 Sez. 5, n. 30825 del 1/7/2014, Mondolo, Rv. 262402 - 01 Sez. 4, n. 19130 del 14/10/2014, dep. 2015, Di Rocco, Rv. 263490 – 01 Sez. 5, n. 12690 del 10/11/2014, dep. 2015, Perrotta, Rv. 263887 – 01 Sez. 2, n. 2559 del 19/12/2014, dep. 2015, D›Angelo, Rv. 262282 – 01 Sez. 5, n. 8876 del 22/12/2014, dep. 2015, Solchea, Rv. 263423 – 01 Sez. 2, n. 17810 del 9/4/2015, Milani, Rv 263532 - 01 Sez. 3, n. 33404 del 15/7/2015, Tota, Rv. 264204-01 Sez. 1, n. 49882 del 06/10/2015, Pernagallo, Rv 265546 – 01 Sez. 3, n. 10482 del 15/12/2015, dep. 2016, Ingoglia, Rv. 266494 – 01 Sez. 2, n. 8098 del 10/02/2016, Moccia, Rv. 266217 – 01 Sez. 2, n. 48030 del 20/10/2016, Guercio; Sez. 2, n. 30258 del 14/03/2017, Minguzzi, Rv. 270594 – 01 Sez. 7, n. 20677 del 12/1/2018, Lambiase Sez. 1, n. 39768 del 2/5/2018, Drago Sez. 5, n. 32667 del 16/7/2018, Saracino Sez. 5, n. 48911 del 1/10/2018, N., Rv. 274160 – 02 Sez. 2, n. 7286 del 15/11/2018, dep. 2019, Traini, Rv. 275608 – 01 Sez. 3, n. 11460 del 05/12/2018, dep. 2019, Salvucci, Rv. 275184 – 01 Sez. 5, n. 6540 del 10/12/2018, dep. 2019, D., Rv.275498 - 01 Sez. 2, n. 27817 del 22/3/2019, Tostelli, Rv. 276563 - 01 Sez. 5, n. 47048 del 12/07/2019, F., Rv. 277113 – 01 Sez. 4, n. 3905 del 21/01/2020, Huqi, Rv. 278289 – 01 Sez. 4, n. 10157 del 18/02/2020, Akhmedov, Rv. 278610 – 01 Sez. 5, n. 15407 del 24/02/2020, Stretti, Rv. 279088 – 01 Sez. U, n. 11803 del 27/02/2020, Ramondo, Rv 278491 - 01 Sez. 5, n. 37658 del 20/11/2020, Ferri, 280139 – 01 Sez. 5, n. 12056 del 20/01/2021, Profeta, Rv. 281022 – 01
Sentenze dalla Corte EDU Corte EDU, Groshev c. Russia, n. 69889/01/2005 Corte EDU, Sejdovic c. Italia, n. 56581/00/2006 Corte EDU, Mokrushina c. Russia, n. 23377/02/2006 Corte EDU, Kovalev c. Russia, n. 78145/01/2007 Corte EDU, Maksimov c. Azerbaigian, n. 38228/05/2009
Fonte: CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ufficio del Massimario Rassegna della giurisprudenza di legittimità Gli orientamenti delle Sezioni Penali Anno 2021 VOLUME II