di Marzia Minutillo Turtur
Delitti commessi con violenza alla persona, il tema della notifica della richiesta di revoca o sostituzione delle misure cautelari di cui all'art. 299 comma 4-bis c.p.p. alla persona offesa.
Indice:
1. Il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite
Le Sezioni Unite, come riportato nell’informazione provvisoria n. 14/2021, ric. Gallo, nell’ambito di un ampio confronto/contrasto giurisprudenziale relativo al se nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona, la richiesta di revoca o sostituzione delle misure cautelari di cui all’art. 299, comma 4 -bis, cod. proc. pen. debba essere notificata a cura della parte richiedente, alla persona offesa, anche in mancanza di sua dichiarazione od elezione di domicilio o di nomina di difensore, hanno affermato che: “Nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona, la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare deve essere notificata, a cura del richiedente, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza, alla persona offesa, a condizione, in quest’ultimo caso, che essa abbia dichiarato o eletto domicilio.”. Sul secondo quesito proposto, relativo all’ipotesi di intervenuto decesso della persona offesa, le Sezioni Unite hanno affermato che: “In ragione delle finalità eminentemente informative e partecipative al processo della notifica di cui all’art. 299, comma 4-bis, cod. proc. pen., essa, in caso di decesso della persona offesa in conseguenza del reato, deve essere effettuata, con le stesse modalità previste per la vittima, ai prossimi congiunti o alla persona da quella legata da relazione affettiva e stabilmente convivente”.
2. La vicenda processuale
Con ordinanza del 15 gennaio 2021 il Tribunale del riesame di Napoli ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto dalla difesa dell’imputato ex art. 310 cod. proc. pen. avverso il provvedimento con cui la Corte di assise di appello di Napoli il 14 ottobre 2020 aveva rigettato la richiesta presentata personalmente dall’imputato di sostituzione, con misura meno afflittiva, della custodia cautelare in carcere applicata allo stesso perché gravemente indiziato del delitto di duplice omicidio pluriaggravato e dei connessi reati in materia di armi e di occultamento di cadavere, per i quali è stato condannato in grado di appello alla pena di venti anni di reclusione Il Tribunale del riesame di Napoli ha richiamato le previsioni della l. n. 319 del 2013 e la conseguente introduzione di un’obbligatoria forma d’interlocuzione con la persona offesa dal reato, alla quale spetta la notifica della richiesta di revoca o sostituzione delle misure cautelari previste dagli artt. 282-bis, 282-ter, 284, 285, 286 cod. pen., a pena di inammissibilità dell’istanza de libertate, nonché il disposto dell’art. 299, commi 3 e 4-bis, cod. proc. pen., che onera la parte che richiede la modifica dello stato cautelare, anche nella fase successiva alla chiusura delle indagini preliminari, di notificare la richiesta, contestualmente, al difensore della persona offesa e, in mancanza di questo, alla persona offesa, al fine di consentire alla vittima della violenza la presentazione di memorie ex art. 121 cod. proc. pen. L’istanza del Gallo è stata valutata dal Tribunale del riesame prendendo in considerazione la ratio della direttiva 2012/29/UE nel senso di assicurare, mediante la preventiva informazione, una maggiore protezione ed assistenza delle persone offese, garantendo l’interlocuzione con l’autorità giudiziaria attraverso un contraddittorio cartolare. Il Tribunale del riesame, nonostante il rigetto della Corte di assise di appello, ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza per mancata notifica alle persone offese, da identificare, nel caso in esame, negli eredi delle persone vittime del delitto di omicidio, che non avevano né eletto domicilio, né nominato un difensore, ma i cui dati erano evincibili dal fascicolo d’ufficio. Nel valutare l’interesse della persona sottoposta a misura cautelare detentiva, il Tribunale del riesame ha considerato come l’impostazione ermeneutica prescelta non influisca sul diritto di difesa dell’imputato e sull’esigenza di speditezza, tenuto conto dell’informalità della comunicazione da porre in essere nei confronti della persona offesa e dell’esonero dall’espletamento della stessa quando non sia noto il domicilio dell’offeso, in presenza di un invariato termine di legge di cinque giorni per la decisione. In tal senso, tenuto conto della previsione di cui all’art. 299, comma 4-bis, cod. proc. pen. ha ritenuto che l’uso della preposizione “salvo che” debba essere inteso nel senso evidenziato da Sez. 2, n. 19705 del 01/04/2016, Machì, Rv. 267295-01, chiarendo che, purché risulti dagli atti il luogo dove la persona offesa possa ricevere la notificazione dell’istanza de libertate, questa va, a pena d’inammissibilità, comunque effettuata. Tale interpretazione troverebbe fondamento nella lettera della legge, secondo la quale non ricorre alcun obbligo della persona offesa di eleggere domicilio, mentre è sufficiente, ad attivare il contraddittorio, anche una semplice dichiarazione di domicilio, normalmente contenuta nei verbali di sommarie informazioni o nelle denunce. Nel caso concreto il Tribunale del riesame ha ritenuto non rispettata la condizione imposta relativa all’attivazione del contraddittorio nei confronti degli eredi delle vittime della condotta di omicidio oggetto di contestazione, atteso che nel caso di morte della vittima i diritti della persona offesa sono esercitati dai prossimi congiunti, richiamando in tal senso la definizione di vittima ai sensi dell’art. 2, §1 della direttiva 2012/29/UE, inclusiva non solo della persona che abbia subito un pregiudizio fisico, mentale, emotivo od economico a causa di reato, ma anche i familiari della persona la cui morte sia stata causata direttamente da un reato e che abbiano subito conseguentemente pregiudizio.
3. I motivi di ricorso
Il difensore del Gallo ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico articolato motivo con il quale ha dedotto inosservanza di norme processuali previste a pena di inammissibilità, con specifico riferimento all’art. 299, commi 2-bis, 3 e 4-bis, cod. proc. pen. e carenza di motivazione quanto agli atti prodotti al momento della proposizione dell’istanza ex art. 310 cod. proc. pen. Il ricorrente ha osservato che i prossimi congiunti delle vittime dell’omicidio contestato, pur debitamente informati della pendenza del procedimento, non avevano mai nominato un difensore o eletto domicilio ed ha sollecitato l’applicazione dell’orientamento contrapposto a quello seguito dal Tribunale del riesame. È stato, inoltre, evidenziato che una situazione del genere esonera l’istante dall’obbligo di instaurare il contraddittorio cartolare con gli eredi della vittima (e con la vittima in generale che abbia dimostrato disinteresse per il procedimento in corso). Nell’ambito del motivo di ricorso si è anche contestata: - la possibilità di riferire la qualità di persona offesa del reato agli eredi prossimi congiunti delle vittime dell’omicidio, abilitati eventualmente a promuovere in sede civile azioni risarcitorie o riparatorie, in assenza comunque di stretta relazione a carattere personale con l’autore del crimine, anche quanto all’eventuale ricorrenza di un rischio di vittimizzazione secondaria; - l’eccessiva onerosità e gravosità dell’onere di notificazione nei termini indicati dal Tribunale del riesame per l’imputato detenuto che abbia presentato “personalmente” l’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare, tenuto a ricercare nel fascicolo la presenza di un’indicazione specifica quanto alla dimora delle persone offese.
4. L’ordinanza di rimessione
La Prima Sezione della Corte di Cassazione ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, ai sensi dell’articolo 618 cod. proc. pen., con ordinanza in data 4 maggio 2021, depositata in data 8 giugno 2021. La Sezione ha individuato le ragioni della rimessione nel contrasto intervenuto tra decisioni della Corte con riferimento all’obbligo di notifica alla parte offesa di un delitto commesso con violenza alla persona dell’istanza di revoca o modifica di misura cautelare in atto, anche in mancanza, da parte della stessa, di dichiarazione ed elezione di domicilio (nel caso in esame, peraltro, essendo presenti, a fronte del decesso delle vittime dei reati di omicidio, gli eredi delle stesse). È stata anzitutto richiamata la ratio dell’intervento legislativo che ha introdotto il comma 4-bis dell’articolo 299 cod. proc. pen. e la genesi della sua attuale formulazione, evidenziando come la stessa derivi da una modifica intervenuta in sede di conversione del decreto-legge n. 93 del 2013 all’art. 2, comma 1, lett. b) n. 3, con modificazioni, nella legge 15 ottobre 2013, n. 119. Si è ritenuto pacifico e non controverso il fatto che il Gallo debba rispondere di un delitto con violenza alla persona, così come indiscussa è la mancata notifica alle persone offese dal delitto commesso dell’istanza di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere, richiedendosi il vaglio di legittimità delle Sezioni Unite quanto all’ “ambito di operatività dell’obbligo di notificazione alla persona offesa dell’atto con cui l’imputato ha invocato la modifica in melius del regime cautelare”. Richiamato, quindi, il disposto normativo dell’art. 299, comma 4-bis, cod. proc. pen. la Sezione rimettente ha chiarito come il punto interpretativo controverso sia rappresentato dall’inciso finale della disposizione che prevede l’obbligo della notifica dell’istanza di sostituzione misura cautelare, a cura della parte richiedente a pena di inammissibilità “presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest’ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio”. La Sezione ha, quindi, considerato gli orientamenti ermeneutici contrapposti sul tema della portata ed ambito della notifica alla persona offesa ai sensi del comma 4-bis dell’art. 299 cod. proc. pen. Un primo orientamento si caratterizza per una prospettiva di ampia ed estesa tutela delle facoltà della vittima del reato, in un’ottica di piena e costante partecipazione ad ogni fase del processo, in attuazione delle previsioni della Direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 (con richiamo alla Convenzione di Istanbul). Ne consegue che l’istanza di revoca o di modifica deve “sempre” essere notificata alla persona offesa, anche nei casi in cui essa non abbia nominato un difensore, né eletto o dichiarato domicilio, spettando all’imputato instaurare il contraddittorio con la persona offesa, a prescindere dalla sua attiva partecipazione al processo e, soprattutto, dall’intervenuta nomina di un difensore o dichiarazione di domicilio, non potendo da ciò desumersi un disinteresse all’evoluzione e partecipazione al procedimento, anche considerato che la Direttiva UE non prevede nessun onere per la vittima di nominare un difensore o di dichiarare od eleggere domicilio per le notifiche, ma semplicemente un diritto ad essere informata (Sez. 2, n. 12377 del 10/02/2021, Castagna, Rv. 280999-01; Sez.5, n. 4485 del 08/01/2020, L., Rv. 278141-01; Sez. 3, n. 31191 del 21/07/2020, P., Rv. 280363-01; Sez. 2, n. 4877 del 28/10/2020, Castiglione, Rv. 280613-01; Sez. 6, n. 8691 del 14/11/2017, A., 272216-01; Sez. 6, n. 18565 del 08/01/2016, Secci, Rv. 267292-01; Sez. 2, n. 19704 del 01/04/2016, Machì, Rv. 267295- 01), salva ovviamente l’inesigibilità dell’adempimento (Sez. 2, n. 25135 del 25/05/2016, Grosso, Rv. 267236-01), considerando destinatari della notifica solo le persone offese i cui dati identificativi sono immediatamente ricavabili dal fascicolo processuale (Sez. 6, n. 8691 del 14/11/2017, A., 272216-01, Sez. 2, n. 12377 del 10/02/2021, Castagna, Rv. 280999-01). Un secondo orientamento ritiene invece, che nel caso in cui la persona offesa non abbia nominato un difensore, né eletto o dichiarato domicilio, la notificazione nei suoi confronti dell’istanza ex art. 299 cod. proc. pen. non sia necessaria, sicché la sua omissione non determina l’inammissibilità dell’istanza (Sez. 1, n. 1460 del 24/11/2020, Pipitone, Rv. 280219-01, Sez. 1, n. 5552 del 17/01/2020, Gangemi, Rv. 278483-01). Si privilegia, in tal senso, l’interpretazione letterale della norma, considerando sia la portata dell’art. 12 delle disposizioni della legge in generale, che la genesi della disposizione, introdotta in seconda battuta rispetto alla decretazione d’urgenza (d.l. 14 agosto 2013, n. 93) con l’approvazione della legge 15 ottobre 2013, n. 119. Il punto centrale di tale opzione ermeneutica, a parere della sezione rimettente, è rappresentato dal necessario contemperamento dei valori, ugualmente tutelati, del diritto di difesa dell’imputato e dell’interesse della parte offesa a conoscere le vicende processuali, anche a seguito delle osservazioni della dottrina, nell’ottica di valorizzare il diritto dell’indagato/imputato a non vedere ingiustificatamente negato o sospeso l’esame della propria istanza in materia particolarmente delicata come quella delle misure cautelari. In tale contesto la mancata nomina di un difensore o il non aver eletto domicilio sono ritenuti indici della carenza di interesse della persona offesa quanto alla partecipazione al procedimento (Sez. 5, n. 14028 del 12/02/2021, Pasca, Rv. 280828-01, Sez. 2, n. 26506 del 22/07/2020, Napoli; Sez. 2, n. 12325 del 03/02/2016, Spada, Rv. 266435-01). La Sezione rimettente ha, inoltre, sottolineato la particolarità del caso concreto quanto alla identificazione, ai sensi dell’art. 90, comma 3, cod. proc. pen., delle persone offese, ovvero, nella specie, i prossimi congiunti delle vittime dell’omicidio oggetto di imputazione, profilo da considerare per evidenti elementi di connessione, congiuntamente al punto principale oggetto di contrasto.
5. La giurisprudenza di legittimità sulla prima questione rimessa
Come sottolineato dall’ordinanza di rimessione, quanto alla questione proposta all’attenzione delle Sezioni Unite era presente un oggettivo contrasto di giurisprudenza. La norma oggetto di contrasto interpretativo prevede che: “dopo la chiusura delle indagini preliminari, se l’imputato chiede la revoca o la sostituzione della misura con altra meno grave ovvero la sua applicazione con modalità meno gravose, il giudice, se la richiesta non è presentata in udienza, ne dà comunicazione al pubblico ministero, il quale, nei due giorni successivi, formula le proprie richieste.
La richiesta di revoca o di sostituzione delle misure previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti di cui al comma 2-bis del presente articolo, deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest’ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio” e si caratterizza, dunque, per la presenza nella parte finale della preposizione “salvo che”. È esattamente sulla portata e sulle caratteristiche interpretative conseguenti alla presenza di tale locuzione che si è sviluppato il contrasto interpretativo, portando ad interpretazioni contrapposte. Un primo orientamento esclude l’obbligo di notifica; in particolare Sez. 1, n. 5552 del 17/01/2020, Gangemi, Rv. 278483-01, nonché Sez. 1, n. 1460 del 24/11/2020, Pipitone, Rv. 280219-01, rappresentano gli approdi più recenti nei quali si sostanzia l’orientamento interpretativo restrittivo quanto al previsto obbligo di notifica alla persona offesa ai sensi dell’art. 299, comma 4-bis, cod. proc. pen. La sentenza Gangemi è stata così massimata: “Nei procedimenti per reati commessi con violenza alla persona, l’istanza di revoca o di modifica della misura cautelare non proposta in sede di interrogatorio di garanzia non deve essere notificata alla persona offesa che non abbia provveduto a nominare un difensore o ad effettuare dichiarazione od elezione di domicilio”. La Corte, nel rilevare la presenza di un contrasto interpretativo (con particolare riferimento ai principi affermati rispettivamente da Sez. 2, n. 36167 del 03/05/2017, Adelfio, Rv. 270689-01 e Sez. 6, n. 8691 del 14/11/2017, A., 272216-01) ha richiamato diverse ragioni a sostegno dell’interpretazione prescelta. In tal senso, la Prima sezione ha effettuato un ampio richiamo all’interpretazione letterale della norma, considerando che l’inciso “salvo che” sia di assoluta chiarezza e “non può essere inteso, a meno di non stravolgere la lingua italiana, nel senso che esso serve a prevedere distinte modalità di notifica dell’istanza”. Considerato, quindi, il disposto dell’art. 12 delle preleggi, nel senso che nell’applicare la legge non si può attribuire ad essa altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la loro ordinaria connessione e tenuto conto dell’intenzione del legislatore, la Corte ha rilevato che, anche secondo la costante analisi della dottrina, quando la lettera della legge è esplicita e quando l’intenzione del legislatore è fatta palese e inequivocabile attraverso i lavori parlamentari e la discussione del provvedimento legislativo, ogni diversa interpretazione, anche se volta a compensare lacune o inconvenienti, non può giungere ad immutare il senso fatto palese dalla legge stessa, sovrapponendosi così l’interpretazione alla volontà del legislatore. Ciò premesso, la Prima Sezione ha sottolineato che anche l’evoluzione parlamentare della disposizione in questione è estremamente significativa, nel senso di escludere che la persona offesa abbia diritto alla notifica dell’istanza di modifica o sostituzione della misura cautelare in difetto di una sua nomina di difensore o di una sua dichiarazione o elezione di domicilio. L’aggiunta, infatti, in sede di conversione dell’inciso “salvo che…” non può essere intesa solo al fine di prescrivere la prevalenza della notifica nel luogo eventualmente eletto sulla notifica diretta, atteso che, comunque, anche con riferimento alla versione originaria della norma, l’eventuale elezione di domicilio da parte della persona offesa sarebbe comunque destinata a prevalere su altre forme di notificazione. Nell’accedere alla tesi restrittiva la Prima sezione ha evidenziato che la peculiarità della norma in esame è rappresentata dal fatto che l’onere dell’avviso rappresenta un forte condizionamento dell’istanza de libertate e, quindi, in concreto, dell’esercizio del diritto di difesa da parte dell’indagato o dell’imputato, oltre che del conseguente interesse di costoro a non vedere ingiustificatamente negato o sospeso l’esame delle loro richieste in una materia così rilevante e delicata come quella della libertà personale. Ne consegue che, nell’ottica di contemperamento di due diversi ordini di beni tutelati e costituzionalmente rilevanti (diritti di libertà e difesa delle persone indagate o imputate/diritti di tutela della vita privata e dell’incolumità personale ed esercizio delle proprie facoltà da parte delle persone offese), si deve ritenere raggiunto un equilibrio nel caso in cui la vittima del reato abbia provveduto agli adempimenti previsti dall’art. 299 cod. proc. pen., mostrando il proprio interesse a conoscere le vicende processuali di colui che ha esercitato o può continuare ad esercitare violenza nei suoi confronti, rendendo possibile al tempo stesso all’indagato una celere realizzazione delle notifiche per consentire la definizione del procedimento cautelare che lo riguarda, sia durante la fase delle indagini preliminari, che dopo. La stessa pronuncia ha contestato poi, nell’accedere a tale interpretazione restrittiva, anche la soluzione a carattere intermedio proposta nell’ambito della sentenza Sez. 6, n. 8691 del 14/11/2017, A., 272216-01, secondo la quale si devono ritenere destinatari della notifica “solo le persone immediatamente ricavabili dal fascicolo processuale”, atteso che spetterebbe in ogni caso al richiedente la revoca o sostituzione della misura cautelare l’obbligo di attivarsi per reperire i dati necessari all’adempimento processuale, potendo essere evitata la notifica solo ed esclusivamente nel caso di accertata irreperibilità della persona offesa, per cui, nella sostanza, si tratterebbe pur sempre di un’eccessiva gravosità dell’obbligo ricadente in capo all’indagato/imputato (nello stesso senso si sono espresse, richiamando il canone dell’ordinaria diligenza esigibile, Sez. 2, n. 12377 del 10/02/2021, Castagna, Rv. 280999-01, Sez. 5, n. 4485 del 08/01/2020, L., Rv. 278141-01, Sez. 3, n. 31191 del 21/07/2020, P., Rv. 280363-01, Sez. 2, n. 4877 del 28/10/2020, Castiglione, Rv. 280613-01, Sez. 6, n. 18565 del 08/01/2016, Secci, Rv. 267292-01. Sez. 2, n. 31866 del 28/09/2020, Clemente). Quanto a Sez. 1, n. 1460 del 24/11/2020, Pipitone, Rv. 280219-01, la stessa ha richiamato, nell’accedere al medesimo orientamento ermeneutico, anche Sez. U, n. 16 del 10/12/1957, Borsese, Rv. 097831-01 evidenziando la funzione di tradizionale strumento di orientamento interpretativo dei lavori preparatori, attesa l’introduzione dell’inciso al dichiarato scopo di escludere, in accoglimento degli auspici critici formulati da diversi osservatori, che alla persona offesa spettasse la notificazione della richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare in difetto di sua nomina di un difensore o di una sua dichiarazione o elezione di domicilio.
Il contemperamento degli interessi costituzionalmente rilevanti è, dunque, reso possibile, secondo tale approdo ermeneutico, solo ove le persone offese provvedano agli adempimenti previsti dall’art. 299, comma 3, e richiamati dal comma 4-bis, cod. proc. pen., così mostrando il necessario concreto interesse a conoscere le vicende processuali dell’accusato.
In termini conformi si è espressa, dopo aver richiamato la necessità di considerare in senso ampio la platea dei destinatari degli obblighi di avviso, anche Sez. 5, n. 14029 del 12/02/2021, Mazzanares, che ha affermato che la notifica dell’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare è dovuta solo laddove la persona offesa abbia nominato un difensore di fiducia o abbia dichiarato o eletto domicilio. Occorre, dunque, che la persona offesa abbia effettivamente manifestato interesse al procedimento per consentire l’assolvimento di tali oneri in tempi molto brevi, precisandosi tuttavia, al contempo, che tale incombente può essere esteso a qualsiasi persona offesa e non solo a quelle che si trovino in relazione qualificata o a rischio di ulteriore vittimizzazione specifica, secondaria e ripetuta.
Ciò che conta è che la parte manifesti il proprio interesse alla partecipazione al procedimento cautelare nominando un difensore o dichiarando o eleggendo domicilio. In senso analogo si è espressa altresì Sez. 5, n. 14028 del 12/02/2021, Pasca, Rv. 280828-01, non massimata sul punto, che ha affermato che l’obbligo informativo a carico dell’indagato deve essere ritenuto operante solo laddove la persona offesa abbia nominato un difensore di fiducia, ovvero abbia dichiarato o eletto domicilio nell’ambito del procedimento, sottolineandosi che ciò che rileva al fine della considerazione di un’effettiva ricorrenza dell’obbligo di notifica in capo all’indagato/imputato è che la parte abbia manifestato interesse alla partecipazione nominando un difensore, dichiarando o eleggendo domicilio.
La Corte ha osservato che tale limitazione consentirebbe di escludere che l’indiscriminata subordinazione dell’ammissibilità dell’istanza cautelare al previo adempimento dell’onere informativo in favore della persona offesa, vittima di qualunque reato commesso con violenza alla persona, possa tradursi in una irrazionale ed ingiustificata compressione del diritto di difesa anche in quei casi in cui (come nella resistenza a pubblico ufficiale) non vi è alcun pericolo che l’autore del reato torni ad aggredire, fisicamente o moralmente, la persona.
Ne consegue che: “gli oneri informativi di cui all’art. 299 cod. proc. pen. potranno ritenersi operanti soltanto ove la persona offesa, nominando un proprio difensore o eleggendo o dichiarando domicilio in seno al procedimento, manifesti un suo concreto interesse per le sorti del procedimento che giustifichi l’imposizione degli oneri stessi.” Infine, in tale contesto interpretativo, si colloca anche Sez. 2, n. 12325 del 03/02/2016, Spada, Rv. 266435-01, che ha evidenziato, in epoca precedente all’esplicito consolidarsi del contrasto, come il riconoscimento di un diritto a partecipare al procedimento cautelare della persona offesa sia “condizionato alla manifestazione della volontà di esserne parte che si esprime attraverso la nomina di un difensore o l’elezione di domicilio, incombenti, entrambi, che assicurano la speditezza delle notifiche ed il contenimento dei tempi di emissione del provvedimento sulla cautela”.
La decisione descrive puntualmente quello che deve essere ritenuto lo statuto della persona offesa dal reato, nel senso di configurare a carico della stessa un vero e proprio onere, rappresentato dalla nomina di un difensore o dalla dichiarazione o elezione di domicilio, che condiziona il suo diritto alla partecipazione all’incidente cautelare.
Ne consegue, nell’ambito di tale direttrice ermeneutica, che il diritto di partecipazione della persona offesa “non condiziona in alcun modo la progressione processuale”, ma dipende, invece, dalla volontaria attivazione delle condizioni del suo esercizio, “ovvero
a) nella fase procedimentale nella nomina del difensore o nell’elezione di domicilio,
b) nella fase processuale nella partecipazione alle udienze, anche senza la costituzione di parte civile”.
Si è sottolineato che “deve ritenersi che l’esercizio del diritto dell’offeso alla partecipazione al procedimento incidentale cautelare (attraverso l’intervento nel contraddittorio che precede l’emissione del provvedimento sulla cautela) esige la manifestazione dell’interesse all’esercizio del diritto, essendo l’offeso soggetto processuale la cui partecipazione non condiziona la progressione processuale”.
È, dunque, esplicita l›affermazione del principio di diritto secondo il quale la persona offesa ha un diritto di partecipazione all›incidente cautelare condizionato alla manifestazione della volontà di esercitarlo, che si esprime attraverso la nomina del difensore o l›elezione di domicilio.
6. La giurisprudenza di legittimità sulla seconda questione rimessa
Il tema proposto con il secondo quesito formulato è stato affrontato esplicitamente dalla giurisprudenza di legittimità in una sola occasione, in fattispecie analoga a quella oggetto di rimessione alle Sezioni Unite.
In particolare, Sez. 1, n. 51402 del 28/06/2016, Zacheo, nell’aderire esplicitamente all’orientamento estensivo quanto alla nozione di delitti commessi con violenza alla persona, al fine di individuare l’ambito di applicabilità dell’obbligo di notifica alla persona offesa, ha ritenuto che gli eredi di persona deceduta a causa di condotta omicidiaria rientrino espressamente tra i destinatari della notifica dell’istanza di revoca o modifica della misura cautelare in atto, ma solo ed esclusivamente se sia presente la nomina di un difensore o una dichiarazione o elezione di domicilio.
Nel caso concreto esaminato la Corte ha disposto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza del tribunale, che aveva dichiarato inammissibili gli appelli proposti dalle persone offese della condotta di omicidio posta in essere nei confronti del loro congiunto.
Il Tribunale aveva ritenuto che, pur rientrando l’omicidio tra le condotte commesse con violenza, una corretta interpretazione letterale e logico-sistematica, tenuto conto della ratio e finalità della disciplina in questione ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen., doveva condurre ad escludere la sussistenza del diritto degli eredi ad essere informati, atteso che costoro non potevano essere ritenuti in senso stretto rientranti nella nozione di persone offese dal reato, dal quale si potevano al massimo ritenere danneggiati, ma non direttamente incisi nella lesione del bene vita, costituente il bene giuridico protetto dalla norma di cui era titolare esclusivamente la vittima.
Inoltre, era da considerare l’eccessiva onerosità di una diversa interpretazione, tenuto conto del disposto dell’art. 307 cod. pen. in ordine alla nozione di prossimi congiunti, per la sua ampiezza incidente sul diritto di difesa dell’imputato e incompatibile con le esigenze di celerità del procedimento cautelare.
Secondo il Tribunale doveva essere rilevata l’inutilità della previsione di partecipazione al contraddittorio cautelare nell’ambito della contestata condotta di omicidio, atteso che era di fatto impossibile ipotizzare qualsiasi rapporto futuro con l’autore del reato da parte di chi era stato privato in via definitiva della vita. Considerato, inoltre, che i prossimi congiunti non avevano normalmente ragione di temere alcun pericolo dalla modifica dello status libertatis del reo, né avevano possibilità di apportare elementi in grado di accrescere il patrimonio conoscitivo del giudice chiamato a pronunciarsi sull’istanza, gli stessi venivano di fatto esclusi dal regime che caratterizza ordinariamente gli obblighi di informazione nei confronti delle parti offese.
La Prima Sezione ha dissentito in modo netto dall’impostazione del Tribunale accogliendo il ricorso delle persone offese costituite parti civili. La Corte ha esplicitamente aderito, nel valutare il caso concreto, all’orientamento restrittivo in tema di notifica ex art. 299, comma 4-bis, cod. proc. pen.
Preliminarmente, richiamando la Direttiva 2012/29/UE e le modifiche normative apportate al codice di procedura penale, ha precisato che gli eredi di persona defunta a seguito di condotta omicidiaria rientrano tra le persone offese dal reato destinatarie dell’obbligo di notifica, attesa la previsione di cui all’art. 90, comma 3, cod. proc. pen., che statuisce che le facoltà e i diritti riconosciuti dalla legge alla persona offesa dal reato, sono esercitati, qualora la stessa sia deceduta in conseguenza del reato, dai prossimi congiunti della vittima (categoria individuata dall’art. 307, quarto comma, cod. pen.). Si è sottolineato come tale notifica spetti solo ove gli stessi abbiano nominato un difensore o eletto o dichiarato domicilio.
Nel ritenere giuridicamente infondate le argomentazioni del Tribunale, la Prima Sezione ha osservato che: “erronea, e contrastante con elementari principi logici, prima ancora che giuridici, è l’affermazione del provvedimento gravato secondo cui il subentro, riconosciuto dall’art. 90, comma 3, cod. proc. pen. ai prossimi congiunti della vittima del reato, nella posizione giuridica di tipo attivo costituita dall’esercizio dei diritti e delle facoltà ad essa spettanti, non postula la successione dei medesimi soggetti anche nella titolarità della corrispondente situazione passiva (di cui era originariamente titolare la persona offesa), rappresentata dal diritto a ricevere gli avvisi, le notificazioni e le comunicazioni che sono preordinate e funzionali proprio all’esercizio di quei diritti e di quelle facoltà: la titolarità del diritto attivo a un facere presuppone logicamente (e necessariamente) quella del diritto (passivo) all’adempimento informativo che è preordinato al relativo esercizio, come si ricava dai principi affermati da questa Corte in materia di avvisi propedeutici all’esercizio delle facoltà riconosciute ai prossimi congiunti della persona offesa nei confronti della richiesta del pubblico ministero di archiviazione del procedimento relativo al reato in conseguenza del quale la stessa sia deceduta (Sez. 6 n. 16715 del 26/02/2003, Rv. 224960; Sez. 5 n. 31921 del 2/07/2007, Rv. 237575)”. In tal senso è stato ritenuto inconferente l’argomento valorizzato dal Tribunale secondo cui, ai sensi dell’art. 307 cod. pen., un tale obbligo di notifica avrebbe finito per interessare un numero troppo ampio di destinatari, sottolineando che: “lo stesso testo dell’art. 299 comma 4-bis cod. proc. pen. esclude, invero, la paventata dilatazione del novero dei destinatari dell’adempimento informativo, delimitandolo ai soggetti - persone offese o prossimi congiunti delle stesse - che siano muniti di difensore ovvero (in mancanza) abbiano provveduto a dichiarare o eleggere domicilio, utilizzando una terminologia che, pur non dovendosi interpretare in senso tecnico (non prevedendo il codice di rito a carico di soggetti diversi dall’imputato formalità analoghe a quelle disciplinate dagli artt. 161 e segg.), individua come destinatari dell’obbligo di notifica solo quei prossimi congiunti che abbiano comunque interloquito nel processo, nominando un difensore ovvero depositando un atto che contenga le indicazioni necessarie all’esecuzione della notificazione”.
Elemento, questo, ricorrente nel caso concreto, attesa la costituzione di parte civile degli eredi della persona deceduta.
Di conseguenza è stato ritenuto erroneo ed indimostrato il postulato teorico proposto dal Tribunale secondo il quale i prossimi congiunti della vittima di un omicidio non avrebbero nulla da temere dalla modifica dello status libertatis, ricorrendo, dunque, una sostanziale carenza di interesse ad interloquire: infatti, attesi l’origine e il percorso legislativo della norma in questione non vi sarebbe alcuna possibilità per l’interprete di operare restrizioni di sorta all’interno della categoria dei reati commessi con violenza alle persone, escludendo così, dalle nuove forme di tutela del contraddittorio processuale, uno o più tipologie di delitti anche solo con riferimento al diritto a ricevere gli avvisi e le notificazioni (il cui obbligo è stato introdotto proprio al fine di garantire ed ampliare la facoltà di partecipazione).
È stata esplicitamente richiamata la previsione di cui all’art. 2 della Direttiva 2012/29/UE, che ricomprende testualmente nella definizione di vittima anche il familiare di una persona la cui morte sia stata causata direttamente da un reato e che ha subito un danno quale conseguenza della morte di tale persona. Nell’ambito di una diversa prospettiva ermeneutica, quanto alla seconda questione rimessa, può essere segnalata Sez. 2, n. 26150 del 22/05/2019, Galeffi, non mass., che, pur non essendosi occupata della questione oggetto del secondo quesito rimesso alle Sezioni Unite, tuttavia, analizzando in particolare il significato del concetto di “delitti commessi con violenza alla persona”, si è soffermata sugli obblighi di notifica affermando anzitutto che il giudice nazionale deve tenere conto delle norme interne alla luce delle indicazioni fornite dalle Direttive, anche dopo la loro attuazione, atteso che le stesse “costituiscono atti normativi di indirizzo che orientano l’interpretazione delle norme interne, sicché spetta al giudice nazionale dare alla legge adottata per l’attuazione della Direttiva, in tutti casi in cui il diritto nazionale gli attribuisce un margine discrezionale, un’interpretazione ed un’applicazione conformi alle esigenze del diritto dell’Unione. In tale contesto, tenuto conto dei canoni interpretativi emergenti dalla Direttiva 2012/29/UE, si dovrebbero considerare, in via gradata, la tipologia della parte offesa (se è parte offesa di delitti di tratta di esseri umani, di terrorismo, di criminalità organizzata, di violenza o sfruttamento sessuale, di crimini di odio) o il movente del reato (se si sia trattato di violenza di genere), ovvero il contesto in cui il reato è stato commesso (se si sia trattato di violenza nelle relazioni strette); al di fuori di tali casi, si dovrebbe poi valutare se al delitto connotato da violenza si ricolleghi un concreto pericolo di intimidazione, ritorsioni o vittimizzazione secondaria ripetuta, tali da escludere che si tratti di un reato minore o che vi sia un debole rischio di danno per la vittima (in tal senso richiamando la già citata, Sez. 2, “Adelfio”, nonché Sez. 2, n. 46996 del 08/06/2017, Bruno, Rv. 271153-01). Le caratteristiche di vulnerabilità così declinate manifesterebbero allora, in altri termini, il pericolo di recidiva nei confronti della stessa vittima.
Ciò tanto più tenuto conto della specificità del procedimento cautelare, ricorre la “necessità di operare un bilanciamento tra i diritti della vittima e quelli della persona ristretta almeno nei casi in cui emerga il rischio di un possibile danno per l’autore del reato correlato alla comunicazione di provvedimenti di scarcerazione, e in tal modo valorizza, seppur in modo indiretto, il fatto che il delitto si insedi nell’ambito di relazioni qualificate caratterizzate da un conflitto duraturo e patogeno”. Il che dovrebbe portare ad una considerazione del giudice del singolo caso, specialmente nell’ipotesi in cui ad essere coinvolte non fossero direttamente le persone offese, ma gli eredi.
Il rischio al quale la vittima può essere esposta genererebbe inoltre, secondo tale prospettiva ermeneutica, il diritto della vittima a partecipare al procedimento cautelare e solo per questo motivo può apparire giustificato il protrarsi dei tempi di definizione dell’incidente cautelare (in termini Sez. 2, n. 51653 del 16/07/2017, Enciu, nonché Sez. 6, n. 9529 del 05/11/2020, Scalici, Rv. 281045-01, Sez. 2, n. 17335 del 28/03/2019, Ambrogio, Rv. 276953-01, Sez. 2, n. 46996 del 08/06/2017, Bruno, Rv. 271153-01, Sez. 2, n. 36680 del 04/05/2017, Ficarra, Rv. 270640-01).
Sentenze della Corte di cassazione Sez. U, n. 16 del 10/12/1957, Borsese, Rv. 097831-01 Sez. U, n. 38691 del 25/06/2009, Caruso, Rv. 244191-01 Sez. 5, n. 18565 del 08/01/2016, Secci, Rv. 267292-01 Sez. U, n. 10959 del 29/01/2016, P.O., Rv. 265893-01 Sez. 2, n. 12325 del 03/02/2016, Spada, Rv. 266435-01 Sez. 2, n. 43353 del 14/10/2015, Quadrelli, Rv. 265094-01 Sez. 1, n. 49339 del 29/10/2015, Gallani, Rv. 265732-01 Sez. 2, n. 19704 del 01/04/2016, Machì, Rv. 267295-01 Sez. 2, n. 21070 del 15/04/2016, Arpino Sez. 2, n. 25135 del 25/05/2016, Grosso, Rv. 267236-01 Sez. 2, n. 30302 del 24/06/2016, Opera, Rv. 267718-01 Sez. 1, n. 51402 del 28/06/2016, Zacheo Sez. 4, n. 29770 del 15/03/2017, Mura, Rv. 270185-01 Sez. 2, n. 36167 del 03/05/2017, Adelfio, Rv. 270689-01 Sez. 2, n. 36680 del 04/05/2017, Ficarra, Rv. 270640-01 Sez. 2, n. 46996 del 08/06/2017, Bruno, Rv. 271153-01 Sez. 5, n. 43103 del 12/06/2017, Urso, Rv. 271009-01 Sez. 2, n. 51653 del 16/07/2017, Enciu Sez. 3, n. 5832 del 18/10/2017, D., Rv. 272114-01 Sez. 6, n. 8691 del 14/11/2017, A., 272216-01 Sez. 4, n. 18816 del 12/03/2019, Storlazzi Sez. 6, n. 27601 del 22/03/2019, Pascale, Rv. 276077-01 Sez. 2, n. 17335 del 28/03/2019, Ambrogio, Rv. 276953-01 Sez. 2, n. 26150 del 22/05/2019, Galeffi Sez. 1, n. 1526 del 03/07/2019, Lagona Sez. 5, n. 4485 del 08/01/2020, L., Rv. 278141-01 Sez. 1, n. 5552 del 17/01/2020, Gangemi, Rv. 278483-01 Sez. 2, n. 12800 del 13/02/2020, Cerrito Sez. 5, n. 23127 del 03/07/2020, F., Rv. 279403-01 Sez. 3, n. 31191 del 21/07/2020, P., Rv. 280363-01 Sez. 2, n. 26506 del 22/07/2020, Napoli Sez. 2, n. 31866 del 28/09/2020, Clemente Sez. 5, n. 165 del 13/10/2020, La Cascia, Rv. 280325-01 Sez. 2, n. 4877 del 28/10/2020, Castiglione, Rv. 280613-01 Sez. 6, n. 9529 del 05/11/2020, Scalici, Rv. 281045-01 Sez. 1, n. 1460 del 24/11/2020, Pipitone, Rv. 280219-01 Sez. 2, n. 12377 del 10/02/2021, Castagna, Rv. 280999-01 Sez. 5, n. 14028 del 12/02/2021, Pasca, Rv. 280828-01
Fonte: CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ufficio del Massimario Rassegna della giurisprudenza di legittimità Gli orientamenti delle Sezioni Penali Anno 2021 VOLUME II