Reati contro la persona
Il reato di lesioni personali, disciplinato dall'articolo 582 del codice penale, è un delitto contro la persona e punisce chi, attraverso un atto intenzionale e consapevole, cagioni ad altri una lesione personale tale da comportare una "malattia nel corpo o nella mente".
La giurisprudenza interpreta il concetto di malattia in modo ampio, ritenendo rilevanti non solo le lesioni fisiche evidenti, come tagli o contusioni, ma anche gli effetti psicologici derivanti da condotte aggressive, quali stati d'ansia o disturbi psicosomatici.
Nonostante la affinità con altri reati contro la persona, come le percosse, le lesioni personali si distinguono per la presenza di conseguenze più gravi, consistenti in un'alterazione delle condizioni di salute della persona offesa, che richiede specifici interventi sanitari.
La normativa contempla diverse tipologie di lesioni personali, definite in base alla gravità e alla durata della malattia causata, variando dalle lesioni lievissime a quelle gravissime.
In questo articolo, analizzeremo gli elementi costitutivi del reato, con un approfondimento sulle cause di giustificazione, le aggravanti ed i rapporti con le altre fattispecie delittuose.
Inoltre, analizzeremo le recenti modifiche introdotte dalla riforma Cartabia in tema di procedibilità e competenza per materia.
Il reato di lesioni personali, disciplinato dall'articolo 582 c.p., si configura quando una persona, attraverso una condotta violenta e intenzionale, cagiona ad altri una lesione personale, dalla quale derivi una “malattia nel corpo o nella mente”.
Si tratta di un reato istantaneo che si consuma con il verificarsi delle lesioni, anche quando gli effetti di esse siano permanenti.
Il bene giuridico protetto è rappresentato dall'integrità fisica e psichica della persona. Il reato tutela il diritto fondamentale alla salute e all'inviolabilità della persona, proteggendo sia la dimensione corporea che quella mentale.
Ill termine "malattia" richiamato dall'art. 582 c.p. assume un significato ampio e complesso.
Ed invero, non si limita a indicare un danno fisico evidente o immediato, come ferite o contusioni, ma si estende anche ad ogni forma di alterazione dello stato di salute, sia essa fisica o mentale, che abbia origine in una condotta aggressiva o violenta. Questa interpretazione si fonda su una giurisprudenza consolidata che considera “malattia” non solo le lesioni anatomiche, ma anche gli stati d'ansia, lo stress psichico, e persino sintomi come vertigini, tachicardia e palpitazioni causati dall’evento traumatico.
La malattia rilevante ai fini della configurazione del reato di lesioni personali comprende qualsiasi cambiamento delle condizioni fisiche o psichiche che, anche solo per un periodo breve, alteri le funzioni normali della vittima e richieda un intervento sanitario. Questa visione ampia, accolta dalla Cassazione, riflette una sensibilità crescente verso gli effetti psicologici delle aggressioni, ampliando così la tutela che il codice penale offre alla persona in quanto bene giuridico primario.
Ed infatti, anche situazioni di ansia somatizzata o disturbi temporanei, se accertati da uno specialista, possono costituire malattia ai sensi dell'art. 582 c.p., come confermato, ad esempio, dalla sentenza n. 18014/2010 della Corte di Cassazione.
La giurisprudenza ha ampliato il concetto di malattia anche a situazioni che, a prima vista, potrebbero sembrare di minore entità.
Per esempio, nel caso di contusioni, dolori muscolari o disturbi temporanei della sfera psichica, il giudice valuta se questi abbiano prodotto una significativa alterazione delle condizioni normali della vittima, anche se di breve durata.
Ad esempio, secondo una sentenza del Tribunale di Napoli (n. 259/2022), è stata riconosciuta come lesione personale la condotta di chi, attraverso minacce, ha indotto la vittima in uno stato di ansia tale da richiedere un intervento medico.
Analogamente, il Tribunale di Rovigo ha ritenuto sufficiente, per configurare il reato, uno stato d'ansia che abbia causato disturbi del sonno protratti (sentenza n. 707/2022).
In termini di prova, la dimostrazione della malattia o dell'alterazione delle condizioni psico-fisiche è spesso affidata alla documentazione medica prodotta dalla vittima. I certificati medici che attestano il trauma subito o lo stato di ansia vengono generalmente considerati fondamentali per la configurazione del reato, poiché rappresentano una base oggettiva su cui il giudice può fondare la propria valutazione. Tuttavia, anche in assenza di lesioni visibili o durature, la testimonianza della vittima e le circostanze specifiche dell’aggressione possono rilevare ai fini della configurazione del reato.
L'art. 582 c.p. distingue tra conseguenze fisiche e psicologiche del reato di lesioni personali.
Come si è detto, rientrano nella nozione di malattia penalmente rilevante traumi contusivi, ecchimosi, ematomi e altre lesioni cutanee.
Tuttavia, rilevano penalmente anche alle "malattie della mente", come gli stati d'ansia o di stress, che possono derivare da una condotta aggressiva o intimidatoria.
Secondo la Corte di Cassazione, anche fenomeni come il cosiddetto "shock" o svenimenti provocati da un’aggressione verbale o fisica rientrano nella definizione di malattia ai sensi dell'art. 582 c.p., se producono un'alterazione temporanea o permanente delle normali condizioni della vittima.
Come è evidente, il reato di lesioni personali si configura come uno strumento ampio e articolato, posto a tutela non solo della salute fisica, ma anche la stabilità psicologica delle persone.
Il legislatore classifica le lesioni personali in quattro categorie, basate sulla gravità del danno arrecato alla vittima e sulla durata della malattia o dell'invalidità che ne deriva.
Le lesioni lievissime si configurano quando il danno alla salute della vittima è di durata non superiore a venti giorni.
In questo caso, il reato è procedibile a querela della persona offesa, e la pena prevista è la reclusione da tre mesi a tre anni.
Le lesioni lievi, invece, comportano una malattia di durata non superiore a quaranta giorni.
Anche in questo caso, il reato è procedibile a querela, e la pena resta la reclusione da tre mesi a tre anni.
Queste due categorie di lesioni sono considerate meno gravi rispetto, e per questo motivo, non sono perseguibili d'ufficio.
Le lesioni gravi sono disciplinate dall’articolo 583 c.p. e si configurano quando il danno arrecato mette in pericolo la vita della vittima, la rende incapace di svolgere le attività quotidiane per un periodo superiore a quaranta giorni, oppure provoca un indebolimento permanente di un senso o di un organo.
In questi casi, la legge prevede una pena più severa, con la reclusione da tre a sette anni. La procedibilità è d’ufficio, il che significa che non è necessaria la querela della persona offesa per avviare l’azione penale.
In questa categoria rientrano situazioni che, anche se non hanno provocato invalidità definitive, hanno avuto un impatto significativo sulla salute della vittima.
Le lesioni gravissime, disciplinate dall'art. 583, comma 2, c.p., rappresentano la forma più grave del reato di lesioni personali. Si configurano quando il danno subito dalla vittima comporta un’invalidità permanente, pensiamo alla perdita di un arto, di un senso, di un organo, oppure uno sfregio permanente.
Per questa categoria di lesioni, la legge prevede una pena severa, con reclusione da sei a dodici anni, e il reato è perseguibile d'ufficio.
I reati di percosse e lesioni personali sono molto simili, ed invero entrambi tutelano l'integrità fisica personale e si manifestano attraverso un atto di violenza (ad esempio, un pugno o uno schiaffo) perpetrato dall'aggressore nei confronti della vittima.
Inoltre, entrambi condividono l'elemento soggettivo, rappresentato dall'intento di colpire qualcuno con violenza fisica.
Tuttavia, la distinzione fondamentale tra i due reati risiede nelle loro conseguenze ed in particolare nella gravità dell'offesa subita dalla vittima.
Nel reato di percosse, la persona offesa avverte, a seguito della aggressione, solo una sensazione di dolore, senza subire alcuna malattia o alterazione anatomica o funzionale. Non sono necessarie cure mediche specifiche o un processo terapeutico.
Nel reato di lesioni personali, la condotta violenta dell'aggressore provoca una malattia o un'alterazione anatomica o funzionale nella vittima che comporta la necessità di ricorrere ad un trattamento medico e, in alcuni casi, a cure specialistiche.
Le percosse, pertanto, si configurano come un reato meno grave rispetto alle lesioni personali.
Il reato di lesioni personali richiede il dolo “generico”, rappresentato dalla consapevolezza del soggetto attivo che la propria condotta possa provocare un danno fisico alla persona offesa.
In particolare, è sufficiente che l'agente si sia rappresentato e abbia voluto la lesione della altrui integrità fisica, e non anche che abbia voluto cagionare la malattia nel corpo o nella mente.
Ciò posto, si rappresenta che secondo la giurisprudenza, integra l'elemento psicologico del delitto di lesioni volontarie anche il dolo eventuale, ossia la mera accettazione del rischio che la manomissione fisica della persona altrui possa determinare effetti lesivi (Tribunale Vicenza n.325/24)
1. Lesioni personali aggravate commesse in danno di personale sanitario e socio-assistenziale (art. 582 e 585 c.p.)
Tizio, in concorso con altre persone non identificate, colpendo ripetutamente al volto Caio, infermiere presso il Pronto Soccorso della Clinica Sempronia, gli cagionava lesioni personali consistite in "trauma contusivo al volto con ferite e contusioni multiple", dalle quali derivava una malattia della durata di 3 giorni.
2. Lesioni personali lievi (art. 582 c.p.)
Tizio, improvvisamente e violentemente, dava un forte spintone alla sig.ra Caia, facendola rovinare a terra sull'asfalto. In tal modo le arrecava lesioni personali come meglio specificate nel referto di pronto soccorso rilasciato dall'ospedale Sempronio. Con la recidiva semplice.
In questo caso, il reato è procedibile a querela e la competenza è del giudice di pace penale.
La recente cd. Riforma Cartabia ha modificato il regime di procedibilità e la competenza per materia del reato di lesioni personali.
A seguito della Riforma, il reato di lesioni personali è procedibile a querela:
quando la lesione abbia determinato una malattia non superiore a 40 giorni;
quando il fatto è commesso contro persona incapace, per età o infermità e la malattia non è superiore a 20 giorni.
In questi casi, la competenza per materia appartiene al giudice di pace penale.
Il reato di lesioni personali è procedibile d'ufficio:
quando le lesioni personali sono state commesse in danno di personale sanitario e socio-assistenziale;
quando le lesioni sono gravi e gravissime;
quando le lesioni sono state cagionate mediante l'uso di armi anche improprie o da persona travisata o da più persone riunite.
In questi casi, la competenza per materia appartiene al tribunale in composizione monocratica.
Sul punto, si rappresenta che le Sezioni Unite, con la sentenza n. 12759 del 14 dicembre 2023, hanno affermato che appartiene al giudice di pace, dopo l'entrata in vigore delle modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia, la competenza per materia ex art. 4, comma 1, lett. a), d.lg. 28 agosto 2000, n. 274 in ordine al delitto di lesione personale di cui all' art. 582 c.p., nei casi procedibili a querela, anche quando comporti una malattia di durata superiore a venti giorni e fino a quaranta giorni, fatte salve le ipotesi espressamente escluse dall'ordinamento.
Le lesioni personali si considerano aggravate (la pena è aumentata da un terzo alla metà) se il reato è stato commesso:
per eseguirne od occultarne un altro reato, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato;
contro contro l'ascendente o il discendente, quando concorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61 o quando è adoperato un mezzo venefico o un altro mezzo insidioso ovvero quando vi è premeditazione;
dal latitante, per sottrarsi all'arresto, alla cattura o alla carcerazione ovvero per procurarsi i mezzi di sussistenza durante la latitanza;
dall'associato per delinquere, per sottrarsi all'arresto, alla cattura o alla carcerazione;
in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 583 quinquies, 600 bis, 600 ter, 609 bis, 609 quater e 609 octies;
dall’autore del delitto previsto dall’articolo 612 bis nei confronti della stessa persona offesa;
contro un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ovvero un ufficiale o agente di pubblica sicurezza, nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio;
per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità.
Le lesioni personali si considerano altresì aggravate (la pena è aumentata fino a un terzo) se il reato è stato commesso:
con armi o con sostanze corrosive;
da persona travisata;
da più persone riunite;
contro l'ascendente o il discendente anche per effetto di adozione di minorenne o contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l'altra parte dell'unione civile o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva;
col mezzo di sostanze venefiche, ovvero con un altro mezzo insidioso;
con premeditazione;
col concorso di talune delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61.