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Appello: se la pena supera la media edittale è necessaria una specifica e dettagliata motivazione

Appello

Cassazione penale sez. IV, 29/11/2023, (ud. 29/11/2023, dep. 29/12/2023), n.51597

La graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale assolve al relativo obbligo di motivazione se dà conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 c.p. o richiama la gravità del reato o la capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 19 dicembre 2022, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza pronunciata il 12 ottobre 2020 dal Tribunale di Lodi. Con la sentenza confermata in appello, L.P.G., è stato ritenuto responsabile di più furti di carburante, commessi in esecuzione di un unico disegno criminoso, tra il (Omissis) presso il distributore ENI gestito dalla "Gi & Gi Petrol s.r.l.". Secondo l'ipotesi accusatoria, per consumare i furti, L.P., si sarebbe avvalso di un mezzo fraudolento manomettendo l'erogatore del carburante dopo averlo aperto con una chiave universale idonea allo scopo, avrebbe agito, inoltre, su cosa esposta per necessità alla pubblica fede. All'imputato è stata contestata anche la recidiva, reiterata e specifica. Per questi fatti, concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, L.P., è stato condannato alla pena di anni uno, mesi due di reclusione ed Euro 600,00 di multa. 2. Contro la sentenza, l'imputato ha proposto tempestivo ricorso per mezzo del difensore cui ha conferito mandato ai sensi dell'art. 581 c.p.p., comma 1 quater. Il ricorso si articola in tre motivi che di seguito si riportano, nei limiti strettamente necessari alla decisione, come previsto dal D.Lgs. 28 luglio 1989 n. 271, art. 173, comma 1. 2.1. Col primo motivo, la difesa deduce violazione di legge e vizi di motivazione quanto alla ritenuta esistenza dell'elemento oggettivo del reato. Sottolinea che il capo di imputazione contiene una analitica indicazione delle date dei furti, oltre che della qualità e quantità di carburante ogni volta sottratto, ma la condanna è stata pronunciata con riferimento a prelievi di carburante non meglio precisati, non essendo stato provato in giudizio quale fosse esattamente la quantità prelevata e neppure se si trattava di benzina o di gasolio. Secondo la difesa, questa divergenza non si esaurisce - come la sentenza impugnata sostiene - in una immutazione del fatto non rilevante ai sensi dell'art. 521 c.p.p., ma porta a ritenere che il fatto contestato non sia provato nella sua materialità e ciò avrebbe dovuto portare ad una assoluzione ai sensi dell'art. 530 c.p.p., comma 2. 2.2. Col secondo motivo, la difesa lamenta violazione di legge e vizi di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza dell'aggravante del mezzo fraudolento e al giudizio di bilanciamento tra circostanze. Osserva in particolare: che, secondo l'ipotesi accusatoria, L.P., si sarebbe avvalso per aprire il distributore, di una chiave universale quindi di uno strumento disponibile per chiunque, il cui uso non richiede scaltrezza né l'uso di tecniche particolari. Si duole, inoltre, che le attenuanti generiche, pur concesse, siano state valutate solo equivalenti all'aggravante senza considerare che non è stata accertata in giudizio l'effettiva quantità del carburante sottratto. 2.3. Col terzo motivo, la difesa deduce violazione di legge e vizi di motivazione per quanto riguarda la dosimetria della pena, determinata in misura superiore al minimo edittale sula base di una ritenuta gravità del fatto che non troverebbe riscontro in atti, atteso che, secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, l'imputato si sarebbe recato nel distributore a volto scoperto, utilizzando una macchina (intestata alla figlia) della quale aveva abituale disponibilità, rendendosi così identificabile con facilità estrema. 3. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità. 2. Come noto, esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207945). Per giurisprudenza costante, il principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, introdotto nella L. n. 46 del 2006, art. 533 c.p.p., non ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza, che non può essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità sia stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice dell'appello. La Corte di legittimità, infatti, è chiamata ad un controllo sull'esistenza di una motivazione effettiva, che deve compiere attraverso una valutazione unitaria e globale dei singoli atti e dei motivi di ricorso su di essi imperniati, ma la sua valutazione non può mai sconfinare nel merito (fra le tante, Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, Cammarata, Rv. 270519; Sez. 1, n. 53512 del 11/07/2014, Gurgone, Rv. 261600). Non sono pertanto deducibili, in sede di ricorso per Cassazione, censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante) su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo. E sono inammissibili doglianze che sollecitano una differente comparazione dei significati da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (in tal senso, di recente, Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep.2021, F., Rv. 280601). 3. Così delineato l'orizzonte del presente scrutinio di legittimità, si osserva che il ricorrente invoca, nella sostanza, una inammissibile considerazione alternativa del compendio probatorio ed una rivisitazione del potere discrezionale riservato al giudice di merito in punto di valutazione della prova, senza confrontarsi con l'iter logico-giuridico seguito dai giudici di merito per affermare la responsabilità penale dell'imputato. La Corte di Appello ha fondato tale affermazione di responsabilità su convergenti elementi indiziari, desunti dalle dichiarazioni di Teodor Atanasov Kunov, il quale, nelle date indicate nel capo di imputazione, constatò che, durante la notte, si era verificato un malfunzionamento del distributore (che non aveva erogato il carburante richiesto per l'importo di Euro 5,00) e, esaminando i filmati ripresi dalle videocamere installate presso la stazione di servizio, verificò che la richiesta di erogazione del carburante per la somma indicata era stata fatta da un uomo che si trovava alla guida della Opel Frontera targata BB688KT, il quale, dopo aver attivato l'erogatore n. 3 inserendo una banconota di 5 Euro, aveva aperto con una chiave l'erogatore n. 4, vi aveva armeggiato, e lo aveva utilizzato per prelevare carburante, ma non aveva inserito la pistola erogatrice nel serbatoio, bensì nel bagagliaio ove, necessariamente, doveva trovarsi un contenitore. Dalla sentenza impugnata emerge che, in nessuno di questi casi, l'erogatore aveva registrato un prelievo e, tuttavia, l'effettiva erogazione di carburante fu accertata verificando che la quantità di prodotto presente nel serbatoio del distributore era diminuita. Emerge, inoltre, che l'autovettura targata BB688KT risultò in uso a L.P.G., le cui caratteristiche somatiche coincidevano perfettamente con quelle della persona ripresa dalle videocamere mentre compiva le operazioni indicate. La sentenza riferisce, infine, che, nel bagagliaio di questa vettura, fu rinvenuto un serbatoio di plastica contenente carburante e che, nella disponibilità di L.P.G., fu rinvenuta una chiave utile all'apertura del pannello erogatore n. 4. La motivazione è completa e non presenta profili di contraddittorietà o manifesta illogicità. Non è dunque censurabile in questa sede. Non rileva in contrario che, sulla base delle argomentazioni svolte dai giudici di merito, non sia possibile ritenere accertato che, nelle date indicate, il carburante fu sottratto nelle qualità e quantità indicate nel capo di imputazione. Si tratta, infatti, come la Corte di appello ha argomentato, di un mutamento del fatto che non ne ha determinato una trasformazione radicale e, non avendo determinato incertezza sull'oggetto dell'imputazione, non ha comportato una lesione dei diritti della difesa (per tutte: Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051; Sez. 3, n. 24932 del 10/02/2023; Gargano, Rv. 284846; Sez. 3, n. 7146 del 04/02/2021, Ogbeifun, Rv. 281477). 4. La motivazione della sentenza impugnata è esauriente e non manifestamente illogica anche nella parte in cui ha valutato sussistente l'aggravante di cui all'art. 625 c.p., n. 2. La Corte territoriale ha sottolineato che, come emerge dalla dettagliata descrizione dei fatti offerta dal teste Kunov, nel caso di specie la sottrazione del carburante pote' avvenire grazie ad una condotta così complessa e insidiosa che neppure i tecnici ENI riuscirono a comprenderne pienamente le modalità. Il dato, posto in luce dal ricorrente, secondo il quale la chiave utilizzata per aprire lo sportello dell'erogatore n. 4 era una semplice ‘schiave universale" reperibile da chiunque, non si confronta con tale motivazione. La circostanza aggravante consistente nell'uso di un mezzo fraudolento, infatti, "delinea una condotta, posta in essere nel corso dell'azione delittuosa dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le misure che questi ha apprestato a difesa dei beni di cui ha la disponibilità" (per tutte, Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, Rv. 255974; Sez. 4, n. 8128 del 31/01/2019, Canzian, Rv. 275215; Sez. 5, n. 32847 del 03/04/2019, Lazzari, Rv. 276924) e, nel caso di specie, la condotta posta in essere non si esaurì nell'aprire lo sportello del distributore n. 4, bensì nell'attivare il self-service del distributore n. 3 per la somma di Euro 5,00 e nel rendere possibile che l'erogazione avvenisse dal distributore n. 4 che, tuttavia, non registrò alcun prelievo. Quanto al bilanciamento tra circostanze, basta osservare: che all'imputato è stata contestata la recidiva reiterata e specifica; che tale circostanza aggravante soggettiva è stata ritenuta sussistente e su questo punto non è stato proposto alcun motivo di ricorso; che, ai sensi dell'art. 69 c.p., comma 4, le attenuanti non possono essere ritenute prevalenti sulla recidiva di cui all'art. 99 c.p., comma 4. 5. Non ha maggior pregio il terzo motivo di ricorso col quale la difesa si duole della dosimetria della pena. La pena finale è stata determinata nella misura di anni uno, mesi due di reclusione ed Euro 600,00 di multa partendo da una pena base di anni uno di reclusione ed Euro 400 di multa. La sentenza impugnata osserva che la pena è al di sotto della media edittale prevista dall'art. 624 c.p. e il discostamento dal minimo trova giustificazione nella insidiosità della condotta (che denota un dolo particolarmente intenso) e nella personalità dell'imputato, gravato da numerosi precedenti, anche specifici. Tanto premesso, si deve ricordare che, secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, la graduazione della penai rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale assolve al relativo obbligo di motivazione se dà conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 c.p. o richiama la gravità del reato o la capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197). A questo proposito la giurisprudenza ha anche specificato che la pena media edittale non deve essere calcolata dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale e aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288). Nel caso di specie la pena base è stata determinata in misura inferiore alla media edittale e la motivazione con la quale è stato giustificato il discostamento dal minimo non è contraddittoria né illogica. 6. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere di versare la somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma, il 29 novembre 2023. Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2023
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