Proponiamo una sentenza di merito, pronunciata dal Tribunale di Pescara con la quale l'imputato è stato assolto dal reato previsto dall'art. 612 c.p., poiché non punibile per particolare tenuità del fatto.
Tribunale Pescara, 25/01/2023, (ud. 24/11/2022, dep. 25/01/2023), n.2590 (Dott.ssa Maria Michela Di Fine - Presidente - Dott.ssa Anna Fortieri - Giudice - Dott.ssa Daniela Angelozzi - Giudice relatore).
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto del 02.09.2021 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pescara ha disposto il giudizio immediato per Xu.Ch., chiamato a rispondere del reato riportato in epigrafe. All'udienza del 01.12.2021, assente l'imputato, è stato dichiarato aperto il dibattimento e sono state ammesse le prove richieste dalle parti (testi di lista e riserva produzione documentale per la Pubblica Accusa, esame imputato per la Difesa).
All'udienza del 04.04.2022, è stata acquisita la deposizione del teste Ba.Ro. e il Pubblico Ministero ha rinunciato al teste Se.Ni.. Il Tribunale, sentite le parti, ha revocato l'ordinanza ammissiva della prova nella parte relativa a tale teste.
All'udienza del 12.10.2022, presente l'imputato, rinnovata la dichiarazione di apertura dibattimentale data la diversa composizione del collegio, è stata sentita la teste Zh.Le.. Nella medesima udienza il Pubblico Ministero ha chiesto che venisse sentita ex art. 507 c.p.p. Xu.Si. e il Tribunale ha ammesso la prova.
All'udienza del 24.11.22, rinnovata la dichiarazione di apertura dibattimentale data la diversa composizione del collegio, è stata sentita la teste Xu.Si..
Quindi, sulle conclusioni delle parti, il Tribunale si ritirava in camera di consiglio, dando lettura del dispositivo della sentenza.
Il Tribunale ritiene che, a seguito dell'istruttoria svolta, l'imputato debba essere assolto dal fatto di reato a lui ascritto.
La ricostruzione dei fatti, come emersa in dibattimento, non può che prendere le mosse dalle dichiarazioni della persona offesa.
La persona offesa, Zh.Le., ha dichiarato di aver contratto matrimonio con l'imputato Xu.Ch. il 30 aprile 2005. Dall'unione nascevano due figlie. Il rapporto coniugale procedeva inizialmente in modo ordinario ("diciamo che prevalentemente è andato tutto bene, soltanto qualche volta ci sono state delle frizioni"), fino al 2014.
Nel 2014, infatti, la coppia apriva un esercizio commerciale di casalinghi a San Benedetto del Tronto, della cui gestione si occupava prevalentemente la moglie. Xu.Ch. invece rimaneva spesso a casa con le figlie. Questo causava tensione tra i coniugi perché avrebbe preferito lavorare maggiormente in negozio. Quindi passava le giornate a casa a bere alcolici e a chiamare gli amici che vivevano ancora in Cina in videochiamata, cercando conforto. Pretendeva anche dei soldi dalla moglie per assecondare i propri vizi e, quando non veniva assecondato, la minacciava di morte.
Durante l'epidemia da Covid i rapporti tra i due si incrinavano ulteriormente a causa dello stato di ubriachezza dello Xu.Ch.. In questo periodo di isolamento in casa, verosimilmente causato da un senso di depressione dovuto alle chiusure forzate e ai conseguenti gravi problemi economici, cominciava a bere più del solito ("chiusi in casa ha cominciato a bere n po' più del solito, addirittura fino a tre quattro bottiglie di alcool"). Da questo stato di alterazione dello Xu.Ch. dovuto all'alcool scaturivano discussioni e litigi sempre più frequenti tra i coniugi. Durante questi diverbi capitava che Xu.Ch. la offendesse e la minacciasse con frasi quali "io ora ti malmeno".
I litigi non sfociavano in aggressioni fisiche dello Xu.Ch. nei suoi confronti gabbiamo litigato, ma non ci siamo mai malmenati, mai malmenati, soltanto litigio verbale. Un forte litigio verbale"). In un paio di occasioni l'imputato aveva lanciato a terra una bottiglia di birra, spargendone i cocci sul pavimento. Questa situazione perdurava per tutto il 2020 fino al 2021, in corrispondenza appunto della pandemia da Covid. I diverbi avevano una frequenza di tre/quattro volte al mese; spesso accadeva che, sebbene lo Xu.Ch. fosse ubriaco, non si alterava, preferendo andare a dormire.
Durante uno di questi litigi, verificatosi in data 26 luglio 2021, la figlia maggiore della coppia, Xu.Si., chiedeva l'intervento dei Carabinieri. In quel momento Xu.Ch. era particolarmente ubriaco e stava litigando al telefono con un amico. Lo Xu.Ch. spostava poi la discussione dall'amico alla moglie, con la quale iniziava a litigare in maniera molto accesa. In quella occasione, scagliava anche una bottiglia di vetro piena di birra contro la parete e proferiva più volte la frase "do fuoco, vi ammazzo tutti". Quindi, la Zh. e le figlie - impaurite - salivano al piano di sopra, mentre il marito continuava a proferire le stesse minacce dal piano di sotto. A quel punto, la figlia chiamava i Carabinieri ("Siccome era molto accesa la discussione, il litigio verbale, verbale ha detto, i figli avevano paura ed è per questo motivo che chiamavano i Carabinieri").
In seguito a questo episodio si verificava un periodo di allontanamento tra i coniugi, dovuto all'applicazione allo Xu.Ch. della misura cautelare dell'allontanamento dalla casa famigliare nell'agosto del 2021 (vd. Ordinanza di applicazione della misura cautelare del 02/08/2021, in atti). Sulle relazioni dello Xu.Ch. con le figlie, la persona offesa ha affermato che in generale i rapporti erano buoni. Solo in alcune occasioni, sempre quando era molto ubriaco, proferiva degli insulti rivolti alle figlie. In merito alle aggressioni fisiche del padre nei confronti delle figlie riferisce che Xu.Ch. non le aveva mai malmenate. Terminato il periodo del lockdown, con il miglioramento della situazione economica, anche il contesto familiare migliorava. Lo Xu.Ch. si mostrava quindi molto premuroso con le figlie ("c'è stato un netto miglioramento da parte sua, perché comunque c'è stato un radicale cambiamento, anche perché gli affari sono migliorati e lui è sempre stato un padre premuroso da parte delle figlie "). Quindi la coppia si riappacificava e tornavano definitivamente a vivere insieme nel luglio del 2022.
Oltre alla persona offesa sono stati escussi altri testi.
La figlia maggiore della coppia, Xu.Si., ha riferito in maniera generica di alcuni episodi di aggressività verbale dell'imputato nei suoi confronti, sottolineando di non essere mai stata picchiata dal padre. Alcune volte il padre la minacciava con espressioni quali: "non voglio una figlia come te oppure ti mandava tipo devi morire o cosa". Le espressioni offensive iniziavano nel periodo in cui la ragazza frequentava le scuole medie, indicativamente dal 2018, finché non veniva allontanato dalla casa familiare, con una frequenza di circa una volta al mese. La teste ha ricordato di un episodio, non collocato temporalmente in modo preciso né altrimenti circostanziato, in cui l'imputato le lanciava un vassoio dietro la schiena, senza riuscire a colpirla.
Circa l'episodio del 26 luglio 2021, la teste ha confermato di aver chiamato lei i Carabinieri. In quell'occasione, la madre saliva al piano superiore, dicendole che il padre era pazzo e che bisognava chiamare i Carabinieri, mentre lo Xu.Ch. rimaneva al paino di sotto e urlava. Non assisteva direttamente al litigio fra i genitori; si limitava solo a chiamare i soccorsi su richiesta della madre.
L'intervento dei Carabinieri del luglio 2021 veniva effettuato da teste Ba.Ro., il quale ha riferito che all'arrivo trovava la signora impaurita, mentre il marito era seduto a tavola con diverse bottiglie di birra a terra e continuava a bere. Lo Xu.Ch. si presentava in quella occasione in evidente stato di alterazione alcolica; tuttavia era calmo e collaborativo. La donna affermava di averli chiamati a causa di un'accesa discussione con il marito, il quale aveva anche rotto una bottiglia di birra. Affermava di aver paura che potesse fargli del male. Anche le bambine si mostravano impaurite. La casa era tutta a soqquadro e trovavano una bottiglia di birra rotta, riversa a terra. Gli agenti decidevano quindi di accompagnare tutti in Caserma per chiarire la situazione. Lì la signora Zh. sporgeva denuncia querela nei confronti del marito Xu.Ch..
Così compendiati gli esiti delle risultanze istruttorie, si evidenzia, in diritto, che il reato di cui all'art. 572 c.p. consiste nella sottoposizione dei familiari ad una serie di atti di vessazione continua, tali da cagionare sofferenze, privazioni, umiliazioni, le quali costituiscono fonte di un disagio incessante ed incompatibile con normali condizioni di vita. Si tratta di comportamenti volgari, irriguardosi e umilianti, caratterizzati da una serie indeterminata di aggressioni verbali ed ingiuriose abitualmente poste in essere dall'imputato nei confronti della persona offesa, realizzatrici di un regime di vita avvilente e mortificante (C., Sez. VI, 21.1.2015, n. 12065).
I singoli episodi devono quindi ricondursi all'interno di un comportamento abituale, rendendo con tale abitualità manifesta l'esistenza di un programma criminoso relativo al complesso dei fatti, animato da una volontà di vessare il soggetto passivo e diretto a ledere l'integrità morale della persona offesa (Cass. Sez. VI, 21.1.2015, n. 12065; Cass. Sez. VI, 16.11.2010), sempre che non si tratti di mere manchevolezze o sgarbi privi di capacità offensiva per il bene tutelato (Cass. Sez. VI, 11.7.2014, n. 34197).
Non occorre che i comportamenti di vessazione fisica o morale siano singolarmente qualificabili come reati, potendo i singoli accadimenti di sofferenze fisiche e morali, isolatamente considerati, anche non costituire reato; è necessario tuttavia che le azioni o le omissioni siano ripetute nel tempo, in quanto la ratio dell'antigiuridicità penale risiede proprio nella loro reiterazione, protrattasi in un arco di tempo che, anche se limitato, dimostri la "sistematicità" delle condotte violente e sopraffattrici (C., Sez. VI, 5.12.2011-14.3.2012, n. 9923). Queste, peraltro, possono anche non realizzare l'unico registro comunicativo col familiare, potendo essere intervallate da condotte prive di connotazioni negative o dallo svolgimento di attività familiari, persino gratificanti, per la persona offesa (C., Sez. VI, 20.11.2018-9.1.2019, n. 761); né il reato esclude il temporaneo riavvicinamento della vittima al suo persecutore (C., Sez. V, 19.2-8.6.2020, n. 17361).
Il contenuto dell'offesa deve quindi rapportarsi in termini di continuità d'aggressione al bene tutelato, secondo il concetto di abitualità e sistematicità richiamato. Ne consegue che gli atti di maltrattamento non devono essere sporadici né manifestazione di un atteggiamento di contingente aggressività (C., Sez. VI, 9.10.2018-7.2.2019, n. 6126).
Ora, nel caso di specie, risulta evidente dalle dichiarazioni delle persone offesa la carenza del requisito dell'abitualità della condotta, essendo stati di fatto descritti singoli e sporadici episodi di aggressività, perlopiù generici e per nulla circostanziati, riconducibili tutti ad un periodo in cui l'imputato si trovava in uno specifico stato di alterazione dovuto all'abuso di alcool, anche in conseguenza di una insoddisfazione lavorativa e di una verosimile depressione patita nel periodo di lockdown, come riferito dalla persona offesa, la quale ha più volte specificato che non si trattava di comportamenti abituali, ma limitati ai soli momenti in cui l'imputato era particolarmente ubriaco. Non emerge quindi il clima di sopraffazione tipico del reato contestato, non essendo stato descritto dalla persona offesa un regime di vita avvilente e mortificante. Non sono infatti stati riferiti episodi abituali di minaccia e di vessazioni, bensì uno stato di alterazione ed irascibilità dell'imputato, dovuto alle suddette motivazioni e generante discussioni riconducibili ad un rapporto di conflittualità tra coniugi in disaccordo su questioni economiche e familiari.
Dato il suesposto, lacunoso e generico, quadro probatorio, ritiene il Tribunale che non vi siano elementi sufficienti per riconoscere la configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia. Tuttavia, sussistono i presupposti per una derubricazione del reato di maltrattamenti in quello di minaccia in riferimento ad un episodio del capo di imputazione (non di ingiuria, depenalizzato). Nell'imputazione è riportato un unico episodio circostanziato relativo al giorno dell'intervento dei Carabinieri in data 26 luglio 2021. In quell'occasione l'imputato minacciava la moglie con frasi come "do fuoco, vi ammazzo tutti", spaventando lei e le figlie al punto che queste chiamavano i soccorsi. L'episodio, riferito dalla persona offesa nei particolari, è confermato dalla figlia Xu.Si., la quale - pur non avendo assistito al litigio - ha confermato di aver chiamato lei stessa aiuto, dietro richiesta della madre terrorizzata, mentre il padre continuava ad urlare al piano di sotto. Ad ulteriore conferma delle dichiarazioni della persona offesa, il teste Ba. ha inoltre affermato di aver notato nella casa i segni evidenti di una lite molto accesa: la bottiglia rotta per terra, la casa a soqquadro, l'imputato evidentemente ubriaco e la moglie spaventata.
Considerato che, ai sensi del secondo comma dell'art. 612, la gravità della minaccia va accertata con riferimento non soltanto all'entità del male minacciato ovvero del turbamento psichico causato al soggetto passivo dall'atto intimidatorio, ma anche considerando l'insieme delle circostanze concrete (Cass. V, 20-11-2008, n. 43380) nelle quali la minaccia è fatta (il tempo, il luogo, il modo etc.), oltreché le condizioni particolari in cui si trovino il soggetto attivo e la persona offesa (l'età, il sesso etc.) (Cass. I, 5-4-90), il delitto minaccia nel caso di specie risulta pienamente integrato. Infatti, la minaccia proferita all'indirizzo della persona offesa (minaccia di morte) rappresenta una concreta prospettazione di un male ingiusto. La minaccia aveva effettiva potenzialità intimidatrice, considerato lo stato di alterazione dell'imputato in quella circostanza, tale da incutere timore nella persona offesa per la sua incolumità.
La condotta dell'imputato può ritenersi sorretta dal dolo generico del delitto di minaccia che consiste nella coscienza e volontà di minacciare ad altri un ingiusto danno, indipendentemente dal fine specifico che il soggetto attivo vuole perseguire nei confronti del soggetto passivo (Cass. I, 11-6-85; Cass. V, 16-2-81).
Considerato che - per quanto emerso dalla istruttoria - dopo un periodo di allontanamento, i coniugi hanno ripreso la normale vita coniugale, che la stessa persona offesa ha definito tranquilla e pacifica, pur configurato il reato di minaccia, il Tribunale ritiene possa trovare applicazione l'art. 131 bis c.p., in forza della condotta tenuta dall'imputato, anche in relazione alla circostanza - descritta dal teste di Pg - per cui, al momento del loro intervento, lo Xu.Ch. si mostrava calmo e collaborativo con le forze dell'ordine.
Ai sensi dell'art. 131 bis, comma 1, c.p. "nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133, primo comma, l'offesa è di particolare tenuità".
Il delitto per cui si procede è punito con la reclusine fino ad un anno, per cui la pena rientra nella previsione dell'art. 131 bis c.p. Il comportamento non è abituale trattandosi di un'unica condotta ed essendo l'imputato completamente incensurato. Non si ravvisa alcuno degli elementi previsti dal secondo comma dell'art. 131 bis c.p. che escludono la valutazione di particolare tenuità della condotta (avere agito per motivi abietti e futili, con crudeltà, adoperando sevizie, approfittando delle condizioni di minorata difesa della vittima o determinando, come conseguenza del reato, la morte o le lesioni gravissime di una persona).
L'offesa al bene giuridico protetto (libertà psichica o morale), può essere considerata di particolare tenuità, e ciò in ragione delle modalità della condotta e del fatto che dopo circa un anno i coniugi tornavano a vivere insieme pacificamente.
Ne consegue che Xu.Ch. debba essere assolto dal reato di cui all'art. 612 co. 2 c.p. così qualificato uno degli episodi di cui al capo di imputazione, ai sensi dell'art. 530, c.p.p., perché non punibile per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p..
Va quindi revocata la misura cautelare di cui all'art. 282 bis c.p.p. disposta dal GIP Tribunale di Pescara con ordinanza in data 2.8.2021.
Visto l'art. 544 c.p.p. indica la data del 31.01.2023 per il deposito della motivazione della sentenza.
P.Q.M.
Visto l'art. 530 c.p.p. e 131 bis c.p. assolve Xu.Ch. dal reato di cui all'art. 612 co. 2 c.p., così qualificato uno dei fatti contestati nell'imputazione, perché non punibile per particolare tenuità del fatto.
Visto l'art. 530 co. 2 c.p.p. assolve Xu.Ch. dalla residua imputazione perché il fatto non sussiste.
Revoca la misura cautelare di cui all'art. 282 bis c.p.p. disposta dal GIP Tribunale di Pescara con ordinanza in data 2.8.2021, mandando alla cancelleria per le comunicazioni di rito.
Visto l'art. 544 c.p.p. indica la data del 31 gennaio 2023 per il deposito della motivazione della sentenza.
Così deciso in Pescara il 24 novembre 2022.
Depositata in Cancelleria il 25 gennaio 2023.