RITENUTO IN FATTO
1 - Con sentenza del 14 luglio 2017, la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza del Tribunale di Lucca che aveva ritenuto I.L. colpevole dei delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di bancarotta documentale semplice, commessi quale titolare della ditta individuale (OMISSIS), dichiarata fallita il 12 marzo 2011.
La Corte fiorentina aveva rigettato i motivi di appello, considerando che:
- la bancarotta patrimoniale si era consumata quando l'imputato aveva ceduto, con la ditta già in irreversibile crisi finanziaria, l'intera azienda alla srl GMG, costituita il giorno prima ed amministrata dal figlio (le cui quote erano intestate al medesimo ed alla madre, la moglie separata dell'imputato), per un prezzo che non era stato mai versato; la responsabilità solidale fra cedente e cessionario non escludeva la valenza distrattiva dell'atto;
- il complessivo squilibrio finanziario della fallita non consentiva l'applicazione dell'attenuante speciale del danno di particolare tenuità.
2 - Propone ricorso l'imputato, a mezzo del suo difensore, articolando le proprie censure in tre motivi.
2 - 1 - Con il primo deduce la violazione di legge ed in particolare della L. Fall., art. 216, e art. 2560 c.c..
La cessionaria GMG aveva infatti assunto l'intero compendio debitorio della fallita, tanto che i debitori di quest'ultima avevano ottenuto il fallimento anche della prima.
2 - 2 - Con il secondo motivo lamenta il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante del danno di particolare tenuità.
La misura del quale non poteva essere, infatti, dedotta dalla massa passiva ma solo dalle conseguenze economiche della condotta costituente reato. Nel caso di specie pertanto si trattava di un danno, il corrispettivo non versato della cessione dell'azienda, pari a 27.000 Euro.
2 - 3 - Con il terzo motivo deduce la violazione di legge essendosi ritenuta l'aggravante prevista dalla L. Fall., art. 219, mai contestata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso promosso nell'interesse di I.L. è infondato e va pertanto rigettato.
1 - Il primo motivo è infondato posto che questa Corte ha già avuto modo di precisare che integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la cessione di un ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale; nè assume rilievo, al riguardo, il dettato dell'art. 2560 c.c., in ordine alla responsabilità dell'acquirente dell'azienda (Sez. 5, n. 17965 del 22/01/2013, Varacalli, Rv. 255501).
Un principio di diritto che deve essere condiviso posto che la cessione, come nel caso di specie, dell'intera azienda, ad una srl di famiglia per un corrispettivo mai versato, ha certamente costituito un depauperamento del patrimonio della società, così da concretare il contestato fatto distrattivo, non avendo alcun rilievo, sulla già avvenuta consumazione del delitto fallimentare, la circostanza che la società cessionaria risponda, ai sensi dell'art. 2560 c.c., dei debiti contratti dal cedente, costituendo tale garanzia un post factum.
Deve poi ricordarsi come la citata disposizione del codice civile, l'art. 2560, consenta l'opponibilità all'acquirente dell'azienda dei crediti pregressi solo "se essi risultano dai libri contabili obbligatori", condizione del cui avveramento è lecito dubitare, nel caso concreto, posto che il ricorrente è stato ritenuto responsabile anche del delitto di bancarotta documentale semplice per non avere tenuto, proprio nel 2010 (la cessione dell'azienda era avvenuta nel novembre di quell'anno), le scritture contabili obbligatorie (nonostante l'indimostrata affermazione secondo la quale i creditori della cedente avrebbero chiesto ed ottenuto il fallimento della cessionaria).
2 - Il secondo motivo difetta di specificità perchè, se è vero che il giudizio relativo alla particolare tenuità del fatto deve essere posto in relazione alla diminuzione che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto ove non si fossero verificati gli illeciti (ex plurimis: Sez. 5, n. 13285 del 18/01/2013, Pastorello, Rv. 255063) e non alla massa passiva riveniente dall'ammissione dei crediti, è altrettanto vero che, nel ricorso, non si è operata alcuna comparazione fra la somma indicata come la misura del danno causato ai creditori, 27.000 Euro, e la somma totale dei crediti ammessi, così impedendo a questa Corte di valutare l'eventuale inadeguatezza del giudizio formulato sul punto dalla Corte fiorentina.
3 - Il terzo motivo è manifestamente infondato posto che l'avvenuta contestazione di una pluralità di condotte di bancarotta, commesse in relazione ad un unico fallimento, equivale, in fatto, alla contestazione dell'aggravante prevista dalla L. Fall., art. 219, comma 2, n. 1, anche considerando che, altrimenti, dovrebbero applicarsi le norme relative al concorso di reati, che sono, invece, espressamente escluse dalla legge fallimentare.
4 - Al rigetto, complessivo, del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2018