La massima
Ai fini dell'integrazione del delitto di minaccia, non è necessario che la prospettazione di un male ingiusto intimidisca effettivamente il soggetto passivo, essendo invece sufficiente che la condotta posta in essere dall'agente, in relazione alla situazione contingente, sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale della vittima. (Fattispecie relativa a recapito di una busta apparentemente proveniente da un'associazione religiosa con su scritto Prega perché solo la Madonna ti può salvare U maresciallo, in cui la Corte ha escluso la configurabilità del reato, per essere la frase riconducibile ad una situazione di liti condominiali e finalizzata a ridicolizzare il destinatario, ex militare in pensione - Cassazione penale , sez. V , 11/10/2019 , n. 6756).
Fonte: Ced Cassazione Penale
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La sentenza integrale
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte di appello di Caltanissetta, con la sentenza impugnata, ha confermato il provvedimento emesso dal Tribunale in sede, in data 27 novembre 2015, con il quale G.S. era stato condannato alla pena di giustizia, per i reati di cui ai capi a) e b) della rubrica (art. 612 c.p., comma 2, commessi inviando una busta intestata, contenente una scritta ritenuta minacciosa) ritenuti avvinti dal vincolo della continuazione, con il beneficio della sospensione condizionale della pena irrogata, oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile, liquidato in via equitativa, nella misura di Euro tremila, oltre spese.
2 Avverso l'indicata sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l'imputato, tramite il difensore di fiducia, denunciando nei motivi di seguito riassunti, due vizi.
2.1. Con il primo motivo si denuncia mancata assunzione di prova decisiva (escussione del consulente tecnico di parte nominato dall'imputato). Il perito del giudice, esaminato all'udienza del 30 ottobre 2015, ha posto l'accento su elementi accertati non considerati e descritti nella relazione scritta, dunque la difesa aveva chiesto l'escussione del consulte di parte. Vengono indicate a pag. 3 del ricorso, analiticamente, le circostanze sulle quali avrebbe deposto il consulente, dirette a confutare la tesi esposta nella perizia di ufficio.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia manifesta illogicità della motivazione e travisamento di atti e fatti. Si tratta di banale dissidio tra condomini, contesto non valutato dalla Corte di appello, che avrebbe errato nel ravvisare la portata minatoria delle frasi presenti sulle buste inserite in cassetta, trattandosi di semplici "sberleffi" diretti al M., il quale, in quanto nel passato è stato maresciallo della Guardia di finanza, è soggetto in grado di avvedersi della natura scherzosa, piuttosto che intimidatoria delle frasi. Le modalità di recapito delle buste poi, evidenziano l'intento canzonatorio e di dileggio, piuttosto che quello intimidatorio (nei confronti di (OMISSIS)) tanto da invocare (scherzosamente, secondo il ricorrente) l'intercessione divina.
3. Il primo motivo è inammissibile.
3.1.Nel giudizio di appello, come è noto, la rinnovazione istruttoria ha carattere eccezionale fondato sulla presunzione che l'indagine sia stata esauriente con le acquisizioni del dibattimento di primo grado, sicchè il potere del giudice è subordinato alla rigorosa condizione che egli ritenga, contro la predetta presunzione, di non essere in grado di decidere allo stato degli atti (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266820; Sez. U, 24/01/1996, Panigoni; Sez. 1, n. 3972 del 2014). Atteso che l'esercizio di un simile potere è affidato all'apprezzamento del giudice di appello, restando incensurabile nel giudizio di legittimità se adeguatamente motivato, deve sottolinearsi che a fronte di una motivazione che dà conto, in modo univoco, del fatto che è stato ritenuto non impossibile decidere allo stato degli atti e dell'esauriente esposizione del perito in sede di esame testimoniale, alcun rilievo può assumere la critica difensiva.
3.2. Il secondo motivo è fondato.
Si osserva che la contestazione attiene al recapito nella cassetta delle lettere della parte lesa, di una busta, intestata Associazione Madonna di Fatima Maria, Stella della Nuova Evangelizzazione, con la scritta "prega perchè solo la Madonna ti può salvare (OMISSIS)", nonchè all'inoltro al domicilio della parte lesa, di altra busta con scritta di identico tenore.
La corte territoriale, conformemente al giudice di primo grado, ha riconosciuto il contenuto intrinsecamente minaccioso delle due frasi, riportandosi a giurisprudenza di questa Corte di legittimità che, rispetto ad espressioni dal chiaro contenuto intimidatorio (del tipo "te la faccio pagare", "tu non sai chi sono lo te la farò pagare") ha esposto il principio che la minaccia, di cui all'art. 612 c.p., necessita della mera prospettazione di un danno ingiusto che può essere manifestato anche in modo implicito, indirettamente o in modo simbolico, purchè dotata di forza intimidatrice, nella specie ritenuta rafforzata dal carattere anonimo delle scritte.
3.2.1. Il Collegio osserva che, tuttavia, la Corte territoriale ha omesso del tutto l'esame del contesto in cui si colloca la consegna delle buste, nonchè ha confermato il giudizio del primo giudice dando rilievo, al fine di valutare l'effettiva intrinseca portata minacciosa delle frasi, all'intenso turbamento psichico della vittima.
Sul punto si osserva, invece, che la costante giurisprudenza di questa Corte è nel senso di ritenere elemento essenziale per la configurabilità della minaccia, la limitazione della libertà psichica del soggetto passivo, da valutarsi con criterio medio (Sez. 5, n. 644 del 06/11/2013, dep. 2014, B, Rv. 257951) attuata mediante la prospettazione di un male potenzialmente idoneo ad incidere sulla libertà morale del soggetto passivo, senza che sia necessario che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente, ma risultando necessario che il male ingiusto minacciato sia intrinsecamente idoneo ad intimidire ia parte lesa, desumendo detta idoneità dalla situazione contingente (ex multis Sez. 2, n. 21684 del 12/02/2019, Bernasconi, Rv. 275819; Sez. 1, n. 44128 del 03/05/2016, Nino, Rv. 268289; Sez. 5, n. 6528 del 02/12/2008, Parlato, Rv. 242604).
Peraltro deve trattarsi della prospettazione di un male futuro, per il quale il nesso tra la condotta e l'evento dipende proprio dalla disponibilità di quel male da parte di chi lo prospetta (Sez. 5, n. 7511 del 17/05/2000, Gaetani, Rv. 216536).
Ciò posto si osserva che la critica proposta è fondata posto che non si è tenuto in alcun conto del contesto in cui avvennero i fatti descritti nelle sentenze di merito (Sez. 1, n. 44128 del 03/05/2016, Nino, Rv. 268289; Sez. 5 n. 45502 del 22/04/2014, Scognamillo, Rv. 261678; Sez. 5, n. 644 del 06/11/2013, dep. 2014, B., Rv. 257951).
Questi si collocano in una situazione pur conflittuale dovuta a rapporti condominiali, che tuttavia non risultano seguiti da alcuna condotta attuata concretamente ai danni della parte lesa, restando privi di ogni ulteriore progressione dell'azione intimidatrice. Le frasi, peraltro, fanno riferimento, del tutto genericamente, ad una conseguenza negativa, senza indicare alla persona offesa, quale avrebbe dovuto essere il comportamento che avrebbe consentito di "salvarsi", nè esplicitano il male minacciato onde valutarne l'intrinseca portate intimidatoria.
Del resto si osserva che, trattandosi di un reato a forma libera, in cui, cioè, la condotta minacciosa non è predeterminata dalla norma penale, non è revocabile in dubbio che essa possa attuarsi secondo modalità diverse, ma queste devono essere idonee, per la valenza intimidatrice che le caratterizza, ad incidere, limitandola, sulla libertà morale del soggetto passivo. Nel caso al vaglio, invece, è emerso che la stessa parte lesa, nel corso della sua deposizione ha dato atto della finalità perseguita mediante l'inoltro delle missive, con riferimento all'esigenza di mettere in ridicolo la sua persona, nonchè la sua qualità di maresciallo della Guardia di finanza. Le modalità di recapito delle buste, poi, non evidenziano, in modo univoco, l'intento intimidatorio rilevato dai giudici di merito, come correttamente dedotto con il ricorso.
3. Si impone, dunque, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, ritenuto che il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020