Fatture false: anche quelle autoprodotte configurano il reato di dichiarazione fraudolenta (Cass. Pen. 13364/2024)
- Avvocato Del Giudice
- 5 apr
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L’art. 2 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 disciplina il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture o altri documenti relativi a operazioni inesistenti. La norma si applica nei casi in cui il contribuente, con l’intento di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, inserisca nella dichiarazione elementi passivi fittizi, facendo uso di documenti che attestano operazioni mai avvenute o che divergono dalla realtà economica.
La Cassazione penale, Sez. III, con la sentenza n. 13364 del 14 febbraio 2024, ha affrontato il tema del reato di dichiarazione fraudolenta, chiarendo come l’utilizzo di fatture materialmente false rientri pienamente nel reato di cui all’art. 2 del D.Lgs. 74/2000.
La pronuncia fornisce chiarimenti sulla differenza tra fatture ideologicamente false e fatture materialmente false, e sul ruolo che queste svolgono nella configurazione del reato tributario.
La vicenda processuale
La sentenza riguarda il caso di un imprenditore, titolare di una ditta individuale, condannato per aver utilizzato, nella dichiarazione dei redditi relativa all'anno 2015, una fattura materialmente falsa per un importo di €85.000, emessa al fine di abbattere l’imponibile e ridurre l’imposta sul valore aggiunto.
In primo grado, il Tribunale di Brescia aveva ritenuto l’imputato colpevole del reato di cui all’art. 2 del D.Lgs. 74/2000, condannandolo a un anno e sei mesi di reclusione, con sospensione condizionale della pena, e ordinando la confisca del profitto diretto e per equivalente.
La Corte di Appello di Brescia, successivamente, aveva confermato la condanna, ma aveva concesso all’imputato il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, contestando l’applicazione dell’art. 2 e sostenendo che l’utilizzo di una fattura materialmente falsa dovesse rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 3 del D.Lgs. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici), che prevede delle soglie di punibilità che non sarebbero state superate nel caso di specie.
Il principio di diritto
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che il reato di cui all’art. 2 del D.Lgs. 74/2000 si applica sia alle fatture ideologicamente false (documenti che attestano operazioni mai avvenute) sia alle fatture materialmente false, cioè quei documenti che sono creati dall’utilizzatore stesso ma che appaiono come emessi da un terzo.
In entrambi i casi, l’obiettivo è lo stesso: abbattere l’imponibile attraverso l’indicazione di costi inesistenti.
La Corte ha richiamato precedenti giurisprudenziali secondo cui il reato di dichiarazione fraudolenta si configura anche nel caso in cui il documento falso venga creato dallo stesso soggetto che lo utilizza, senza che vi sia necessità di coinvolgere un terzo nell'emissione della fattura.
La distinzione tra art. 2 e art. 3 del D.Lgs. 74/2000
La difesa dell’imputato aveva cercato di sostenere che l’utilizzo di una fattura materialmente falsa rientrasse nella fattispecie dell’art. 3 del D.Lgs. 74/2000, che punisce la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, e che richiede il superamento di determinate soglie di punibilità.
Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che la clausola di riserva contenuta nell’art. 3, secondo cui esso si applica solo quando non si configurano gli estremi dell’art. 2, implica che le fatture materialmente false siano ricomprese nella fattispecie di cui all’art. 2.
Questa distinzione si fonda sulla natura dei documenti utilizzati per realizzare la frode.
L’art. 2 riguarda espressamente l’uso di fatture o altri documenti relativi a operazioni inesistenti, mentre l’art. 3 punisce la falsificazione delle scritture contabili o l’utilizzo di altri mezzi fraudolenti per ostacolare l’accertamento fiscale.
Le fatture false, per la loro particolare capacità di ingannare l’amministrazione finanziaria, rientrano nella fattispecie dell’art. 2, indipendentemente dal fatto che la falsità sia ideologica o materiale.
La sentenza n. 13364/2024 stabilisce che l’art. 2 del D.Lgs. 74/2000 si applica sia alle fatture ideologicamente false sia a quelle materialmente false.
La pronuncia sottolinea, inoltre, la distinzione tra l’art. 2 e l’art. 3 del decreto, chiarendo che l’applicazione dell’uno esclude automaticamente l’applicazione dell’altro, in base al principio di specialità.
Le fatture, per la loro capacità di comprovare l’esistenza di operazioni economiche che incidono sull’imponibile, godono di una presunzione di validità che conferisce loro una maggiore capacità decettiva, giustificando un trattamento sanzionatorio più severo rispetto ad altri artifici.