RITENUTO IN FATTO
1. C.G., ricorre a mezzo del proprio difensore di fiducia avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Macerata, con il quale in data (Omissis), veniva dichiarata inammissibile l'opposizione avverso il decreto penale di condanna n. 158/2023 D.P. emesso dal medesimo GIP.
Con il provvedimento in questione così si disponeva: "V l'opposizione a decreto penale è inammissibile, D.Lgs. 15 dicembre 2022, ex art. 87 bis, comma 7, lett. c.. Si esegua il decreto penale MC, 28.6.2023".
Il ricorrente lamenta inosservanza del D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 87 bis comma 7, lett. c e dell'art. 461 c.p.p. anche in relazione all'art. 24 Cost., nonché illogicità e/o contraddittorietà e/o mancanza della motivazione.
Ricorda il difensore ricorrente che egli, in data 24/6/2023, ebbe a formulare tempestivamente opposizione avverso il decreto penale di condanna n. 158/2023 D.P. emesso dal G.I.P. presso il Tribunale Penale di Macerata in data 12/5/2023, depositato in Cancelleria il 13/5/2023, notificato all'imputato in data 9/6/2023, con il quale l'imputato è stato condannato alla pena di Euro 5.250,00 di ammenda per il reato di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 186, comma 7 commesso in (Omissis), e pertanto a chiedere l'emissione del decreto che dispone il giudizio.
La predetta opposizione a decreto penale di condanna veniva proposta a mezzo p.e.c. dall'indirizzo costanzo.dameliopec-avvocatiteramo.it all'indirizzo di posta elettronica certificata gipguptribunale.maceratagiustiziacert.it.
All'esito il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Macerata dichiarava l'inammissibilità dell'opposizione poiché proposta in violazione del D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 87 bis, comma 7, lett. c., il quale ultimo dispone la inammissibilità della impugnazione "c) quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro provvedimenti resi in materia di misure cautelari, personali o reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all'ufficio competente a decidere il riesame o l'appello".
Il ricorrente avrebbe invero proposto una opposizione a decreto penale di condanna inammissibile in quanto l'opposizione stessa è stata inviata all'indirizzo p.e.c (Omissis), quest'ultimo ritenuto errato, piuttosto che al corretto indirizzo p.e.c. (Omissis).
Il ricorrente ritiene che l'impugnato provvedimento con il quale è stata statuita la inammissibilità della opposizione a decreto penale di condanna di cui sopra sia illegittimo e pertanto debba essere cassato, in ragione della violazione delle norme indicate nel motivo di impugnazione sopra riportato.
Nel caso di specie rileverebbero i seguenti dati oggettivi: 1) il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Macerata non dispone di un indirizzo p.e.c. "dedicato" per il deposito degli atti penali allo stesso indirizzati, diversamente per quanto accade per diversi Uffici quali il Giudice di Pace, la Procura della Repubblica, il Tribunale di Sorveglianza (nelle sedi in cui questo è istituito), il Tribunale per i Minorenni (nelle sedi in cui questo è istituito) ecc.; 2) l'indirizzo p.e.c. depositoattipenali.tribunale.maceratagiustiziacert.it è utilizzato promiscuamente per la ricezione degli atti inviati tanto al Tribunale Penale (dibattimento) tanto al G.I.P., cosicché il predetto indirizzo, che apparentemente è immediatamente riferibile solamente al Tribunale (dibattimentale), è fuorviante poiché non consente immediatamente di riferire lo stesso anche al Giudice per le Indagini Preliminari: ad avviso del ricorrente, sotto il profilo strettamente tecnico, esiste una chiara distinzione, operata dal codice di rito, tra G.I.P. ed il Tribunale, non potendosi i predetti due Uffici assimilarsi ed identificarsi in un unico centro di imputazioni di situazioni giuridiche; 3) sul sito internet del Tribunale di Macerata, nella sezione "Posta elettronica certificata" è chiaramente indicato quale indirizzo p.e.c. della Sezione GIP/GUP l'indirizzo (Omissis), e tale indirizzo si differenzia dagli indirizzi delle restanti sezioni del medesimo Tribunale, ivi compresa la Sezione Dibattimento collegiale e monocratico. A tale riguardo, il ricorrente allega al ricorso la pagina estratta dal sito internet del Tribunale di Macerata ove sono riportate le suddette informazioni (allegato 1); 4) l'opposizione è stata tempestivamente proposta e correttamente ricevuta dal G.I.P. competente per legge a decidere sulla stessa, ed in particolare dal medesimo magistrato che ha, al contempo, emesso il decreto penale di condanna opposto e poi ha poi dichiarato l'inammissibilità della opposizione avverso quello stesso decreto.
Poste tali oggettive circostanze, per il ricorrente può esarninarsi la questione sotto il profilo di diritto.
Al riguardo, ai fini della decisione sulla questione qui esaminata, secondo la tesi proposta in ricorso, rilevano i principi statuiti da Sez. 5 n. 26465/2022, che richiama anche la pronuncia Sez. U. n. 1626/2020, sulla necessità, nella materia, di un approccio che ripudi un rigido formalismo e che guardi al principio del raggiungimento dello scopo dell'atto.
Siffatta opzione esegetica -si sottolinea- si allinea alla più recente giurisprudenza Europea in tema di diritto di accesso alla giustizia, ai sensi dell'art. 6 CEDU, nella declinazione espressa nella sentenza della Corte di Strasburgo n. 55064 del 28/10/2021, Succi c. Italia. Nel ripudiare l'acritico ossequio al mero formalismo, la Corte Europea sembra respingere l'applicazione di una regola, quando la stessa si riveli disfunzionale e contrastante con altre norme e, al tempo stesso, altre letture ne risultino maggiormente coerenti con la mens legis o con l'impianto complessivo derivante dalla considerazione del sistema in cui la norma stessa è chiamata ad interagire. Si e', in tal senso, osservato come la formula utilizzata dall'art. 111 Cost., comma 1, - il giusto processo regolato dalla legge - trovi tutta la sua espansione quando sia la legge ex ante a regolare, in maniera chiara e prevedibile, le modalità e le forme di accesso al giudice, e non questi a selezionarle ex post".
Il ricorrente ricorda come la citata pronuncia della quinta sezione di questa Corte concluda nel senso che: "... va affermato che l'impugnazione, trasmessa ad un indirizzo di posta elettronica non censito nell'elenco allegato al provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, contenente l'individuazione degli indirizzi pec degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 4, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, non può essere dichiarata inammissibile se. nel termine, l'atto è comunque ricevuto dall'ufficio a quo e trasmesso al giudice dell'impugnazione".
Viene, ulteriormente, osservato che non può essere disconosciuto un generale principio di affidamento nelle indicazioni che, nella fase di esordio e messa a regime della digitalizzazione dei depositi per via telematica, possono essere state rese dagli uffici agli utenti interlocutori e che, ove documentate. possano aver indotto in incolpevole errore i destinatari riguardo il luogo virtuale cui indirizzare l'atto, che abbia raggiunto il suo scopo.
Da ultimo, nella sopra citata sentenza, la Sezione Quinta ha precisato che "e' stato recentemente riaffermato (Sez. 2, n. 17708 del 31/1/2022, Morelli Rv. 283059) - in una prospettiva tutta protesa alla tutela dell'affidamento incolpevole, secondo l'ordinaria diligenza - che il fatto costituente forza maggiore, che può giustificare la restituzione nel termine per l'impugnazione, può essere integrato anche da erronee o fuorvianti informazioni ricevute dalla cancelleria, da dimostrare secondo gli ordinari oneri di allegazione".
Applicando i suesposti principi al caso di specie, per il ricorrente risulta che: a. l'opposizione a decreto penale di condanna è stata tempestivamente proposta dall'imputato, odierno ricorrente; b. l'opposizione a decreto penale di condanna è stata tempestivamente proposta dall'imputato, odierno ricorrente. dinanzi al giudice competente per legge a decidere l'opposizione stessa, e precisamente il G.I.P. presso il Tribunale di Macerata, in persona del medesimo magistrato che ha, allo stesso tempo, emesso l'opposto decreto penale di condanna e dichiarato l'inarinmissibilità della opposizione proposta avverso quello stesso decreto penale di condanna; c. alla luce di quanto riportato ai punti che precedono, non è dato di dubitare che il sopra citato atto di opposizione a decreto penale di condanna proposto dall'odierno ricorrente abbia tempestivamente raggiunto il suo scopo, devolvendo - nei termini perentori di legge - la regiudicanda al giudice competente a decidere circa la predetta opposizione a decreto penale di condanna;
Altresì, sotto diverso ed ulteriore profilo, nel caso di specie ricorrerebbe un'ipotesi di forza maggiore, integrata dalle erronee e fuorvianti informazioni pubblicate sul sito internet del Tribunale di Macerata, come risulta dall'ATI. 1 al presente atto, nonché dalla inesistenza di un indirizzo p.e.c. "dedicato" alla Cancelleria del G.I.P. e dal contestuale uso promiscuo di una p.e.c. riferibile sia al G.I.P. che al Tribunale (dibattimentale);
Conclusivamente, nel caso che ci occupa, l'utilizzo di un indirizzo p.e.c. errato da parte del difensore dell'imputato al momento della proposizione della opposizione al decreto penale di condanna sopra citato non costituirebbe motivo di inammissibilità della opposizione medesima poiché, da un lato, l'errata individuazione dell'indirizzo p.e.c. del destinatario è frutto di un errore scusabile, dall'altro lato, poiché l'opposizione è stata tempestivamente proposta, infine perché l'opposizione è stata tempestivamente proposta al Giudice competente per legge a deciderla, talché l'atto ha raggiunto lo scopo suo proprio;
Una conclusione in tal senso risulterebbe conforme all'approccio che ripudia un rigido formalismo nella interpretazione del D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 87 bis comma 7 lett. c) e prediligerebbe un approccio volto alla più ampia tutela del diritto sostanziale di difesa dall'imputato.
Chiede, pertanto, l'annullamento del provvedimento impugnato, con ogni conseguente statuizione, e con eventuale rinvio ad altro giudice affinché proceda alla adozione del provvedimento corretto, in applicazione delle disposizioni di Legge sopra individuate.
3. Il PG presso questa Corte ha reso le conclusioni scritte riportate in epigrafe.
P.Q.M.
1. I motivi proposti sono infondati e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato.
2. Dagli atti, cui questa Corte di legittimità ha ritenuto di accedere in ragione della natura processuale della doglianza proposta, emerge quanto segue.
In data (Omissis) il G.I.P. presso il Tribunale di Macerata emetteva decreto penale di condanna con cui C.G., veniva condannato alla pena di 5250 Euro di ammenda per il reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 7, commesso in (Omissis).
Il decreto penale, come ricordato anche dal ricorrente, veniva notificato all'imputato il (Omissis). Pertanto, ai sensi dell'art. 461 c.p.p., comma 1, il termine di quindi giorni per impugnarlo scadeva il (Omissis).
Ininfluente, in proposito, è il fatto che tale giorno cadesse di sabato.
Ed invero, la questione della scadenza del termine per impugnare nel giorno di sabato è stata già affrontata e risolta in modo uniforme dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità, che ha chiarito come, in materia di termini processuali, è prorogato per legge unicamente il termine stabilito a giorni ché scade il giorno festivo, da individuarsi tra quelli menzionati dalla L. n. 260 del 1949, artt. 1 e 2, come modificati dalla L. n. 54 del 1977, art. 1 e dal D.P.R. n. 792 del 1985, art. 1, precisando che il sabato non è giorno festivo, non essendo applicabile, in via analogica, la disposizione dell'art. 155 c.p.c. (cfr. Sez. 4 n. 36789 dell'8/5/2018, Maiolo, n. m; conf. Sez. 3, n. 34877 del 24/6/2010, G., Rv. 248373; Sez. 3, n. 3406/2009, Gullì; Sez. 6 n. 43549/2012, Di Paolo; Sez. 3, n. 23901/2013, D.L. n. C.; Sez. 6 n. 14154/2014, Lorenzani; Sez. 6 n. 53069/2014, Patuzzo; Sez. 2 n. 7077/2015; Maresca, Sez. 1 n. 30732/2015, EI Gourrami, tutte non massimate).
D'altra parte, la deroga prevista dall'art. 155 c.p.c., comma 4, applicabile ai procedimenti instaurati dopo la sua entrata in vigore come stabilito dalla L. 28 dicembre del 2005, n. 263, art. 2 non riguarda i termini perentori ma solo quelli per il compimento di atti processuali civili svolti fuori dell'udienza che scadono nella giornata del sabato. Si tratta, quindi, di una norma che non potrebbe assolutamente trovare una sua sede applicativa nel procedimento penale.
Peraltro, con decisione di questa Sez. 4 n. 36046 del 9/7/2015, Agasi, Rv. 264413 è stata dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 172 c.p.p. in relazione alla diversa disciplina dettata dall'art. 155 cd. proc. civ. - in base al quale il termine stabilito a giorni che scade il sabato è prorogato al primo giorno non festivo - essendo rimessa alla discrezionalità del legislatore ogni valutazione in ordine alla necessità di una disciplina processuale dei termini differenziata, in considerazione dei beni e degli interessi in rilievo nel processo penale, primo fra tutti quello della libertà personale.
3. Ebbene, proprio l'ultimo giorno a disposizione per l'impugnazione, il difensore oggi ricorrente, Avv. D'Amelio Costanzo, ha inoltrato dalla propria pec, l'opposizione al decreto penale, ma lo ha fatto all'indirizzo sbagliato ((Omissis)) laddove correttamente avrebbe dovuto spedirlo a quello corretto (Omissis).
Risulta poi ex actis che il successivo lunedì (Omissis) l'atto di opposizione è stato inviato a tale ultimo indirizzo, corretto, ma il termine ex art. 461 c.p.p., comma 1 era ormai scaduto.
Di tale ultimo atto, pertanto, non poteva tenersi conto, e il GIP marchigiano dichiarava, pertanto, inammissibile l'opposizione ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 87 bis comma 7 lett. c), norma che prevede che: "Fermo restando quanto previsto dall'art. 591 c.p.p., nel caso di proposizione dell'atto ai sensi del comma 3 del presente articolo l'impugnazione è altresì inammissibile: c) quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro provvedimenti resi in materia di misure cautelari, personali o reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all'ufficio competente a decidere il riesame o l'appello".
Ritiene il Collegio che l'esistenza di un indirizzo e-mail dell'ufficio GIP del Tribunale di Macerata, non compreso in quell'elenco, evincibile dalla pagina web del Tribunale non poteva ingenerare equivoci, tanto da invocare la forza maggiore, stante la chiara indicazione normativa, che prevede una disciplina tassativa a pena di inammissibilità per cui la fonte ministeriale doveva costituire l'unico ed inderogabile punto di riferimento per un soggetto qualificato e tecnico del diritto qual è il difensore (cfr. Sez. 4 n. 44368 del 28/9/2023, Vitale, Rv. 285266).
Ne' paiono esservi punti di contatto con l'invocato dictum di Sez. 2, n. 17708 del 31/1/2022, Morelli Rv. 283059 che riguardava un caso in cui è stato affermato poter integrare fatto costituente forza maggiore, che può giustificare la restituzione nel termine per l'impugnazione, l'errata informazione ricevuta dalla cancelleria circa l'omesso tempestivo deposito della sentenza nei termini di rito.
Tali valutazioni si pongono in linea con il costante orientamento giurisprudenziale di questa Corte, che ha confermato, anche per l'analoga disciplina introdotta in via emergenziale durante la pandemia da COVID-19, la legittimità delle dichiarazioni di inammissibilità pronunciate alla stregua del quadro normativa sopra riportato, in relazione a richieste di riesame cautelare personale e ad istanze di rinvio per legittimo impedimento erroneamente indirizzate (Sez. 6, n. 33045 dell'8/6/2023, Nova, non massimata; Sez. 3, n. 32467 del 23/05/2023, Alfa-vitskyi, non massimata; Sez. 6, n. 31802 del 04/05/2023, Chtouane, non massi-mata; Sez. 1, n. 28757 del 28/04/2023, Jammeh, non massimata).
La lettura sostanzialista e conservativa del mezzo di impugnazione prospettata dalla difesa può essere ritenuta condivisibile per altri aspetti formali, quali, ad esempio, l'invio dell'atto da una PEC non intestata al difensore o la mancata sottoscrizione digitale delle copie informatiche degli allegati, in assenza di un dubbio sulla provenienza dell'atto, ipotesi comunque già opportunamente espunte dalla norma vigente o dalla giurisprudenza dall'elenco delle cause di inammissibilità (Sez. 6, n. 33038 del 25/05/2023, Essoussi, non massimata; vedasi anche, per una disamina particolareggiata delle modalità di presentazione telematica delle impugnazioni la recente Sez. 4 n. 43976 del 26/9/2023, Colaricecchi, non massi-mata).
4. Inconferente rispetto all'odierno thema decidendi risulta, in ogni caso, la giurisprudenza che il ricorrente richiama a favore della tesi che, comunque, l'atto di impugnazione, aveva raggiunto il suo scopo.
Come si ricorda in ricorso Sez. 5 n. 26465/2022, al 2.5 della motivazione, afferma che " l'impugnazione, trasmessa ad un indirizzo di posta elettronica non censito nell'elenco allegato al provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, contenente l'individuazione degli indirizzi pec degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 4, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, non può essere dichiarata inammissibile se, nel termine, l'atto è comunque ricevuto dall'ufficio a quo e trasmesso al giudice dell'impugnazione. o casi nei quali vi è prova che, nei termini, il giudice dell'impugnazione fosse venuto a conoscenza della stessa".
L'invocato principio del raggiungimento dello scopo, dunque, vuole che, nei termini, l'atto di impugnazione sia comunque pervenuto al giudice cui era destinato.
Non è così, invece, nel caso che ci occupa, nel quale non vi è alcuna prova che l'atto inviato il (Omissis), ultimo giorno utile, sia venuto a conoscenza del giudice dell'impugnazione nei termini.
La circostanza che il provvedimento impugnato sia stato vergato in calce a quello tardivamente inviato, il 26 giugno 2023, all'indirizzo pec depositoattipe-nali.tribunale.maceratagiustiziacertit., al contrario, lascia invece intendere che al giudice dell'impugnazione sia pervenuto, ormai fuori termine, esclusivamente l'atto inviato al corretto indirizzo indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati.
5. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2023