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L'aggravamento delle misure cautelari non è automatico in caso di condanna in primo grado a pena elevata (Cass. Pen. n. 9992/2025)

Sentenza di condanna

La pronuncia di una sentenza di condanna in primo grado a pena elevata può giustificare l’aggravamento di una misura cautelare già in atto, ma ciò non avviene in modo automatico.

È necessario un esame complessivo delle circostanze specifiche del caso e degli elementi che indicano concretamente un pericolo di fuga o di reiterazione del reato.


Il fatto

Con ordinanza del 28 novembre 2024, il Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice di appello ex art. 310 c.p.p., confermava il rigetto dell’istanza del Pubblico Ministero volta ad aggravare la misura degli arresti domiciliari con la custodia cautelare in carcere nei confronti di S.C.

Quest’ultimo era stato condannato in primo grado alla pena di sedici anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, in parziale riforma dell’accusa iniziale di partecipazione all’associazione mafiosa.

Il Pubblico Ministero aveva dedotto la violazione degli artt. 274 e 275 c.p.p., lamentando un’omissione e manifesta illogicità della motivazione con la quale il Tribunale aveva escluso l’esistenza del pericolo di reiterazione del reato e di fuga, pur a fronte di una condanna a pena elevata.


La decisione della Corte

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9992/2025, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato e generico.

Nella sua decisione, la Corte ha chiarito che la pronuncia di una sentenza di condanna non comporta automaticamente un aggravamento delle esigenze cautelari.

In particolare, è stato ribadito che l’art. 275, comma 1-bis, c.p.p., richiede un esame congiunto della sentenza di condanna e degli altri elementi che possano indicare un pericolo concreto e attuale di fuga o di reiterazione del reato.

Inoltre, l’art. 299, comma 4, c.p.p., consente al giudice di valutare caso per caso la sussistenza di tali esigenze cautelari.

La Corte ha sottolineato che il periodo di tempo trascorso dall’applicazione degli arresti domiciliari (oltre cinque anni) e l’assenza di comportamenti sintomatici di pericolosità attuale rendevano adeguata la misura in corso. Inoltre, il fatto che il reato contestato fosse stato derubricato da partecipazione ad associazione mafiosa a concorso esterno ha inciso sulla valutazione della pericolosità sociale dell’imputato.


Il principio di diritto

La pronuncia di una sentenza di condanna in primo grado ad una pena elevata non comporta automaticamente l’aggravamento della misura cautelare già in atto.

Tale aggravamento è possibile solo qualora il giudice accerti, sulla base di un esame complessivo degli elementi disponibili, l’attualità e la concretezza del pericolo di fuga o di reiterazione del reato.

La valutazione deve considerare sia l’esito del procedimento sia altri elementi rilevanti e sintomatici del pericolo cautelare.

 
 
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