Lo Studio dell'avvocato Salvatore del Giudice è specializzato nel ramo del diritto penale d'impresa ed in particolare nei reati fallimentari ed assiste imprese individuali e società, in ogni fase processuale, comprese quella cautelare personale e reale.
Al fine di garantire la migliore assistenza legale, lo Studio monitora costantemente le novità legislative e giurisprudenziali in tema di reati fallimentari e pubblica mensilmente una raccolta aggiornata di sentenze di merito e legittimità.
Inoltre, l'Avv. Del Giudice ha partecipato in qualità di relatore a numerosi convegni in materia di bancarotta ed ha pubblicato diversi articoli, podcast e note a sentenza.
Le ultime sentenze pubblicate:
Il diritto penale d'impresa, noto anche come diritto penale dei cd. colletti bianchi, è un ramo del diritto penale che disciplina la responsabilità penale connessa all'esercizio dell'attività di impresa.
Questo settore del diritto si concentra sulla responsabilità penale delle persone giuridiche, (società ed imprese) e delle persone fisiche che esercitano attività aziendali.
Il diritto penale d'impresa tratta una vasta gamma di reati che coinvolgono le imprese, tra cui frodi finanziarie, reati fiscali, reati fallimentari, violazioni delle normative ambientali, riciclaggio di denaro, corruzione e violazioni della sicurezza sul lavoro.
Le sanzioni previste per questi reati possono includere multe, confische dei beni, restrizioni aziendali, interdizioni e persino la detenzione dei dirigenti aziendali individuati come responsabili.
La finalità del diritto penale d'impresa è garantire che le imprese operino in modo responsabili e nel rispetto delle normative vigenti, evitando comportamenti fraudolenti finalizzati ad alterare la concorrenza o l'affidamento dei creditori.
In questo articolo, analizziamo i reati fallimentari che costituiscono una delle principali fonti del diritto penale d'impresa.
Il diritto penale fallimentare è una branca del diritto penale d’impresa e disciplina tutte le fattispecie criminose contenute nel titolo VI del R.D. del 16 marzo 1942 n. 267 (c.d. legge fallimentare).
Il diritto penale fallimentare disciplina tutte le distorsioni che vengono a verificarsi nell’ambito della crisi d’impresa e mira a punire le condotte ed i comportamenti commessi dell'imprenditore (prima o dopo la dichiarazione di fallimento) in danno dei creditori sociali.
La disciplina fallimentare è stata riformata dal d.lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 che ha introdotto il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, destinato a sostituire definitivamente la legge fallimentare.
I reati fallimentari puniscono le condotte poste in essere dall'imprenditore insolvente in danno dei creditori in presenza di una procedura concorsuale.
I reati fallimentari rientrano nella responsabilità penale dell'imprenditore, ma a differenza dei reati tributari mirano a tutelare un diverso bene giuridico rappresentato dal diritto di garanzia che i creditori legittimamente vantano sul patrimonio dell'imprenditore dichiarato fallito.
In altri termini, i reati fallimentari puntano a salvaguardare il patrimonio dell’impresa e quindi la sua consistenza patrimoniale al fine di rendere possibile una equa distribuzione tra i diversi creditori sociali.
L'obiettivo dei reati fallimentari è quindi proteggere e tutelare i creditori da attività illecite e fraudolente dell'imprenditore poste in essere nel corso di una procedura concorsuale.
I principali reati fallimentari sono:
4. Che cos'è la bancarotta?
La bancarotta è un reato previsto dal diritto penale fallimentare, strettamente connesso alle situazioni di insolvenza e fallimento delle imprese.
Si configura quando l’imprenditore o altri soggetti coinvolti commettono atti volti a danneggiare il patrimonio dell’impresa, con l’effetto di pregiudicare i creditori.
La normativa vigente disciplina la bancarotta principalmente nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D. Lgs. 14/2019), che ha aggiornato e parzialmente sostituito la legge fallimentare storica (R.D. 16 marzo 1942, n. 267).
L'etimologia del termine "bancarotta" deriva dall'espressione medievale "panca rotta" (dal latino bancus ruptus), che indicava la pratica, sviluppatasi a Venezia nel Medioevo, di rompere fisicamente il banco del mercante insolvente per porre fine alla sua attività, segnalandone pubblicamente l'inaffidabilità.
Ancora oggi, nel linguaggio comune, utilizziamo il termine "bancarotta" in modo simile ai mercanti veneziani, per descrivere una persona che, a causa di decisioni finanziarie irresponsabili o comportamenti negligenti, è finita in rovina. Nonostante l'origine storica e simbolica del termine, è importante sottolineare che il suo significato giuridico moderno ha acquisito connotazioni più precise, distinguendosi dal semplice concetto di fallimento.
Bancarotta e fallimento vengono spesso usati come sinonimi, ma in realtà c'è una grande differenza tra i due termini.
Il fallimento è una procedura concorsuale che viene attivata quando un’impresa non è più in grado di pagare i propri debiti.
Durante questa procedura, i beni aziendali vengono liquidati e distribuiti tra i creditori secondo il principio della par condicio creditorum, che garantisce equità nella suddivisione. Lo scopo del fallimento è tutelare i creditori, mantenendo ordine e trasparenza nel sistema economico.
La bancarotta, invece, è un reato che si verifica quando l'imprenditore, in una fase di crisi irreversibile, compromette il patrimonio della sua impresa in modo lesivo per i creditori. Può consistere in una condotta fraudolenta o negligente che aggrava il dissesto finanziario dell'azienda.
La bancarotta si articola in due principali categorie, disciplinate dagli articoli 216 e 217 della Legge Fallimentare: bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice.
La bancarotta fraudolenta consiste in una condotta volontaria posta in essere dall'amministratore, in fase di crisi dell'impresa, che danneggia il patrimonio aziendale e compromette la posizione dei creditori.
Si configura, ad esempio, quando l’imprenditore sottrae beni aziendali, falsifica i libri o le altre scritture contabili o compie altre azioni fraudolente con l’intenzione di ingannare i creditori.
Per le ipotesi di bancarotta fraudolenta, considerata la forma più grave, la pena prevista è la reclusione che può andare dai 3 ai 10 anni.
Al contrario, la bancarotta semplice è caratterizzata da negligenza o imprudenza nella gestione dell’impresa. Non c’è l’intenzionalità di danneggiare, ma il comportamento dell'imprenditore, come l'effettuare spese eccessive o continuare a operare in uno stato di insolvenza, peggiora la situazione finanziaria.
Pensiamo, ad esempio, all'imprenditore che effettui spese personali eccessive, compia operazioni speculative per ritardare la dichiarazione di fallimento o continui l'attività dell'impresa causando un aggravamento dello stato di insolvenza.
Il reato di bancarotta semplice è punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni.
Il tema del bene giuridico protetto nei reati di bancarotta è oggetto di dibattito giuridico.
Secondo un primo orientamento, il bene giuridico tutelato sarebbe rappresentato dall'economia pubblica. In questo senso, i reati di bancarotta mirano a proteggere l'intero sistema economico, inclusi i rapporti tra imprese e il sistema bancario, che possono essere gravemente compromessi da condotte fraudolente.
Un secondo orientamento considera i reati di bancarotta come reati contro l’amministrazione della giustizia. Questo perché la soddisfazione dei diritti dei creditori avviene attraverso procedure giudiziarie e segue il principio della par condicio creditorum. Qualsiasi violazione di tali procedure, dunque, non solo lede i diritti patrimoniali dei singoli creditori, ma rappresenta anche un'offesa immediata a un bene giuridico pubblico e processuale, come l'ordinato svolgimento delle procedure fallimentari.