La massima
In tema di delitti contro l'onore, costituisce legittimo esercizio del diritto di critica politica la diffusione, con mezzo di pubblicità, di giudizi negativi circa condotte biasimevoli poste in essere da amministratori pubblici, purché la critica prenda spunto da una notizia vera, si connoti di pubblico interesse e non trascenda in un attacco personale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto scriminata la condotta degli imputati, che avevano aspramente criticato su "Facebook" il presidente di un ente pubblico regionale per aver "chiesto personalmente voti" nella pubblica via in un giorno di silenzio elettorale e per avere, nell'esercizio delle funzioni, "affidato incarichi legali esterni" ad "alcuni avvocati di stretta conoscenza", circostanze risultate vere - Cassazione penale sez. V - 10/11/2022, n. 4530).
Fonte: CED Cass. pen. 2023
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La sentenza integrale
Cassazione penale sez. V - 10/11/2022, n. 4530
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, emessa il 29/06/2021, la Corte di appello di Caltanissetta, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Enna - che aveva dichiarato A.M. e F.S. colpevoli del reato di diffamazione aggravata ai sensi dell'art. 595 c.p., comma 2 e 3 a ciascuno rispettivamente ascritto, per avere offeso la reputazione di C.A.S.M., condannando ciascuno alla pena di Euro 600 di multa, e al risarcimento dei danni equitativamente determinati in Euro 12.000 cadauno, - ha revocato le statuizioni civili relative alla quantificazione equitativa del danno, rimettendo le parti dinanzi al Giudice civile per la determinazione, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
1.1. In particolare, ad A. è contestato di avere reso dichiarazioni, pubblicate su diversi quotidiani nonché sul proprio profilo facebook, offensive della reputazione di C.A., affermando, contrariamente al vero, che lo stesso "avesse effettuato farneticazioni e che avesse chiesto personalmente voti, in occasione della campagna elettorale ennese, nella centrale via Roma, e con la scorta al seguito" (capo A); mentre a F. è contestato di avere postato un commento sul profilo facebook di A.M., con cui affermava, contrariamente al vero, che C.A. avesse "affidato incarichi legali esterni all'IRSAP contra legem, laddove faceva riferimento alla "condotta del geom. C. nell'affidare incarichi legali all'IRSAP esterni e soprattutto concentrati solo su alcuni Avvocati di stretta conoscenza"(capo B); fatti entrambi aggravati ai sensi dell'art. 595 c.p., commi 2 e 3.
2. Hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati, per il tramite del rispettivo difensore di fiducia.
2.1. Nell'interesse di A.M. il difensore, avvocato Silvano Domina, svolge due motivi.
2.1.1. Con il primo, denuncia violazione dell'art. 525 c.p.p., comma 2 rilevando che, nella intestazione della sentenza impugnata, sono indicati, quali componenti del collegio decidente, magistrati diversi da quelli risultanti dal verbale dell'udienza del 29 giugno 2021.
2.1.2. Con il secondo motivo, è denunciata violazione degli artt. 595 e 51 c.p.. sostenendosi l'inoffensività della condotta del ricorrente, non emergendo il carattere denigratorio delle frasi incriminate, in relazione al contesto politico nel cui ambito si inseriva il "botta e risposta" tra antagonisti politici, l'on. A., deputato della Regione Sicilia, e la p.o. C., presidente dell'Irsap (ente pubblico regionale), incarico di nomina politica, essendo avvenuti i fatti durante la campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale di (Omissis). Si segnala come l'espressione "rispetto alle farneticazioni del geom. C." costituisse una replica a quanto affermato dal C. il (Omissis) in un comunicato stampa pubblicato sul giornale "(Omissis)". I fatti sono, dunque, sussumibili nel diritto di critica politica, di cui ricorrono tutti i presupposti, di verità, pertinenza, continenza, per come elaborati dalla giurisprudenza.
2.2. Nell'interesse di F.S., il difensore, avvocato Salvatore Domante, svolge tre motivi.
2.2.1. Posto che al F. è contestato di avere postato un commento sul profilo Facebook di A.M., con cui affermava, contrariamente al vero, che C.A. "avesse affidato incarichi legali esterni all'IRSAP contra legem", con il primo motivo, denuncia travisamento della prova circa la riconducibilità del post incriminato all'odierno ricorrente, in assenza di accertamenti sull'indirizzo I.P. utilizzato per la pubblicazione del commento sul profilo Facebook di A.M., onde potere risalire con certezza alla attribuzione del commento all'imputato, che ne contesta la titolarità. Ci si duole, inoltre, che la documentazione attestante la diffamazione sia stata prodotta su semplice stampa di carta. In ogni caso, mancherebbe l'offensività della condotta, in quanto non vi è la attribuzione di una condotta contra legem, essendosi limitato il ricorrente a un generico riferimento "agli incarichi...soprattutto concentrati solo su alcuni avvocati di stretta conoscenza". D'altro canto, mancherebbe il requisito della comunicazione con più persone, atteso che il ricorrente si è limitato a condividere un commento con il titolare della bacheca facebook, non potendo rispondere della altrui diffusione. In assenza di movente, si lamenta la decontestualizzazione della condotta rispetto alla competizione politica in corso.
2.2.2. Con il secondo motivo, si lamenta l'eccessiva severità del trattamento sanzionatorio, essendo stata inflitta al F. la stessa pena dell' A., pur nell'evidente marginalità del ruolo.
2.2.3. Con il terzo motivo si enuncia violazione dell'art. 131 bis c.p., in presenza di persona incensurata, e di un fatto tenue.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono fondati, ricorrendo, nel caso in scrutinio, condotte scriminate ai sensi dell'art. 51 c.p., in quanto rientranti nell'ambito del diritto di critica.
2. In primo luogo, è manifestamente infondato il primo motivo del ricorso nell'interesse di A., dovendo darsi prevalenza al contenuto del verbale di udienza rispetto all'intestazione della sentenza, in caso di difformità dei nominativi degli imputati, purché - come è nel caso di specie - i sottoscrittori della sentenza coincidano con i giudici che, secondo quanto risultante dal verbale, hanno deliberato. Trattasi, infatti, in tal caso, non di una nullità assoluta ma di un mero errore materiale nella intestazione della sentenza e di una semplice irregolarità formale, in quanto la reale situazione trova incontestabile riscontro e documentazione nelle risultanze del verbale del dibattimento (Sez. 3, n. 556 del 06/02/1996, Rv. 204707; conf. Sez. 2, n. 32991 del 24/06/2011, Rv. 251350; Sez. 5, n. 2809 del 12/11/2014 (dep. 2015) Rv. 262587).
3.E' parimenti infondata la doglianza nell'interesse di F., circa l'insufficienza probatoria della riconducibilità del post all'imputato, dal momento che la Corte di appello ha ben illustrato (pg. 4 della sentenza) le ragioni che, sul piano logico, pur senza avere svolto accertamenti tecnici, conducono a ritenere che il commento in questione sia riconducibile al F..
4. Quanto al merito dei fatti, per come accertato dai giudici di merito, essi traggono origine dalle pubblicazioni da parte del Deputato regionale A.M., nei giorni 3 e (Omissis), su alcune testate giornalistiche siciliane, anche pubblicate online, nonché sul proprio profilo facebook, le affermazioni già innanzi richiamate. Emerge, inoltre, anche per quanto dichiarato dallo stesso denunciante, che: A.M. era stato sostituito, nell'incarico di Dirigente generale dell'ASI, - a seguito di commissariamento dell'ente pubblico, correlato a vizi di gestione, - da C.A., nominato commissario straordinario; che lo stesso C., durante il periodo del Commissariamento aveva inviato plurime segnalazioni riguardanti la cattiva gestione della cosa pubblica da parte del suo predecessore; che, a seguito del rinvio a giudizio disposto nei confronti di A. per il reato di abuso di ufficio, questi rese le dichiarazioni incriminate alla stampa, in cui sottolineava di essere stato rinviato a giudizio, pur a fronte di una quantità enorme di
segnalazioni a suo carico, da parte del C., solo per quell'unico reato di cui all'art. 323 c.p.; che, invece, secondo il C., si tratterebbe di affermazione non veritiera, dal momento che, presso la competente Procura della Repubblica erano in corso altre indagini per fatti analoghi, oltre a un giudizio per diffamazione, a carico di A.M.. Secondo la parte civile, sarebbe falsa anche l'affermazione relativa alla passeggiata sul corso principale di (Omissis), a braccetto con una candidata, che il C. avrebbe effettuato il venerdì precedente le elezioni comunali del 2015, perché quel giorno egli si recò a Caltagirone, ove ha sede l'Ufficio periferico dell'IRSAP per un incontro con gli industriali di quella località, mentre giunse a (Omissis) e passeggiò da libero cittadino, a campagna elettorale chiusa, solo il sabato mattina, insieme alla sua amica, di cui ricorreva il compleanno.
Neppure sarebbero giustificate le "farneticazioni" attribuite dall' A. al C., giacché la questione della mala gestio dell'ente pubblico, dalla cui gestione l' A. era stato sollevato, era stata rilevata in provvedimenti del giudice amministrativo e dal Pubblico Ministero nella richiesta di archiviazione formulata in favore del denunciante, per fatti denunciati da A. l'8.8.2013. Sarebbe, inoltre, falso quanto dichiarato nel post di commento del F., circa i favoritismi del C. nelle nomine dell'ASI, durante la sua gestione, in quanto esse seguivano una predeterminata prassi, con intervento della persona offesa solo al momento della firma.
In sostanza, nell'ottica del querelante, condivisa dai giudici di merito, la condotta degli imputati, volta a discreditare e delegittimare il C. davanti alla collettività, denigrandone l'operato e l'attività zelante di denuncia delle gravi irregolarità che riscontrava nei ruoli ricoperti dal 2009, sarebbero state originate dal rancore nutrito dall' A. nei confronti del C. sin dal 2009, quando aveva avviato il procedimento per la revoca del suo incarico di direttore generale del consorzio ASI di (Omissis), nonché dal timore che, dall'estesa e concreta azione di contrasto alle illegalità nell'ambito della gestione del Consorzio, ove l' A. aveva ricoperti, per diversi anni, il ruolo gestionale di vertice (cfr. sentenza di primo grado pg. 14).
5. Così ricostruiti i fatti, risultano manifestamente infondati i motivi, formulati nell'interesse di entrambi i ricorrenti, con i quali si invoca l'inoffensività del fatto, per l'insussistenza dell'offesa. Il carattere denigratorio delle affermazioni incriminate emerge, invece, ictu oculi dall'imputazione: sia laddove si attribuiscono alla p.o. "farneticazioni", sia quando lo si addita come un pubblico funzionario incline a favoritismi nel conferimento di incarichi professionali e, più in generale, a una strumentalizzazione privatistica della cosa pubblica.
5.1. Va, prima, ricordato, che, secondo incontrastato orientamento di legittimità, in materia di diffamazione, la Corte di cassazione può conoscere e valutare la frase che si assume lesiva della altrui reputazione perché è compito del giudice di legittimità procedere, in primo luogo, a considerare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie, dovendo, in caso di esclusione di questa, pronunciare sentenza di assoluzione dell'imputato (ex plurimis, Sez. 5, n. 832 del 21/06/2005 (dep. 2006) Rv. 233749; Sez. 5, n. 41869 del 14/02/2013, Rv. 256706; Sez. 5, n. 48698 del
19/09/2014 Rv. 261284; Sez. 5 n. 2473 del 10/10/2019 (dep. 2020) Rv. 278145).
5.2.Tanto premesso, si osserva che il I. "farneticazione" indica vaneggiamento e delirio, rimandando, quindi, all'assenza di controllo razionale nell'eloquio. Quanto all'indicazione del C. come di persona che, nell'espletamento del proprio mandato di Presidente del Consorzio ASI, avrebbe nominato professionisti di sua conoscenza, la carica offensiva si rinviene nell'accusa di aver conferito un incarico, non nell'interesse dell'amministrazione comunale, venendo meno al dovere di imparzialità. Detta affermazione, in quanto contenente una censura di carattere morale e giuridico-penale, risulta sicuramente lesiva del credito sociale di un uomo pubblico, con possibili ripercussioni negative sul piano giudiziario, e anche sotto il profilo professionale, dal momento che la presidenza dell'ASI è incarico di nomina politica. Analoghe considerazioni possono farsi quanto alla circostanza, pure riportata nell'imputazione sub a), che la passeggiata a (Omissis) fosse avvenuta con la scorta al seguito, evocando l'affermazione l'utilizzo improprio delle risorse personali ed economiche dell'amministrazione pubblica.
6. Sono, invece, fondati, i motivi con i quali si invoca l'esimente del diritto di critica, in maniera assorbente rispetto ai successivi, in ragione del chiaro contesto critico nel quale le espressioni incriminate si sono inserite, giacché, come detto, per un verso, l' A. era un consigliere regionale, mentre il C. ricopriva incarichi pubblici di nomina politica (IRSAP e ASI); dall'altro, la necessaria contestualizzazione delle propalazioni porta a considerare che la disputa si è svolta pubblicamente tra due esponenti politici o comunque posti al vertice di enti pubblici, peraltro in un periodo prossimo a una competizione elettorale locale, riferendosi, peraltro, le parti a opposti schieramenti politici. In tale ambito va, altresì, considerato che le dichiarazioni pubblicate dall' A. erano una replica alla notizia del rinvio a giudizio diffusa mediante una intervista rilasciata proprio dal C.,
6.1. Invero, risultano indiscutibili e indiscussi alcuni dati storici: le dichiarazioni, dell' A. prima e del F. poi, sono intervenute immediatamente dopo la pubblicazione della notizia, a opera del C., del rinvio a giudizio del Deputato regionale A.M., per il delitto di abuso di ufficio, collegato alla sua precedente attività di Presidente dell'ASI; è realmente avvenuta la "passeggiata" del C., unitamente a una candidata alle elezioni comunali, lungo il corso principale di (Omissis), il giorno prima delle elezioni, in un momento in cui, cioè, è imposto dalla legge il "silenzio elettorale"; con riguardo all'accusa di favoritismi, la stessa persona offesa si è limitata a ricostruire l'iter burocratico invalso presso l'amministrazione da lui presieduta, senza smentire che le nomine fossero intervenute in favore di avvocati di sua conoscenza.
6.2. In via generale, in tema di esimenti del diritto di critica e di cronaca, la giurisprudenza di questa Corte si esprime ormai in termini consolidati nell'individuare i requisiti caratterizzanti in 5
quelli a) dell'interesse sociale, b) della continenza del linguaggio e c) della verità del fatto narrato, e, in tale ottica, ha evocato il parametro della attualità della notizia: nel senso cioè che una delle ragioni fondanti della esclusione della antigiuridicità della condotta lesiva della altrui reputazione è vista nell'interesse generale alla conoscenza del fatto ossia nella attitudine della notizia a contribuire alla formazione della pubblica opinione, in modo che ognuno possa fare liberamente le proprie scelte, in campi di interesse generale (Sez. 5, n. 39503 del 11/05/2012, Clemente, Rv. 254789; Sez 5 n. 48712 del 26/09/2014, Rv. 261489).
6.3. Con riferimento specifico al diritto di critica politica - che qui rileva - si osserva, nondimeno, che il rispetto della verità del fatto assume rilievo limitato, necessariamente affievolito rispetto alla diversa incidenza sul versante del diritto di cronaca, in quanto la critica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica (Sez. 5, n. 4938 del 28/10/2010 -dep. 10/02/2011, Rv. 249239). Tale affermazione trova eco in una nota decisione della Corte Europea dei diritti dell'uomo (Corte EDU, Sez. 2, 27/11/2012, Mengi v. Turkey, p.49), che distingue tra "giudizi di fatto" e di "valore", laddove, mentre l'esistenza del fatto può essere soggetta a prova, il giudizio di valore non può esserlo, poiché la richiesta di dimostrare la verità di un giudizio di valore determina un evidente effetto dissuasivo sulla libertà di informare. Il limite immanente all'esercizio del diritto di critica e', pertanto, costituito dal fatto che la questione trattata sia di interesse pubblico e che comunque non si trascenda in gratuiti attacchi personali (Sez. 5, n. 4031 del 30/10/2013 - dep. 29/01/2014, Rv. 258674; Sez. 5, n. 8824 del 01/12/2010 - dep. 07/03/2011, Rv. 250218). Ove il giudice pervenga, attraverso l'esame globale del contesto espositivo, a qualificare quest'ultimo come prevalentemente valutativo, i limiti dell'esimente sono costituiti dalla rilevanza sociale dell'argomento e dalla correttezza di espressione (Sez. 5, n. 2247 del 02/07/2004 (dep. 2005), Rv. 231269; Sez. 1, n. 23805 del 10/06/2005,Rv.231764).
Nella libertà di opinione - che è configurata dalla CEDU come diritto, non a diffondere informazioni, ma ad esprimere opinioni e a trasmettere idee (art. 10 par. 1), concetto che è alla base della distinzione fra dichiarazioni di fatto e giudizi di valore, e che implica il divieto, per il legislatore nazionale, di richiedere la prova della verità per le affermazioni che consistono in meri giudizi di valore, pur richiedendosi, comunque, che non siano del tutto svincolati da qualsiasi base fattuale - un posto di rilievo è assegnato alla libertà di dibattito politico o di pubblico interesse il cui esercizio - che avviene tradizionalmente attraverso il mezzo della stampa, ma oggi anche tramite l'uso degli altri media e di Internet - è finalizzato a fornire al pubblico un mezzo per scoprire e formarsi un'opinione sulle idee e le attitudini dei rappresentanti politici. In quanto tale, la libertà di dibattito di questioni di pubblico interesse è il cuore della democrazia e rispetto ad essa il margine di apprezzamento degli Stati è ristretto, (ex plurimis, Morice c. Francia (GC), n. 29369/10, p. 125, CEDU 2015), vigendo, pertanto, un livello massimo di tutela. Infatti, per assicurare che tale dibattito si svolga il più liberamente possibile, la Corte Edu ammette in tale ambito il ricorso ad affermazioni esagerate, provocatorie e persino smodate.
La libertà di espressione esercitata attraverso il mezzo della stampa beneficia del livello massimo di tutela accordata dalla Convenzione perché al diritto/dovere della stampa di diffondere informazioni e idee corrisponde il diritto del pubblico di riceverle, sebbene anche tale forma di espressione sia subordinata al presupposto che i giornalisti agiscano in buona fede, cioè senza
l'intento di denigrare, sulla base di una verifica delle fonti, al fine di fornire informazioni accurate e affidabili alla stregua dei principi etici del giornalismo. (Rumyana Ivanova c. Bulgaria (36207/03) 14 febbraio 2008,par. 58 ss.; Caso: Travaglio c. Italia (64746/14) 24 gennaio 2017).
Va poi tenuto conto della perdita di carica offensiva di alcune espressioni nel contesto politico, in cui la critica assume spesso toni aspri e vibrati e del fatto che la critica può assumere forme tanto più incisive e penetranti quanto più elevata è la posizione pubblica del destinatario (Sez. 5, n. 27339 del 13/06/2007, Rv. 237260): si intende dire che il livello e l'intensità, pur notevoli, delle censure indirizzate a mò di critica a coloro che occupano posizioni di tutto rilievo nella vita pubblica, non escludono l'operatività della scriminante, poiché nell'ambito politico risulta preminente l'interesse generale al libero svolgimento della vita democratica (Sez. 5, n. 15236
del 28/01/2005, Ferrara, Rv. 232125).
Di conseguenza, quanto maggiore è il potere esercitato, maggiore è l'esposizione alla critica, perché chi esercita poteri pubblici deve essere sottoposto ad un rigido controllo sia da parte dell'opposizione politica che dei cittadini (Sez. 5, n. 11662 del 06/02/2007, Rv. 236362.) In sostanza, si ritiene che la nozione di "critica", quale espressione della libera manifestazione del pensiero, ampiamente ammessa dall'elaborazione giurisprudenziale, e che viene in rilievo nella fattispecie scrutinata, rimanda non solo all'area dei rilievi problematici, ma, anche e soprattutto, a quella della disputa e della contrapposizione, oltre che della disapprovazione e del biasimo anche con toni aspri e taglienti, non essendovi limiti astrattamente concepibili all'oggetto della libera manifestazione del pensiero, se non quelli specificamente indicati dal legislatore.
I limiti sono rinvenibili, secondo le linee ermeneutiche tracciate dalla giurisprudenza e dalla dottrina, nella difesa dei diritti inviolabili, quale è quello previsto dall'art. 2 Cost., onde non è consentito attribuire ad altri fatti non veri, venendo a mancare, in tale evenienza, la finalizzazione critica dell'espressione, né trasmodare nella invettiva gratuita, salvo che la offesa sia necessaria e funzionale alla costruzione del giudizio critico. (Sez. 5 n. 37397 del 24/06/2016, Rv. 267866). A differenza della cronaca, del resoconto, della mera denunzia, la critica si concretizza nella manifestazione di un'opinione (di un giudizio valutativo). E' vero che essa presuppone in ogni caso un fatto che è assunto a oggetto o a spunto del discorso critico, ma, come si è già ricordato e vale la pena sottolineare, il giudizio valutativo, in quanto tale, è diverso dal fatto da cui trae spunto e, a differenza di questo, non può pretendersi che sia "obiettivo" e neppure, in linea astratta, "vero" o "falso". La critica postula, insomma, fatti che la giustifichino e cioè, normalmente, un contenuto di veridicità limitato all'oggettiva esistenza dei dati assunti a base delle opinioni e delle valutazioni espresse (Sez. 5, n. 13264 del 16/03/2005, non massimata; Sez. 5, n. 20474 del 14/02/2002, Rv. 221904; Sez. 5, n. 7499 del 14/02/2000, Rv. 216534), ma non può pretendersi che si esaurisca in essi. In altri termini, come rimarca la giurisprudenza CEDU, la libertà di esprimere giudizi critici, cioè "giudizi di valore", trova il solo, ma invalicabile, limite nella esistenza di un "sufficiente riscontro fattuale" (Corte Edu, sent. del 27.10.2005 caso Wirtshafts-Trend Zeitschriften-Verlags Gmbh c. Austria rie. N. 58547/00, nonché sent. del 29.11.2005, caso Rodrigues c. Portogallo, ric. N. 75088/01), ma, al fine di valutare la giustificazione di una dichiarazione contestata, è sempre necessario distinguere tra dichiarazioni di fatto e giudizi di valore, perché, se la materialità dei fatti può essere provata, l'esattezza dei secondi non sempre si presta ad essere dimostrata (Corte EDU, sent. del 1.7.1997 caso Oberschlick c/Austria par. 33).
Quanto al requisito della continenza, giova rammentare che essa concerne un aspetto sostanziale e un profilo formale. La continenza sostanziale, o "materiale", attiene alla natura e alla latitudine dei fatti riferiti e delle opinioni espresse, in relazione all'interesse pubblico alla comunicazione o al diritto-dovere di denunzia. La continenza sostanziale ha, dunque, riguardo alla quantità e alla selezione dell'informazione in funzione del tipo di resoconto e dell'utilità/bisogno sociale a esso. Il requisito della continenza formale, che attiene alle espressioni attraverso le quali si estrinseca il diritto alla libera manifestazione del pensiero, con la parola o qualunque altro mezzo di diffusione, di rilevanza e tutela costituzionali (ex art. 21 Cost.), postula una forma espositiva corretta della critica - e cioè astrattamente funzionale alla finalità di disapprovazione - e che non trasmodi nella gratuita e immotivata aggressione dell'altrui reputazione. D'altro canto, esso non è incompatibile con l'uso di termini che, pure oggettivamente offensivi, siano insostituibili nella manifestazione del pensiero critico, per non esservi adeguati equivalenti.
Nell'ambito di siffatta operazione ermeneutica, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, occorre contestualizzare le espressioni intrinsecamente ingiuriose, ossia valutarle in relazione al contesto spazio - temporale e dialettico nel quale sono state profferite, e verificare se i toni utilizzati dall'agente, pur forti e sferzanti, non risultino meramente gratuiti, ma siano invece pertinenti al tema in discussione e proporzionati al fatto narrato e al concetto da esprimere (Sez. 5 n. 32027 del 23/03/2018, Rv. 273573). Così, si è ravvisato il requisito della continenza, in relazione a espressioni inquadrate in un "botta e risposta" giornalistico, che tollera limiti più ampi alla tutela della reputazione (Sez. 5 n. 4853 del 18/11/2016, Rv. 269093; Sez. 1 n. 36045 del 13/06/2014 Rv. 26112).
Compito del giudice e', dunque, di verificare se il negativo giudizio di valore espresso possa essere, in qualche modo, giustificabile nell'ambito di un contesto critico e funzionale all'argomentazione, così da escludere la invettiva personale volta ad aggredire personalmente il destinatario (Sez. 5 n. 31669 del 14/04/2015, Rv. 264442), con espressioni inutilmente umilianti e gravemente infamanti (Sez. 5 n. 15060 del 23/02/2011, Rv. 250174). Il contesto dialettico nel quale si realizza la condotta può, dunque, essere valutato ai limitati fini del giudizio di stretta riferibilità delle espressioni potenzialmente diffamatorie al comportamento del soggetto passivo oggetto di critica, ma non può mai scriminare l'uso di espressioni che si risolvano nella denigrazione della persona di quest'ultimo in quanto tale (Sez. 5 n. 37397 del 24/06/2016, Rv. 267866).
6.4. Nell'ambito di tale perimetro valutativo, i giudici della Corte di Appello hanno relegato le espressioni utilizzate dall'imputato nell'area di quelle non dotate di continenza, avendo ravvisato un attacco personale alla dignità morale e intellettuale della persona offesa, con valutazione che il Collegio non condivide. La Corte territoriale si e', infatti, discostata dalle richiamate coordinate ermeneutiche, configurando un superamento dei limiti del diritto di critica pur in presenza di un discorso critico a contenuto prevalentemente valutativo, sviluppatosi nell'alveo di una polemica intensa e dichiarata su temi di rilevanza sociale - come è quello ravvisabile nel caso di specie, trattandosi di un confronto tra esponenti politici di diversa area, che attingeva le condotte di pubblici funzionari succedutisi nella amministrazione del medesimo ente pubblico - senza trascendere in attacchi personali, finalizzati all'unico scopo di aggredire la sfera morale altrui, giacché la critica si è sviluppata prendendo di mira la condotta di homo publicus della persona offesa, né riscontrandosi nelle parole incriminate che il nucleo ed il profilo essenziale dei fatti siano stati strumentalmente travisati e manipolati.
In particolare, come si è già ricordato, quando il discorso critico ha una funzione prevalentemente valutativa, non si pone un problema di veridicità di proposizioni assertive, e i limiti scriminanti del diritto di critica, garantito dall'art. 21 Cost., sono solo quelli costituiti dalla rilevanza sociale dell'argomento e dalla correttezza di espressione. Sicché, il limite all'esercizio di tale diritto deve intendersi superato solo quando l'agente trascenda in attacchi personali, diretti a colpire, su un piano individuale, senza alcuna finalità di pubblico interesse, la figura morale del soggetto criticato, giacché, in tal caso, l'esercizio del diritto, lungi dal rimanere nell'ambito di una critica misurata e obiettiva, trascende nel campo dell'aggressione alla sfera morale altrui, penalmente protetta.
Nella specie, però, la Corte territoriale si è discostata dagli illustrati principi e ha erroneamente escluso la sussistenza della scriminante in questione, poiché non ha contestualizzato gli argomenti oggetto della disputa nell'ambito della polemica nella quale esso si inseriva - giacché si discuteva della condotta pubblica di due esponenti dell'amministrazione cittadina (l'ASI è infatti un ente pubblico economico). Laddove, invece, la critica portata avanti dagli imputati è interamente politica, diretta a contrastare le pubbliche e ripetute prese di posizione del C. rispetto alla pregressa gestione dell'ASI da parte dell' A., e a porre in luce comportamenti del C. altrettanto discutibili, che, come premesso, sono risultati sostanzialmente veritieri. Non può ravvisarsi, cioè, nella condotta degli imputati, la gratuità e l'idoneità a esporre allo scherno pubblico il destinatario delle espressioni incriminate, in quanto non dirette alla persona, ma, piuttosto, alla attività pubblica posta in essere dal C., qui emergendo i più ampi confini che rilevano quando la critica colpisce persona ricoprente una funzione pubblica, peraltro, di vertice, nell'ambito di specifica comunità territoriale, in base al già richiamato principio che, lo democrazia, a maggiori poteri corrispondono maggiori responsabilità e l'assoggettamento al controllo da parte dei cittadini, esercitabile anche attraverso il diritto di critica.
6.5. Dunque, la critica non fu né gratuita né esorbitante, essendosi limitata a una censura polemica della condotta della persona offesa, oltre a essersi fondata su una rappresentazione veritiera dei fatti. L'analisi della valenza denigratoria non poteva restare avulsa dalla considerazione del complessivo contesto della vicenda. Il che rende configurabile l'esimente, non essendosi verificato nella vicenda in esame alcun attacco alla sfera personale del C., in quanto - come si è detto - risulta rispettato il limite della valutazione oggettiva dei comportamenti tenuti dal pubblico amministratore locale, oltre a quello della pertinenza allo specifico tema.
6.6. Va, dunque, affermato che è scriminata dall'esercizio del diritto di critica politica la condotta, potenzialmente diffamatoria, di diffusione con mezzo di pubblicità elle notizie di avere cercato voti in campagna elettorale con la scorta al seguito e di favoritismi posti in essere da un amministratore pubblico a vantaggio di professionisti di sua conoscenza, nel conferimento di incarichi pubblici, sempre che dette notizie siano vere, si connotino di pubblico interesse e di continenza formale, non trasmodando la comunicazione in attacchi personali portati direttamente alla sfera privata dell'offeso e non sconfini nella contumelia e nella lesione della reputazione dell'avversario (cfr. Sez. 5, n. 41767 del 21/07/2009, Rv. 245430).
7.L'epilogo del presente scrutinio di legittimità è l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non essere i fatti punibili ai sensi dell'art. 51 c.p..
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2022.
Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2023