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Reati edilizi

Lottizzazione abusiva: evoluzione normativa e profili penali

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Lottizzazione abusiva: evoluzione normativa e profili penali

La lottizzazione abusiva è un fenomeno urbanistico ed edilizio che consiste nella suddivisione e trasformazione di un terreno in lotti edificabili senza le necessarie autorizzazioni e in violazione delle normative vigenti. Questo tipo di attività è considerato illegale perché viene eseguito senza rispettare i piani urbanistici e le disposizioni comunali che regolano l'uso del territorio, con conseguenze negative sull'assetto urbanistico e ambientale della zona interessata.

La normativa si è evoluta nel tempo per contrastare il fenomeno della speculazione edilizia e della trasformazione del territorio senza un adeguato piano urbanistico.

La legge urbanistica generale del 1942, infatti, richiedeva l'approvazione del piano particolareggiato prima di procedere alla lottizzazione, sottolineando l'importanza di una pianificazione territoriale che armonizzasse le iniziative private con le scelte pubbliche.

Con l'introduzione della legge "ponte" del 1967, si è voluto rafforzare il controllo sulle operazioni di lottizzazione, stabilendo che ogni nuova urbanizzazione dovesse essere pianificata e realizzata in modo coordinato con le infrastrutture necessarie, prevedendo anche la partecipazione dei privati alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.

Questa normativa ha delineato una linea di confine chiara tra le iniziative legittime e quelle abusive, penalizzando severamente chi procedeva a lottizzazioni senza le dovute autorizzazioni o in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti.

Nel tempo, la giurisprudenza ha affinato la definizione di lottizzazione abusiva, comprendendo non solo le trasformazioni materiali del territorio, ma anche le operazioni negoziali volte alla vendita di lotti edificabili, senza le necessarie autorizzazioni. La legge oggi classifica questo reato come un atto criminoso con gravi ripercussioni sul bene comune, ovvero la tutela del territorio, e stabilisce precise sanzioni per chi viola le normative urbanistiche.

Di seguito si approfondisce l'evoluzione della nozione di lottizzazione abusiva, analizzando le normative che l'hanno definita e le modalità con cui la giurisprudenza ha interpretato e applicato la legge, evidenziando i profili penali e le implicazioni per la pianificazione urbanistica e la tutela ambientale.

 

Indice:

1. Evoluzione della nozione di lottizzazione

2. La fattispecie criminosa della lottizzazione abusiva: l'elemento oggettivo

3. L'elemento soggettivo

4. La natura del reato

5. La decorrenza del termine di prescrizione

6. Soggetti responsabili


1. Evoluzione della nozione di lottizzazione

Nell'impianto originario della legge urbanistica generale (L. 1150/1942) la nozione di lottizzazione edilizia (in aderenza al significato letterale del termine: lottizzare vuole, invero, dire suddividere, ripartire) assumeva il significato di operazione di frazionamento di un terreno preordinata ad agevolarne l'utilizzazione a scopo edilizio; in proposito la stessa legge urbanistica generale prevedeva che i piani particolareggiati di esecuzione del piano regolatore generale dovessero determinare la suddivisione degli isolati in lotti fabbricabili secondo la tipologia indicata nei piani medesimi (art. 13), e vietava di procedere, prima dell'approvazione del piano particolareggiato, a lottizzazioni di terreno a scopo edilizio senza la preventiva autorizzazione comunale correlata ad un apposito progetto (art. 28); la violazione di tale disposto era punita dal successivo art. 42, con la sola pena dell'ammenda.

Una più idonea disciplina della materia fu introdotta dall'art. 8 della cd. legge - ponte 6.8.1967, n. 765, al fine di garantire (in un'epoca caratterizzata dall'espansione irrefrenabile di un'attività edilizia incontrollata che aveva sconvolto vaste aree del territorio nazionale) che le singole iniziative private si armonizzassero con le scelte più generali della pianificazione territoriale, previa autorizzazione da parte dell'amministrazione comunale, e che qualsiasi nuovo insediamento di una certa dimensione venisse autorizzato solo previa partecipazione dei privati costruttori alla realizzazione delle infrastrutture necessarie ad al pagamento dei relativi oneri.

Per la realizzazione di tali finalità - qualora i Comuni non avessero proceduto alla formazione dei piani particolareggiati - la legge consentiva ai privati che intendessero attuare iniziative rivolte a conferire un diverso assetto ad una porzione del territorio comunale, di inserirsi nella disciplina urbanistica presentando appositi piani di lottizzazione, contenenti prescrizioni in dettaglio sostitutive di quelle omesse dalle Amministrazioni.

La lottizzazione era tuttavia subordinata al rilascio, in esito ad una procedura complessa, di un apposito provvedimento autorizzativo del Comune, che la legge condizionava all'esistenza di uno strumento urbanistico di carattere generale (piano regolatore generale o programma di fabbricazione), nonché alla stipula di una convenzione con la quale il privato assumeva a proprio carico specifici oneri patrimoniali connessi alla urbanizzazione primaria e secondaria, fornendo congrue garanzie per l'adempimento.

Era, inoltre, contemplata la possibilità per il Sindaco di invitare i proprietari delle aree fabbricabili che non si fossero spontaneamente attivati a presentare un progetto di lottizzazione (cd. lottizzazione obbligatoria), e di provvedere d'ufficio in caso di mancata adesione (cd. lottizzazione d'ufficio).

In conseguenza di questo mutato quadro normativo, al significato originario di lottizzazione intesa quale frazionamento di aree fabbricabili, si aggiunse quello di strumento di attuazione del piano regolatore generale, alternativo al piano particolareggiato.

Il Ministero dei lavori pubblici, con la Circolare n. 3210 del 28.10.1967 (di applicazione della cd. legge - ponte), precisava che costituiva lottizzazione edilizia non il mero frazionamento dei terreni, ma qualsiasi utilizzazione del suolo che, indipendentemente dall'entità del frazionamento fondiario e dal numero dei proprietari, prevedesse la realizzazione contemporanea o successiva di una pluralità di edifici, a scopo residenziale, turistico o industriale, postulando l'attuazione di opere di urbanizzazione primaria o secondaria occorrenti per le necessità dell'insediamento.

La giurisprudenza, anche amministrativa, aveva modo di precisare che si ha lottizzazione anche allorché si tratti di asservire per la prima volta un'area non ancora urbanizzata ad un insediamento di carattere residenziale o produttivo, mediante la costruzione di uno o più fabbricati, che obiettivamente esigano, per il loro armonico raccordo col preesistente aggregato abitativo, la realizzazione o il potenziamento delle opere e dei servizi necessari a soddisfare taluni bisogni della collettività (strada, spazi di sosta, fognature, reti di distribuzione del gas, dell'acqua, dell'energia elettrica, scuole, etc.), vale a dire la realizzazione o il potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 162 dell'1/2/1985).

Quanto alle zone già parzialmente urbanizzate, può aversi lottizzazione tutte le volte che il nuovo intervento comporti un'esigenza di raccordo col preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione. Dunque può escludersi la lottizzazione solo ove sia configurabile una situazione di pressoché completa e razionale edificazione della zona tale da rendere del tutto superfluo un piano attuativo (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 790 del 15.2.2001).


2. La fattispecie criminosa della lottizzazione abusiva: l'elemento oggettivo

Il reato de quo era disciplinato sia dall'art. 41 della legge n. 1150/42 che dal successivo art. 17 della legge n. 10/77, sia pure come fattispecie dai contorni assai generici, in quanto basata, come momento precettivo, essenzialmente sull'inosservanza dell'art. 28 della citata legge n. 1150/42. L'elaborazione giurisprudenziale di quegli anni portava ad individuare fin da allora due tipi di lottizzazione abusiva: quella di tipo materiale, implicante interventi di trasformazione del territorio, ovvero quella di tipo negoziale, che si realizzava mediante il compimento di atti di frazionamento e alienazione di lotti, prodromici della vera e propria edificazione. Sia l'una che l'altra modalità di realizzazione della condotta lottizzatrice erano comunque caratterizzate da interventi rivolti alla realizzazione di un nuovo insediamento e dunque tali da collidere con la riserva di programmazione e da creare nuovo fabbisogno di opere di urbanizzazione (Cass. Sez. U., 28.11.81, Giulini).

La lottizzazione abusiva è attualmente sanzionata penalmente dall'art. 44 lett. c) prima parte del DPR n. 380/01, che ne individua gli elementi attraverso il richiamo all'art. 30 citato DPR. Queste norme del T.U. dell'edilizia non hanno fatto altro che riprodurre, nei tratti essenziali e tipici, gli artt. 18 e 20 lett. c) della legge n. 47/85 che disciplinavano allo stesso modo il reato in esame.

Ai sensi delle citate norme, si ha (e si aveva) lottizzazione abusiva penalmente rilevante di terreni a scopo edificatorio "quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio".

Il bene giuridico oggetto di presidio penale è indubbiamente rappresentato dalla tutela del territorio, inteso come risorsa economica di rilievo collettivo e come valore ambientale, che viene ad essere minato attraverso un intervento che mira a conferire ad una zona non urbanizzata o, comunque, non ricompresa in uno strumento urbanistico attuativo una vocazione insediativa residenziale, produttiva o commerciale in assenza di qualsiasi programmazione pubblica ovvero in contrasto con le prescrizioni per legge o per strumento urbanistico già previste.

Quanto alle modalità di realizzazione del reato (ovviamente nella forma della lottizzazione effettuata senza autorizzazione, atteso che il reato si realizza anche nell'ipotesi in cui sussista autorizzazione ma in concreto la lottizzazione si ponga in contrasto con prescrizioni urbanistiche: cfr. Cass. pen. Sez. U. 28.11.2001, Salvini), secondo l'unanime giurisprudenza, il reato di lottizzazione abusiva si sostanzia nella divisione di un'unità fondiaria, normalmente a destinazione agricola, in frazioni destinate a scopo edilizio. Trattasi, pertanto, di reato a forma libera, che può concretizzarsi nella lottizzazione materiale (progettazione, formazione e delimitazione dei lotti, esecuzione di opere di urbanizzazione), nella lottizzazione negoziale (vendita di lotti di terreni a scopo edilizio) oppure nella lottizzazione di mero fatto (come nel caso in cui, senza progettazione, il proprietario di fatto spezzetti l'unità fondiaria originaria, mediante la costruzione contemporanea o progressiva di manufatti). La lottizzazione può assumere, inoltre, anche una forma mista come, ad esempio, nel caso di progettazione ed esecuzione di opere di urbanizzazione e vendita dei singoli lotti progettati. (Cass. Pen. Sez. III 25.10.82-15.12.82, n. 11911).

Per quanto più specificamente attiene alla lottizzazione materiale, appare oramai superata la posizione assunta da quella parte minoritaria della dottrina e della giurisprudenza che riteneva necessaria ed imprescindibile, per la configurabilità di una lottizzazione, la realizzazione contemporanea e successiva di una pluralità di edifici (così come indicato nella richiamata circolare ministeriale del 28.10.1967): l'evoluzione legislativa illustra con sufficiente chiarezza che la principale preoccupazione del legislatore è quella di impedire che il territorio sia sottoposto ad un processo di urbanizzazione incontrollata che comporti la nascita di agglomerati edilizi privi di infrastrutture primarie e secondarie, di quei servizi, opere e impianti indispensabili per assicurare il soddisfacimento dei bisogni della collettività in termini razionali ed adeguati; se così è, diviene allora irrilevante il dato numerico relativo alle realizzande opere: la necessità della predisposizione del piano di lottizzazione insorge infatti non soltanto quando si debba procedere alla realizzazione di opere comportanti il frazionamento in senso effettivo di un'area, ma più in generale ogniqualvolta l'intervento edilizio progettato, per la sua rilevanza, richieda la previsione e l'attuazione di infrastrutture di carattere primario e secondario necessarie per la sua razionale integrazione nel tessuto urbanistico esistente. Una detta esigenza può evidentemente sussistere tanto dinanzi ad interventi edilizi consistenti nella realizzazione di più manufatti, quanto dinanzi ad un singolo intervento edilizio che, per la sua cospicua consistenza, richiede la preventiva progettazione, mediante la redazione di apposito piano, delle opere necessarie per la sua integrazione urbanistica.

Trattasi di principio oramai consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte che, ad esempio, negli ultimi anni ha ritenuto la sussistenza del reato non solo nel caso di realizzazione di un imponente complesso residenziale (cfr. Cass. pen., sez. III, 17.12.2002, n. 3074, Russo e altro: ogni qualvolta l'incompletezza delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria non permetta di qualificare una zona come quartiere stabilizzato e completo, l'edificazione di un complesso residenziale, per il quale il piano regolatore imponga l'approvazione di un piano di lottizzazione, senza averne chiesto l'approvazione, configura la condotta di reato di lottizzazione abusiva, essendo superflua ogni indagine diretta ad accertare la effettiva consistenza delle opere comunque presenti nella zona), ma anche nel caso di realizzazione di un parcheggio per automezzi pesanti (cfr. Cass. pen., sez. III, 7.4.2004, n. 20390, C.: il reato di lottizzazione abusiva si realizza mediante condotte anche materiali, quali una modificazione edilizia od urbanistica dei terreni, in una zona non adeguatamente urbanizzata, la quale conferisca ad una porzione di territorio comunale un assetto differente, che venga posta in essere senza autorizzazione, ovvero in totale difformità dalla stessa, ed in violazione delle prescrizioni stabilite dagli strumenti urbanistici vigenti od adottati, e tale da poter determinare l'insediamento di abitanti o lo svolgimento di attività, con conseguente necessità di predisporre od integrare le opere di urbanizzazione. - La S.C. ha ritenuto che potesse configurare il reato la realizzazione di un parcheggio per automezzi pesanti, che aveva comportato la trasformazione di un'area molto estesa, in assenza di qualunque intervento programmatorio sottoposto al controllo della p.a.).

Altro principio ormai stabilmente affermato dalla Suprema Corte è quello dell'assoluta irrilevanza di eventuali strumenti concessori rilasciati dall'amministrazione, integrando il reato in argomento anche la condotta di chi, pur in presenza di un provvedimento amministrativo che le autorizzi, inizi opere che comportino la trasformazione urbanistica o edilizia del territorio in violazione delle prescrizioni stabilite dagli strumenti urbanistici e dalle leggi, atteso che la fattispecie criminosa è delineata dalla legge come a consumazione alternativa, potendosi realizzare sia per la mancanza della autorizzazione sia per contrasto con le prescrizioni di legge o di piano della attività materiale o giuridica realizzata, restando irrilevante l'avvenuto rilascio di un provvedimento autorizzativo (così, testualmente, la nota sentenza Salvini n. 5115 del 28 novembre 2001 delle Sezioni Unite; cfr., tra le più recenti, Cass. pen., sez. VI, 7.10.2004, n. 4424, Foti: il reato di lottizzazione abusiva può essere integrato anche quando vengano realizzate opere per le quali sia stato rilasciato un provvedimento di autorizzazione, ove dette opere comportino una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio in violazione delle prescrizioni espresse dagli strumenti urbanistici e delle leggi, restando a tale proposito indifferente se la violazione dipenda dalla carenza del necessario piano di lottizzazione o se piuttosto l'intervento risulti precluso in radice per le sue connotazioni obiettive, tali da porlo in contrasto con lo strumento generale di pianificazione, non modificabile da piani attuativi; Cass. pen., sez. III, 12.12.2006, n. 40425: il fumus del reato di lottizzazione abusiva può realizzarsi sia quando manchi un provvedimento di autorizzazione, sia quando esista ma contrasti con le prescrizioni degli strumenti urbanistici).

Dunque, anche un singolo fabbricato, ove sia di rilevanti dimensioni, può integrare gli estremi di una lottizzazione comportante la necessità del relativo piano per la previsione di opere di urbanizzazione: non ha alcun valore il dato numerico e quantitativo, poiché l'indagine dovrà essere condotta guardando alle concrete caratteristiche dell'insediamento urbanistico. La distinzione tra intervento urbanistico-edilizio soggetto al solo obbligo del preventivo rilascio della concessione edilizia, e intervento della stessa natura che deve essere preceduto dalla redazione e dall'approvazione di uno specifico piano di lottizzazione e dalla successiva autorizzazione comunale, risiede esclusivamente sull'idoneità del secondo, e non anche del primo, ad incidere marcatamente sul territorio circostante, parzialmente o affatto urbanizzato, a causa del numero delle persone e/o delle attività che l'insediamento comporta e che richiede una attenta pianificazione e previsione delle opere di urbanizzazione che valgano a consentirne la razionale collocazione nel contesto urbanistico preesistente.

Infine, la S.C. ha avuto modo di precisare che L'art. 28 L. n. 1150/1942 (modificato dall'art. 8 L. n. 765/1967 e munito di sanzione penale dall'art. 17 lett. b) L. n. 10/1977) tendeva a garantire che le singole iniziative private si armonizzassero con le scelte più generali della pianificazione territoriale; a tale fine vietava l'attuazione di insediamenti edilizi, comportanti l'alterazione dell'assetto del territorio, in una area prima che questa venisse urbanizzata o dotata di uno strumento attuativo (piano particolareggiato o piano di lottizzazione) ovvero, ancora, in violazione della destinazione urbanistica prevista dal piano regolatore generale. In particolare la norma citata stabiliva che, nei Comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, la lottizzazione fosse subordinata all'esistenza di un piano particolareggiato o ad una autorizzazione di competenza consiliare, necessariamente espressa, in quanto presupponeva la stipula di una convenzione con il privato. In tale contesto normativo, la giurisprudenza amministrativa ed ordinaria, fino dall'inizio degli anni settanta, ha ritenuto la necessità, per le aree non urbanizzate dei Comuni forniti di piano regolatore generale, del piano di lottizzazione ed ha reputato illegittimo per eccesso di potere, in quanto in violazione del citato art. 28, il rilascio di singole licenze edilizie (non aventi la funzione strumentale urbanistica di pianificazione del territorio) che tenessero luogo del piano di lottizzazione. Ciò anche se le licenze prevedevano la esecuzione di opere di urbanizzazione e di servizi in quanto la imposizione di opere al privato non può sopperire alla mancanza di un piano formalmente e positivamente adottato (Cass. pen. sez. III, 14.6.2002, n. 30141).

Pertanto, non può essere ammessa una c.d. lottizzazione implicita o di fatto, realizzata attraverso l'emissione di provvedimenti concessori edilizi che consentono, di fatto, l'urbanizzazione di una vasta zona in contrasto con gli strumenti urbanistici, senza la preventiva approvazione di un piano di lottizzazione ovvero di un altro piano attuativo, che, comunque, si ponga in linea con i piani urbanistici generali e non vi contrasti.


3. L'elemento soggettivo

Sotto il profilo soggettivo, secondo un datato arresto delle Sez. U., il reato de quo costituisce una contravvenzione dolosa per la cui sussistenza è necessario che l'evento sia previsto e voluto dal reo quale conseguenza della propria condotta cosciente e volontaria diretta a limitare e condizionare, con ostacoli di fatto e di diritto, la riserva pubblica di programmazione territoriale (Cass. Sez. U., 28.2.90, n. 2720).

Non sono mancati interventi giurisprudenziali recenti tendenti ad affermare la possibilità di configurare il reato anche in presenza di atteggiamento colposo, tenuto conto del fatto che la lottizzazione abusiva, nella forma negoziale ovvero materiale, può realizzarsi sia per il difetto di autorizzazione a lottizzare sia per contrasto con le prescrizioni di legge o con gli strumenti urbanistici (Cass. Pen. sez. III, 1.7.04, n. 39916).

In particolare, la S.C., partendo dalla considerazione che oggetto del dolo possono essere solo gli elementi costitutivi del reato e non anche l'offesa (lesione o messa in pericolo) dell'interesse protetto, in quanto nella nozione di dolo delineata dall'art. 43 c.p. "l'evento dannoso o pericoloso", che deve essere previsto (momento conoscitivo) e voluto (momento volitivo) dall'agente, va inteso nel senso naturale della condotta; tenuto conto che, nei reati edilizi, lo scopo della tutela è duplice ed è rivolto ad impedire, da un lato, che sia compromessa la potestà, attribuita ai Comuni, di effettuare razionali ed armoniche scelte urbanistiche mediante gli specifici strumenti di pianificazione previsti dalla legge, e, dall'altro, che, attraverso un processo di urbanizzazione incontrollata, si determini la nascita di agglomerati edilizi privi delle infrastrutture primarie e secondarie necessarie per la loro integrazione urbanistica, con conseguente imposizione agli stessi Comuni di ingenti spese per dotazioni infrastrutturali; considerando che nei reati di lottizzazione (che sono caratterizzati da un'articolazione particolarmente ampia di possibili modalità esecutive ma si configurano già come reati di pericolo) il Legislatore ha anticipato il momento di rilevanza penale del fenomeno, per evitare che lo stesso possa incidere in modo irrimediabile sull'assetto del territorio, senza che però sia necessario che la volontà dell'agente sia protesa a vanificare le anzidette finalità di tutela, essendo sufficiente che egli compia attività rivolte alla trasformazione di terreni, con inizio di opere edilizie o di urbanizzazione, ma anche soltanto con atti giuridici indirizzati a realizzare l'edificazione, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite da leggi statati o regionali; giungeva alla conclusione che, specie dopo le Sez. U. Salvini, appariva contraddittorio escludere (alla stessa stregua di quanto pacificamente ritenuto per la contravvenzione di esecuzione di lavori in assenza o in totale difformità dalla concessione edilizia) che la contravvenzione di lottizzazione abusiva, sia negoziale che materiale, potesse essere commessa per colpa. Riteneva, pertanto, la Corte che potesse essere anche ipotizzabile una cooperazione colposa nella realizzazione del reato, divenendo irrilevante l'eventuale eterogeneità dell'elemento soggettivo accertato in capo ai diversi concorrenti (Cass. pen. sez. III, n. 39916/2004 ed in senso conforme Cass. pen. sez. III, 12.10.2005, n. 36940).

Il collegio ritiene di condividere i più recenti orientamenti giurisprudenziali, che appaiono più in linea con la natura del reato in esame.


4. La natura del reato

Quanto alla natura del reato ed al momento consumativo dello stesso, mette conto rilevare che la giurisprudenza assolutamente prevalente attribuisce alla contravvenzione di lottizzazione abusiva la natura di reato permanente ovvero progressivo nell'evento che viene a perfezionarsi con il compimento dell'ultimo atto lottizzatorio, che, nel caso di lottizzazione meramente negoziale è normalmente rappresentato dall'ultimo atto di vendita; nella lottizzazione materiale dall'ultima opera materiale realizzata (sia essa di urbanizzazione che edilizia in senso stretto); nella lottizzazione mista dall'ultimo atto negoziale o materiale posto in essere ( cfr. Cass. Pen. sez. III, 25.5.98-1.7.98, n. 7640, dove si chiarisce che, pur essendovi distinzione fra il reato di lottizzazione abusiva a scopo edificatorio e quello di costruzione abusiva nell'area oggetto di detta lottizzazione, la permanenza del primo di detti reati - da qualificare come progressivo nell'evento - viene a cessare, qualora si sia dato luogo ad effettiva attività edificatoria, anche ad opera di soggetti diversi dal lottizzatore, solo con l'esaurimento della suindicata attività, per cui solo da tale momento inizia a decorrere il relativo termine prescrizionale; nello stesso senso in precedenza: Cass. Pen. sez. III, 8.11.95-12.12.95, n. 12212; Cass. Pen. sez. III, 13.11.84-19.1.85, n. 656). Recentemente, è stato altresì affermato in giurisprudenza che in tema di abusiva, atteso che trattasi di reato permanente e progressivo nell'evento, il termine prescrizionale decorre, pur in presenza di un sequestro preventivo dei manufatti abusivi realizzati, dalla diversa data di stipula dei contratti preliminari o di compravendita, anche se in epoca successiva al detto sequestro (Cass. Pen. sez. III, 25.2.04-30.3.04, n. 15289).

La natura unitaria del reato in esame e la "progressività" che lo caratterizza rispetto alla lesione del bene giuridico protetto rendono possibile la configurazione del concorso di persone nel reato in relazione al verificarsi della progressione degli atti e delle condotte integrative unitariamente della lottizzazione abusiva. Ed invero, secondo la S.C., Il concorso di persone nel reato di lottizzazione abusiva puo estendersi dalla fase preparatoria e progettuale (fattispecie di vendite compiute da proprietari diversi su progetto predisposto da un tecnico congiuntamente incaricato) a quella di "esecuzione concorsuale frazionata", da parte di acquirenti diversi, delle opere in vista delle quali la lottizzazione era stata progettata ed iniziata, e poichè le varie azioni in tale duplice ipotesi concorsuale non si pongono in modo autonomo, ma si combinano fra loro in un rapporto di convergenza verso una operazione unitamente concepita e finalizzata, il risultato che ne consegue e unico e indivisibile, e ciò si ripercuote sui momenti consumativi iniziale e finale del reato in parola (Cass. Pen. sez. III, 28.3.80-16.5.80, n. 6256; nello stesso senso Cass. Pen. sez. III, 15.6.83-10.11.83, n. 9403). Con particolare riferimento, poi, agli acquirenti di lotti frazionati, la S.C. ha affermato che sussiste il concorso da parte dei prefati nel reato di lottizzazione abusiva quando sia accertata la loro consapevolezza dell'abusività della lottizzazione operata dalla parte venditrice. Il reato in oggetto, invero, pur nella molteplicità di forme che esso può assumere in concreto, ha una struttura unitaria caratterizzata dall'intimo nesso causale che lega le condotte dei vari partecipi: la condotta dell'acquirente non configura, infatti, un evento imprevisto ed imprevedibile per il venditore (perché anzi contribuisce alla concreta attuazione del disegno criminoso di questi) nè si tratta di una condotta che sarebbe stata possibile senza l'azione del venditore medesimo; attraverso l'acquisto consapevole di un lotto frazionato si manifesta altresì la volontà dell'acquirente di cooperare nel reato: non è necessario un previo concerto o un'azione concordata, essendo sufficiente, al contrario una semplice adesione di volontà quale assenso al disegno criminoso da altri concepito e ben ravvisabile in concreto (Cass. Pen. sez. III, 13.7.95-30.9.95, n. 10061). Anche il subacquirente di un singolo lotto risponde del reato de quo allorchè al momento dell'acquisto il programma lottizzatorio abbia iniziato a delineare i propri aspetti materiali sul territorio (Cass. Pen. sez. III, 8.11.00-14.12.00, n. 12989).


5. La decorrenza del termine di prescrizione

Merita un cenno particolare nell'ambito della su estesa esposizione dei principi informatori della presente pronuncia giurisdizionale la questione inerente il termine di decorrenza della prescrizione nel reato di lottizzazione abusiva.

Attesa la natura di reato progressivo nell'evento e permanente del reato in esame, nonché le caratteristiche unitarie dello stesso, che conserva pur potendosi concretamente realizzare mediante una pluralità di condotte fra di loro non alternative ma assolutamente concorrenti, di tipo negoziale ovvero materiale, ritiene questo giudice di aderire all'orientamento pretorio dominante in giurisprudenza, su esposto, che vuole fare decorrere, per tutti i partecipi nel reato, indistintamente, il termine di prescrizione del reato dal compimento dell'ultimo atto lottizzatorio (sia esso negoziale ovvero materiale, purchè idoneo a mostrare lo scopo edificatorio e lottizzatorio) da chiunque dei partecipi posto in essere (e dunque anche da un ignoto, perché non identificato, partecipante), ovvero da un intervento definitivo dell'Autorità pubblica in grado di impedire per tutti i partecipi la prosecuzione nella condotta criminosa (sequestro - ma si è già avuto modo di citare la massima giurisprudenziale secondo la quale il detto termine comincia a decorrere dalla data di stipula degli atti negoziali successivi ad un eventuale sequestro -, provvedimento amministrativo di acquisizione definitiva al patrimonio disponibile del Comune ex art. 30 comma 8 DPR n. 380/01 ...). Invero, se al fine di potere partecipare al reato di lottizzazione abusiva è necessario, non tanto un previo concerto, ma sicuramente la consapevolezza dell'attività lottizzatoria abusiva intrapresa anche da altri e del contributo causale rispetto a quest'ultima che con la propria condotta viene a darsi, è giocoforza ritenere che tutti i correi (venditore-lottizzatore come anche acquirente del singolo lotto, ovvero singolo edificatore) siano in grado di fare cessare l'altrui condotta criminosa rivolgendosi all'Autorità pubblica. Sotto questo profilo, il distinguo che, ai fini della determinazione del termine di decorrenza della prescrizione del reato, viene a farsi in una recente -minoritaria - sentenza della Cassazione (Cass. Pen. sez. III, 5.12.2001, n. 1966) fra venditore-lottizzatore ed acquirente del singolo lotto frazionato non può essere condiviso. Invero, secondo tale giurisprudenza, il concorso del venditore-lottizzatore permane sino a quando continua l'attività edificatoria eseguita dagli acquirenti nei singoli lotti, atteso che egli, avendo dato causa alla condotta edificatoria dei concorrenti, risponde, a norma dell'art. 41 c.p., dell'evento, che potrebbe fare cessare attivando i pubblici poteri; mentre, per la permanenza nel reato degli acquirenti dei singoli lotti prosegue sino a quando continua l'attività edificatoria nel lotto di riferimento, atteso che il singolo acquirente non ha dato causa all'operazione lottizzatoria e risponde nei limiti della propria partecipazione, realizzata attraverso l'attività negoziale o edificatoria. Tale decisione omette di considerare la natura permanente ed unitaria del reato, frazionando le condotte ed i singoli contributi partecipativi dei correi, distinguendo in maniera arbitraria la posizione del lottizzatore da quella degli acquirenti i singoli lotti, facendo discendere da ciò l'aberrante conclusione che il singolo acquirente non ha obblighi di cessazione rispetto al reato unitariamente inteso se non nei limiti della sua "particolare" condotta abusiva, in tale modo confondendo l'eventuale attribuzione a tale soggetto del concorrente reato di edificazione senza titolo edilizio e, quindi, l'eventuale cessazione della permanenza di tale contravvenzione, rispetto al reato di lottizzazione abusiva.

Ove si consideri, invece, i caratteri del reato in esame, non si potrà non condividere l'orientamento giurisprudenziale in tema di reato permanente, secondo il quale questa forma di reato consiste nella protrazione volontaria della attività antigiuridica per un tempo piu' o meno lungo, dopo il momento iniziale della violazione della norma in cui sono stati realizzati condotta ed evento. In detto reato è ravvisabile un duplice precetto e cioè il divieto (o l'obbligo) di una certa attività e l'obbligo di eliminare la situazione illegale. Pur se la consumazione si verifica con la condotta e con l'evento essa continua fino alla cessazione della permanenza per cui può parlarsi di consumazione continuata e di stato di consumazione. Sicche, ad esempio, nel sequestro di persona a scopo di estorsione lo stato di consumazione, iniziato con la privazione della libertà personale, si esaurisce normalmente con la riacquistata libertà del sequestrato, con o senza pagamento del riscatto. Tutti i concorrenti rispondono di tale reato fino alla cessazione della permanenza; Avendo tutti ideato, programmato, voluto, eseguito il disegno criminoso, consistente nel sequestro di una persona e nella sua liberazione dopo il pagamento del riscatto (salvo diversa decisione successiva alla privazione della libertà personale della stessa), in mancanza di un atteggiamento di recesso dal concorso criminoso, comunque espresso, tanto piu' necessario alla stregua del richiamato duplice profilo del precetto, comprensivo anche dello obbligo di far cessare la situazione illegale. Nè di tale recesso tiene luogo l'avvenuto arresto di taluno dei concorrenti per altra causa, poichè la circostanza, come non serve a significare che, in mancanza, detti coimputati avrebbero abbandonato il concorso criminoso, non dimostra la obbligata cessazione della condotta antigiuridica che ben può persistere, sia sotto il profilo materiale che sotto il profilo morale nello stato di cattività che, peraltro, non vieta nemmeno di concepire, organizzare ed eseguire un delitto operando dall'interno del luogo di custodia o servendosi di altri operatori. La legge applicabile anche a detti concorrenti, in caso di successione di leggi nel tempo è quella vigente al momento della cessazione della permanenza (Cass. Pen. sez. II, 13.11.84-16.2.85, n. 1681).

Se ciò è vero, l'eventuale cessazione dell'attività edificatoria da parte del singolo acquirente o proprietario del lotto frazionato non impedisce l'attribuzione a quest'ultimo della progressiva attività criminosa lottizzatoria abusiva derivante dal prosieguo dei lavori edilizi su altro lotto da parte di diverso acquirente o proprietario. Non si rinviene ragionevole giustificazione affinché tale progressione criminosa debba essere attribuita all'originario venditore-lottizzatore e non anche, ad esempio, al consapevole acquirente di un lotto, o semplice proprietario, abusivamente frazionato e lottizzato o urbanizzato, contiguo a quello dove vengono realizzate le opere edilizie che concretizzano la prosecuzione dell'attività lottizzatoria.


6. Soggetti responsabili

È noto che nei reati edilizi l'art. 29 DPR n. 380/01 (già art. 6 legge n. 47/85) individua tre soggetti direttamente destinatari delle norme contenute nel T.U.ED. e, quindi, del dovere di verificare la conformità alla normativa urbanistica ed alle previsioni di piano delle opere edilizie edificande: il titolare del permesso di costruire (già concessione edilizia), il committente ed il costruttore (con l'aggiunta del direttore dei lavori per la conformità delle opere alla prescrizioni del permesso di costruire).

Ciò ha spinto la dottrina e la giurisprudenza a qualificare in termini di reato proprio i reati edilizi previsti dall'art. 44 DPR n. 380/01 (in senso critico sul punto recentemente Cass. pen. sez. III, 30.11.2006, n. 8407).

Nonostante ciò, la giurisprudenza non ha mancato di precisare che, oltre ai predetti soggetti, ben è possibile individuare persone diverse in grado di inserirsi con la loro condotta nella consumazione del reato stesso (Cass. pen. sez. III, 21.1.1999, Quaranta).

Con particolare riferimento ai pubblici amministratori, la S.C. ha ritenuto concorrere nel reato di cui all'art. 20 legge n. 47/85 il dirigente dell'area tecnica comunale che abbia rilasciato una concessione edilizia illegittima, atteso che questi, in quanto incaricato in ragione del proprio ufficio del rilascio di quello specifico atto, è titolare in via diretta ed immediata della relativa posizione di garanzia che trova il proprio fondamento normativo nell'art. 40 c.p. (Cass. pen. sez. III, 25.3.2004, n. 19566). Allo stesso modo, la Cassazione ha affermato che sussiste la responsabilità a titolo di concorso nel reato di lottizzazione abusiva del tecnico comunale che, in funzione di capo della Ripartizione edilizia privata, abbia apposto il visto sulle licenze edilizie, in quanto detta condotta, conferendo una valutazione positiva all'operato dei funzionari all'uopo preposti, si inserisce con efficienza eziologia nella determinazione dell'evento lesivo, costituendo una tappa necessaria dell'iter procedimentale (Cfr. la già citata Cass. n. 30141/2002). Con particolare riferimento a quest'ultima massima, giova rilevare che il caso posto all'attenzione della S.C. riguardava una fattispecie molto simile a quella oggetto del presente giudizio, e cioè la realizzazione di un massiccio insediamento urbano nella Palermo della fine degli anni '70 attraverso il rilascio di ben 314 licenze edilizie da parte del Comune relativi a progetti presentati da un unico soggetto. L'insediamento urbano andava a collocarsi su di un'area priva di opere di urbanizzazione e destinata a verde agricolo, dove avrebbero dovuto sorgere costruzioni con indici di densità particolarmente bassi ai sensi dell'allora vigente PRG del Comune di Palermo. Come aveva modo di evidenziare il giudice di legittimità, in questo caso la rilevante ed irreversibile trasformazione di una consistente porzione del territorio veniva effettuata in difetto di un piano di lottizzazione e di qualsiasi programmazione (non surrogabile dalle prescrizioni delle singole licenze edilizie) da parte della competente Autorità, con conseguente perfezionamento dell'illecito. Tutto ciò avveniva mediante il consapevole contributo causale apportato da quei funzionari pubblici che, attraverso il rilascio delle licenze edilizie e l'apposizione dei vari visti di conformità, avevano permesso la massiccia edificazione ed urbanizzazione attuate in spregio alla normativa urbanistica vigente.

Alla luce di queste affermazioni, appare assolutamente conforme ai principi generali dell'Ordinamento configurare una lottizzazione abusiva nell'azione preordinata e consapevole svolta dai funzionari comunali (in primis il Sindaco), preposti alla tutela del territorio, finalizzata all'urbanizzazione di un territorio in spregio alla normazione urbanistica vigente, con il consapevole apporto dei proprietari, committenti, titolari dei permessi di costruire rilasciati dai predetti funzionari, esecutori materiali. A tale fine non è affatto necessario che l'iniziativa criminosa provenga dal proprietario del terreno da urbanizzare abusivamente, ben potendo il progetto criminoso essere immaginato, predisposto e portato innanzi dagli stessi pubblici funzionari, che agiscono in palese violazione di legge e degli strumenti urbanistici, con la consapevole o colposa cooperazione dei proprietari dei terreni o degli altri soggetti su indicati.

Fonte: Tribunale Lecce, 19/02/2007

Lottizzazione abusiva: evoluzione normativa e profili penali

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