Reati contro la famiglia
INDICE
1. Che cosa sono e come è punito il reato di maltrattamenti in famiglia?
2.1 Che significa "maltrattamenti"?.
2.2 I maltrattamenti devono essere continui?
2.3 Lo stato di soggezione della vittima: cosa si intende?
2.4 L'elemento psicologico del reato di maltrattamenti in famiglia
2.5 La natura abituale del reato di maltrattamenti in famiglia
3. Le dichiarazioni della persona offesa dal reato valgono da sole a provare i maltrattamenti?
4. La giurisprudenza in tema di maltrattamenti in famiglia
Art. 572 del codice penale - Maltrattamenti contro familiari e conviventiChiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi. Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni. Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato. |
Procedibilità | D'ufficio |
Competenza | Tribunale in composizione monocratica, Trib. collegiale (nell'ipotesi prevista dal secondo comma e nell'ipotesi di lesione gravissima di cui alla seconda parte terzo comma); Corte d'Assise (in ipotesi di morte) |
Udienza preliminare | Prevista nelle ipotesi del primo comma e prima parte del terzo comma |
Prescrizione | 14 anni (17 anni e 6 mesi in caso di di rinvio a giudizio) |
Arresto | Obbligatorio |
Fermo | Consentito |
Il reato di maltrattamenti in famiglia è un reato contro la famiglia e punisce chi maltratta una persona appartenente alla sua famiglia, con cui convive, o una persona sottoposta alla sua autorità, affidatagli per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza, custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte.
Il reato si configura quando vengono poste in essere condotte quali minacce, lesioni, atti di disprezzo e umiliazione, ingiurie e privazioni nei confronti della vittima.
Il delitto è finalizzato a proteggere l'integrità psicofisica dei membri della famiglia o di persone conviventi o affidate (cd. contesto familiare o para-familiare.).
La nozione di famiglia richiamata dall'art. 572 c.p. non è limitata alla cd. "famiglia legittima" fondata sul matrimonio, ma si riferisce a qualsiasi unione di fatto, caratterizzata da relazioni intime e consuetudini di vita che creano legami di reciproca assistenza e protezione.
Ed invero, secondo la giurisprudenza, il rapporto di convivenza non costituisce requisito essenziale, purché vi sia un rapporto di affidamento reciproco tra il soggetto attivo e la persona offesa.
È un reato proprio, che può essere commesso esclusivamente da una persona che abbia un particolare vincolo nei confronti del soggetto passivo (figli, genitori, coniuge o altri familiari conviventi).
Con riferimento al profilo sanzionatorio, il reato è punito con la reclusione da tre a sette anni.
Nella nozione di "maltrattamenti" utilizzata dall'art. 572 c.p. rientrano i fatti lesivi dell'integrità fisica e del patrimonio morale del soggetto passivo, che rendano abitualmente dolorose le relazioni familiari, e che si manifestano attraverso sofferenze morali che determinano uno stato di avvilimento o con atti o parole che offendono il decoro e la dignità della persona, ovvero con violenze capaci di produrre sensazioni dolorose ancorché tali da non lasciare traccia.
Non è necessario, per la configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. , un comportamento vessatorio continuo ed ininterrotto, perché il reato è caratterizzato da un'unità significante costituita da una condotta abituale che si estrinseca con più atti, delittuosi o no, che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi ma collegati da un nesso di abitualità ed avvinti nel loro svolgimento da un'unica intenzione criminosa di ledere l'integrità fisica o il patrimonio morale del soggetto passivo. Cioè, in sintesi, di infliggere abitualmente tali sofferenze.
Ad integrare l'abitualità della condotta non è necessario che la stessa venga posta in essere in un tempo prolungato, essendo sufficiente la ripetizione degli atti vessatori, come sopra caratterizzati ed "unificati", anche se per un limitato periodo di tempo (Sez. 5, 9 gennaio 1992, (...)), pur non di meno dovendosi sottolineare che il lasso di tempo, ancorché limitato, è tuttavia utile alla realizzazione della ripetizione di atti vessatori idonea a determinare la sofferenza fisica o morale continuativa della parte offesa.
Per la configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. non è richiesta una totale soggezione della vittima all'autore in quanto la norma, nel reprimere l'abituale attentato alla dignità e al decoro della persona, tutela la normale tollerabilità della convivenza.
Tanto che nello schema del reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. non rientrano soltanto le percosse, le lesioni, le ingiurie, le minacce e le privazioni e le umiliazioni imposte alla vittima, ma anche gli atti di disprezzo e di offesa alla sua dignità, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali, senza che assuma rilievo il fatto che gli atti lesivi si siano alternati con periodi di normalietà e che siano stati, a volte, cagionati da motivi contingenti, poiché, data la natura abituale del delitto, l'intervallo di tempo tra una serie e l'altra di episodi lesivi non fa venir meno l'esistenza dell'illecito.
Si è parlato al riguardo di atti di sopraffazione sistematica tali da rendere particolarmente "dolorosa" la stessa convivenza; l'elemento psichico si concretizza in modo unitario ed uniforme e deve evidenziare nell'agente una grave intenzione di avvilire e sopraffare la vittima e deve ricondurre ad unità i vari episodi di aggressione alla sfera morale e materiale di quest'ultima, pur non rilevando, data la natura abituale del reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p., che durante il lasso di tempo considerato siano riscontrabili nella condotta dell'agente, come si è già evidenziato, periodi di normalità e di accordo con il soggetto passivo.
L'oggetto giuridico non è costituito, dunque, solo dall'interesse dello Stato alla salvaguardia della famiglia da comportamenti vessatori e violenti, ma anche dalla difesa dell'incolumità fisica e psichica delle persone indicate nell'art. 572 c.p., interessate al rispetto della loro personalità nello svolgimento di un rapporto fondato su vincoli familiari.
La giurisprudenza è costante nel ritenere che per la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. non è necessario che l'agente abbia perseguito particolari finalità ne' il pravo proposito di infliggere alla vittima sofferenze fisiche o morali senza plausibile motivo, essendo invece sufficiente il dolo generico cioè la coscienza e volontà di sottoporre il soggetto passivo a tali sofferenze in modo continuo ed abituale.
Non è, quindi, richiesto un comportamento vessatorio continuo ed ininterrotto; essendo l'elemento unificatore dei singoli episodi costituito da un dolo unitario, e pressoché programmatico, che abbraccia e fonde le diverse azioni; esso consiste nell'inclinazione della volontà ad una condotta oppressiva e prevaricatrice che, nella reiterazione dei maltrattamenti in famiglia, si va via via realizzando e confermando, in modo che il colpevole accetta di compiere le singole sopraffazioni con la consapevolezza di persistere in una attività illecita, posta in essere già altre volte.
Si è insistito, più in particolare, sull'unitarietà del dolo, in modo da non confonderlo con la coscienza e volontà di ciascun frammento della condotta, tanto da negare che l'elemento psicologico debba scaturire da uno specifico programma criminoso rigorosamente finalizzato alla realizzazione del risultato effettivamente raggiunto (l'espressione "quasi programmatica" viene perciò intesa obiter); vale a dire, non occorre che debba essere fin dall'inizio presente una rappresentazione della serie degli episodi; quel che la legge impone, infatti, è che sussista la coscienza e volontà di commettere una serie di fatti lesivi della integrità fisica e della libertà o del decoro della persona offesa in modo abituale.
Un intento, dunque, riferibile alla continuità del complesso e perfettamente compatibile con la struttura abituale del reato, attestata ad un comportamento che solo progressivamente è in grado di realizzare il risultato; la conseguenza è che il momento soggettivo che travalica le singole parti della condotta e che esprime il dolo del reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. può ben realizzarsi in modo graduale, venendo esso a costituire il dato unificatore di ciascuna delle componenti oggettive.
I maltrattamenti costituiscono un reato abituale, ossia acquistano rilevanza penale a seguito della loro reiterazione nel tempo.
La Corte di Cassazione ha stabilito, però, che gli atti non devono essere necessariamente prolungati nel tempo, ma è sufficiente la loro ripetizione anche in periodi temporali circoscritti. Ed invero, in alcune pronunce si è affermato che due soli episodi non sono considerati sufficienti per integrare il reato (Cass. n. 35997/2020).
Ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. non è richiesta l'individuazione di condotte sistematiche - nozione questa che rinvia alla preordinazione e strutturazione di un vero e programma teso all'umiliazione e all'annichilimento della vittima - essendo, invece, necessaria e sufficiente l'"abitualità" della condotta, abitualità rispetto alla quale il dolo è individuabile nella consapevolezza dell'agente di persistere in un'attività vessatoria.
Tale consapevolezza non richiede (e dunque prescinde) dalla sussistenza di uno specifico programma criminoso, verso il quale la serie di condotte criminose, sin dalla loro rappresentazione iniziale, siano finalizzate, programma, invece, peculiare dell'istituto della continuazione [cfr. da ultimo, Cassazione penale sez. VI, 11/06/2019, n. 32782].
Infine, è bene ribadire che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il delitto di maltrattamenti in famiglia art. 572 c.p. non è integrato soltanto dalle percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni e umiliazioni imposte alla vittima, ma anche dagli atti di disprezzo e di offesa alla sua dignità, che si risolvono in vere e proprie sofferenze morali.
La Corte di Cassazione ha in tale senso affermato, ad esempio, che richiedere abitualmente il compimento di atti sessuali contro natura alla convivente in rapporto di coppia, benché la donna resista ed esiga rispetto e benché al rifiuto della stessa talora segua offerte di scuse, integra gli estremi del reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. perché la ripetizione insistente delle richieste, dato il disvalore che la persona convivente vi attribuisce, cagiona a costei sofferenze per il disprezzo che l'uomo mostra delle sue condizioni [cfr. Cass., sez. V, 96/7651].
In conclusione, ai fini dell'affermazione della penale responsabilità per il reato di cui all'art. 572 c.p. ciò che deve risultare, dalle risultanze dibattimentali, è la sistematica sottoposizione del familiare ad una serie di sofferenze fisiche e morali tali da imporre allo stesso un regime di vita vessatorio, mortificante ed insostenibile.
Per giurisprudenza costante è ben possibile che il giudice tragga il proprio convincimento circa la responsabilità dell'imputato anche dalla sola dichiarazione resa dalla persona offesa, sempre che sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all'art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, le quali richiedono la presenza di riscontri esterni (cfr., per tutte, Cass. Sez. 3 sentenza 27.6.-11.10.2012n. 40143; Sez. 1, n. 29372 del 27/7/2010, Stefanini, Rv. 248016) [Cassazione penale sez. Ili, 20/02/2013, n. 21692].
La Corte di Cassazione ha affermato, in particolare, questo principio con specifico riferimento ai reati sessuali, non solo confermando che "la deposizione della persona offesa può essere assunta anche da sola come fonte di prova della colpevolezza, ove venga sottoposta ad un'indagine positiva sulla credibilità soggettiva ed oggettiva di chi l'ha resa", ma aggiungendo che nelle fattispecie considerate ciò è vero a maggior ragione "dato che in tale contesto processuale il più delle volte l'accertamento dei fatti dipende necessariamente dalla valutazione del contrasto delle opposte versioni di imputato e parte offesa, soli protagonisti dei fatti, in assenza, non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall'esterno, all'una o all'altra tesi" (cfr. Cassazione penale sez. III, 19/05/2017, n. 35559).
Quanto alla valutazione di attendibilità della persona offesa, si deve ripetere che la sua testimonianza, perché possa essere legittimamente utilizzata come fonte ricostruttiva del fatto per il quale si procede, non necessita di altri elementi di prova che ne confermino l'attendibilità (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, (...), Rv. 253214) ma, anzi, al pari di qualsiasi altra testimonianza, è sorretta da una presunzione di veridicità secondo la quale il giudice, pur essendo tenuto a valutarne criticamente il contenuto, verificandone l'attendibilità, non può assumere come base del proprio convincimento l'ipotesi che il teste riferisca scientemente il falso (salvo che sussistano specifici e riconoscibili elementi atti a rendere fondato un sospetto di tal genere, in assenza dei quali egli deve presumere che il dichiarante, fino a prova contraria, riferisca correttamente quanto a sua effettiva conoscenza) [così, da ultimo, Sez. 4, n. 6777 del 24/01/2013, (...), Rv. 255104; cfr. anche Sez. 6, n. 7180 del 12/12/2003, (...), Rv. 228013 e Sez. 4, n. 35984 del 10/10/2006, (...), Rv. 234830, secondo le quali "in assenza di siffatti elementi, il giudice deve presumere che il teste, fino a prova contraria, riferisca correttamente quanto a sua effettiva conoscenza e deve perciò limitarsi a verificare se sussista o meno incompatibilità fra quello che il teste riporta come vero, per sua diretta conoscenza, e quello che emerge da altre fonti di prova di eguale valenza"].
Vero è che la testimonianza della persona offesa deve essere certamente soggetta ad un più penetrante e rigoroso controllo circa la sua credibilità soggettiva e l'attendibilità intrinseca del racconto (Sez. u, 41461 del 2012, cit.), ma ciò non legittima un aprioristico giudizio di inaffidabilità della testimonianza stessa (espressamente vietata come regola di giudizio) e non consente di collocarla, di fatto e come già sopra evidenziato, sullo stesso piano delle dichiarazioni provenienti dai soggetti indicati dall'art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, (con violazione del canone di giudizio imposto dall'art. 192 c.p.p., comma 1).
Peraltro, in tema di reati come quello dei maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p., tale valutazione risente della particolare dinamica delle condotte il cui accertamento, spesso, deve essere svolto senza l'apporto conoscitivo di testimoni diretti diversi dalla stessa vittima. Non è, pertanto, giuridicamente corretto fondare il giudizio d'inattendibilità della testimonianza della persona offesa che abbia piena capacità di intendere e di volere sul solo dato dell'oggettivo contrasto con altre prove testimoniali o sulla mancanza di riscontri, essendo, per contro, necessario che sussistano elementi di contrasto nella deposizione di portata tale da far fondatamente dubitare dell'attendibilità di tali dichiarazioni (cfr. Cass., IV, 10.10.2006, n. 35984).
Ne deriva che il giudice può ritenere che sussista il fatto riferito dal teste unicamente perché questi glielo rappresenta, sulla base naturalmente di un vaglio di credibilità e di un controllo ab intrinseco centrato sulla personalità del testimone e sulle caratteristiche del suo racconto.
(Fonte: Tribunale Taranto sez. I, 15/12/2021, (ud. 17/09/2021, dep. 15/12/2021), n.1580).
Cassazione penale sez. VI - 09/02/2023, n. 11910
In tema di esigenze cautelari, allorché si procede per reati consumati all'interno di "relazioni strette" (nella specie, maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate), la funzione preventiva della misura ha una direzione cautelare specifica, funzionale a contenere una pericolosità "mirata", orientata nei confronti di una specifica persona, sicché la concretezza del pericolo e la sua attualità possono escludersi solo in presenza di elementi che indichino la recisione della relazione nella quale si è manifestata la condotta criminosa.
Cassazione penale sez. II - 03/02/2023, n. 11290
In tema di maltrattamenti contro familiari e conviventi, la consistenza dello iato temporale tra le condotte realizzate in danno delle medesime persone offese non rileva al fine di escludere l'abitualità del reato, ma l'interruzione temporale può valere a qualificare le distinte serie di condotte illecite quali reati autonomi, uniti dal vincolo della continuazione. (Fattispecie di annullamento con rinvio della decisione che aveva erroneamente ravvisato due delitti di cui all'art. 572 c.p., anche se commessi in danno delle stesse persone offese in un arco temporale pressoché continuativo, ed aveva altresì escluso la continuazione tra detti episodi e una serie di condotte, giudicate in separato giudizio, tenute dall'imputato in danno dei medesimi congiunti negli anni immediatamente precedenti).
Cassazione penale sez. VI - 24/01/2023, n. 28218
In tema di maltrattamenti contro familiari e conviventi, ove parte della condotta sia commessa sotto la vigenza della disposizione incriminatrice di cui all'art. 572 c.p., come modificata in senso peggiorativo dall'art. 4, comma 1, lett. d), l. 1 ottobre 2012, n. 172, trova applicazione la norma sopravvenuta sfavorevole al reo nel solo caso in cui si collochi dopo la sua entrata in vigore un segmento di condotta sufficiente, di per sé, a integrare l'abitualità del reato.
Cassazione penale sez. VI - 17/10/2022, n. 809
In tema di maltrattamenti in famiglia, a fronte di condotte abitualmente vessatorie, che siano concretamente idonee a cagionare sofferenze, privazioni ed umiliazioni, il reato non è escluso per effetto della maggiore capacità di resistenza dimostrata dalla persona offesa, non essendo elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice la riduzione della vittima a succube dell'agente.
Cassazione penale sez. VI - 30/09/2022, n. 45400
Integrano il reato di maltrattamenti in famiglia, e non quello di atti persecutori, le condotte vessatorie nei confronti del coniuge che, sorte in ambito domestico, proseguano dopo la sopravvenuta separazione di fatto o legale, in quanto il coniuge resta "persona della famiglia" fino allo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, a prescindere dalla convivenza. (In motivazione la Corte ha precisato che la separazione è condizione che non elide lo "status" acquisito con il matrimonio, dispensando dagli obblighi di convivenza e fedeltà, ma lasciando integri quelli di reciproco rispetto, assistenza morale e materiale, e collaborazione, che discendono dall'art. 143, comma 2, c.c.).
Cassazione penale sez. VI - 28/09/2022, n. 38336
Ai fini della configurabilità del delitto di maltrattamenti in famiglia, il concetto di “convivenza”, in ossequio al divieto di interpretazione analogica delle norme incriminatrici, va inteso nell'accezione più ristretta, presupponente una radicata e stabile relazione affettiva caratterizzata da una duratura consuetudine di vita comune nello stesso luogo.
Cassazione penale sez. VI - 16/06/2022, n. 32577
In tema di sospensione condizionale della pena, la previsione di cui all'art. 165, comma 5, c.p., introdotto dall'art. 6, comma 1, l. 19 luglio 2019 n. 69, che subordina il beneficio alla partecipazione del condannato a specifici percorsi di recupero, pur avendo natura sostanziale, si applica anche a fatti di maltrattamenti in famiglia perfezionatisi prima dell'entrata in vigore della indicata novella, ma protrattisi - senza significative cesure temporali - in epoca successiva, stante l'unitarietà strutturale del reato. (Nella specie, la Corte ha disposto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, priva della condizione ex art. 165, comma 5, cit., richiedendo la relativa statuizione accertamenti di fatto al fine di individuare l'ente o l'associazione, nonché la durata, dei corsi di recupero).
Cassazione penale sez. V - 08/06/2022, n. 26429
Le fattispecie di riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù hanno tra loro in comune, oltre al sistematico maltrattamento del soggetto passivo, una condizione di integrale asservimento e di esclusiva utilizzazione della vittima a fini di sfruttamento economico, sicché, ove le condotte siano poste in essere in danno di persona convivente, il reato di cui all'art. 600 c.p. assorbe, in virtù del principio di consunzione, quello di maltrattamenti contro familiari o conviventi. (Fattispecie in cui è stata correttamente ricondotta all'art. 600 c.p. la condotta dell'imputato che, anche con il ripetuto uso della violenza fisica, aveva assoggettato a sé altro soggetto, costringendolo a lavorare come bracciante agricolo, appropriandosi delle somme da quello percepite a titolo di retribuzione, imponendogli di svolgere lavori domestici presso l'abitazione ove entrambi convivevano, facendolo dormire sul pavimento e somministrandogli minime quantità di cibo).
Cassazione penale sez. VI - 10/05/2022, n. 21087
È configurabile l'aggravante del reato di maltrattamenti in famiglia nei confronti di un infante che assista alle condotte maltrattanti poste in essere in danno di altri componenti della sua famiglia (cd. "violenza assistita"), a condizione che tali condotte siano idonee ad incidere sull'equilibrio psicofisico dello stesso. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l'aggravante ritenendo che la età di soli tre mesi dell'infante non gli consentisse di percepire il contesto ambientale e le condotte maltrattanti).
Cassazione penale sez. VI - 10/05/2022, n. 21087
In tema di maltrattamenti in famiglia, l'estensione dell'arco temporale entro il quale si manifestano le condotte maltrattanti è un dato tendenzialmente neutro ai fini della configurabilità del reato, fermo restando che, se la convivenza si è protratta per un periodo limitato, è necessario che le condotte vessatorie siano state poste in essere in maniera continuativa o con cadenza ravvicinata.(Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto integrato il reato in relazione a condotte prevaricatrici attuate, in circa un mese di convivenza, con cadenza quasi quotidiana).
Cassazione penale sez. III - 27/04/2022, n. 21024
È manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 572, comma 2, c.p. per contrasto con l'art. 3 Cost., nella parte in cui prevede il medesimo trattamento sanzionatorio per le condotte di maltrattamento tenute in presenza del minore e per quelle realizzate in suo danno, venendo in rilievo una scelta rimessa alla discrezionalità del legislatore non manifestamente irragionevole, posto che la "ratio" dell'aggravante è correlata all'esigenza di elevare la soglia di protezione di soggetti deboli mediante la tutela dell'integrità psicologica e di quella fisica degli stessi, l'una suscettibile di essere compromessa nel caso in cui il minore sia spettatore di violenza in ambito familiare e l'altra ove sia egli stesso vittima di violenza.
Cassazione penale sez. VI - 22/04/2022, n. 17872
È configurabile il concorso formale - e non l'assorbimento - tra le fattispecie incriminatrici previste dagli artt. 572 e 582 c.p. quando le lesioni risultano consumate in occasione della commissione del delitto di maltrattamenti, con conseguente sussistenza dell'aggravante dell'art. 576, comma 1, n. 5, c.p.: in tal caso, infatti, non ricorre l'ipotesi del reato complesso, per la cui configurabilità non è sufficiente che le particolari modalità di realizzazione in concreto del fatto tipico determinino un'occasionale convergenza di più norme e, quindi, un concorso di reati, ma è necessario che sia la legge a prevedere un reato come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro.
Cassazione penale sez. VI - 07/04/2022, n. 19839
È configurabile il delitto di maltrattamenti ex art. 572 c.p. nelle relazioni tra consanguinei, in quanto "persone della famiglia", anche in mancanza di convivenza o dopo la sua cessazione, salvo che i vincoli di solidarietà, che costituiscono il presupposto della fattispecie incriminatrice, siano in fatto venuti meno per la definitiva interruzione di ogni rapporto tra le parti. (Fattispecie relativa a condotte prevaricatrici poste in essere da un figlio nei confronti della madre).
Cassazione penale sez. VI - 06/04/2022, n. 19832
In tema di maltrattamenti in famiglia, stante la natura abituale del reato, che si consuma con la cessazione delle condotte vessatorie, è sufficiente che anche solo una di esse sia stata posta in essere alla presenza di un minore dopo l'entrata in vigore della l. 19 luglio 2019, n. 69, perché trovi applicazione la circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all'art. 572, comma 2, c.p., introdotta da tale legge, in luogo di quella, previgente, di cui all'art. 61, comma 1, n. 11-quinquies, c.p.
Cassazione penale sez. VI - 16/03/2022, n. 15883
In tema di rapporti fra il delitto di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori, il divieto di interpretazione analogica delle norme incriminatrici impone di intendere i concetti di “famiglia” e di “convivenza” di cui all'art. 572 c.p. nell'accezione più ristretta, di una comunità connotata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale e da una duratura comunanza di affetti implicante reciproche aspettative di mutua solidarietà ed affetti, fondata sul rapporto di coniugio o di parentela o, comunque, su una stabile condivisione dell'abitazione, ancorché non necessariamente continuativa, sicché non è configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia, bensì l'ipotesi aggravata di atti persecutori di cui all'art. 612-bis, comma 2, c.p. in presenza di condotte vessatorie poste in essere da parte di uno dei conviventi more uxorio ai danni dell'altro dopo la cessazione della convivenza.
Cassazione penale sez. VI - 16/02/2022, n. 9663
Ai fini della configurabilità, nell'ambito delle relazioni interpersonali non qualificate, del reato di maltrattamenti in famiglia - e non, invece, dell'ipotesi aggravata di atti persecutori - i concetti di "famiglia" e di "convivenza" vanno intesi nell'accezione più ristretta, presupponente una comunità connotata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale e da una duratura comunanza d'affetti che non solo implichi reciproche aspettative di mutua solidarietà ed assistenza, ma sia fondata sul rapporto di coniugio o di parentela o, comunque, su una stabile condivisione dell'abitazione, ancorché non necessariamente continua.
Cassazione penale sez. VI - 16/02/2022, n. 10626
In tema di rapporti fra il reato di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori, è configurabile il concorso del primo con l'ipotesi aggravata del secondo in presenza di comportamenti che, sorti nell'ambito di una comunità familiare, esulino dalla fattispecie dei maltrattamenti per la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo o comunque della sua attualità temporale, nonostante la persistente condivisa genitorialità. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva configurato il concorso tra i due reati, sul presupposto della diversità dei beni giuridici tutelati, ritenendo integrato quello di maltrattamenti in famiglia fino alla data di interruzione del rapporto di convivenza e poi, dalla cessazione di tale rapporto, quello di atti persecutori).
Cassazione penale sez. VI - 26/11/2021, n. 7259
Nei casi di cessazione della convivenza "more uxorio", è configurabile il delitto di maltrattamenti in famiglia, e non invece quello di atti persecutori, quando tra i soggetti permanga un vincolo assimilabile a quello familiare, in ragione di una mantenuta consuetudine di vita comune o dell'esercizio condiviso della responsabilità genitoriale ex art. 337-ter c.c. (Fattispecie in cui l'imputato era quotidianamente presente nella vita e nell'abitazione della ex convivente e della figlia minore, persone offese, per attendere ai compiti educativi e di assistenza inerenti alla genitorialità).
Cassazione penale sez. VI - 23/11/2021, n. 8097
In tema di maltrattamenti in famiglia, sussiste il nesso causale tra la condotta maltrattante e il suicidio della vittima se questo è posto in essere come rimedio alle continue sofferenze psico-fisiche cagionate abitualmente e non ha una causa autonoma e successiva, che si inserisca nel processo causale in modo eccezionale, atipico ed imprevedibile.
Cassazione penale sez. VI - 23/11/2021, n. 8097
In tema di maltrattamenti in famiglia, l'imputazione soggettiva dell'evento aggravatore, non voluto, della morte della vittima per suicidio postula un coefficiente di prevedibilità in concreto di tale evento come conseguenza della condotta criminosa di base, in modo che possa escludersi – in ossequio al principio di colpevolezza e di personalità della responsabilità penale – che la condotta suicidiaria sia stata oggetto di una libera capacità di autodeterminarsi della vittima, imprevedibile e non conoscibile da parte del soggetto agente.
Cassazione penale sez. VI - 17/11/2021, n. 45095
Non è configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia, bensì l'ipotesi aggravata del reato di atti persecutori, in presenza di condotte illecite poste in essere da parte di uno dei conviventi "more uxorio" ai danni dell'altro dopo la cessazione della convivenza.
Cassazione penale sez. I - 16/11/2021, n. 47041
Non costituisce titolo ostativo alla sospensione dell'ordine di esecuzione di pene detentive ai sensi dell'art. 656, comma 9, lett. a), c.p.p. il delitto di maltrattamenti in famiglia aggravato ex art. 61, n. 11-quinquies, c.p. per essere stato il fatto commesso in presenza di un minore di anni quattordici, atteso che non sussiste continuità normativa tra detto delitto e l'ipotesi aggravata di maltrattamenti in danno di un minore di anni quattordici, contemplata dal previgente art. 572, comma secondo, cod. pen., al quale la suddetta lett. a) seguita a fare formale rinvio.
Cassazione penale sez. VI - 28/10/2021, n. 46109
Non è abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari rigetti la richiesta, ex art. 392, comma 1-bis, c.p.p., di esame in incidente probatorio della persona offesa (nella specie, del reato di cui all'art. 572 c.p.), escludendone la condizione di vulnerabilità (in ragione della maggiore età, dell'inserimento sociale della vittima e della reazione opposta alla condotta delittuosa), trattandosi di provvedimento che non determina la stasi del procedimento né si pone fuori dal sistema processuale.
Cassazione penale sez. I - 17/09/2021, n. 43302
Spetta al giudice ordinario la competenza a conoscere del delitto di maltrattamenti in famiglia allorché la condotta criminosa, benché iniziata quando l'imputato era ancora minorenne, sia terminata in epoca successiva al raggiungimento della maggiore età, trattandosi di una fattispecie di reato unica non suscettibile di frazionamenti.
Cassazione penale sez. VI - 06/09/2021, n. 39532
Non è configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia, bensì l'ipotesi aggravata del reato di atti persecutori, in presenza di condotte illecite poste in essere da parte di uno dei componenti di una unione di fatto ai danni dell'altro, quando sia cessata la convivenza e siano conseguentemente venute meno la comunanza di vita e di affetti, nonché il rapporto di reciproco affidamento.
Cassazione penale sez. VI - 02/07/2021, n. 35591
Ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 572 c.p., l'esistenza, in una casa di cura e ricovero per anziani, di un generalizzato clima di vessazione e di indifferenza nei confronti dei bisogni primari degli assistiti non esime dalla rigorosa individuazione degli autori delle varie condotte, in quanto il carattere personale della responsabilità penale impedisce che il singolo operatore sanitario, in mancanza di addebiti puntuali che lo riguardano, possa essere chiamato a rispondere, sia pure in forma concorsuale omissiva, del contesto in sé considerato, anche nel caso in cui da tale contesto egli tragga vantaggio in termini di alleggerimento dei propri compiti. (Fattispecie relativa ad addebito di responsabilità omissiva nei confronti di un'infermiera professionale, operante in una residenza per anziani in cui veniva fatto ricorso alla contenzione psichiatrica anche quando non strettamente necessaria).
Cassazione penale sez. III - 26/05/2021, n. 36323
In tema di reati contro la libertà sessuale, l'estensione del regime della procedibilità d'ufficio ex art. 609-septies, comma 4, n. 4, c.p. ai delitti connessi con altri per cui sia prevista tale forma di procedibilità opera anche qualora l'accertamento del fatto integrante il delitto procedibile d'ufficio sia avvenuto ai soli effetti civili, non potendosene, in tal caso, escludere la rilevanza giuridica per ogni effetto diverso dalla punizione del responsabile.
Cassazione penale sez. VI - 11/05/2021, n. 41744
In tema di maltrattamenti in famiglia, integra la circostanza aggravante di cui all'art. 572, comma 3, c.p. la condotta di colui che ponga in essere condotte maltrattanti nel cui ambito si inscriva un'azione "finale", anche se compiuta da un concorrente, la quale provochi direttamente il decesso della persona offesa, quando i maltrattamenti, globalmente considerati, pure in considerazione dell'ultimo episodio di violenza, abbiano avuto idoneità concreta ad offendere il bene vita. (Fattispecie in cui la sentenza impugnata aveva attribuito la morte della vittima non solo all'autrice del colpo letale, ma anche al ricorrente, per avere lo stesso reiteratamente posto in essere, in concorso con quest'ultima, durature e selvagge vessazioni, le quali avevano costituito l'antecedente causale delle percosse che materialmente avevano portato alla morte).
Cassazione penale sez. un. - 29/04/2021, n. 39005
Il giudice che, con provvedimento specificamente motivato e nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, disponga, anche cumulativamente, le misure cautelari del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa e/o di mantenimento della distanza dai medesimi, deve indicarli specificamente, mentre, nel caso in cui reputi necessaria e sufficiente la sola misura dell'obbligo di mantenersi a distanza dalla persona offesa, non è tenuto ad indicare i relativi luoghi, potendo limitarsi a determinare la stessa.
Cassazione penale sez. V - 06/05/2021, n. 31665
Non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nell'ipotesi in cui il giudice di merito assolva l'imputato dal delitto di maltrattamenti in famiglia, inizialmente contestato, e lo condanni per le plurime condotte di percosse in esso ricomprese, in continuazione, ritenendone sussistenti i presupposti di configurabilità.
Cassazione penale sez. VI - 31/03/2021, n. 24710
In tema di maltrattamenti in famiglia, a fronte di condotte che abbiano avuto inizio prima della l. 1° ottobre 2012, n. 172, ma siano proseguite in epoca successiva, trova applicazione il più severo trattamento sanzionatorio previsto da detta legge, stante l'unitarietà del reato abituale, in cui ogni nuova azione si salda a quelle precedenti, trasferendo il momento della consumazione all'ultima delle condotte tipiche realizzate, salvo il caso in cui le condotte maltrattanti poste in essere dopo la modifica normativa siano intervenute dopo un significativo intervallo temporale, tale da far propendere per la autonomia dei fatti, eventualmente unificabili nel vincolo della continuazione.
Cassazione penale sez. VI - 25/02/2021, n. 17599
Il reato di maltrattamenti in famiglia assorbe il delitto di cui all'art. 612 c.p. a condizione che le minacce rivolte alla persona offesa non siano frutto di un'autonoma ed indipendente condotta criminosa, ma costituiscano una delle condotte mediante le quali si realizza il reato di maltrattamenti.
Cassazione penale sez. VI - 23/02/2021, n. 16548
In tema di maltrattamenti in famiglia, integra la circostanza aggravante di cui all'art. 572, comma 3, c.p. la condotta di colui che ponga in essere fatti di maltrattamento nel cui ambito si inscriva un'azione finale che provochi direttamente il decesso della persona offesa, quale naturale sviluppo dell'unitaria ed abituale condotta stessa. (Fattispecie relativa al decesso di una donna, vittima di abituali vessazioni da parte del convivente, il quale, nel corso di un litigio, ne cagionava la caduta e le conseguenti gravi lesioni encefaliche, omettendo di prestarle soccorso e, in tal modo, ponendo in essere una concausa della morte).
Cassazione penale sez. VI - 11/02/2021, n. 17888
È configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia anche in presenza di un rapporto di convivenza di breve durata, instabile e anomalo, purché sia sorta una prospettiva di stabilità e un'attesa di reciproca solidarietà. (In motivazione, la Corte ha precisato che il reato è configurabile qualora fra l'autore del reato e la persona offesa sussistano strette relazioni dalle quali dovrebbero derivare rispetto e solidarietà e che, invece, diventano la precondizione per realizzare le condotte maltrattanti).
Cassazione penale sez. VI - 09/02/2021, n. 8323
Il reato di maltrattamenti, aggravato dalla circostanza dell'essere stato commesso alla presenza di un minore, prevista dall'art. 61, n. 11-quinquies, c.p., si differenzia dal reato di maltrattamenti in famiglia in danno di minore, vittima di violenza cd. assistita, perché, ai soli fini della configurabilità dell'aggravante, non è necessario che gli atti di sopraffazione posti in essere alla presenza del minore rivestano il carattere dell'abitualità. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto non esservi incompatibilità tra l'assoluzione dal reato di maltrattamenti in famiglia in danno di minori e la riconosciuta sussistenza del reato di maltrattamenti in danno della loro madre e della loro nonna, aggravato, ai sensi dell'art. 61, n. 11-quinquies, c.p., dall'avere essi sporadicamente assistito alle condotte prevaricatrici).
Cassazione penale sez. III - 04/02/2021, n. 13815
In tema di maltrattamenti in famiglia, l'art. 572 c.p. è applicabile anche quando le condotte siano realizzate nell'ambito di una situazione di parafamiliarità, intesa come sottoposizione di una persona all'autorità di un'altra in un contesto di prossimità permanente, di abitudini di vita proprie delle comunità familiari, nonché di affidamento, fiducia e soggezione del sottoposto rispetto all'azione di chi ha la posizione di supremazia.(Fattispecie relativa alla condotta posta in essere dalla guida spirituale di una comunità pseudoreligiosa nei confronti degli "adepti").
Cassazione penale sez. I - 29/01/2021, n. 10373
In tema di sospensione dell'ordine di esecuzione di pene detentive, la condanna per il reato di cui all'art. 572, comma 2, c.p., commesso in epoca antecedente all'entrata in vigore dell'art. 9, l. 19 luglio 2019, n. 69, che ha trasformato l'ipotesi ivi prevista in circostanza aggravante ad effetto speciale, costituisce titolo ostativo alla sospensione dell'esecuzione, in quanto già previsto come tale dall'art. 656, comma 9, lett. a), c.p.p. il cui testo è rimasto sempre immutato.
Cassazione penale sez. VI - 17/12/2020, n. 2242
In tema di misure cautelari personali, è legittima l'ordinanza che dispone, ex art. 282-ter c.p.p., il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa senza indicare specificamente quali siano i luoghi oggetto di divieto, in quanto la predetta individuazione deve avvenire "per relationem" con riferimento ai luoghi in cui, di volta in volta, si trovi la persona offesa, con la conseguenza che, ove tali luoghi, anche per pura coincidenza, vengano ad essere frequentati anche dall'imputato, costui deve immediatamente allontanarsene. (In motivazione, la Corte ha precisato che, diversamente ragionando, si consentirebbe all'agente di avvicinarsi alla persona offesa nei luoghi non rientranti nell'elenco tassativo eventualmente definito dal giudice, frustrando così la "ratio" della norma, tesa alla più completa tutela del diritto della persona offesa di poter esplicare la propria personalità e la propria vita di relazione in condizioni di assoluta sicurezza).
Cassazione penale sez. VI - 03/12/2020, n. 2979
Il reato di maltrattamenti, in quanto reato abituale, si consuma nel momento in cui ha luogo la cessazione della condotta, sicché eventuali modifiche del regime sanzionatorio trovano applicazione anche se intervenute dopo l'inizio della consumazione, ma prima della cessazione della abitualità. (Fattispecie in cui è stata ritenuta applicabile, ai fini della determinazione del termine di fase della custodia cautelare, la norma introdotta dalla l. 19 luglio 2019, n. 69, che ha trasformato l'aggravante di cui all'art. 61, comma 1, n. 11-quinquies c.p. in una aggravante ad effetto speciale della fattispecie base del maltrattamenti).
Cassazione penale sez. I - 05/11/2020, n. 32727
In tema di sospensione dell'ordine di esecuzione di pene detentive, la condanna per il reato previsto dall'art. 572, comma secondo, cod. pen., costituisce causa ostativa alla sospensione dell'ordine di esecuzione, nonostante l'abrogazione di detta norma, operata dall'art. 1, comma 1-bis, del d.l. 14 agosto 2013, n.93, convertito nella legge 15 ottobre 2013, n. 119, attesa la natura "mobile" del rinvio contenuto nell'art. 656, comma 9, cod. proc. pen. all'art. 572, comma secondo, cod. pen. e la continuità normativa tra l'ipotesi formalmente abrogata e l'analoga previsione di cui agli artt. 572, comma primo e 61, comma primo, n.11-quinquies, cod. pen.
Cassazione penale sez. VI - 03/11/2020, n. 37077
Il reato di maltrattamenti in famiglia assorbe quello di atti persecutori quando, nonostante l'avvenuta cessazione della convivenza, la relazione tra i soggetti rimanga comunque connotata da vincoli solidaristici, mentre si configura il reato di atti persecutori, nella forma aggravata prevista dall'art. 612-bis, comma 2, c.p., quando non residua neppure una aspettativa di solidarietà nei rapporti tra l'imputato e la persona offesa, non risultando insorti vincoli affettivi e di assistenza assimilabili a quelli tipici della famiglia o della convivenza abituale.
Cassazione penale sez. VI - 21/10/2020, n. 34086
In tema di maltrattamenti in famiglia, non è configurabile una relazione assimilabile a quella familiare nel caso di due persone che, coltivando una relazione clandestina, utilizzino un appartamento esclusivamente quale base dei loro incontri.
Cassazione penale sez. II - 15/10/2020, n. 5247
Le circostanze attenuanti generiche hanno anche la funzione di adeguare la sanzione finale all'effettivo disvalore del fatto oggetto di giudizio, nella globalità degli elementi oggettivi e soggettivi, atteso che la specificità della vicenda può richiedere un intervento correttivo del giudice che renda, di fatto, la pena rispettosa del principio di ragionevolezza, ai sensi dell'art. 3 Cost., e della finalità rieducativa, di cui all'art. 27, comma 3, Cost., di cui la congruità costituisce elemento essenziale. (In motivazione, la Corte ha sottolineato che il giudice di merito ha l'onere di ben evidenziare gli elementi del caso concreto che giustificano il riconoscimento delle attenuanti e di spiegare la scelta in ordine all'eventuale giudizio di comparazione con le circostanze aggravanti).
Cassazione penale sez. I - 13/10/2020, n. 36085
Nell'ipotesi di commissione del delitto di maltrattamenti in famiglia mediante condotte minacciose meramente evocative del possesso di armi legittimamente detenute, senza un loro effettivo utilizzo, non è ammissibile la confisca obbligatoria prescritta dagli artt. 240 c.p. e 6 l. 22 maggio 1975, n. 152, non essendo esse servite o comunque destinate alla commissione del reato alla stregua della previsione dell'art. 240, comma 1, n. 1), c.p.
Cassazione penale sez. V - 12/10/2020, n. 34504
Ai fini dell'applicazione della sanzione accessoria della sospensione della responsabilità genitoriale, prevista dall'art. 34 c.p., integra abuso di tale responsabilità, in caso di condanna per il delitto di maltrattamenti in famiglia, la condotta vessatoria, rivolta nei confronti dell'altro genitore, che coinvolga solo indirettamente i figli minori, costringendoli ad assistere ad una violenza sopraffattrice destinata ad avere ripercussioni sulla loro crescita ed evoluzione psicofisica.
Cassazione penale sez. III - 23/09/2020, n. 35700
Il delitto di maltrattamenti è assorbito da quello di violenza sessuale soltanto quando vi è piena coincidenza tra le condotte, nel senso che gli atti lesivi siano finalizzati esclusivamente alla realizzazione della violenza sessuale e siano strumentali alla stessa, mentre vi è concorso tra i due reati in caso di autonomia anche parziale delle condotte, comprendenti anche atti ripetuti di percosse gratuite e ingiurie non circoscritte alla violenza o alla minaccia strumentale necessaria alla realizzazione della violenza.
Cassazione penale sez. V - 12/10/2020, n. 34504
La circostanza aggravante del nesso teleologico è configurabile anche in ipotesi di concorso formale di reati, non richiedendo un'alterità di condotte quanto piuttosto la specifica finalizzazione dell'un reato alla realizzazione dell'altro. (Fattispecie relativa all'applicazione della aggravante prevista dall'art. 576, comma 1, n. 5, c.p., per il reato di lesioni strumentalmente diretto a commettere quello di maltrattamenti in famiglia).
Cassazione penale sez. V - 12/10/2020, n. 34504
È configurabile il concorso tra i reati di maltrattamenti in famiglia e sequestro di persona quando la condotta di sopraffazione che privi la vittima della libertà personale non si esaurisce nella abituale coercizione fisica e psicologica, ma ne costituisce un picco esponenziale dotato di autonoma valenza e carico di ulteriore disvalore, idoneo a produrre, per un tempo apprezzabile, un'arbitraria compressione, pur non assoluta, della libertà di movimento della persona offesa. (Fattispecie in cui, in un regime familiare improntato alla costante e continua prevaricazione e violenza del marito nei confronti della moglie, questa veniva bloccata a letto per alcune ore con le manette ai polsi).
Cassazione penale sez. VI - 15/01/2020, n. 8145
In tema di maltrattamenti in famiglia, la condotta penalmente sanzionata non richiede la mera esistenza di un rapporto parentale tra l'autore della condotta e la persona offesa, occorrendo l'effettiva convivenza o, quanto meno, rapporti di reciproca assistenza morale ed affettiva, sicché il reato non è configurabile ove risulti la definitiva disgregazione dell'originario nucleo familiare. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la sussistenza del reato sul presupposto che l'imputato, figlio e fratello delle persone offese, aveva interrotto con queste qualsivoglia rapporto familiare, non potendo neppure integrare il requisito della convivenza la mera condivisione di parti comuni dell'edificio all'interno del quale ciascuno disponeva di un autonomo appartamento).
Cassazione penale sez. VI - 21/01/2020, n. 11777
L'elemento differenziale tra il reato di abuso dei mezzi di correzione e quello di maltrattamenti non può individuarsi nel grado di intensità delle condotte violente tenute dall'agente, in quanto l'uso della violenza per fini correttivi o educativi non è mai consentito. (In motivazione, la Corte ha precisato che il reato di abuso dei mezzi di correzione presuppone l'uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi, in via ordinaria consentiti, quali l'esclusione temporanea dalle attività ludiche o didattiche, l'obbligo di condotte riparatorie o forme di rimprovero non riservate).
Cassazione penale sez. VI - 22/01/2020, n. 11002
Il reato di lesioni personali, quando aggravato ai sensi dell'art. 576, comma primo, n. 5, cod. pen., perché commesso in occasione del delitto di maltrattamenti, è procedibile d'ufficio, anche nell'ipotesi di lesioni lievissime, per effetto del richiamo operato dall'art. 582, comma secondo, cod. pen. all'art. 585 e di questo al citato art. 576.
Cassazione penale sez. VI - 22/01/2020, n. 14168
La circostanza aggravante del nesso teleologico, di cui all'art. 61, n. 2, c.p., è configurabile anche in ipotesi di concorso formale di reati, non richiedendo una alterità di condotte quanto piuttosto la specifica finalizzazione dell'un reato alla realizzazione dell'altro. (Fattispecie relativa all'applicazione della suddetta aggravante in un caso di condanna per il reato di lesioni personali, strumentalmente diretto a commettere quello di maltrattamenti in famiglia).
Cassazione penale sez. III - 24/01/2020, n. 12026
Il reato di maltrattamenti in famiglia è configurabile anche nel caso in cui le condotte violente e vessatorie siano poste in essere dai familiari in danno reciproco gli uni degli altri. (In motivazione, la Corte ha precisato che il reato di cui all'art. 572 c.p. non prevede il ricorso a forme di sostanziale autotutela, mediante un regime di “compensazione” fra condotte penalmente rilevanti e reciprocamente poste in essere).
Cassazione penale sez. I - 28/01/2020, n. 13013
Nel delitto di maltrattamenti in famiglia, il dolo non richiede la sussistenza di uno specifico programma criminoso, verso il quale sia finalizzata, fin dalla loro rappresentazione iniziale, la serie di condotte tale da cagionare le abituali sofferenze fisiche o morali della vittima, essendo, invece, sufficiente la sola consapevolezza dell'autore del reato di persistere in un'attività vessatoria, già posta in essere in precedenza, idonea a ledere la personalità della vittima.
Cassazione penale sez. VI - 05/02/2020, n. 13562
L'attenuante della provocazione è incompatibile con il delitto di maltrattamenti, essendo questo connotato, quale reato abituale, dalla reiterazione nel tempo di comportamenti antigiuridici. (Fattispecie in cui è stata esclusa tale attenuante, in quanto invocata solo in relazione all'ultimo episodio di lesioni personali che si inseriva in una condotta di maltrattamenti protrattasi per anni).
Cassazione penale sez. VI - 03/03/2020, n. 13709
In tema di rapporti tra il reato di maltrattamenti e violenza privata, è configurabile il concorso materiale nel caso in cui i maltrattamenti non abbiano cagionato una compressione della libertà morale della vittima, sicché il concomitante compimento di singole condotte di violenza privata produce un'offesa autonoma ed ulteriore, mentre sussiste assorbimento del reato di violenza privata nel caso in cui la condotta di cui all'art.572 c.p. sia tale da aver determinato di per sé una lesione alla libertà morale della persona offesa, con la conseguenza che le singole condotte lesive della libertà di autodeterminazione del soggetto passivo costituiscono una mera forma di estrinsecazione del più grave delitto di cui all'art. 572 c.p.
Cassazione penale sez. II - 01/07/2020, n. 28327
Il reato di maltrattamenti in famiglia non è assorbito dal delitto di estorsione, attesa la diversa oggettività giuridica dei reati. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna dell'imputato per entrambi i delitti in concorso, ritenendo integrato quello di cui all'art. 572 c.p. da una persistente attività vessatoria all'interno della famiglia, articolata in una pluralità di condotte distinte ed in gran parte ulteriori rispetto a quelle finalizzate ad ottenere utilità patrimoniali).
Cassazione penale sez. I - 14/07/2020, n. 34492
In tema di sospensione dell'ordine di esecuzione di pene detentive, la condanna per il reato di cui all'art. 572 cod. pen., aggravato dall'art. 61, comma primo, n. 11-quinquies cod. pen., commesso prima dell'entrata in vigore della legge 19 luglio 2019, n. 69, che ha trasformato il medesimo elemento circostanziale in una circostanza aggravante ad effetto speciale, inserendola al secondo comma dell'art. 572 cod. pen., non costituisce titolo ostativo alla sospensione, in assenza di una disciplina transitoria e di coordinamento con l'art. 656, comma 9, cod. proc. pen.
Cassazione penale sez. VI - 18/09/2020, n. 29542
Nel caso di maltrattamenti in famiglia posti in essere nei confronti di più soggetti passivi si configura una pluralità di reati, eventualmente unificati dalla continuazione, atteso che l'interesse protetto dal reato di cui all'art. 572 c.p. è la personalità del singolo in relazione al rapporto che lo unisce al soggetto attivo.
Cassazione penale sez. VI - 22/09/2020, n. 27901
È configurabile il reato di maltrattamenti nei confronti di un infante che assista alle condotte maltrattanti poste in essere in danno di altri componenti della sua famiglia, a condizione che tali condotte siano idonee ad incidere sull'equilibrio psicofisico dello stesso. (Fattispecie di genitori che avevano fatto assistere reiteratamente una bambina dell'età di un anno agli atti di violenza e minaccia posti in essere nei confronti dei fratelli).