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Diffamazione: il diritto di critica non sussiste in caso di attacchi gratuiti e argumenta ad hominem

Cassazione penale sez. V, 01/12/2021, (ud. 01/12/2021, dep. 10/02/2022), n.4874

La Suprema Corte, con la sentenza in argomento, ha affermato che l'esimente del diritto di critica presupponente, per sua stessa natura, la manifestazione di espressioni oggettivamente lesive della reputazione altrui, con l'utilizzo anche ad espressioni forti e persino suggestive, al fine di potenziare l'efficacia del discorso o del testo e richiamare l'attenzione dell'interlocutore destinatario, incontra, tuttavia, il limite immanente del rispetto della dignità altrui, non potendo l'esercizio di tale diritto costituire mera occasione per gratuiti attacchi alla persona ed arbitrarie aggressioni al patrimonio morale della p.o., anche mediante l'utilizzo di "argumenta ad hominem"(Sez. 5, n. 4938 del 28/10/2010, Rv. 249239).


Fatto

1. Con sentenza emessa in data 12.3.2021 la Corte d'Appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Viterbo, riduceva ad Euro 250 di multa la pena inflitta a D.S.R., per il reato di cui all'art. 595 c.p., comma 3, per avere, quale Presidente del comitato "(OMISSIS)", offeso la reputazione di G.A., sindaco di (OMISSIS), attraverso messaggi e commenti pubblicati sul social network facebook.


1.1. In particolare, la Corte territoriale non riteneva avere contenuto diffamatorio il post del 15.8.2014, con il quale l'imputato accusava il sindaco di aver favorito tal F. di (OMISSIS), con riferimento a presunte irregolarità amministrative concernenti l'edificazione della struttura alberghiera (OMISSIS), sulle rive del (OMISSIS), perché protetto politicamente e portatore di voti, potendo ricondursi tali espressioni all'esercizio del diritto di critica politica; la medesima Corte territoriale riteneva, invece, avere contenuto diffamatorio il post del (OMISSIS), con il quale l'imputato si chiedeva come fosse possibile che "un signore senza alcuna preparazione, senza alcun titolo di studio adeguato possa ricoprire la carica di sindaco lo mi vergognerei.... puoi dire che se la "(OMISSIS)" ha portato un po' di voti ad alcuni rappresentanti del P.D. non per questo deve essere coperto e garantito".


2. Avverso la suddetta sentenza della Corte di Appello di Roma, ha proposto ricorso per cassazione il D.S., con atto a firma dell'Avv. Scaringella Massimiliano, deducendo quale unico motivo di censura il vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove non ha considerato che il post per il quale ha riportato condanna in realtà è penalmente irrilevante, non avendo contenuto offensivo, essendo espressione del diritto di manifestazione del pensiero e del diritto di critica politica, che consente l'utilizzo anche di espressioni forti; nel caso di specie, peraltro, manca l'evidenza di una esplicita offesa di una persona determinata, laddove la giurisprudenza di legittimità ha più volte messo in risalto come la valutazione di determinabilità soggettiva, nel caso di persone innominate, debba essere rigorosa, essendo necessaria l'univoca riconducibilità dei fatti ad una persona oggettivamente riconoscibile nella sua identità, da parte di un numero indeterminato di soggetti.


Diritto

Il ricorso è inammissibile, siccome generico e, comunque, manifestamente infondato.


1.Il ricorrente reitera in questa sede le medesime censure sviluppate in appello, alle quali la Corte territoriale ha fornito risposta congrua, logica e rispettosa dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, circa i limiti di operatività della scriminante della critica politica, Con tale risposta l'imputato non si confronta affatto, riproponendo in maniera alquanto generica il tema della non "offensività" delle frasi oggetto di giudizio, che rientrerebbero nel legittimo esercizio del diritto di critica politica.


1.1. In particolare, non merita censura la valutazione della Corte territoriale, che ha ritenuto il post del (OMISSIS) avere un contenuto diffamatorio, essendosi tradotto in un attacco diretto alla persona di G.A., sindaco di (OMISSIS), ossia in un'invettiva aperta contro quest'ultimo, indicato come soggetto privo di preparazione e di titolo di studio adeguato per ricoprire la delicata carica pubblica, esortato a vergognarsi della propria inadeguatezza ed accusato, infine, espressamente di aver favorito il F. nell'aggiudicazione/assegnazione della gara d'appalto sulla gestione dei parcheggi a pagamento del comune perché "portatore di voti".


Tali espressioni, in particolare, sono state ritenute dai giudici di merito fuoriuscire dai limiti della continenza e della pertinenza all'interesse pubblico, per la pesante e dettagliata accusa mossa alla dirittura morale della p.o., accusa tanto più infamante, in quanto diretta ad un amministratore della cosa pubblica (a nulla rilevando, ai fini dell'integrazione del reato, la tardiva cancellazione della frase incriminata) e dunque non rientranti nell'esercizio del diritto di critica politica.


2. Ciò premesso si osserva che la scansione del procedimento logico- giuridico da seguire in tema di accertamento della punibilità dell'imputato a titolo di diffamazione implica in primo luogo la valutazione diretta a stabilire se il contenuto della comunicazione rivolta a più persone rechi in sé la portata lesiva della reputazione altrui, che costituisce il proprium del reato contestato e una volta stabilito il concorso degli elementi costitutivi del delitto di diffamazione, l'attenzione del giudicante può spostarsi sull'apprezzamento della linea difensiva volta a giustificare il fatto sotto il profilo della scriminante di cui all'art. 51 c.p., e quindi sulla verifica di sussistenza dei noti requisiti di verità, interesse alla notizia e continenza (Sez. V, n. 41661 del 17/09/2012).


Di tale scansione ha tenuto conto il giudice di appello che ha correttamente evidenziato la natura lesiva dell'altrui onore delle espressioni oggetto di contestazione, obiettivamente pregiudizievoli della reputazione della persona offesa (Sez. V, n. 43184 del 21/09/2012), non scriminate dall'asserito esercizio di critica politica.


3.L'esimente del diritto di critica presupponente, per sua stessa natura, la manifestazione di espressioni oggettivamente lesive della reputazione altrui, con l'utilizzo anche ad espressioni forti e persino suggestive, al fine di potenziare l'efficacia del discorso o del testo e richiamare l'attenzione dell'interlocutore destinatario, incontra, tuttavia, il limite immanente del rispetto della dignità altrui, non potendo l'esercizio di tale diritto costituire mera occasione per gratuiti attacchi alla persona ed arbitrarie aggressioni al patrimonio morale della p.o., anche mediante l'utilizzo di "argumenta ad hominem"(Sez. 5, n. 4938 del 28/10/2010, Rv. 249239).


Questa Corte ha già evidenziato come in tema di diffamazione, non possa trovare applicazione la scriminante del diritto di critica quando, pur nell'ambito di una "contesa politica", la condotta dell'agente trasmodi in aggressioni gratuite, non pertinenti ai temi in discussione ed integranti, invece, l'utilizzo di "argumenta ad hominem", intesi a screditare l'avversario mediante la evocazione di una sua presunta indegnità od inadeguatezza personale, piuttosto che a criticarne i programmi e le azioni (cfr. per tutte Sez. 5, n. 38448 del 25/09/2001, Rv. 219998).


Orbene, il rilievo secondo cui la p.o dovrebbe vergognarsi di ricoprire la carica di Sindaco, siccome impreparato e senza un titolo di studio adeguato, oltre ad essere un "portatore di voti", si traduce appunto in una censura di inadeguatezza personale di G.A., non attinente all'azione politica dallo stesso svolta e, dunque, in una aggressione del tutto gratuita, che non può ritenersi scriminata, come già ampiamente evidenziato, dall'esercizio del diritto di critica.


4. Per quanto concerne, poi, la censura relativa alla non configurabilità nella fattispecie in esame del reato di diffamazione, per il mancato riferimento del post ad "una persona determinata", essa si presenta manifestamente infondata. Ed invero, al di là dell'inequivoco riferimento nel post alla persona "Sindaco", in ogni caso come correttamente evidenziato nella sentenza impugnata, tale post si inserisce in uno spazio indiscriminatamente aperto della rete sul social network facebook, nell'ambito di un colloquio in rete del D.S. con altro soggetto ( P.A.), peraltro, espressamente invitato dal medesimo imputato a riferire il contenuto della conversazione al G. (come peraltro puntualmente accaduto).


Invero, per la sussistenza del delitto di diffamazione non è necessario che la persona cui è diretta l'offesa debba essere indicata nominativamente, ma occorre che sia indicata in modo tale da poter essere agevolmente e con certezza individuata. La diffamazione, infatti, postula la propalazione o la diffusione di notizie lesive della reputazione di un soggetto determinato o almeno sicuramente e inequivocabilmente identificabile, come avvenuto nel caso in esame.


3.11 ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi Euro 2500,00, oltre accessori di legge.


PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi Euro 2500,00, oltre accessori di legge.


Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2021.


Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022

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